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Buona fortuna
 
Buona fortuna 2018-08-09 13:54:46 Mian88
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3.0
Contenuto 
 
4.0
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5.0
Mian88 Opinione inserita da Mian88    09 Agosto, 2018
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Margot, Caterina & Diesel

«Ho un dolore da gestire di cui non ho ancora chiari i codici, è il dolore che ti fa guardare il presente vedendo il futuro, un futuro dove certi rituali e certe presenze non esisteranno più, dove ci sarà ancora l’amore ma non il suo contenitore, un dolore preventivo che ti fa inciampare nell’adesso e non ti permette di gioirne quando tu vorresti solo strizzarlo il più possibile per salvarne fino all’ultima goccia» p. 27

Margot, trentotto anni, un gatto di nome Diesel che non sta affatto bene, un fidanzato da evitare come la peste dal giusto soprannome di Tormento e un lavoro precario quale giornalista presso un quotidiano genovese dove presta la sua penna su direzione e indicazione della caporedattrice Giovanna, alla domanda del se mai si sarebbe aspettata che la sua vita sarebbe stata così, ha risposto di no. Poi un giorno come un altro, le viene chiesto di scrivere un articolo diverso, un articolo che non sente nelle sue corde e su argomento che sente ancora meno vicino, ma che, eppure, la porta a varcare le soglie di una ricevitoria. Ed è qui che il suo sguardo si incontra con quello di una ottantatreenne, Caterina, anziana, vedova di marito e figlio. Quello della vecchietta è uno sguardo che va oltre le apparenze, che la scruta, la fotografa, la mette a nudo, ma è anche uno sguardo paziente che è capace di aspettare che la consapevolezza dei propri errori, dubbi e delle proprie esitazioni, delle proprie successive risposte e delle proprie successive decisioni, venga da sola. Il loro è un incontro soltanto in apparenza breve perché, a prescindere dalle circostanze – Caterina verrà aggredita da un rapinatore all’interno della sua attività poco dopo la visita della nostra eroina e da questo fatto scaturiranno una serie di eventi a catena che ne andranno ad inficiare sulla reputazione – è destinato a non interrompersi. Perché Margot non può tollerare che quegli occhi che ancora hanno tanto da esprimere siano privati della loro voglia di vivere, perché Margot non può tollerare che il “meccanismo di un sistema” possa condannare così una vittima che vuol essere tramutata in carnefice, perché Margot grazie a quella donna e a quella missione dettata dal senso di giustizia, potrà fare chiarezza anche in sé stessa e fare il passo successivo per il suo essere. Anche se per ogni azione corrisponde una reazione e sarà lei in prima persona a pagarne le conseguenze.
Con una penna precisa, meticolosa ma anche empatica, fluente e accattivante, Barbara Fiorio ci regala un piccolo gioiello, ovvero un libro che nel suo essere tocca le corde più intime del lettore obbligandolo, sulla falsa riga di una storia dai toni leggeri, a riflettere e a mettersi a confronto con una società dura e fatta di apparenze e ingranaggi indefettibili. Il percorso compiuto dal lettore insieme alle due protagoniste sarà quello di un continuo crescendo, di un continuo interrogarsi. Soffrirà con Margot e Caterina, crederà nel futuro, si guarderà intorno, a sua volta, per cercare altri sguardi, altri punti di vista, altre anime affini, altre anime in contrasto.
Tante sono le tematiche, ancora, affrontate dalla Fiorio: si passa dall’amicizia, ai sogni, alle ingiustizie, alle speranze, alle contraddizioni umane, alla voglia di rivalsa, alla realtà per quella che è. Il tutto attraverso una protagonista ironica ma anche ostinatamente seria verso quel che accade e che la circonda, il tutto attraverso una protagonista consapevole del finale agrodolce che le è riservato. Perché il lieto fine c’è, ma c’è anche quel retrogusto amaro che riporta il conoscitore alla realtà quotidiana, con tutta la sua forza inesorabile.

«Mi sento un’idiota. Io e la mia bambagia. Quella che mi sono sempre assicurata attorno, quel minimo garantito prima del confine con lo snobismo, quella borghese protezione che permette di non sentire i cattivi odori della vita.» p. 104

«Un felino che si aggira per casa significa la presenza costante di qualcuno che, dotato di libero arbitrio, instaura con te un rapporto paritario e ti considera sua tanto quanto tu consideri tuo lui, che ti osserva, ti cerca e ti fa ridere, che non ti ama ciecamente, ma sceglie di amarti perché ritiene che tu lo meriti, non solo a seconda della marca di crocchette che gli offri.» p. 14

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