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Il maestro
 
Il maestro 2018-02-10 13:50:37 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    10 Febbraio, 2018
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L'ultima rappresentazione

Francesco Carofiglio ne Il maestro fa emergere, in tutta la sua potenza, il suo amore personale per il teatro. I suoi significati, i suoi temi.
Il libro narra la storia di Corrado Lazzari, uno dei più grandi attori del Novecento. Ha interpretato parecchie opere in tutto il mondo, è stato l’interprete perfetto della tragedia shakespeariana, un interprete vissuto, competente e impareggiabile, le platee di tanti teatri lo hanno osannato. Ma ora è un uomo solo. Vive nel ricordo del tempo che fu e non è più. Una donna gli cura le pulizie della casa, la propria igiene personale, i pasti gli vengono consegnati due volte al giorno dalla trattoria vicina. Ora è:
“insofferente a tutto. A volte se ne rende conto, a volte no. (…)vorrebbe che sparisse per sempre, vorrebbe tornare a letto e risvegliarsi vent’anni prima.”.
Vive circondato da una marea di carte, dai ritagli di giornali ai copioni studiati, arricchiti da note e riflessioni proprie. Rimpiange l’amore di una vita, Francesca. Da lui amata come non mai, tradita innumerevoli volte. Abbandonato improvvisamente da lei, con un biglietto con poche essenziali parole: “Sono infelice. Addio”:
“Chissà dov’è adesso, Francesca. Chissà dove vive. Chissà se è viva. (…) Non rimane niente. Ecco, non resta niente, delle persone con cui abbiamo vissuto e diviso una intimità che ci è sembrato un dono da conservare. Nessun contatto, nessun segnale. Come se la vita fossero scatole. Vivi dentro una scatola, quell’anno, quei giorni meravigliosi o terribili. E puoi riviverli ancora, nella consistenza variabile del ricordo, ma non sai mai come sarebbe adesso, di cosa parleresti. O se magari preferiresti restare in silenzio, ancora una volta.”.
Fino a quando incontra Alessandra, una giovane laureanda, timida, insicura, vuole conoscere il Maestro. E’ insistente lei, insofferente lui. Ma qualcosa muta, conquistato dalla sete di conoscenza e dalla giovinezza di lei:
“Sorride. (…) Adesso nella stanza è come se la tensione si fosse allentata, o meglio, la tensione ha preso una forma diversa. E’ una irrequietezza leggera, sembra espandere i sensi. Corrado sente l’odore, il profumo, la traspirazione del corpo giovane. Vede meglio i tratti del viso, i piccoli segni dell’espressione, niente trucco, solo la matita sugli occhi. La ragazza ha una piccola cicatrice sul labbro.”.
Fino all’ultima, trascendente, rappresentazione; quella che gli dona l’immortalità.
Un libro la cui lettura mi ha conquistato letteralmente. Venato da una sottile triste malinconia, scritto con una prosa essenziale, precisa, limpida, apre uno squarcio sul teatro, come rappresentazione costante della realtà e della quotidianità, del vissuto umano. Poiché quando cala il sipario e gli attori abbandonano la scena non rimane che l’uomo e la sua solitudine, il peso dei ricordi che sono stati, il rimpianto per quello che non abbiamo più, che vorremmo avere e non l’abbiamo. Il peso della vita, ma anche la bellezza e l’imperituro di ciò che rimane per sempre, oltre l’umano.

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