Topi Topi

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Antonella76 Opinione inserita da Antonella76    15 Giugno, 2016
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Quando il buono diventa cattivo...



Una madre e una figlia, a cui la vita non ha risparmiato dolori e violenza, vivono rintanate nel loro cottage di campagna, isolate da tutti, nascoste al resto del mondo, lontane dagli sguardi curiosi di una società che non ha saputo proteggerle, ma circondate da ciò che per loro realmente conta...la musica, l'arte, la letteratura e il loro reciproco amore.
Shelley e sua madre...entrambe abbandonate da un padre/marito che ha preferito la classica "giovane preda" alla famiglia, dimenticandosi della loro esistenza.
L'una profondamente ferita e provata, nel corpo e nell'anima, da atti di bullismo che hanno quasi messo a repentaglio la sua giovanissima vita, l'altra stanca di subire umiliazioni e soprusi lavorativi, nonostante i suoi evidenti successi professionali.
E dal momento che la sfortuna si accanisce sempre sui più deboli, tutte le difficoltà già affrontate non basteranno a metterle al riparo da altra violenza gratuita...
Ma la capacità di sopportazione ha un limite oltre il quale tutto viene messo in discussione.
E nessuno sa essere "più cattivo" di un buono che diventa cattivo.
I ruoli si invertono.
Da qui un escalation di situazioni che vedranno queste due donne lottare con ogni mezzo per proteggere quell'angolo di mondo a cui ritengono, giustamente, di avere diritto.
Thriller ben fatto, che sta in piedi e si lascia leggere con gusto...nonostante lo stile sia un po' piatto, monocorde, privo di quei picchi di pathos che ti fanno trattenere il fiato.
Forse questo è dovuto alla scelta di far narrare la storia attraverso gli occhi e la voce di una ragazzina sedicenne, e quindi, vivendo tutti gli accadimenti con il filtro di una visione adolescenziale.
E se è vero che questo paga ed è molto efficace nella prima parte, quando Shelley racconta degli atti di bullismo da lei subiti per mano delle sue "migliori amiche", è vero anche che penalizza un po' man mano che la storia procede e necessiterebbe di maggiore introspezione, enfasi e ritmo.
Insomma buono per staccare un po', ma non eccelso nel suo genere.

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Andry994 Opinione inserita da Andry994    29 Gennaio, 2016
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Il dolore che rende più forti.

Gordon Reece ha individuato quelli che sono i punti salienti del tipico processo di formazione da "topi" a "bestie fameliche", pronte a tutto per difendersi.
Protagoniste della vicenda sono Shelley, adolescente alle prese con problemi di bullismo da parte di quelle che erano le sue migliori amiche (almeno fino alla pubertà) e la madre, una donna passiva nei confronti del marito e in gravi crisi economiche quando quest'ultimo decide di abbandonare entrambe per rifarsi una vita con la sua giovane amante ventiquattrenne. Ecco che di punto in bianco la vita delle due donne, che insieme sembrerebbero formare una vera e propria squadra, crolla in mille pezzi. La casa dove Shelley è cresciuta e in cui sperava di vivere felice con i suoi genitori amorevoli diventa "il domicilio coniugale" , arma con la quale il padre della ragazza cerca in tutti i modi di destabilizzare l'ormai ex moglie, trasformando persino la figlia in un oggetto da strapparle via.
Come se non bastasse, Shelley diventa preda di violenti attacchi di bullismo da parte di quelle che fino a poco tempo prima erano le sue migliori amiche, le "jets", un trio inseparabile sin dalle elementari, ma che durante i primi anni delle superiori si sfalda dando vita ad una rabbiosa e distruttiva crisi adolescenziale , colpendo in pieno la povera Shelley, l'unica rimasta "diversa", un po' più bambina, ancora troppo ingenua rispetto alle altre.
Le violenze aumentano spaventosamente fino a minare addirittura la vita stessa della ragazza che si troverà costretta a lasciare la scuola, rassegnata ed incapace di ribellarsi come avrebbe potuto e dovuto fare sin dal principio.
L'ereditarietà genetica, che pesa su di lei come un fardello, le impedisce di rivoltarsi contro il proprio aguzzino, proprio come aveva fatto la madre, obbedendo in tutto e per tutto al marito, facendosi penosamente sfilare da sotto il naso grandi possibilità di carriera in ambito giuridico.
Così Shelley accetta ogni calcio, ogni schiaffo, ogni umiliazione senza protestare, senza muovere un dito, cercando di farsi piccola senza essere veduta, onde evitare di accrescere l'ira delle sue carnefici, proprio come sua madre, sostituendo senza troppi sforzi l'impulso di ribellione, con la neutralità di una placida rassegnazione. Non si può fare a meno di notare come il male arrivi proprio da quelle persone che invece avrebbero dovuto amarle di più, che avrebbero dovuto proteggerle, stravolgendo l'immagine che avevano di loro attraverso i lineamenti di una spietata cattiveria e rendendoli irriconoscibili. In questo modo l'autore ci offre uno spunto riflessivo molto importante che spinge a domandarsi come sia possibile infliggere tanto dolore a qualcuno a cui abbiamo voluto così bene ( e che sembra averci amato così tanto).. La stessa Shelley se lo chiederà più volte, arrivando infine alla conclusione che non sempre il male necessita di una sua logica o di un pretesto per scatenarsi. Il Male puro e autentico è finalizzato al Male stesso, generando talvolta contraddizioni e smarrimento.
(Il male che travolge l'opera trova numerosi punti di appoggio e parallelismi con il mac Beth , l'opera shakespeariana che la ragazza studia in vista degli esami ed è regolato da una prosa fluida e lineare).
Shelley è così costretta ad allontanarsi da scuola e dal "domicilio coniugale", una casa non più casa, spersonalizzata dalle lunghe ed estenuanti pratiche burocratiche per il divorzio.
Madre e figlia, destabilizzate dalla crisi economica e dai traumi in cui sono incorse , sembrano ritrovare la speranza in seguito al trasloco in un piccolo e confortevole cottage situato nel bel mezzo di una desolata campagna, circondato da ettari ed ettari di terreno coltivato e da una sacrale aura di Silenzio che si estende per chilometri. Ecco che finalmente i topi sono tornati al sicuro, hanno trovato un rifugio in cui consolidare le proprie abitudini e nelle quali identificarsi per dare una parvenza di normalità alla loro esistenza disastrata. I primi mesi sembrano davvero idilliaci, tra lavori nell'orto, musica classica dopo cena e piacevoli letture serali davanti a una tazza di thè bollente.
Shelley frequenta insegnanti privati e la madre si reca tutte le mattine al lavoro per guadagnare il suo misero stipendio.
Ma proprio quando tutto sembra aver trovato il giusto verso , accade qualcosa di sconvolgente durante la notte del sedicesimo compleanno di Shelley che cambierà le loro vite per sempre.
"Topi" è un romanzo di formazione ben scritto ed è l' ardita testimonianza di come a volte la vita ci tocca, ci pungola, ci scuote violentemente per spingerci a diventare più forti, per farci morire come topi e rinascere come ciò che siamo davvero, poichè la soluzione non è subire senza lamentarsi, ma lottare strenuamente per la propria libertà; poichè chiunque ha bisogno di una rivincita , riscattandosi dal dolore costretto a subire in vista della più intima felicità.

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Stephen King. L'opera mi ha trasmesso qualcosa del famosissimo re del brivido a cui sono tanto affezionata, seppur in forma molto più sottile.
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sonia fascendini Opinione inserita da sonia fascendini    17 Mag, 2015
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Quando ci vuole, ci vuole!

Shelley e sua madre sono topi: persone incapaci di reagire alle brutture della vita.Dopo essere stata abbandonaae dal padre per la classica donna più giovane, essere stata bersaglio di bullismo a scuola ed aver sentito impotente i racconti dele molestie subite sul luogo di lavoro dalla madre, l'adolescente non ha dubbi su questo dato di fatto. Da bravi roditori decidono di cercare una nuova tana al sicuro. Deve essere nascosta agli occhi di altri umani, addirittura dalla porta d casa non si devono sentire le voci dei vicini. La casa perfetta è individuata ed acquistata: adesso il gatto non fa più paura. Quando, però il gatto, nelle vesti di un malintenzionato, decide di violare la loro intimità, le due donne si trasformano in feroci e lucide cacciatrici.
Nel complesso un bel libro,con un finale abbastanza prevedibile, quindi adatto più a chi ama la buona scrittura, piuttosto che la suspance. La maggiore abilità dell'autore mi sembra quella di portare il lettore ad avere simpatia verso queste due creature arrendevoli, invece di rabbia per la loro staticità. Allo stesso modo, il loro comportamento nella parte finale del libro diventa qualcosa di normale. Anche in questo caso non ci sono giudizi morali sulle loro scelte: era inevitabile. La scrittura è scorrevole, senza ricorsi a virtuosismi stilistici, ma piena di sfumature nella descrizione dei personagi e dei loro sentimenti.

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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    18 Ottobre, 2014
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Si può subire all'infinito?

Un detto popolare afferma che quando una persona, all’apparenza calma e sottomessa, si arrabbia diventa una furia difficile da controllare le cui conseguenze possono risultare devastanti.

In questo romanzo l’autore Gordon Reece narra la vicenda di due donne, madre e figlia, che a causa dell’abbandono da parte degli affetti più cari, vivono da sole in una casa isolata in campagna con forti problematiche con il mondo esterno che le costringe a vivere a similitudine di recluse in uno spazio angusto…come dei topi. In particolare la figlia, Shelley, è stata indotta a tale isolamento a causa di fenomeni di bullismo da parte delle sue compagne di scuola che, nella loro malvagità, arrivano a deturparle il viso.

Nonostante l’atmosfera negativa, le due donne si adattano a vivere in tale contesto e trascorrono le giornate in maniera “tranquilla” ancorché sempre rintanate e avendo pochissimi contatti con l’esterno; la loro quotidianità viene, però, compromessa da un fatto che accade durante una notte…ed ecco che i “topi” si trasformano; la rabbia accumulata negli anni, le continue angherie che hanno dovuto subire, la mancanza di affetto e l’abbandono da parte dei parenti più stretti, formano una miscela esplosiva tale da farle diventare, in un battibaleno, da prede a predatori. Le conseguenze sono tragiche in quanto dovute alla ribellione verso l’ingiustizia e la prevaricazione.

La trama di tutto il romanzo è inquietante e angosciante; porta il lettore a riflettere sulla questione del famoso “punto di rottura”; ogni essere umano, benché vessato fino all’inverosimile, subendo ingiustizie e maltrattamenti fisici e psichici, ha, comunque, un limite; tale limite, diverso da persona a persona, indica il momento in cui le barriere protettive vengono fatte saltare per far uscire tutto ciò che è stato dormiente per molto tempo ma nel frattempo è stato accumulato nel profondo dell’anima. Lo sfogo, la ribellione, il senso di libertà sono paragonabili all’eruzione improvvisa e inaspettata di un vulcano. Non esiste più alcuna mediazione, il dialogo è azzerato, prevale il solo istinto di vendetta contro tutto quel mondo che ha, in passato, fatto scempio del sentimento umano in tutte le sue sfaccettature.

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Donnie*Darko Opinione inserita da Donnie*Darko    06 Mag, 2014
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Le prede non ci stanno

Madre e figlia in fuga. Due donne spaventate che si isolano in un cottage di campagna per sfuggire ad una società violenta alla quale non sanno rispondere.
In fin dei conti sono solo topolini spaventati ed è giusto che si rintanino in un luogo dove possano essere notate il meno possibile.
Però si sa, se disturbati, soprattutto nella loro tana, i topi possono mordere e fare parecchio male.
Bel thriller dall'ambientazione rurale e giocato sul ribaltamento dei ruoli. Dinamico, asciutto e in parecchi frangenti anche feroce con colpi di scena magari non sbalorditivi ma comunque sempre ben congegnati.
Buona la definizione del personaggio di Shelley (la figlia) che narra in prima persona gli sconvolgenti fatti avvenuti a Honeysuckle Cottage.

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Ally79 Opinione inserita da Ally79    17 Dicembre, 2011
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Buoni o cattivi?

“Ancora oggi non so esattamente cosa mi spinse a fare quello che feci in seguito.Forse fu vedere quel pallido,crudele delinquente che si portava via il mio regalo di compleanno,il simbolo di tutte le mie ambizioni future;forse fu la rabbia per quello che aveva fatto alla mamma;forse fu perché mi aveva detto che ero brutta; forse la verità è che tutti abbiamo un limite oltre il quale non possiamo più sopportare-anche i topi-e che quando quel limite viene superato,qualcosa si spezza.”
E’ questo il momento esatto in cui una vittima si trasforma in carnefice.
Cosa la spinge?Cosa scatta nei meandri del suo cervello?E’il senso di giustizia?Il non tollerare più le angherie?O più semplicemente il fatto che in fondo siamo tutti attratti dal potere che da compiere un atto malvagio?La cattiveria, in fondo, ha un suo fascino?
Questo il tema che struttura il libro.
Shelley e sua madre sono miti,insicure,senza coraggio,senza autorevolezza:sono dei topi che vivono nascosti e il cui scopo nella vita è essere invisibili.
Il padre e marito le ha abbandonate,senza nulla concedergli,per una giovane 24enne.Le compagne di scuola di Shelley,un tempo amiche,oggi praticano su di lei ogni tipo di angheria verbale e fisica.I colleghi della madre approfittano indegnamente della sua intelligenza e della sua incapacità a pronunciare la parola "no".
Le due donne tentano insieme di ricostruirsi un loro mondo,in una casa isolata,lontana da tutti,dove riscoprire che le piccole cose che danno gioia sono curative per una psiche segnata.
Ma all’improvviso,quando meno lo aspettano e sicuramente quando meno lo meritano la violenza ripiomba nelle loro vite.
E’a questo punto che arriva la trasformazione e non si può negare che provino un piacere perverso nel metterla in atto.
Il gesto di rottura che compiono ha effetti sul loro vivere quotidiano,ma ancor di più sui loro processi psicologici.
Scoprono di poter compiere qualcosa di estremo e cresce in loro la consapevolezza di non aver più bisogno di nascondersi,di fuggire per non subire.

“Tanto in là ho camminato nel sangue
Che tornare indietro sarebbe fatica più aspra
Del procedere”

Al di là di ogni tipo di riflessione sul bene e il male,sul confine tra legittima difesa e accanimento,sull’incapacità di tornare indietro, c’è da dire che il libro è scritto benissimo.
I brevi capitoli danno velocità al racconto e sono magistralmente aperti e chiusi.Ogni capitolo è un anello completo che si incastra con il successivo creando attesa e lasciando nuovi spunti al pensiero.
Davvero un libro interessante che ancora una volta ci ricorda che il tempo,come sempre,tutto lascia passare.
Le cicatrici scompaiono,il ricordo dei dolori subiti anche,il senso di colpa per quanto commesso idem.

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silvia71 Opinione inserita da silvia71    14 Dicembre, 2011
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Il topo e il gatto : due volti o uno solo?

Finalmente un autore esordiente in grado di regalarci la gioia di una buona lettura!
Come spesso accade, ci si avvicina ad un nuovo “volto” letterario con poca fiducia e alquanto prevenuti ( seppur inconsciamente a volte), ed è piacevole, invece, ritrovarsi entusiasti di un'opera che pagina dopo pagina assume colore e sostanza notevoli.

La storia raccontata da Reece è senza dubbio forte, mettendo in gioco problematiche dure ed eventi agghiaccianti. Sulla scena una girandola di situazioni che sembrano sfuggire ad un controllo razionale, causando una mutazione di vita e di pensiero dei personaggi rappresentati.
Sono tante le domande che percorrono il romanzo: può una persona che nasce topo divenire gatto?
Può un soggetto remissivo, che riesce solo a nascondersi e a subire le altrui decisioni, sfoderare tutto ad un tratto grinta o addirittura aggressività? Può una mente “normale” arrivare a pensare di compiere gesti fuori dalla propria portata?
L'autore elabora una risposta stupefacente, avvincente, sconvolgente.
Il lettore, basito e frastornato, viene investito di petto dalla narrazione e calato a tal punto nelle vicende, da percorrere insieme ai protagonisti, il lungo sentiero di quella che potremmo definire FOLLIA o LUCIDA DETERMINAZIONE.
Ottima la caratura psicologica dei personaggi, elemento imprescindibile e basilare per la costruzione di un romanzo di tal genere; tutto è racchiuso nell'anima e nella mente dell'essere umano qua rappresentato. Un universo ostico da comprendere, tenebroso, senza regole, dove tutto può trasformarsi e nulla va dato per scontato.
Lo stile di scrittura scorre rapido ma deciso, a tratti asciutto a tratti corposo, pronto a cogliere, all'occorrenza, le sfumature, i particolari, i pensieri, le ansie, le speranze delle creature nate da questa penna, destinate ad assurgere a simbolo di un'umanità schiva e sottomessa, etichettata come caratterialmente fragile, ma pronta a mostrare l'altra parte di sé in modo imprevedibile.
E' una lettura dal ritmo serrato, destinata ad essere gustata molto velocemente, ma giunti al termine è impossibile esimersi da una profonda riflessione.
Un romanzo audace e pienamente riuscito nell'intento di destare stupore e interesse nel pubblico.

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Opinione inserita da supersimo    14 Giugno, 2011

E tu, sei un topo?

Buon romanzo, molto godibile, anche se tutto sommato prevedibile nel suo sviluppo. Ma l'analisi dei personaggi e le situazioni che affrontano pongono spesso di fronte al lettore la domanda: e tu cosa sei? sei un topo?... In un certo senso, ognuno è costretto a porsi questa domanda, ad analizzare la propria esistenza, cercando di vedersi dal di fuori, per trovare la risposta. Alla fine, probabilmente, ognuno di noi comuni mortali è un topo, che nasconde però potenzialità feline, alle quali i gatti devono fare molta attenzione...

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gio gio 2 Opinione inserita da gio gio 2    31 Mag, 2011
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"Quando i topi cominciano a ballare...."

Non è certamente un'impresa facile esprimere delle opinioni riguardo a un thriller dove già nella trama viene svelato un po' troppo...togliendo al lettore buona parte di quel mistero che fa battere forte il cuore quando si ritrova ad affronatare questo genere di romanzi..ma...ho deciso di provarci ugualmente...

Come è già stato detto nell'ultima recensione l'argomento trattato è delicato,si parla di topi,titolo che l'autore esordiente,Gordon Reece,decide di affibbiare a delle figure remissive,che non combattono,di fronte a insulti,torti e persino molestie a livello fisico abbassano il capo...si nascondono,non combattono!

Sia Shelley che la madre,pur essendo entrambe dotate di un'ottima intelligenza ed avendo molte potenzialità,non usano queste qualità per reagire alle persone che le feriscono.La madre soccombe ad un marito che le vieta di avere una vita professionale,nella quale tra l'altro,aveva molto successo per poi,infine abbandonare il tetto coniugale per una ventenne frivola,ma..."gatta"...
E,nel frattempo,la nostra giovane protagonista,a scuola subirà le torture fisiche e psicologie delle compagne di scuole,un gruppo di suo coetanee,che fino a poco tempo prima considerava le sue care amiche del cuore.La ragazza non confida niente a nessuno,chi vede,finge di non vedere,essa porta tutto dentro di sè come una terribile vergogna.
Infatti,si sentirà "salvata" quando la più terribile tortura delle tre perfide "amiche" si abbatterà su di lei,perchè in questo modo la madre e la scuola verrenno a conoscenza del suo "segreto"...anche se...sappiamo tutti come gira il mondo...chi non ha il coraggio di "graffiare" perde anche quando ha tutte le prove a suo favore.
Diviene infatti interessante analizzare, in questo punto della storia, l'atteggiamento della società,di un preside che, per salvaguardare la reputazione del proprio istituto scolastico afferma: NELLA NOSTRA SCUOLA NON SONO MAI AVVENUTI ATTI DI BULLISMO DI NESSUN TIPO,ANZI,I NOSTRI SONO TUTTI ALUNNI ESEMPLARI...
Ed è li,che mi son posta una domanda...:un genitore "normale" come avrebbe reagito a tutto ciò...???...forse la risposta sta nel fatto che al figlio di un genitore "normale",o "gatto",per attenerci alla metafora usata da Reece,nessuno avrebbe osato far del male...infatti il gatto "fiuta" il topo...sin nella più tenera età!
E cosi,Shelley e la madre,accettano ben volentieri la proposta di far seguire alla ragazza delle lezioni private,per potersi riprendere dal trauma causato dallo "spiacevole incidente"...
I nostri due topi saran ben felici di nascondersi in una casa isolta a Honeysuckle Cottage.
Nella quiete di questo luogo di campagna, isolto dal resto del mondo,si costruiranno pian piano una vita serena,dimenticando pian piano le ferite lasciate dagli "artigli dei gatti"...

Ma...una notte Shelley...sentirà dei rumori "graffiare" dentro casa,turbando il sonno e la tranquillità delle sue inquiline ...e... sarà cosi che i nostri topi "cominceranno a ballare"...

Devo dire peccato,peccato...una trama che svela troppo,si,ha guastato non poco il piacere di ciò che avrei altrimenti definito un ottimo thriller psicologico,altra pecca (anche questo è già stato detto) un finale eccessivamente precipitoso,buona invece la suspence che si viene a creare prima della fine dell'ultimo capitolo.
Lo stile di Reece,autore esordiente,è notevolmente fluido e possiede un potere narrativo coinvolgente,tale da riuscire a creare una sorprendente empatia tra lettore e personaggi!
Un interessante riflessione psicologica su un mondo di mediocri divoratori che scalano senza timore le montagne del successo,di notevoli personaggi che per amor di pace e per timore del mondo,si nascondono nella loro tana.E un'analisi "spietata" sul significato della parola VENDETTA!


A parte le riserve espresse...consigliato a tutti gli amanti del genere e non...!!!

Nella vita vince chi "graffia" di più...???
Sta a voi scoprirlo...o...valutarlo...

Si divora in un sol boccone...

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Gondes Opinione inserita da Gondes    21 Mag, 2011
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TOPI

Romanzo molto semplice e scorrevole che tratta però un tema molto delicato. La metafora del topo e del gatto è molto appropriata. Un topo si può trasformare in un gatto? Secondo Gordon Reece sicuramente si, secondo il mio parere si può essere topi senza aver paura dei gatti, ma specialmente si può essere gatti senza per forza mangiare topi. A parte i discorsi filosofici, il libro mi sembra ben scritto con parti veramente incalzanti. A un certo punto (pag.79) la protagonista sente dei rumori provenienti dalla scala scricchiolante e capisce che c’è qualcuno in casa: il romanzo a questo punto diventa adrenalico, la tensione sale e sembra di provare le stesse sensazioni. A qualcuno può venire in mente certe situazioni di panico in cui si è trovato nella propria vita e purtroppo riviverle. L’unico appunto che si potrebbe fare a questo romanzo è il fatto che l’autore poteva aggiungere qualche altra pagina e non aver fretta di finire la storia.

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gracy Opinione inserita da gracy    04 Aprile, 2011
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Scappiamo...arrivano i topi!

Esordio brillante, Reece da bravo pifferaio magico, mi ha ammaliato per tutto il tempo e mi ha incollata nell’intreccio di questo thriller psicologico scritto davvero bene. Tra gli episodi di bullismo che annichiliscono Shelley, una giovane adolescente già provata per l’abbandono del padre e la triste condizione di Elizabeth la madre, a sua volta vittima di mobbing, si intreccia un episodio di morte inaspettata. Tuttavia le due donne riusciranno a uscire dalla loro condizione di indifese, solitarie, spaventate e recessive su tutto, adesso non squittiscono e non scappano più come “topi”, ma ruggiscono e si difendono come …..gatti!

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joshua65 Opinione inserita da joshua65    12 Marzo, 2011
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Donne e topi (di paglia)

Cane di paglia, bellissimo film di Peckinpah, parla di un tranquillo professore di matematica, interpretato da Dustin Hoffman, che si trasforma in un freddo (ed efferato) assassino, per difendersi da alcuni sbandati che cercano di entrare in casa sua, perché vogliono uccidere lui e la moglie.

Il film, per ovvie esigenze di copione, non spiega, ma si limita a mostrare la trasformazione del personaggio, e l’escalation di violenza che ne consegue, senza dare giudizi morali. Indugiando sull’essere primordiale che è rimasto in ognuno di noi, anche se sepolto dalle infrastrutture etico morali poste dalla società, pronto però a riemergere quando dobbiamo dare conto al nostro istinto di sopravvivenza.

Shelley, la giovane protagonista di Topi, è un cane di paglia, o un topo come si definisce lei, che ha passato buona parte della sua adolescenza a subire, in buona compagnia della madre.

Abbandonata dal padre, e oggetto di ripetute violenze da parte di un gruppo di compagne di scuola, un tempo amiche del cuore, ma oggi carnefici, solo perché esaltate da tanta remissività, si trasferisce con la madre in una casa di campagna, lontana dalla città e quindi isola felice, perché distante dalla civiltà e dai soprusi fisici e morali, dei quali è stata ripetutamente oggetto.

In questa nuova fase della sua vita troverà ancora una volta un carnefice, ma avrà modo di capire durante questa nuova, allucinante, esperienza, qual è la reale importanza della riscossa.

Libro avvincente, ricco di pathos e dosato nei colpi di scena, ti cattura sin dall’inizio, e non ti lascia fino ad un consistente ed inaspettato finale (che ovviamente non vi svelerò).

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ed ama i thriller e i film di Brian De Palma
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