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La testa perduta di Damasceno Monteiro
 
La testa perduta di Damasceno Monteiro 2015-12-31 17:14:03 enricocaramuscio
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    31 Dicembre, 2015
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Cronaca, filosofia e abuso di potere

Un cadavere senza testa viene ritrovato in un bosco alla periferia di Oporto. Il giovane Firmino, inviato speciale di un noto quotidiano di Lisbona, giunge sul posto per seguire il caso e sfruttarne la grande attenzione mediatica. Il ragazzo però ha ben altre aspirazioni che andare dietro ad efferati fatti di cronaca nera. Nei suoi progetti c’è la stesura di un saggio sull’influenza di Vittorini sul romanzo portoghese del dopoguerra. Tra l’altro, la città di Oporto non lo attrae per niente, timida imitazione della Londra vittoriana legata per lui a ricordi poco ameni di vacanze natalizie per niente piacevoli. Anche se contro voglia, Firmino si mette zelante al lavoro e si scontra fin da subito con una terribile realtà fatta di traffici di stupefacenti, di abuso di potere, di corruzione e violenza in cui è coinvolta una frangia corrotta della Polizia di Stato. Ad aiutarlo nell’indagine entra in scena il singolare avvocato Mello Sequeira, uomo di grande cultura ed intelligenza impegnato nella difesa gratuita di poveri, derelitti e diseredati. “Io difendo gli sciagurati perché sono come loro, questa è la pura e semplice verità. Della mia nobile casata utilizzo solo il patrimonio materiale che mi è rimasto, ma come i disgraziati che difendo credo di aver conosciuto le miserie della vita, di averle capite e anche assunte, perché per capire le miserie della vita bisogna mettere le mani nella merda, scusi la parola, e soprattutto esserne consapevoli. E non mi costringa alla retorica, perché questa è retorica a buon mercato”. Tra una congettura e un piatto di trippa, tra una disputa filosofica e una discussione letteraria, la collaborazione tra i due si trasforma presto in stima, rispetto, amicizia, sotto l’influsso della magia di una città che ben presto lo stesso Firmino imparerà ad amare. Il corso della giustizia invece sarà deviato dall’autorevolezza di poteri forti e il contrabbando, la tortura e l’omicidio saranno coperti da una maschera di finta legalità e dall’ipocrisia di discutibili medaglie al valore. Dal bellissimo incipit al favoloso finale, il libro di Tabucchi è un eccellente esempio di stile ed eleganza, in cui alla virtù della prosa si accompagnano il preciso ritratto storico e politico di una nazione e l’importanza e l’attualità dei contenuti. L’autore è bravissimo nel descrivere un Portogallo voglioso di lasciarsi alle spalle gli anni bui del regime di Salazar ma ancora incapace di esprimere una democrazia scevra da una mentalità dittatoriale che continua ad influenzare la vita dei cittadini ed il comportamento di governi e forze di polizia. Ma infondo non serve andare poi tanto lontano per trovarsi davanti a certi episodi. La storia di Damasceno Monteiro non può non riportare alla mente i casi nostrani ed attualissimi relativi alla morte di Federico Aldovrandi e di Stefano Cucchi, esempi di folle violenza e di abuso di potere che dovrebbero essere lontani anni luce da una società che si spaccia per moderna, civile e democratica e che invece ancora oggi ci troviamo tristemente a commentare.

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Commenti

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Bellissima recensione. Anche a me é piaciuto moltissimo!
Interessante recensione, Enrico.
Pensavo si trattasse di un'opera minore di Tabucchi. Ora vedo che il livello letterario è molto alto. "Sostiene Pereira" mi è piaciuto moltissimo. Ora mi annoto questo titolo.
ben trovato Enrico, molto invitante il tuo commento
Grazie a tutti. Tabucchi non delude mai
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