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La cognizione del dolore
 
La cognizione del dolore 2015-01-20 07:02:31 enricocaramuscio
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    20 Gennaio, 2015
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Una perturbazione dolorosa

Oppresso da un sentimento nero, da un rancore lontano ed incredibilmente profondo, l'animo del rispettabile ingegnere Don Gonzalo Pirobutirro è sempre più in balìa di una rabbia cieca che si scatena al minimo pretesto esplodendo in un turbine di improperi, minacce, efferati turpiloqui "come urlo di demente dal fondo di un carcere". La povera madre, vittima impotente di questa sproposita follia, ha lottato per anni cercando di nascondere con la speranza, con la gioia, con l'amore formidabile che è tipico delle mamme l'orribile evidenza, finché non ha dovuto arrendersi e rassegnarsi davanti al male oscuro che attanaglia la mente e lo spirito dell'adorato figlio. Lo stesso Gonzalo del resto appare incapace di avere ragione del suo delirio, di controllare la sua rabbia feroce che come un fiume in piena si riversa impetuosamente sugli oggetti e sulle persone che gli stanno vicino. Un furore che sembra legato ad una inesorabile sfiducia nella vita, ad un risentimento remoto nei confronti dei genitori, all'intolleranza verso i suoi conterranei sporchi, ignoranti, ladri ed imbroglioni. La donna non ha altra scelta che cercare di dare al figlio meno pretesti possibili per esplodere e, quando questo non basta, lasciare che tutto passi, pietrificata dalla paura, immobilizzata dalla stanchezza, sfigurata dal dolore. La tragedia, è facile prevederlo, sarà inevitabile. Gadda ambienta questa triste storia di angoscia e di sofferenza in un immaginaria nazione sudamericana, il Maradagàl, un paese appena uscito da una terribile guerra fratricida con il confinante Parapagàl. Non si sa bene chi dei due abbia vinto, poiché entrambi rivendicano la vittoria e addossano al vicino la colpa del conflitto. Si sa soltanto che le conseguenze sono state terribili, la lotta armata ha portato morte, invalidità, fame, miseria morale e materiale. In questo clima si svolge la vicenda di Don Gonzalo e della sua anziana mamma, legati dall’indissolubile sodalizio che unisce madre e figlio ma al contempo divisi da una “perturbazione dolorosa più forte di ogni istanza moderatrice del volere”. Lo stile dello scrittore non è certo scorrevole, a tratti brioso, ironico, frizzante, a tratti intricato, ostico, barocco ma sempre deliziosamente delicato, ammaliante, quasi poetico. Gadda gioca con i dialetti e con le lingue straniere, è bravo nel coinvolgere e nel trasmettere sentimenti e sensazioni e si dimostra sottilmente intelligente nel creare un fine parallelismo tra l’immaginario stato andino e l’Italia del Ventennio. Peccato soltanto che non sia riuscito a portare a termine l’opera lasciandoci con un po’ di amaro in bocca, ma comunque estasiati dall’alta qualità letteraria e dalla spiccata capacità di raccontare il male di vivere: “Sapeva benissimo che cosa sarebbe arrivato dopo tutta la fatica e l’inutilità, dopo la guerra e la pace e lo spaventoso dolore: in fondo, in fondo a tutto, c’era, che lo aspettava, il vialone coi pioppi, liscio come un olio. Coi pioppi dalle tergiversanti foglie, nella bionda luce, il viale della Recoleta, in asfalto, dove gli scarafaggioni elettrificati ci scivolavano sopra in silenzio che parevano nere ombre già loro, con bauli argentati, trapezoidali”.

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Commenti

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Un commento molto bello!
Un commento bello e interessante, Enrico.
Anche a me il libro è piaciuto. Molto meglio del "Pasticciaccio..." . Comunque, personalmente, non considero Gadda un autore fra quelli imperdibili.
Vi ringrazio...anche per me il "Pasticciaccio" fu una delusione, ma con questo libro ho rivalutato Gadda...
le tue presentazioni Enrico sono sempre di grande effetto!
non ho ancora letto nulla di Gadda, ma lo devo fare...
grazie
Sempre molto gentile Silvia...io dopo due esperienze contrastanti aspetto quest'autore alla terza prova...magari con "Le bizze del capitano in congedo".
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