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Una lacrima color turchese
 
Una lacrima color turchese 2014-11-19 12:05:54 veronic
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
veronic Opinione inserita da veronic    19 Novembre, 2014
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Natale:il protagonista esce di scena

Un racconto frizzante, cinico, con delle uscite decisamente geniali.
La sua premessa ci mette in guardia: “sarà una specie di fiaba che metterà a nudo l’ipocrisia del Natale e di tutti i buonisti a tempo determinato”.
Non temete, non siamo di fronte all'ennesimo abuso dei 3 fantasmi di Dickens, al massimo si potrebbe dire che il mondo si è rassegnato ad esser composto unicamente da tutti Scrooge ma che non c’è nessuna apparizione, o in questo caso scomparsa, che possa farli/ci redimere.

Ci troviamo in un paesino di montagna, prossimi al Natale 2014, i convenevoli, gli auguri, messe e pellicce sono pronte, le lettere sovraccariche di richieste sono state fintamente spedite in Lapponia, ed eccoci quindi pronti ad accogliere la sacra mattina del Natale attorno all’albero.
Da tradizione, si comincia con l’apertura dei regali, tutti i bimbi gongolano entusiasti per l’ottimo investimento, anche questo Natale sembra aver dato i frutti tanto richiesti, i genitori si fanno “spalluce”, i sacrifici e gli straordinari sono serviti al loro scopo, conquistare/comprare l’affatto dei loro figli. Il quadretto famigliare che si ripete da anni, è quasi completo, i regali sono stati consegnati i vestiti buoni sono pronti, si sta per andare a messa.. ma!....è accaduta una cosa strana, udite! udite!..manca il Gesù Bambino dal presepe!..Chi lo ha preso? Si scompone l’atmosfera, la capo famiglia delle feste con l’energia del suo buonismo fa cadere minacce verso i primi sospettabili rapitori, i suoi figli.
A macchia d’olio il caso si presenta a tutte le famiglie del paese, poi della regione, poi della nazione, e poco dopo si scopre che tutto il mondo ha disperso i Bambin Gesù.
Dostoevskij ci anticipò “senza Dio tutto è possibile” e così comincia il grande caos, il conflitto con ciò che c’è di più sacro per gli uomini: esser tutti conformi alla“ tradizione”.
Il giallo è avvincente, il caso ci permette una simpatica panoramica di uomini moderni, dei quali alcuni sono dichiarati espressamente come Don Gallo, Alex Zanotelli, Don Ciotti, il Papa Argentino, poi alcuni sono vagamente accennati, come il politico che si spacciava per Gesù Bambino, e lo scrittore delle Montagne che specula su questa storia.

Il cinismo, l’ironia e un po’ di satira, alla fine ci ricondurranno sulla riva del testo, e per chi conosce l’autore non sarà difficile scovare in quel laghetto dalle “lacrime color turchese” una storia non antica dove Corona incita i suoli lettori a volger sempre lo sguardo.

Apprezzo questo libro, seppur nella sua immensa brevità, perché è diretto senza esser pesante, ben scritto, e ci propone molte riletture. Oltre ai volti noti, ai paesaggi conosciuti, uno dei temi centrali ironizzati in questa storia, è secondo me: L’appello al ritrovamento iconografico della Cristianità che prevarica sopra la Cristianità stessa. Tutto ciò, mi riconduce inevitabilmente a considerare, quanto talvolta appaiono ridicole le nostre prese di posizione, come il dibattito politico di poco tempo fa, in merito ai crocifissi nelle scuole e nei luoghi pubblici. La maggior parte degli uomini, italiani, cristiani e non, praticanti e non, peccatori..e peccatori.. quando hanno visto la possibilità di perdere un simbolo iconografico hanno rispolverato il credo e sono arrivati quasi a bestemmiare in faccia a chi avrebbe voluto togliere il soggetto ai loro aggettivi.

Siamo uomini, sbagliamo, ma soprattutto, usciamo da questo cliché, non diventiamo migliori, neppure a Natale.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
E' molto affine alla famosa preghiera "auguri scomodi" di don Tonino Bello.
Molto significativa, un augurio Natalizio di cuore diverso dai soliti, ma decisamente concreto e sincero.
Ve la posto qui, per renderla fruibile anche a chi non ha avuto ancora l'occasione di conoscerla.

"Carissimi, non obbedirei al mio dovere di vescovo se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo. Io, invece, vi voglio infastidire. Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario. Mi lusinga addirittura l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati.
Tanti auguri scomodi, allora, miei cari fratelli!
Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio. Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio.
Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita, il sorpasso, il progetto dei vostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.

Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla dove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che il bidone della spazzatura, l’inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa.
Giuseppe, che nell’affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.
Gli angeli che annunciano la pace portino ancora guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che poco più lontano di una spanna, con l’aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfratta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano popoli allo sterminio della fame.
I Poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una gran luce” dovete partire dagli ultimi.
Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili.
Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano.
Che i ritardi dell’edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative.
I pastori che vegliano nella notte, “facendo la guardia al gregge”, e scrutano l’aurora, vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio. E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri che è poi l’unico modo per morire ricchi.
Buon Natale! Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza.

+ Tonino Bello "
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Commenti

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siti
19 Novembre, 2014
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Complimenti per la proposta di lettura, per i rimandi letterari e per il commento tutto, davvero apprezzato. Che dire degli auguri scomodi? Un bel regalo di Natale in anticipo. Grazie
Laura
In risposta ad un precedente commento
veronic
19 Novembre, 2014
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Grazie Laura. Mi sono anticipata con le letture natalizie e con le riflessioni scomode che portano con se, ispirata anche da Corona, che ha cominciato a scrivere quest'opera "natalizia" il primo giorno d'estate, scrivendo "quando una roba urge,ogni giorno va bene". ^__^
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