La forza del destino La forza del destino

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Lonely Opinione inserita da Lonely    14 Novembre, 2022
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Se il destino ti offre un'occasione

La serie del commissario Bordelli continua con questo settimo romanzo di Marco Vichi. Inserirlo nella categoria dei gialli è un po' riduttivo, senza nulla togliere al genere di cui sono appassionata, ma questo effettivamente è molto più di un giallo. Anche se l'impianto è più o meno lo stesso, a differenza di altri libri, qui Vichi non si ripete, anzi, pur mantenendo gli stessi personaggi, destruttura lo schema. La trama continua dal romanzo precedente, Morte a Firenze, in cui Bordelli scopre i quattro colpevoli di un delitto cruento ed efferato, ma non riesce a condannarli per mancanza di prove, prove che vanno perse con l'alluvione di Firenze, descritta amabilemte dall'autore.
In questo romanzo il commissario Bordelli, donnaiolo e seduttore, avverso all’ipocrisia e all’arroganza, ma soprattutto all'ingiustizia e alla sopraffazione, si dimette da commissario, e per timore che i suoi amici vengano coinvolti, (come lo è stata la sua donna, vigliaccamente stuprata, per dare a lui un avvertimento) si allontana da tutti, vende la sua casa a San Frediano e va a vivere in campagna e soprattutto, quando il destino gli offre l'occasione, decide di perseguire la sua vendetta personale.
Tutto il romanzo ha un'impronta etica, i dialoghi vertono sul Bene e il Male,su ciò che è giusto e ciò che non lo è. E' lecito farsi giustizia da soli? O è giusto il perdono? Ma certi atti possono essere davvero perdonati? E i colpevoli possono davvero pentirsi di aver compiuto tali delitti? Ma soprattutto un uomo ha il diritto di giudicare? e condannare? Non c'è una legge che "è uguale per tutti"? E li dove la legge non arriva, è lecita la nostra legge personale?
Di tutti questi interrogativi è pregno il romanzo, ma ciò che stupisce è che in genere i romanzi sollevano dubbi ma non danno risposte, qui invece Vichi azzarda la sua risposta, Io agisco e mi prendo la responsabilità delle mie azioni.
"Non poteva raccontare a nessuno il suo segreto, non ancora almeno. Ormai sapeva che sarebbe andato fino in fondo, e preferiva vivere quell’avventura da solo."
Il romanzo spazza tutti i principi morali che la fede, la religione ci hanno insegnato e mette in viva luce la vera natura dell'uomo, che senza di essi, libera una giustizia sommaria,del genere "occhio per occhio dente per dente", senza possibilità di appello.
"Aveva ragione Schopenhauer, il fondamento della morale era la compassione, l’immedesimazione con la sofferenza altrui. In mancanza di questo, l’orrore era inevitabile... E nel mondo la compassione era più rara di un cane a cinque zampe..."
Ovviamente non siamo senza coscienza, ma solo a quella Bordelli dovrà rendere conto, è una questione con se stesso e quello che lui chiama destino, anche se il destino non esiste quando fai di tutto per compierlo.
«Ecco... Se una persona per fare giustizia uccidesse degli assassini, e venisse a confessarsi da lei... Cosa risponderebbe?» «L’unica Giustizia è quella di Dio, a cui l’uomo non può sostituirsi.» «Certo... Ma immagini di trovarsi nel ’44, davanti a un nazista che sta per massacrare dei bambini... Lei ha un mitra in mano e può evitarlo... Cosa farebbe?» «Be’, sparerei...»
Il finale ci lascia completamente spiazzati, con una serie di interrogativi, che ci fanno riflettere intimamente sul senso di giustizia, un libro profondo dove nessuna parola o aneddoto narrato è lasciato al caso, e che tocca sensibilmente l'animo umano,
"Si ricordò anche di una storia che aveva sentito raccontare su Rudolf Höss, il comandante di Auschwitz: una mattina d’inverno Höss vide un bambino ebreo tremare nella neve, e telefonò subito alla moglie... Oggi fa molto freddo, copri bene i bimbi, mi raccomando...!"

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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    10 Mag, 2020
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Bordelli grida vendetta

Torna il commissario Bordelli, creatura di Marco Vichi, ne La forza del destino. Un commissario che di fronte all’ennesima ingiustizia, l’omicidio e la violenza subiti da Giacomo, inerme ragazzino, e da Eleonora, violentata solo per dare un messaggio a lui stesso, rassegna le dimissioni e si ritira in un bel casale nella campagna toscana:
“Una grande casa padronale su due piani a qualche chilometro dal paese, lungo una strada sterrata piena di buche e di sassi dove non passava mai nessuno. Un luogo isolato e selvaggio. Hic sunt leones.”
Lì si respira una quiete rilassante, un silenzio:
“era assoluto, interrotto ogni tanto dal verso di qualche animale, dal rumore sordo di un branco di cinghiali che correva tra gli olivi, o da uno schianto della brace al piano di sotto. “
In tanta pace però il commissario riflette e non accetta il passato. Cerca vendetta assoluta, priva di pietà e di rigore morale, verso coloro che si sono macchiati di crimini orrendi, senza pagare pegno. Riuscirà ad ottenerla? E a che prezzo?
Un commissario vendicativo quello descritto dall’autore. Ma non solo: un personaggio che è:
“Un eroe disilluso, ma assolutamente autentico nelle ragioni del suo esistere. Un uomo che riconosci come vero”.
Un uomo spesso preda di una malinconia totalizzante, che induce alla riflessione morale, poiché:
“era vero che la solitudine e il silenzio della campagna invitavano a rimuginare su ogni cosa e a coltivare la malinconia, ma quella vita gli piaceva più di quanto avesse immaginato. “
Nella narrazione, infatti, un ruolo preponderante lo assume sicuramente il destino:
“Cui finora non ha creduto, che gli offre inaspettatamente l’occasione per fare i conti con il passato.”
Una lettura dalle forti connotazioni morali, che stupisce e fa riflettere. Personaggi e trama ben congegnati ed elaborati, una prosa che conquista e trascina con rara malia e sapienza narrativa. Ecco, ciò che più mi ha colpito nella lettura di questo libro sono proprio le tante storie che vengono narrate, che mettono in luce, con sapienza e metodo, l’animo umano, le sue fragilità, i suoi peccati, ma anche la sua forza e il suo coraggio intrinseco. Davvero un libro poderoso e sapiente, capace e ben strutturato.

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A chi ama i libri con protagonista il commissario Bordelli.
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    24 Settembre, 2018
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Intercessioni del fato

Sono trascorsi quasi sei mesi dai fatti dell’alluvione, Bordelli ha lasciato il suo posto di lavoro, si è trasferito in quel dell’Impruneta in un casolare di campagna e ha iniziato a dedicarsi all’agricoltura. Non può dimenticare quanto è successo, soprattutto ad Eleonora, ma non può nemmeno far finta che non sia accaduto niente. I suoi colleghi riescono a spiegarsi soltanto in parte la sua decisione, Piras, per il particolare legame che lo lega al commissario, non crede minimamente a quelle presunte ragioni. Nel mentre della sua nuova vita, Panerai, il macellaio che abbiamo conosciuto in “Morte a Firenze”, viene rinvenuto morto suicida e una contessa, che da circa quattordici anni ha perso il figlio Orlando, si rivolge a Franco. Pare che il giovane abbia deciso di togliersi la vita volontariamente, tutto nella dinamica del fatto e nel ritrovamento fanno pensare a questo ma lei non vi crede. Dopo le prime titubanze Bordelli cede al richiamo di quell’istinto a cui non potrà mai sottrarsi e non solo scopre la verità circa la dipartita di Orlando, ma riesce anche ad usare lo stesso “stratagemma” per far sì che il destino faccia il suo corso con gli ancora (per poco) superstiti assassini del piccolo Giacomo.
Avvalorato da un linguaggio fluente e descrittivo che non lascia niente al caso, Marco Vichi ci regala un degno seguito dei fatti conosciuti nei giorni dell’alluvione del 1966. La trama scorre rapida, l’intreccio è solido e il mistero è incardinato su un doppio binario: da un lato l’indagine per scoprire della morte di Orlando, dall’altro, dalla necessità di rendere giustizia a un crimine che “senza l’intervento del fato” resterà irrisolto. Purtroppo però, a mio modesto parere, questa veste di giustiziere della notte stona un po’ con l’immagine fino ad ora definita e ideata del commissario Bordelli, tanto da far storcere il naso o domandarsi se detta scelta era proprio necessaria. Ad ogni modo, una lettura rapida, non impegnativa e con il giusto mix di giallo, umanità, storia e riflessione.

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Filippo1998 Opinione inserita da Filippo1998    02 Aprile, 2016
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A volte, è il destino a decidere per te...

A volte si ha come l'impressione di essere guidati dal Destino. Quelle occasioni in cui si ha come l'idea di essere mossi dall'alto, come una marionetta. Al massimo possiamo esserne consapevoli , ma nulla si può di fronte al volere del Fato.
Lo stesso accade al buon vecchio (ex) commissario Bordelli, il quale, in seguito alla minaccia pervenutagli da parte di un influente membro della Curia nonché stupratore depravato, è stato costretto a incassare la sconfitta e a ritirarsi in campagna, lasciando il suo lavoro.
La delusione per non esser riuscito a render giustizia al povero Giacomo Pellissari, seviziato e ucciso da 4 uomini tra cui il sopracitato ecclesiastico, è cocente ma ben presto si presenta l'occasione per regolare i conti .. E Bordelli non se la lascerà scappare!
Tutti i dubbi, le speranze lasciare dal finale aperto di "Morte a Firenze"proseguono" inesorabilmente " in questo romanzo.
Marco Vichi si conferma un abile scrittore: le descrizioni sono sempre piacevoli, la narrazione mia pesante ma neppure scontata. Tutto scorre piacevolmente, le pagine volano, anche se il ritmo ,forse, appare meno concitato rispetto al romanzo precedente. Se "Morte a Firenze" non può esser considerato un vero giallo-nonostante tutto sia retto dalle interessanti indagini relative a un caso di omicidio-, "La forza del destino" non ha niente del thriller che ti tiene col fiato sospeso; per cui un po' di dinamismo manca. Ma ciò deriva anche dal fatto che ,purtroppo, la fantasia in questo romanzo manca un po': troppo spesso le situazioni sono le stesse del precedente, i personaggi sono i soliti, e la stessa trama prosegue sui binari della prima in modo piuttosto prevedibile.
Nonostante ciò , tuttavia, è impossibile non farsi ammaliare da un libro del genere, soprattutto se dominato da un protagonista del genere : il commissario Bordelli è la vera ancora di salvataggio.

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Sydbar Opinione inserita da Sydbar    23 Marzo, 2015
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Il giustiziere della notte

Nella serie creata da Vichi con protagonista il Commissario Bordelli c'è stata una forte evoluzione stilistica e narrativa. Le trame sempre più articolate lo hanno reso sempre più interessante. Con quest'opera sembra esserci stata una lieve involuzione. Lo stile è sempre semplice e diretto, Bordelli nella consequenzialità della storia è un commissario in pensione, l'avventura precedente lo ha visto arrendersi a qualcosa di veramente potente.
Nuova vita agreste per il protagonista, attorniato da una gran varietà di personaggi secondari molto interessanti ma sarà questa la sua vera nuova vita? Improvvisamente ci sono degli strani suicidi e la polizia brancola nel buio, Bordelli ma tu come rientri in tutto ciò?
Un Bordelli cinico anche troppo, egoista, giustiziere e giustiziato...ma sinceramente Vichi tu rendi troppo semplici le cose al tuo protagonista sinceramente per me con quest'opera hai fatto un passo indietro.
Comunque Buona lettura a tutti.
Il Syd

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I precedenti con Bordelli protagonista
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ant Opinione inserita da ant    07 Marzo, 2015
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Il commissario e la nuova vita in campagna

Un libro che esalta la voglia di starsene apparentemente defilati, il piacere di meditare e di riflettere passeggiando in luoghi magici come i boschi, un libro in cui, come dice il titolo, la giustizia e il regolamento di torti subiti avviene naturalmente seguendo..la forza del destino.
La trama: libro ambientato nella campagna fiorentina nella seconda metà degli anni '60, dopo l'alluvione a Firenze, un commissario di polizia decide di ritirarsi a vita privata in seguito ad angherie e delusioni subite a causa di indagini svolte a riguardo di un omicidio di un ragazzino. Il commissario nella sua nuova vita si occupa di cucina e di orto,ma il caso, o il destino che dir si voglia, fa sì che un'anziana contessa, sua vicina di casa, lo implori affinchè indaghi sul misterioso suicidio di suo figlio. Indagando sull'episodio delittuoso di cui sopra, arrivano anche input per dipanare matasse su avvenimenti del passato ed il libro è scorrevole ed interessante per l'altalenarsi di avvenimenti e situazioni sorprendenti. Estrapolo un dialogo che mi ha colpito, per concludere,tra il commissario e il suo amico Dante:
"""La compassione caro commissario...Altro che un imperativo categorico campato per aria...La compassione è la prima radice della morale...Nessuno come il simpatico Arthur(Schopenauer) ha saputo capirlo. Brindiamo alla compassione , l'unica forza capace di combattere l'egoismo umano""
Particolare

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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    15 Giugno, 2014
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Aiutare il destino

“La forza del destino” è il titolo verdiano che Marco Vichi ha dato al seguito di “Morte a Firenze”.
Nel primo romanzo della saga, i drammi individuali (e ce ne sono molti: lo strazio della famiglia della giovane vittima, l’impotenza del commissario, la violenza subita da Eleonora, giovane amante del commissario Bordelli, che viene violentata per una vigliacca ritorsione) sono proiettati sullo sfondo di un’immane tragedia collettiva: quella dell’alluvione del novembre del 1966. L’Arno esonda. Acqua e fango travolgono la bellezza della città d’arte per antonomasia e le vicende dell’inondazione sono narrate con stile icastico, attraverso una pregevole ricostruzione storica degli eventi.
Ne “La forza del destino”, l’ex partigiano Bordelli si è ritirato dal suo ruolo istituzionale. Si è sospeso dal servizio e ha acquistato un casolare sulle colline. Lì, immerso nella bellezza della campagna toscana, Bordelli si riconverte a nuova vita: si dedica all’orto, si diletta in salutari passeggiate nei dintorni, adotta un cane grosso come un orso, frequenta gli amici di sempre (il Botta, pregiudicato dal cuore d’oro con il quale realizza un “colpo grosso”; la Rosa, ex prostituta, con la quale testimonia alle nozze del medico legale Diotivede …), affina la passione per le sperimentazioni culinarie … E intanto continua a chiedersi quale sia la forza del destino. E se il destino può essere aiutato dall’azione dell’uomo. E se il senso delle cose può essere ancora chiamato “destino” quando viene propiziato dall’intervento umano.
In questo romanzo assistiamo a un sorprendente cambiamento di registro: Bordelli si trasforma da uomo dell’ordine in “vendicatore” e, tappa dopo tappa, si rende strumento di una fatalità che, qualche volta, deve essere agevolata “ad arte” se si vuole che giustizia sia fatta.
Dunque, se Bordelli non ha prove giuridicamente valide contro i gli omicidi e stupratori del piccolo Giacomo Pellissari, sarà il destino – con la sua conclamata forza, più o meno coadiuvata – a vendicare la piccola, innocente vittima. Uno dopo l’altro, i vigliacchi saranno colpiti da un destino di morte che rimette ordine nelle carte sparigliate dalla violenza umana. Il tutto, magari, avverrà anche prendendo spunto da un’indagine pro tempore condotta da Bordelli, ingaggiato dalla contessa che gli chiede di far luce sul caso di apparente suicidio del figlio Orlando.
Dopo che giustizia sarà fatta, il commissario Bordelli potrà riprendere le sue vesti, quelle che gli chiediamo di non abbandonare…

Bruno Elpis

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Ginseng666 Opinione inserita da Ginseng666    27 Mag, 2014
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Angelo della morte o giustiziere?

E' stata una lettura piacevolissima: in questa storia troviamo la figura del commissario Bordelli, deluso, disincantato e deciso nonostante tutto ad esercitare la giustizia, rimediando a modo suo alle sue lacune, alla sua superficiale visione.
Senza prove gli assassini di Giacomo, il bambino violentato nelle campagne fiorentine, non potranno essere arrestati.
Ma non per tutti le prove costituiscono un retaggio di sicurezza: il commissario Bordelli, rifugiatosi in un casolare della campagna fiorentina, riflette sull'incapacità dell'uomo al rispetto verso la vita umana.
Nello splendore e nella solitudine della campagna, Bordelli passa il suo tempo a cucinare, a coltivare l'orto...e decide di dare corso alla sua personale vendetta.
Angelo della morte o insaziabile, algido giustiziere? Lascio a voi questo giudizio...
Uccidere può essere considerato un peccato mortale, ma in questo caso, mettere fine alla vita di assassini spietati può essere anche un pietoso servizio a un'anima innocente alla quale la vita è stata strappata nel modo più feroce...
A volte il male bisogna combatterlo con le stesse armi di coloro che l'hanno pensato, sviluppato...
Per estirpare il male....non si devono avere nè scrupoli nè rimpianti...
Il destino compiacente a volte può rendere la giustizia privata come un appuntamento al quale nonostante tutto non si deve mancare.
Consiglio questo libro sopratutto a coloro che amano i gialli italiani: per gli amanti del Commissario Bordelli, nostalgico eroe dei nostri tempi, che non credendo più nella forza vitale della giustizia decide di esercitarla a modo suo...
Saluti.
Ginseng666

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Gli altri libri di Marco Vichi, gialli italiani
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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    25 Mag, 2012
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La legge del taglione

C'è un evento che cambia la vita del commissario Bordelli e, da un certo giorno, lui sceglie una vita di solitudine e di silenzio, in una casa di campagna. La solitudine per lui è indispensabile, per riacquistare il suo equilibrio, farsi guidare dal destino e dagli eventi, capire cosa è giusto fare. Il silenzio della campagna lo invita a rimuginare su ogni cosa, a coltivare la malinconia, e soprattutto a pensare. Elaborare il passato è doloroso, costringe a spianare intere catene montuose ed a ricostruire con la roccia delle nuove consapevolezze. L'uomo Franco sceglie la via della vendetta, per il bambino, per la sua famiglia, ma soprattutto per sè. Il contenuto è originale e la scrittura davvero elegante.

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Viola03 Opinione inserita da Viola03    02 Aprile, 2012
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"La Forza Del Destino"

Se sia il destino ad indicarci una via già tracciata, o se sia l’uomo a decidere per le proprie sorti, è quello che si domanda Franco Bordelli, ormai ex-commissario in pre-pensionamento, ritiratosi in campagna, dopo la lunga e difficile indagine sull’omicidio del piccolo Giacomo Pellissari. Pur conoscendo infatti gli assassini, non può incastrarli, per mancanza di prove e per un duro avvertimento da parte del più potente tra loro: la sua innamorata Eleonora viene infatti brutalmente violentata nel suo appartamento. “Lascia perdere” è il messaggio chiaro ed inequivocabile.
Bordelli quindi fa scivolare via il distintivo e si rifugia in un vecchio casolare, in solitudine, i suoi malinconici fantasmi a fargli compagnia.
L’esilio diviene presto piacevole, con il rituale del fuoco, buoni libri a riempire le serate, un orto che spunta pian piano dal nulla, con pomodori, peperoncini ed erbe aromatiche.
Chi lo circonda, Piras soprattutto, non crede fino in fondo alla sua conversione in tranquillo uomo di campagna, forse a ragione, perché Bordelli sta conducendo in gran segreto una vendetta senza scampo: uno ad uno, gli assassini di Giacomo devono pagare. Nessuno però, deve sapere del suo piano, nessuno deve di nuovo rimanerne coinvolto, come è stato per Eleonora.
A dargli l’impulso per proseguire nel suo intento, è l’intricata faccenda che gli si presenta alla porta sotto forma di una donna anziana, arroccata nel castello che intravede dalla sua finestra. La poveretta infatti, molti anni prima, ha perso suo figlio, morto suicida in quello stesso castello, chiavistelli chiusi e finestre sprangate dall’interno, nessuno che fosse entrato, nessuno che potesse uscirne. Ma la donna è convinta, per uno strano istinto o una assurda follia, che si tratti di omicidio.
Bordelli allora indaga, stuzzicato suo malgrado dall’enigma apparentemente irrisolvibile e quando la verità appare sotto i suoi occhi, l’ingranaggio della vendetta subisce uno scossone, perché lui ora sa come fare per sferrare un nuovo attacco.
Come in una ricetta perfetta dal vangelo culinario del suo amico Botta, Bordelli esegue in perfetta successione tutti i passi per rendere giustizia al piccolo Giacomo, cogliendo i segni che il destino sembra gettare di volta in volta sulla sua strada, senza accorgersi di essere lui stesso il solo ed unico artefice di quel disegno tanto ben tratteggiato. Lui, è la forza del destino.

Questo romanzo si trova nelle librerie alla sezione gialli/thriller/& co., ma penso racchiuda molto di più, perché si c’è un commissario, si ci sono dei delitti, ma c’è soprattutto la storia di un uomo, dei suoi amori nuovi e di quelli perduti, c’è un cagnolone tutto bianco che compare all’improvviso nella sua vita, piatti di pasta profumati e bottiglie di vino sorseggiate di fronte al fuoco, storie raccontate mentre sfrigola la legna, una malinconia sottile che scivola sull’evolversi di una coscienza.

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violetta89 Opinione inserita da violetta89    22 Marzo, 2012
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Il commissario Bordelli è tornato!

Un paio di anni fa ho letto "Morte a Firenze", un libro a mio parere molto bello sebbene molto crudo e purtroppo realistico. Pur avendolo molto apprezzato, alla fine del romanzo mi è rimasto addosso un forte senso di inquietudine e impotenza. "La forza del destino" è il seguito, si ritrova il commissario Bordelli che ha lasciato la polizia, ha cercato di cambiare vita ma purtroppo la morte del piccolo Giacomo lo perseguita, e non riesce a stare in pace pensando che i suoi assassini sono liberi. E così si affida all'aiuto del destino..... Se con Morte a Firenze si rimane con l'amaro in bocca, questa volta Vichi ce lo addolcisce un pò! Non è un classico giallo, ma mi è piaciuto molto forse perchè ero rimasta molto coinvolta dall'altro libro, e ho continuato a fare il tifo per Bordelli perchè non mollasse. Come sempre un ruolo da protagonista ce l'ha Firenze,la mia amata città, che fa da cornice bellissima alle avventure del nostro Commissario.

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Morte a Firenze
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