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Le luci nelle case degli altri
 
Le luci nelle case degli altri 2015-11-10 14:11:27 evakant
Voto medio 
 
2.8
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
evakant Opinione inserita da evakant    10 Novembre, 2015
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QUANDO LE FAMIGLIE SONO TROPPE

Vi è mai capitato, la sera, mentre siete in viaggio in macchina o in treno, di passare davanti alle case , notare le luci accese all'interno e sorprendervi a sbirciare all'interno per catturare pezzi di vita di perfetti sconosciuti?
Beh, a me capita spesso, magari di osservare situazioni, scenari che non durano più di due secondi ma che ci fanno fantasticare su come è la vita di chi vediamo anche solo per un istante intento nella sua vita, nella sua intimità domestica.

Il tema è certo affascinante e il titolo di questo romanzo del 2010 scritto dall'autrice romana Chiara Gamberale evoca scenari interessanti.
La storia poi francamente non è quello che evoca in me la frase “le luci nelle case degli altri” ma è sviluppata diversamente.
Forse a farci indentere che la vita vista dalle finestre illuminare delle “case degli altri” non è mai come la si potrebbe immaginare se fosse vissuta da dentro.

Mandorla ha 6 anni quando la madre Maria, amministratrice (un po' sui generis..) del condominio di via Grotta Perfetta 315 muore in un incidente stradale.
Maria non ha parenti, non ha un compagno, il padre di Mandorla è ignoto, non ha genitori, o parenti prossimi che si possano curare della piccola, che viene così affidata in prima battuta alle cure di Tina, la maestra in pensione che sta al primo pianto del condominio di via Grotta Perfetta.
Tina trova una lettera, scritta da Maria il giorno in cui la piccola Mandorla è venuta al mondo, lettera in cui Maria rivela che il padre della bambina è uno dei condomini che in una sera di marzo “un po' per noia un po' per curiosità” è stato con lei e insieme hanno concepito la bambina.
La situazione di fa spinosa: i possibili padri sono 5: Samuele Grò del secondo piano, marito di una concreta e pratica avvocatessa e già padre del piccolo Lars, Paolo o Michelangelo, i due omosessuali che convivono al terzo piano, lo scrittore Lorenzo, marito di Lidia del quarto piano e l'integerrimo ingegner Barilla che è il capo di una famiglia agiata e perfetta del quinto piano (non a caso il cognome...la famigliola perfetta degli spot Barilla).

La riunione straordinaria di condominio arriva ad un epilogo quanto mai assurdo: il test del DNA non verrà fatto, la bambina verrà adottata ufficialmente da Tina ma vivrà 2 anni ad ogni piano in modo che tutti siano un po' la sua famiglia.
E, di conseguenza, in pratica, al di là delle teorie strampalate dei condomini, crescerà con la sensasione che nessuno sia davvero la sua famiglia, che nessuna di quelle casa è la SUA casa.
Da qui il lettore entra subito nella spirale del Totopadre: chi sarà? “un po' per noia un po' per curiosità”...noia di Lorenzo, annoiato dalla vita in generale? Noia dell'ingegnere, per la sua vita perfetta? Noia di Samuele, che alle prese con una moglie in carriera vive praticamente facendo il casalingo e padre? Curiosità di Paolo o Michelangelo, che sono gay...ma si sa cha la curiosità è sempre in agguato, soprattutto in Michelangelo che era il migliore amico di Maria?

Mandorla intanto cresce e 11 anni dopo la ritroviamo in carcere, per un non meglio precisato reato, assistita dall'avvocato Luciano Pavarotti, nuovo compagno dell'avvocatessa Grò.
Negli anni Mandorla ha vissuto 2 anni per piano, prima con Tina, poi ogni 2 anni saliva di un piano.
Ha potuto osservare le vite di tutte le sue “famiglie”: vite tutt'altro che felici, vite piene di solitudine, di bugie, di sotterfugi, di noia, di meschinità, vite tristi, in generale molto tristi.
Anche se all'apparenza perfette.
Nella notte che trascorre in cella Mandorla ripercorre tutta la sua vita, dal primo amore fino all'arresto, dal momento in cui ha scoperto che uno dei suoi padri è uno dei condomini, fino alla consapevolezza di volerlo sapere, di volere il test del DNA, per poi concludere che no, non lo vuole sapere, fa lo stesso, lei sarà Mandorla indipendentemente da chi è suo padre, in fondo non sarà poi così importante.
Sapremo alla fine chi è il padre biologico di Mandorla, epilogo non scontato, ma che si potrebbe anche immaginare.

Il libro contiene spunti di riflessione davvero interessanti, forse non troppo originali, forse un po' troppi luoghi comumi ma ben sviluppati.
Si percepisce il disagio di questa ragazzina nel crescere in contesti così diversi, così insoliti, sempre in balia degli eventi, mai sicura della propria identità, delle sue origini, fino a capire che forse non è poi così importante.
La narrazione è scorrevole, con alcuni flashback che aiutano a chiarire meglio la storia delle 5 famiglie di Mandorla, ma ben presto diventa irritante.
La Gamberale, per rafforzare determinati concetti, ripete all'infinito determinati termini, a mio avviso in modo del tutto inutile. Come se non sapesse come rafforzare certe situazioni in altro modo.
Il “Voglio saperlo subito” diventa “Voglio saperlo subito, subito subito”
Mamma mamma mamma.
Davvero davvero davvero.

E non accade ogni tanto.
Accade all'inizio in quasi tutti i capitoli, per poi ritersi anche ogni pagina.
Ogni volta ripete la stessa parola per 3 volte. Se non 4, se non all'infinito, come accade a pagina 326-327 dove per una pagina e mezza compare solo la parola “innocente” ripetuta non so quante volte (non le ho contate) cosa che non è irritante, di più. Oltre che inutile a mio avviso.

Per concludere, spunti interessanti, sviluppati piuttosto bene, ma stile narrativo in fin dei conti fastidioso.
Peccato. Personalmente non so davvero se consigliarlo o meno. Non è una lettura indispensabile, questo no.

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Commenti

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Si, concordo. Dici bene. Chiara Gamberale mi ispira, mi appassiona per le intelaiature psicologiche, mi allontana perché, infine, non osa. E' una scrittrice che si farà. Grazie per le tue riflessioni. Noi lettrici abbiamo pazienza. Continuiamo a seguirla.
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