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Tasmania
 
Tasmania 2022-11-26 21:25:10 cesare giardini
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    26 Novembre, 2022
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Sperare in un futuro migliore?

Paolo Giordano, il quarantenne scrittore torinese con un dottorato in fisica teorica, autore del famoso romanzo “La solitudine dei numeri primi” e vincitore dei premi letterari Strega e Campiello, conferma con “Tasmania” la sua bravura. Il romanzo è una particolareggiata cronaca di vita, un’indagine su un futuro che temiamo, forse non abbastanza, e che più o meno consciamente tentiamo di cambiare con risorse e progetti non sempre condivisi.
Paolo (è l’autore stesso l’io narrante) si rende conto dei pericoli che corre il nostro pianeta: i rapidi cambiamenti climatici (surriscaldamento, scioglimento dei ghiacciai, innalzamento degli oceani) mai così evidenti come in questi ultimi anni, l’incombente pericolo nucleare, l’instabilità sociale e le guerre avvicinano sempre più rapidamente il nostro mondo, secondo una scala ideata da alcuni scienziati, a quel famoso temuto anno zero, l’anno dell’Apocalisse e della fine di tutto. L’autore appare fortemente preoccupato, amareggiato per il fatto che si corra ai ripari solo saltuariamente e con iniziative singole e poco convinte: i dati scientifici sono noti a tutti, ma tutto sembra procedere affidando sempre ai posteri le soluzioni. E la vita continua, anche per Paolo: una vita che corre su due binari, da una parte le incombenze professionali frammentate in corsi universitari, incontri con amici, viaggi di studio, dall’altra il pensiero fisso al futuro che incombe, l’esplorazione di internet alla ricerca di testimonianze sulle tragedie di Hiroshima e Nagasaki, e di notizie specifiche sugli effetti delle radiazioni e su particolari di vendette terroristiche (una serie raccapricciante di decapitazioni).
Molti, descritti magistralmente, sono i personaggi del romanzo, a cominciare da Lorenza, la moglie che non può più avere figli ma che gli porta in dote un figlio, Eugenio, avuto in precedenza: Lorenza è forte, lo ama profondamente, lo rassicura nei tanti momenti difficili, è una compagna che perdona e rincuora. E poi gli amici: Novelli, docente di fisica, radiato dall’Università per aver scritto, in contrasto con le lotte per la parità di genere, che le donne scienziate sono meno capaci dei colleghi maschi; Giulio, l’amico del cuore, separato dalla moglie e con un figlio piccolo, Adriano; Karol, un prete che si innamora di una ragazza e si confida con Paolo chiedendogli consigli e sostegno; Curzia, una giornalista indecifrabile con cui l’autore ha un rapporto altalenante, sempre sull’orlo di una svolta sentimentale che non si concretizza. Paolo viaggia molto, Parigi e Roma sono le sue mete, dedicandosi nel frattempo a preparare un libro sulla bomba atomica: interviste ai sopravvissuti giapponesi, studi sull’esplosione, sui lampi di luce prodotti, sulla profondità dei crateri, sull’altezza del fungo, sulle radiazioni e sugli scritti di Maria Curie, sulle simulazioni di esplosioni di bombe analoghe nel mondo.
Un pericolo incombe sempre. Paolo lo avverte, lo sente, soffre per l’indifferenza diffusa, anche gli amici a poco a poco si allontanano: Novelli, che, fra l’altro, è uno dei maggiori esperti di nuvole e riesce a carpirne i messaggi nascosti, ricorre per essere riammesso all’università e si comporta in modo sfuggente, Giulio emigra in Sudafrica per un posto di ranger al Parco Kruger, Curzia si dimostra gelosa dei successi di Paolo, che è una firma del Corriere, mentre lei scrive su un giornale meno noto… Solo Lorenza è vicina a Paolo, e lo assiste amorevolmente quando lui si sottopone ad un intervento chirurgico. Ma il pensiero della bomba è sempre presente e ricompare prepotente nel terzo e ultimo capitolo del libro: “Le radiazioni” (i primi due sono titolati “In caso di Apocalisse” e “Le nuvole”). Nell’ultimo breve capitolo, Paolo è in Giappone, accompagnato dall’amico Giulio, per assistere alla commemorazione annuale del lancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. La cerimonia si svolge con cerimonie rievocative commoventi, appelli alla pace ed al disarmo, preghiere silenziose, offerte di fiori e liberazione di colombe: i morti, riflette Paolo in una sorta di visione onirica e sdrammatizzante, si polverizzano ma gli atomi continuano ad esistere, ad emettere radiazioni, che potrebbero conservare memoria di quello che è stato ed a far rivivere in un certo senso tutti morti, del presente e del passato… Un sogno, una suggestione che Paolo tiene per sé, senza comunicarla all’amico Giulio, una visione consolatoria, che può indurre alla commozione e ad un pianto liberatorio: del resto, conclude Paolo, “scrivo di ogni cosa che mi ha fatto piangere”.
E la Tasmania del titolo? E’ un’isola a sud dell’Australia, con “buone riserve di acqua dolce, si trova in uno Stato democratico, non ospita predatori per l’uomo e, essendo un’isola, è facile da difendere, perché ci sarà da difendersi…”. E’ il suggerimento di un amico a Paolo, un ultimo rifugio dove sopravvivere in caso di catastrofe ambientale o nucleare. Un sogno ad occhi aperti, un luogo immaginario e quasi surreale: ognuno di noi ha la sua Tasmania dove fuggire, dimenticare, salvarsi cercando protezione e conforto.
Paolo Giordano ha scritto un bel romanzo, dove la frammentazione degli episodi, anche banali, di una vita quotidiana dai ritmi ripetitivi e le riflessioni aspre su temi di fisica teorica e certe paure giustificate di un “peggio” sempre più incombente si fondono in un unicum che sintetizza la vita dell’autore: Paolo esorcizza le paure del nostro secolo scrivendo un saggio sulle bombe atomiche e sognando un’isola irraggiungibile, noi possiamo sperare in un futuro migliore solo confidando nella saggezza degli uomini.


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Commenti

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siti
27 Novembre, 2022
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Ciao Cesare, interessante, non pensavo...anche io vorrei fuggire in Tasmania.
Anch'io vorrei fuggire in Tasmania, ma è troppo tardi !
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