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Quella vita che ci manca
 
Quella vita che ci manca 2015-11-01 14:48:18 mariac
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
mariac Opinione inserita da mariac    01 Novembre, 2015
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QUELLA VITA CHE CI MANCA

VALENTINA D’URBANO riparte da dove aveva lasciato Alfredo con “il rumore dei tuoi passi”, ossia in quel sobborgo dove non esistono illusioni, dove spesso manca perfino l’elettricità, dove c’è un solo bar, una sola piazza, un solo punto di ritrovo chiamato “Anfiteatro” e tanta tanta miseria.
Il quartiere è un reticolo di case da cui non puoi assentarti troppo perché hai paura che ti si fiondino dentro, da cui non puoi assentarti perché, in fondo, non hai un altro posto dove rifugiarti.
La famiglia Smeraldo è una delle tante squattrinate famiglie che vive alla “Fortezza”, occupando un appartamento freddo e inospitale, sfasciato dalla rabbia di Alan che, quando non sa come sfogare le sue frustrazioni, se la prende con i pochi mobili rimasti. La famiglia Smeraldo è una famiglia che ha smesso di sperare di meritare una vita migliore, che può contare solo su se stessa, che fa quel che può per tirare avanti ma è una di quelle famiglie che, nonostante tutto, si può definire unita. I fratelli Smeraldo si sentono persi, credono di avere il germe della Fortezza, non tentano più nemmeno di uscire dal vortice dell’autodistruzione.
Eppure Valentino qualche volta pensa a chi dalla fortezza ne è uscito, sì, ricorda quella ragazza un pò troppo aggressiva per i suoi gusti, si chiamava Beatrice. Lei ha deciso di chiudere con quel postaccio e cercare una vita migliore, pulita, legale. Certo anche lei si è portata dietro il suo bagaglio di dolore ma ha trovato la stimolo per fuggire.
Valentino pensa che anche lui potrebbe farcela, potrebbe così salvare Mamma, Anna e Vadim dalla miseria, potrebbe salvare se stesso dalle porte del carcere che tanto spesso gli sono sembrate così vicine e aperte. Potrebbe convincere Alan a seguirlo, a tentare di vivere in modo più pulito, di liberarsi della sua rabbia, del suo dolore, dei suoi abbandoni. Potrebbe ancora farcela a nascondere a Delia chi è realmente ed essere l’uomo che lei pensa di avere al suo fianco.
La D’urbano dopo “il rumore dei tuoi passi”, scrive un’altra storia fortissima. Concentrandosi, questa volta sui legami di sangue, conferisce la forza di una saga a una storia familiare in cui tutti i personaggi hanno una maturità e una solidità tale da poter vivere in modo autonomo all’interno del racconto, si fanno da subito amare perché sono dei disgraziati che creano dipendenza, apprensione e dolore. Sono simpatici, sono autoironici e sono spietati. Non riesci a giudicarli, gli sei vicino fino alla fine, vorresti condurli sulla strada giusta ma alla fine li giustifichi, li accetti.
Lo stile è semplice, scorrevole, tipico di chi vuole arrivare al cuore di tutti ed in particolar modo dei più giovani, credo sia proprio uno di quei romanzi da consigliare a chi ancora deve affacciarsi alle finestre del mondo per averne un’immagine cruda e realistica.

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