Narrativa italiana Romanzi Una lacrima color turchese
 

Una lacrima color turchese Una lacrima color turchese

Una lacrima color turchese

Letteratura italiana

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Il giorno di Natale, in uno sperduto paesino di montagna, accade un fatto sconvolgente: mentre la gente si dispone a mettere da parte i rancori, le statuine di Gesù Bambino scompaiono misteriosamente da tutti i presepi. Le prime ad accorgersene sono tre madri di famiglia che, indignate, accusano i figli del furto. Quando però si sparge la voce che l'inquietante fatto non ha colpito solo quel borgo ma addirittura il mondo intero, la rabbia cede il posto al panico. Cosa può nascondersi dietro a un evento così assurdo e angosciante? Teologi e satanisti, esperti e millantatori si lanciano in teorie e ipotesi. Non si arrendono di fronte a nulla, l'importante è individuare un colpevole. Ma la ricerca sembra essere destinata a non avere fine.



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Una lacrima color turchese 2021-09-30 08:55:43 sonia fascendini
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sonia fascendini Opinione inserita da sonia fascendini    30 Settembre, 2021
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Favola triste

E se Gesù bambino sparisse da tuti i presepi? Lo immagina Mauro Corona, il poeta burbero di montagna, che devo dire mi piace di più in questa veste che in quella, di opinionista televisivo. Mi è piaciuta, ma con moderazione questa fiaba, dove si immagina di togliere il bambinello da ogni presepe del mondo, per far capire agli uomini quello che stanno diventando in termini di crudeltà ignoranza e indifferenza. Ho trovato in questo racconto una buona dose di retorica, forse un tentativo di cavalcare un onda che gli faccia scalare le classifiche di vendita? Non lo so, comunque lo stile mi è piaciuto: schietto, fresco e pungente. Credo che darò un'altra possibilità a questo scrittore, che mi auguro, nonostante le tentazioni della notorietà televisiva, almeno nello scrivere sia rimasto un montanaro.

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Una lacrima color turchese 2014-12-27 14:42:31 Pelizzari
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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    27 Dicembre, 2014
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Presepi saccheggiati

Mauro Corona è uno scrittore sempre molto molto particolare, a modo suo un “poeta che grida” e più lo leggo, più ne rimango affascinata. Lui di sé dice che è un po’ balordo e forse un po’ è vero. L’ho pensato quando ho letto la dedica del libro, niente meno che al Papa. E la storia raccontata svela il perché di questa dedica. Si snoda come una favola che racconta l’evento della sparizione da tutti i presepi del mondo del Bambin Gesù. Ma la scrittura non è fiabesca, è graffiante, condita di piccoli intermezzi che sono rimandi a vicende molto attuali, come il punto di vista degli esperti di Bruxelles, le trasmissioni tv con i plastici, i naufragi delle navi. Ma il culmine del libro è la lettera misteriosa, lasciata in ogni casa, in una busta nera e letta in una diretta tv, lettera che è un grido contro un mondo ottuso e feroce, che ha dimenticato il volto di Gesù ed il significato del suo essere venuto al mondo. Splendido il finale, che svela il perché del titolo. Splendida la copertina, che racchiude in una palla di vetro un lago, ovvero un pezzo di quello che è il mondo che penso quest’autore ami di più.

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Una lacrima color turchese 2014-12-04 10:04:16 DieLuft
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DieLuft Opinione inserita da DieLuft    04 Dicembre, 2014
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Siamo sicuri succeda solo a Natale?

Con questo terzo libro di Corona nella mia libreria, mi consacro completamente a questo scrittore italiano, forse l’unico autore che è stato in grado di appassionarmi veramente, nonostante le sue “bizzarrie” narrative.
Mi dispiace “rompere le uova nel paniere” a tutti coloro che giudicano questo piccolissimo tomo come un flop dell’autore. Personalmente questo raccontino non ha nulla da invidiare alle altre storie di Corona. A chi non è piaciuta, consiglio di andarsi a leggere le primissime pagine, quelle scritte in col carattere in italico. Dove si trova un autore che mette nero su bianco il contenuto del proprio libro? Non ci fa nemmeno fare la “fatica” di ragionare sul significato di ciò che andremo a leggere… Più facile di così non riesco ad immaginare nulla, è di una semplicità addirittura disarmante a momenti. Che storia doveva inventarsi, così articolata od aulica, per parlare di un argomento così quotidiano e ben palpabile? È talmente evidente che anche scrivere una recensione diventa un mero accessorio, quasi un’azione vana.

L’espediente della storiella natalizia sulla falsità del perbenismo di questa festività può sembrare leziosa e già letta. Ma la novità di questo racconto è che Corona ci mette tutto sotto il naso, chiaro e tondo, e certamente non si ferma solo lì: va ben oltre il Natale. Una feroce critica alla società di tutti i giorni, raccontata come solo Corona sa fare, con il suo narrare tutto come se fosse una fiaba. Ho amato e riso insieme a questo libro, che mette mette a nudo non solo le coscienze di tutti i “buonisti a tempo determinato”, ma anche la società mediatica oggi che con la sua smania di scoop e di notizie, ci mette davanti allo schermo e sulle riviste tutta una serie di personaggi che si proclamano esperti, ma alla fine non ne sanno niente di meno e niente di più di un gruppo di vecchiette pettegole o di un paese che chiacchiera. Lì sullo schermo per dare certezze inesistenti, instabili ed inutili visto che non si hanno prove e soprattutto, questi interventi non sono stati richiesti da nessuno… La notizia del Bimbo scomparso è l’ennesimo motivo per creare business, e non c’è nulla di scioccante nell’accettare il fatto che nemmeno il Natale successivo alla sua sparizione, il Bambin Gesù non si presenti al suo posto nella mangiatoia.cMa l’umanità descritta dal libro è cieca, pretende di trovare un responsabile della sparizione, non importa chi purché questo reo l’aiuti a non fare i conti con se stessa. Un colpevole qualsiasi -anche Satana va bene- purché non debba essere costretta a puntare il dito contro se stessa.
A che serve il Bambin Gesù, metafora del vero amore incondizionato e privo di ogni giudizio, quando questo tipo di amore non esiste più nemmeno a Natale? Tanto meglio sparire dalla circolazione. Per sempre.
Non voglio sprecare una parola in più per consigliare questo libro che si dovrebbe leggere non solo a Natale (magari durante il mega-pranzo-con-parenti) ma da rileggere anche durante il resto dell’anno.

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Una lacrima color turchese 2014-11-19 12:05:54 veronic
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veronic Opinione inserita da veronic    19 Novembre, 2014
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Natale:il protagonista esce di scena

Un racconto frizzante, cinico, con delle uscite decisamente geniali.
La sua premessa ci mette in guardia: “sarà una specie di fiaba che metterà a nudo l’ipocrisia del Natale e di tutti i buonisti a tempo determinato”.
Non temete, non siamo di fronte all'ennesimo abuso dei 3 fantasmi di Dickens, al massimo si potrebbe dire che il mondo si è rassegnato ad esser composto unicamente da tutti Scrooge ma che non c’è nessuna apparizione, o in questo caso scomparsa, che possa farli/ci redimere.

Ci troviamo in un paesino di montagna, prossimi al Natale 2014, i convenevoli, gli auguri, messe e pellicce sono pronte, le lettere sovraccariche di richieste sono state fintamente spedite in Lapponia, ed eccoci quindi pronti ad accogliere la sacra mattina del Natale attorno all’albero.
Da tradizione, si comincia con l’apertura dei regali, tutti i bimbi gongolano entusiasti per l’ottimo investimento, anche questo Natale sembra aver dato i frutti tanto richiesti, i genitori si fanno “spalluce”, i sacrifici e gli straordinari sono serviti al loro scopo, conquistare/comprare l’affatto dei loro figli. Il quadretto famigliare che si ripete da anni, è quasi completo, i regali sono stati consegnati i vestiti buoni sono pronti, si sta per andare a messa.. ma!....è accaduta una cosa strana, udite! udite!..manca il Gesù Bambino dal presepe!..Chi lo ha preso? Si scompone l’atmosfera, la capo famiglia delle feste con l’energia del suo buonismo fa cadere minacce verso i primi sospettabili rapitori, i suoi figli.
A macchia d’olio il caso si presenta a tutte le famiglie del paese, poi della regione, poi della nazione, e poco dopo si scopre che tutto il mondo ha disperso i Bambin Gesù.
Dostoevskij ci anticipò “senza Dio tutto è possibile” e così comincia il grande caos, il conflitto con ciò che c’è di più sacro per gli uomini: esser tutti conformi alla“ tradizione”.
Il giallo è avvincente, il caso ci permette una simpatica panoramica di uomini moderni, dei quali alcuni sono dichiarati espressamente come Don Gallo, Alex Zanotelli, Don Ciotti, il Papa Argentino, poi alcuni sono vagamente accennati, come il politico che si spacciava per Gesù Bambino, e lo scrittore delle Montagne che specula su questa storia.

Il cinismo, l’ironia e un po’ di satira, alla fine ci ricondurranno sulla riva del testo, e per chi conosce l’autore non sarà difficile scovare in quel laghetto dalle “lacrime color turchese” una storia non antica dove Corona incita i suoli lettori a volger sempre lo sguardo.

Apprezzo questo libro, seppur nella sua immensa brevità, perché è diretto senza esser pesante, ben scritto, e ci propone molte riletture. Oltre ai volti noti, ai paesaggi conosciuti, uno dei temi centrali ironizzati in questa storia, è secondo me: L’appello al ritrovamento iconografico della Cristianità che prevarica sopra la Cristianità stessa. Tutto ciò, mi riconduce inevitabilmente a considerare, quanto talvolta appaiono ridicole le nostre prese di posizione, come il dibattito politico di poco tempo fa, in merito ai crocifissi nelle scuole e nei luoghi pubblici. La maggior parte degli uomini, italiani, cristiani e non, praticanti e non, peccatori..e peccatori.. quando hanno visto la possibilità di perdere un simbolo iconografico hanno rispolverato il credo e sono arrivati quasi a bestemmiare in faccia a chi avrebbe voluto togliere il soggetto ai loro aggettivi.

Siamo uomini, sbagliamo, ma soprattutto, usciamo da questo cliché, non diventiamo migliori, neppure a Natale.

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Consigliato a chi ha letto...
E' molto affine alla famosa preghiera "auguri scomodi" di don Tonino Bello.
Molto significativa, un augurio Natalizio di cuore diverso dai soliti, ma decisamente concreto e sincero.
Ve la posto qui, per renderla fruibile anche a chi non ha avuto ancora l'occasione di conoscerla.

"Carissimi, non obbedirei al mio dovere di vescovo se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo. Io, invece, vi voglio infastidire. Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario. Mi lusinga addirittura l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati.
Tanti auguri scomodi, allora, miei cari fratelli!
Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio. Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio.
Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita, il sorpasso, il progetto dei vostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.

Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla dove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che il bidone della spazzatura, l’inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa.
Giuseppe, che nell’affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.
Gli angeli che annunciano la pace portino ancora guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che poco più lontano di una spanna, con l’aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfratta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano popoli allo sterminio della fame.
I Poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una gran luce” dovete partire dagli ultimi.
Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili.
Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano.
Che i ritardi dell’edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative.
I pastori che vegliano nella notte, “facendo la guardia al gregge”, e scrutano l’aurora, vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio. E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri che è poi l’unico modo per morire ricchi.
Buon Natale! Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza.

+ Tonino Bello "
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