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Il giorno della civetta
 
Il giorno della civetta 2017-06-14 10:26:46 Mian88
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4.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
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4.0
Mian88 Opinione inserita da Mian88    14 Giugno, 2017
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Silenzio in aula..

«La verità è nel fondo di un pozzo: lei guarda in un pozzo e vede il sole o la luna; ma se si butta giù non c’è più né sole né luna, c’è la verità» p. 96

Terminato nel 1960 e pubblicato per la prima volta nel 1961 da Einaudi, “Il giorno della civetta”, nasce traendo spunto dall’omicidio, avvenuto in Sciacca nel gennaio del 1947 ad opera di Cosa Nostra, del sindacalista comunista Accursio Miraglia. Per la figura del Capitano Bellodi, protagonista dell’opera de qua, ispiratore fu, al contrario, il comandante dei carabinieri di Agrigento, Renato Candida, di cui, appunto, nel 1957, anno in cui Leonardo si avvicinò concretamente alla tematica della mafia, si occupò di recensirne il libro.
Primo scrittore a rivolgere la sua penna verso detta problematica, Sciascia si prefigge l’obiettivo di svelare al grande pubblico verità celate, custodite nei meandri più oscuri e profondi dell’essere, e vi riesce pienamente attraverso un elaborato vivo, civico, analitico.
Sicilia. Un modesto impresario edile viene brutalmente – e pubblicamente – assassinato. Tutti vedono, alcuno parla. Di quel che è accaduto, non conoscono alcunché. Omertà, protezione, silenzi, interessi discordanti e primari, regnano sovrani in questa terra di sole ma anche di violenza e crudeltà, in questa terra dove la legge del più forte prevale su tutto il resto.

«[..]E pure era la legge, quanto la morte paurosa; non, per il confidente, la legge che nasce dalla ragione ed è ragione, ma la legge di un uomo, che nasce dai pensieri e dagli umori di quest’uomo, dal graffio che si può fare sbarbandosi o dal buon caffè che ha bevuto, l’assoluta irrazionalità della legge, ad ogni momento creata da colui che comanda, dalla guardia municipale o dal maresciallo, dal questore o dal giudice; da chi ha la forza, insomma. Che la legge fosse immutabilmente scritta ed uguale per tutti, il confidente non aveva mai creduto, né poteva: tra i ricchi e i poveri, tra i sapienti e gli ignoranti, c’erano gli uomini della legge; e potevano, questi uomini, allungare da una parte sola il braccio dell’arbitrio, l’altra parte dovevano proteggere e difendere. Un filo spinato, un muro.» p. 27

Perché la criminalità è la perfetta antitesi dello Stato, il garante autentico della pace sociale, della sopravvivenza. Il fatto che sia governata da un codice cavalleresco rovesciato, il fatto che il sopruso sia lecito, il fatto che l’onore venga prima di tutto, il fatto che il denaro e gli interessi privati giustifichino morti, percosse e chi più ne ha più ne metta, sono quisquiglie, la regola, l’ordine del giorno. In questo scenario si inserisce la figura del capitano Bellodi che nella sua semplicità e nel suo animo romantico di ricerca del giusto e del vero, sarà vittima prima dei giochi di potere del lato oscuro. Basterà un brevissimo tempo, per rendere vana un’intera indagine, per smontarla completamente.
Un romanzo breve, quello proposto dal narratore, che non lascia spazio alle ambientazioni, agli scorci, alle tradizioni del luogo, poiché interamente concentrata su quella che è la realtà sociale.
Nell’epilogo la voglia di tornare in quella Sicilia solo apparentemente perduta, in quel luogo ove i molti hanno perso la vita per conquistare la libertà, per affermare la giustizia. Perché la voglia di non arrendersi c’è, di non darsi per vinti è forte ed inesorabile.
Vi lascio con le parole dello stesso Scia Scia:

«Ma la mafia era, ed è, altra cosa: un “sistema” che in Sicilia contiene e muove gli interessi economici e di potere di una classe che approssimativamente possiamo dire borghese; e non sorge e si sviluppa nel “vuoto” dello Stato (cioè quando lo Stato, con le sue leggi e le sue funzioni, è debole o manca) ma “dentro” lo Stato. La mafia insomma altro non è che una borghesia parassitaria, una borghesia che non imprende ma soltanto sfrutta. Il giorno della civetta, in effetti, non è che un “per esempio” di questa definizione. Cioè: l’ho scritto, allora, con questa intenzione. Ma forse è anche un buon racconto.» p. 117

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Commenti

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Presentazione assai interessante, Maria.
Personalmente non amo molto questo libro. Di Sciascia apprezzo maggiormente le altre opere.
Ti segnalo un'interessante biografia : "Il maestro di Regalpetra", di M. Collura.
In risposta ad un precedente commento
Mian88
15 Giugno, 2017
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Caro Emilio, ti confesso che questo è il mio primo Sciascia. Poiché lo conosci meglio di me, ti andrebbe di suggerirmi qualche titolo affinché possa prenderne maggiore consapevolezza? Mi sono nel mentre appuntata "Il maestro di Regalpetra", grazie di cuore. :-)
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