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La storia
 
La storia 2014-06-10 21:50:13 annamariabalzano43
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
annamariabalzano43 Opinione inserita da annamariabalzano43    10 Giugno, 2014
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La storia di Elsa Morante

Quando uscì nel 1974, La storia di Elsa Morante fu un vero caso editoriale. Ne furono inaspettatamente vendute seicentomila copie, eppure, nonostante il grande successo di pubblico, il romanzo suscitò numerosissime critiche.
L’opera copre il periodo che va dal 1941 al 1947 e ogni capitolo è preceduto da un accurato sommario degli eventi storici che lo caratterizzarono.
Il titolo del romanzo fu considerato da alcuni eccessivamente ambizioso e in parte fuorviante. In realtà la Morante, a mio avviso, ha inteso giustamente collegare la condizione del singolo al destino collettivo dell’umanità, dando in questo modo maggiore spessore a ciascun personaggio, conferendogli un carattere di universalità.
La vicenda si snoda intorno a tre personaggi centrali, Ida, Ninuzzo e Useppe, ma si estende ad altre storie parallele, che costituiscono dei brevi romanzi nel romanzo. Questa tecnica delle digressioni dà un certo movimento al racconto, che procede con voluta lentezza. La scrittrice si sofferma su descrizioni minuziose dei particolari dei luoghi e dei personaggi, amplificando così ogni vicenda. Ciò rientra nella tradizione del romanzo inglese e francese del settecento e dell’ottocento.
Ida fa parte del popolo di emarginati che subisce gli eventi senza avere una possibilità di riscatto. La sua figura ricorda la Gervaise dell’Assomoir di Zola o alcuni personaggi di Verga, vittime dell’inevitabile destino che le attende. Ida non si ribella alle disgrazie che la colpiscono. Subisce lo stupro da parte del soldatino tedesco dagli occhi azzurri con passiva rassegnazione, lo ricorderà con un sentimento quasi materno, mai con odio. Da questa unione nascerà Useppe, il suo secondogenito, una creatura fragile e dolce, che avrà alcune persone di riferimento che saranno i suoi miti: il fratello Ninuzzo, l’amico Davide e Scimò. La vita di Ida e Useppe scorrerà negli anni della guerra e dell’immediato dopoguerra in un perpetuo nomadismo, alla ricerca d’una stabile dimora. I luoghi descritti dalla Morante appaiono quasi come squallide tane fornite di cucce. E’ il degrado che circonda i personaggi, che ne alimenta la vita e la disperazione. Sarà la ricerca di un sogno impossibile che spingerà Nino a partire per la guerra come fascista, a tornare partigiano e finire i suoi giorni come contrabbandiere e ricercato. Un personaggio che ricorda i ragazzi di vita di Pasolini. Eppure Nino è l’eroe di Useppe, è il suo mito. E quando Useppe scoprirà per la prima volta l’amarezza dell’abbandono con la scomparsa del fratello, l’oggetto della sua ammirazione diventerà Davide. Ma il destino di Useppe è segnato da questi tradimenti, inspiegabili ai suoi occhi. Minato nel fisico dalle frequenti crisi di epilessia, non riuscirà a superare la delusione e il dolore. E ogni crisi giungerà quasi a difesa istintiva da una realtà inaccettabile. Questa la storia nella sua semplicità, ma il messaggio della Morante va oltre. Letto oggi, dopo tanti anni, questo romanzo sembra quasi profetico. Ogni ideologia è qui messa sotto accusa, attraverso le parole di Davide, quando si lascia andare ad un monologo d’un realismo agghiacciante, che rimane tuttavia inascoltato, perché in fondo, finita la guerra, a nessuno interessa più discutere su cosa sia giusto o ingiusto, a nessuno interessa più sapere se il potere sia sempre stato repressivo e tirannico e abbia cambiato solo unicamente nome e facciata. E’ il discorso dell’anarchico Davide, un discorso d’un’onestà intellettuale sorprendente, che cancella ogni illusione. Ed è in questo discorso che Davide, il pacifista che odia la violenza, confessa d’avere brutalmente assassinato un tedesco e di essersi con quel gesto identificato con lo stesso odiato aguzzino tiranno. Qui il discorso sembra allargarsi alla figura dell’ebreo del dopoguerra che si trasforma da vittima in carnefice.
Nel mondo descritto dalla Morante non c’è posto per la speranza. La rinuncia di Ida alla ragione è l’ultimo atto della sua vita. Sopravvissuta alla povertà materiale, non può sopravvivere alla povertà dell’anima e dei sentimenti. In questa prospettiva il suo dolore non rimane limitato alla sfera individuale, ma diviene il dolore di tutta l’umanità tradita e ingannata.

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Commenti

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commento meraviglioso Annamaria!
sono anni che devo decidermi a leggerlo....
Nuovamente una bellissima recensione, AnnaMaria.
Ho letto il libro tempo fa : l'avevo trovato interessante ma un po' monotono nello stile. Il tuo Commento mi ha ravvivato nella mente gli aspetti migliori di quest'opera.
Che recensione Anna Maria....da lezione universitaria. Ricordo che il mio professore di letteratura moderna e contemporanea si soffermò in modo particolare sull'autrice e questa sua opera...all'epoca lessi qualche passo, ma poi l'ho rimosso. Grazie per questa segnalazione che merita sicuramente una lettura approfondita. :)
In risposta ad un precedente commento
Mario Inisi
11 Giugno, 2014
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Mi hai fatto venire voglia di leggerlo, nell'armadio ce l'ho già che mi aspetta.
Anch'io ho aspettato tanto a leggerlo, perchè non mi sentivo mai pronta ad affrontare temi così duri. Non che ora lo fossi, ma è stata più un'esigenza....culturale.
Si, Emilio, sono d'accordo con te. Forse lo stile non è molto curato, ma probabilmente è stata una scelta della Morante, per essere in sintonia col tema trattato. Forse.
Grazie Marcy, ma certamente ci sarebbero state ancora molte altre cose da dire,per esempio sul linguaggio, confrontare la Morante con Gadda e Pasolini, sull'importanza del sogno, le metafore e i simboli e poi ancora altro. A quel punto però non sarebbe più una recensione, ma un saggio.....
Anch'io ho aspettato tanto, ma certamente è un testo da leggere. Sono certa che ti piacerà.
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