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331 metri al secondo
 
331 metri al secondo 2019-03-31 10:37:55 FrancoAntonio
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
FrancoAntonio Opinione inserita da FrancoAntonio    31 Marzo, 2019
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La maledizione dell’iperacusia

Chon Cimmino è un ragazzo afflitto da una terribile maledizione: ha l’udito di un cane, di un pipistrello. Ode suoni a 30000 Hz. Non ha difficoltà a comprendere una conversazione bisbigliata a trenta metri di distanza. Un ristorante, anche silenzioso, per i suoi timpani è un antro mostruoso ricolmo di dolorosi fragori: è tutto un risuonare di schiocchi, crepitii, gorgoglii e schianti. Per tale motivo soffre quasi costantemente di feroci mal di testa che lo tormentano e lo rendono scontroso e asociale. Questa incurabile iperacusia, però, una volta gli ha salvato la vita. Quando aveva dodici anni, nel giorno di Natale, due killer fecero irruzione in casa sua e sterminarono la sua famiglia, ma non lo videro, perché, in quel momento, s’era rintanato sotto il letto per dare un po’ di tregua alle sue orecchie. Grazie alla sua testimonianza gli assassini furono assicurati alla giustizia, ma per lui si aprirono le porte dell’orfanotrofio che inutilmente aveva cercato di evitare rifugiandosi per due mesi nei tunnel della Metropolitana di Milano.
Quattordici anni dopo la vita di Chon non è migliorata. Soffre sempre di iperacusia. Vive in un rudere di una villa abbandonata. Si guadagna da vivere facendo il saldatore presso un’impresa edile. Lavora otto ore al giorno nel cantiere che sta edificando due avveniristici grattacieli nel nuovo centro degli affari milanese: Torre Vento e Torre Ghiaccio. Il suo unico amico è il custode peruviano del cantiere. “Il Fermo”, il carabiniere che seguì le indagini sulla morte dei suoi, continua a sfruttarlo come informatore. I fratelli Madia, gli assassini che lo hanno reso orfano, stanno per uscire di galera. La sua unica nota piacevole è Lara, che riesce a titillargli i timpani con la sua “voce di burro”. Tutte queste circostanze stanno improvvisamente entrando in collisione le une con le altre e gli sconvolgeranno la vita che già adesso non è certo facile.

“331 metri al secondo” (la velocità del suono a zero gradi centigradi) è un romanzo scritto con uno stile moderno e molto originale. Le frasi concise si susseguono nervose, secche, ma efficaci. I capitoli sono brevissimi, addirittura, in alcune circostanze, più corti di una pagina, quasi scene in un copione di cui solo Chon pare conoscere la trama. I dialoghi sono asciutti: rapide botta e risposta in un linguaggio attuale, giovanile, adatto a chi è più abituato alle frasi degli SMS e non alle ampollosità auliche. Milano, al contrario, ci viene descritta con raffinatezza cercando di riscoprirne una poesia perduta o mai rivelata.
La storia che ci viene raccontata è quella di un supereroe al contrario. I suoi superpoteri sono la sua condanna a vita. La possibilità di spiare nelle vite altrui, suo malgrado, è un tormento più che un vantaggio. Il destino, il disegno divino o, come lo definisce Chon, il nonsenso si è accanito su di lui. La sua vita è una collezione di “e se invece fosse successo che…” in cui l’esistenza si è sempre incanalata nella direzione sbagliata, in quella che gli imponeva le condizioni più difficili. Solo la tenacia e la caparbietà hanno consentito a Chon di sopportare i continui schiaffi della sorte. E di caparbietà Chon ha dimostrato di averne da vendere sin da quando, a soli dodici anni, è riuscito a sopravvivere per oltre due mesi in un lurido buco per le manutenzioni tecniche della Metropolitana. Ma alla fine, a ventisei anni, il ragazzo ha deciso di prendere in mano la sua vita e di darle una svolta definitiva assumendone il controllo e non facendosi più trascinare dalle circostanze.
Così la trama scorre rapida verso un finale forse prevedibile (o solo auspicato), ma costellato di spiazzanti colpi di scena che ravvivano l’attenzione del lettore sferzandola.
In sintesi si tratta di un ottimo romanzo thriller, fresco e gradevolissimo; consigliabile a tutti.
Il pignolo di turno rileva solo un unico perdonabile neo: perché infarcire il testo di così tanti riferimenti a marchi commerciali? Forse che, assuefatti alle continue inserzioni di spot promozionali in televisione, non riusciamo a sopravvivere più senza? Comprendo che un ventenne ragioni in termini di nomi di merendine, patatine o scarpe da tennis di quel particolare produttore, collegati strettamente ai relativi slogan, ma la prospettiva visuale di Chon sarebbe stata ben descritta anche senza quell’eccesso di ragguagli pubblicitari.

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