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Luce rubata al giorno
 
Luce rubata al giorno 2025-08-04 20:16:31 Pelizzari
Voto medio 
 
2.3
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
2.0
Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    04 Agosto, 2025
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La fragile forza dei giganti silenziosi

Questa è una storia che parla di dolore, di responsabilità e di resistenza silenziosa: un romanzo d’esordio che, come un modellino dell’Empire State Building, fa della delicatezza la sua struttura portante. Attraverso gli occhi di Olmo, tredici anni appena, assistiamo all’estate che segnerà la sua vita e quella del fratello Diego. Un’estate trascorsa tra monti, baita di famiglia e il vortice crescente di una sofferenza che stenta a trovare nome. Olmo e il nonno Aime sono depositari della speranza che un legame familiare possa resistere anche quando il dolore minaccia di frantumare ogni cosa, perché alcuni fanno più di quanto possono sopportare e sia Olmo, sia il nonno, ne sono un esempio. Diego, il fratello maggiore, scivola in una deriva che nessuno sembra in grado di fermare. Eppure, Olmo costruisce ogni giorno quel modellino: un gesto concreto di resistenza, paziente e tenace, per impedire che il nucleo familiare collassi. Lo scrittore usa una prosa asciutta e tattile, dove le parole non manipolano l’emotività, ma scalfiscono la superficie dell’anima. Il paesaggio montano, con il vento, le radure, l’aria rarefatta, diventa voce silenziosa di quanto avviene dentro i protagonisti. Silenzi che parlano, gesti piccoli che esplodono di significato. La tensione ammissibile, un termine tecnico che assume una valenza metaforica, interroga il lettore: quanto può sopportare una famiglia prima di cedere? L’autore non offre facili consolazioni: mostra il dolore, lo abita, lo misura con rigore e delicatezza. I suoi personaggi sono “giganti” non perché possano dominare il mondo, ma perché resistono, giorno dopo giorno, anche quando sembra impossibile riuscirci. Di questo romanzo ho apprezzato che non indulge nello spettacolo del dolore, ma lo scandaglia con rispetto. Lo stile è sobrio, evocativo, ricco di silenzi e di tensione evocata più che descritta. A tratti è però freddo, dà distanza. Il suo senso più bello è che è un invito a guardare il dolore in faccia, a costruire, mattoncino dopo mattoncino, un’ancora di salvezza quando tutto sembra cedere. È di fatto la storia di un bambino che non cerca risposte immediate, ma che sceglie di rubare ogni giorno una luce, per sé e per chi ama, con una sensibilità non scontata.

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