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Dentro
 
Dentro 2025-06-11 17:13:16 Mian88
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
Mian88 Opinione inserita da Mian88    11 Giugno, 2025
#1 recensione  -   Guarda tutte le mie opinioni

L'importanza del saper cogliere

Scrivere dei racconti non è mai semplice. Ancor meno lo è per il lettore leggerli e dedicarvisi con coinvolgimento perché la struttura narrativa di questo filone è composta da parti tra loro differenti che non sempre riescono a trattenere. Una delle difficoltà maggiori è proprio quella di riuscire a suscitare empatia. A questa si aggiunge il grande ostacolo del creare un filo conduttore che ricomponga sì storie a sé stanti ma al contempo coniugate da un unico denominatore comune.
Una delle più immediate caratteristiche di “Dentro” di Sandro Bonvissuto è proprio questa: riuscire a conquistare chi legge con tre storie tra loro suddivise in tre momenti differenti della vita ma accomunate tutte da un senso di ricerca, crescita e ripartenza. E vi riesce con grande maestria, a maggior ragione se si pensa al fatto che tale scritto altro non è che l’esordio del narratore nel mondo della letteratura.

«Col nulla ci avevano rivestito il pavimento. Ci avevano impastato il cemento delle mura. Ci avevano verniciato le pareti. Ed è difficile accettare la manifestazione massiccia del nulla.»

Primo racconto è “Il giardino delle arance amare”, testo che si ambienta e si sviluppa all’interno di un carcere. È qui che le mura assumono un significato completamente nuovo così come le giornate e le persone. I detenuti affrontano la routine a cui sono soggetti con una diversa ritualità, una diversa prospettiva. Il muro non è solo sinonimo di restrizione ma anche di vuoto. Siamo abituati alla libertà, a disporre del nostro tempo, del nostro spazio, delle nostre amicizie. Siamo abituati a scegliere se e con chi dormire, a crogiolarci di confort che spesso diamo per scontati (anche una semplice lavatrice). Siamo abituati a disporre. Ma cosa succede se uno sbaglio, se un errore ci porta a perdere questa libertà e a vivere in una dimensione dove non siamo padroni del nostro tempo, del nostro spazio, delle nostre amicizie e nemmeno di decidere dove e con chi dormire? All’interno di un carcere le giornate scorrono come “perse”. Il tempo si dilata, le mura si alzano. Le compagnie sono persone ignote, uomini con cui condividere un letto ma che non conosciamo e che possono aver commesso i reati più disparati. Il senso di una alienazione diventa costante. Il mondo fuori diventa un ricordo. Si vivono le giornate con il desiderio di non commettere più quell’errore che potrebbe portarci a rivivere quella condizione una volta fuori, ma non è così semplice tornare al “fuori”. La prospettiva con cui si osserva muta, ripartire da zero ancora una volta non è una cosa di poco conto, anzi.
“Dentro” è il racconto tra i tre che ha la maggiore forza evocativa e che più scuote il lettore. Non lo lascia indifferente. A ciò si aggiunge il fatto che non conosciamo – e questo vale per tutti e tre gli scritti – il nome dei protagonisti. Un po’ come in “La strada” di McCarthy, nessuna voce narrante ha tratti riconoscitivi. Sono tutti spersonalizzati di una identità che si percepisce ma non si identifica. Quel muro mixato a quella non identità è la perfezione della violenza intrinseca, la punizione più grande che può essere data a un essere umano che vive, cresce e articola la sua esistenza proprio su questi pilastri. L’immedesimazione è immediata. Le pagine sono vivide.

«Nel giardino davanti a casa mia c’è un albero di arance amare. Mi ero sempre chiesto a che servissero, perché non sono buone da mangiare. Qualcuno ci fa la marmellata, ma quella di ciliegie o di albicocche è sicuramente più buona. Queste arance stanno lì sull’albero, poi cadono per terra. Non servono a niente. Eppure esistono.»

Nel secondo racconto, “Il mio compagno di banco”, Bonvissuto affronta il tema dell’adolescenza. Qui conosciamo due amici, ancora una volta senza nome. A far leva sono i legami e i sentimenti che si susseguono nel tempo. I due ragazzi si riconoscono nel marasma di una classe, tra forti e bulli, meno forti e deboli, che li isolano e li rendono insolubili anche nello scorrere delle giornate scolastiche. Tra i due nasce e si sviluppa una vera e propria simbiosi. La cosa che più colpisce di questo scritto è il desiderio di trovarsi e ritrovarsi, scoprirsi nell’affrontare insieme il divenire. I rapporti umani sono il centro, nel loro bene e nel loro male. A cosa si è disposti per quel rapporto? Quanto si è disposti a perdere e cosa davvero si guadagna per quel legame così indissolubile che ci accompagna nella vita e nel crescere?

«Sarà per questo che ogni tanto ritrovano qualcuno che è arrivato a piedi a trenta chilometri da casa, senza che lui sappia spiegare perché. E sarà sempre per questo che ogni tanto qualcun altro invece non lo ritrovano più. Qualcun altro che deve aver avuto troppe cose a cui pensare.»

Terzo e ultimo racconto è “Il giorno in cui mio padre mi ha insegnato”, testo in cui a far da leva è l’infanzia e il legame crescente con un padre distante e imperfetto che è chiamato ad insegnare al figlio ad andare in bicicletta. Questo scritto è particolarmente incentrato sui legami genitoriali. In particolare, le disamine che si susseguono tra genitori e figli, sono al centro. Perché talvolta anche semplicemente chiedere a un padre di ricevere un insegnamento è cosa complessa. E quanto i genitori insegnano, quanto i figli apprendono come spugne. Anche se possono esserci incomprensioni, non detti, perplessità, discussioni, riflessioni sottese. Anche se talvolta il messaggio e l’insegnamento che ci viene destinato, arriva dopo. Il racconto si incentra, ancora, sul domani e su quel che sarà. Di cosa dobbiamo avere paura? Della morte? Del tempo? Dei legami spezzati? Di quel che sarà?

«- Ma papà…
- Non devi aver paura, non è la morte l’avversario della vita, ma il tempo. Ricordatelo.
- Va bene. Dimmi solo che devo fare.
- Non lo so figliolo, nessuno lo sa.
- Pensi che ce la farò?
- Diciamo che è probabile, ma non è sicuro.
- Mi aiuterai?
- Non posso, la solitudine è una condizione indispensabile.
- E che farai?
- Starò qui, e sarò testimone dell’incredibile.
- […] E cosa devo fare?
- È una dinamica unica ciò attraverso cui ti definisci e ti conosci. È la tua identità.
[…] Solo la cosa più naturale e quotidiana del mondo: l’impossibile che diviene possibile. Atto e non potenza. […] La mamma è meglio vederla da vicino. Il padre lo capisci da una certa distanza. Non troppo, quanto basta. Dev’essere una questione di inquadrature, come nei film. Invece io e lui, in quel posto, diventammo una fotografia che nessuno di noi avrebbe scattato. […] Imparare è infinitamente meglio che insegnare, e lui si era preso la cosa peggiore fra le due. Per lasciare l’altra a me.»

Tre scritti quelli contenuti in “Dentro” di Sandro Bonvissuto che racchiudono al loro interno emozione, forza, empatia e capacità evocativa. Tre scritti che si fanno gustare ed assaporare con naturalezza e genuinità. Ciascun lettore si sente parte integrante, si sente lì, nelle vicende. Ed ancora, rievoca e riporta alla memoria emozioni e sensazioni che ha vissuto nel suo quotidiano vivere, magari in tenera età. Ciascuno, anche quello che può sembrare più lontano, racchiude al suo interno un insegnamento. Al lettore sta il coglierlo. Da leggere.

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