La solitudine dei numeri primi La solitudine dei numeri primi Hot

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Opinione inserita da Alice    03 Settembre, 2008

A chi si sente un numero primo...

leggendo le recensioni ne ho trovata alcune negative...é vero che forse questo libro ti lascia un pò d'amaro in bocca per il finale,per alcuni deludente, e lascia molti punti non chiariti...non scende a fondo nelle storie di ognuno dei personaggi, li dimentica come accade per Viola e Denis gli amici dei protagonisti...non li fa evolvere nel corso della storia...soprattutto Alice e Mattia che troviamo piatti come se dal giorno dei loro incidenti non fossero riusciti a rinserirsi nel mondo...non fossero riusciti a essere normali...ed erano così diventati come quei numeri primi che Mattia trovava tanto meravigliosi, che desiderano essere numeri come tutti gli altri ma per qualche motivo non ci riescono...Penso che questa è stata l'abilità più grande dell'autore: associare l'immagine dei numeri a quella dei personaggi...utilizzare questo titolo ad effetto che rende l'idea esatta di quello che questi due bambini, ragazzi e infine adulti saranno per sempre...SOLI...soli e perduti, vicini ma non abbastanza per sfiorarsi davvero.

Per capire e apprezzare questo libro lo si deve leggere con una certa rassegnazione, senza speranza, senza aspettarsi una svolta, un cambiamento nelle loro vite...senza aspettarsi che la storia decolli e prenda un'altra piega perchè già dal titolo si capisce che tutto quello che l'autore ci vuole trasmettere con questo libro è la difficoltà e l'incapacità dei due protagonisti a vivere normalmente e costruire dei rapporti.

Io l'ho trovato veramente bellissimo e diverso questo libro...capace di coinvolgere, anche di emozionare, di lasciarti senza fiato a volte per la spietatezza e tensione che troviamo soprattutto nei primi capitoli...non sono rimasta delusa dal finale perchè non avrei potuto immaginarlo diversamente, e immaginarlo diverso avrebbe tolto alla lettura quell'amarezza e rassegnazione che richiede proprio la lettura di questo libro. Molti punti non sono risolti, ma non andavano risolti secondo me, è stato intenzionale da parte dell'autore per creare il vuoto intorno alla solitudine di Alice e Mattia.



Complimenti davvero!

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lo consiglio a chi ha voglia di leggere qualcosa di diverso...a chi in un libro non vuole trovare una storia d'amore o storie con una spiegazione logica...a chi si sente un numero primo...
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Opinione inserita da Andrea    02 Settembre, 2008

Ricominciare a leggere

Non leggevo un libro ormai da parecchio, consigliatomi da un'amica ho ricominciato con questo. Bene non me ne sono pentito per nemmeno una pagina... forse speravo in un finale diverso ma non è quello che conta. Conta che riga per riga il romanzo mi abbia coinvolto sempre di più. Ricordo che mi sia stato consigliato la sera del mio compleanno... un regalo che ho apprezzato davvero molto.

Grazie ancora Elisa...

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Opinione inserita da simona    02 Settembre, 2008

la solitudine dei numeri primi

ho letto questo libro,sotto consiglio di un'amica...l'ho letto in due giorni ed è davvero difficile che un libro mi catturi in questo modo totalizzante.Premettendo che ogni libro,così come un film,non va giudicato in assoluto,poichè frutto di gusti e aspettative personali,mi permetto,tuttavia,di riscontrare una mancanza di sensibilità in coloro che affermano che il libro sia piatto,scontato e figlio del marketing..Il paragone,poi,con autori quali Moccia o Melissa P.,al cui cospetto questo libro varrebbe zero,mi sembrano inappropriati se non addirittura irriverenti nei confronti dell'arte dello scrivere! Giordano riversa nei suoi personaggi la sua anima profondamente sensibile e fragile e se da un libro vogliamo solo storie d'amore oppure storie che abbiano una spiegazione logica ( vedi l'episodio della sorella di Mattia che Alice crede di aver visto),vuol dire che siamo privi di immaginazione..Il libro mi ha colpito davvero tanto e mi ha fatto pensare davvero a tutti i numeri primi del mondo...a quanti ne potrebbe avere ognuno di noi...Non bisogna peccare di saccenza ma giudicare il libro ed il suo autore per il mondo che rappresentano: un mondo troppo sensibile forse per essere capito ed accettato,pieno di dolore ma anche di speranza....

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Opinione inserita da Raffa    31 Agosto, 2008

Tutto Fumo & Niente Arrosto... Purtroppo

Inizio innanzitutto col dire che è un libro che secondo me può essere benissimo letto per sfizio (comunque da non paragonare assolutamente a moccia o a melissa P). Non sarà l'apoteosi della letteratura, ma comunque è da prendere per il semplice fatto di poterlo analizzare una volta finito.

io l'ho iniziato e finito in una nottata di lettura no-stop, perchè da come si presentavano le prime pagine mi aveva davvero catturato ed ero presa dalla smania di sapere come l'autore avesse evoluto l'idea di base. partiamo proprio da questa, l'idea di base: originale e accattivante. due ragazzi, anzi bambini, segnati entrambi da esperienze dolorose e troppo gravi da poter essere sostenute per la loro giovane età. in un giorno la loro vita cambierà per sempre, ed è proprio questo a incuriosirti, oltre al titolo, devo ammettere, ben congegnato per attrarre il lettore.

l'idea di base quindi l'ho trovata davvero buona, ma quando nel romanzo ritroviamo i due protagonisti cresciuti, lì inizia quel 'non so che' che ti fa storcere il naso.

io ammiro paolo giordano per aver pubblicato un libro a soli 25 anni, non è da tutti, ma allo stesso tempo ammetto che poteva fare di meglio; per me non ha saputo sviluppare a pieno la trama che aveva in mente, partorendo un romanzo discreto, quasi buono, ma di sicuro non eccellente e sublime come i media ci hanno voluto far credere bombardandoci con elogi superiori al reale merito.

infatti il libro inizia bene e procede discretamente fino alla fine dell'adolescenza dei protagonisti. poi abbiamo un gran salto temporale che essendo franchi a me non è piaciuto per niente. ritroviamo alice e mattia alle prese con il loro futuro dopo essersi lasciati in un modo insulso, quasi da bambini di prima elementare. la loro nuova vita non mi soddisfa, perchè loro sono sempre gli stessi, non si sono mossi di una virgola; evoluti fisicamente ma non emotivamente e psicologicamente.

E assai deludente è la fine, il modo in cui lui torna da lei per lasciarsi di nuovo in una maniera banale e senza senso. un finale aperto che secondo la mia opinione delude il lettore, come ha deluso me. insomma, ti lascia l'amaro in bocca.

Per me giordano non sapeva più come farlo finire, come continuare, perchè ha lasciato troppe domande in sospeso, tipo: la ragazza che vede alice era davvero sua sorella? lei lo richiama e lo fa tornare per questo motivo e invece alla fine non gli dice nulla. 'Perchè?' Ci viene da pensare. Non ha senso. evidentemente neanche l'autore sapeva più che pesci pigliare. Alice decide di contare d'ora innanzi solo sulle proprie forze, ma mattia cosa farà? cercherà finalmente la felicità? non si capisce dalla fine, quando lui trova il biglietto di nadia nella tasca. che farà insomma? la chiamerà per dare una svolta alla sua esistenza incompleta o perpetuerà a voler essere un solitario. troverà la pace in se stesso oppure accetterà il tormento che lo divora dall'infanzia convivendoci?

troppe domande, poche risposte.



tralasciando la trama, vorrei analizzare i personaggi, partendo dai due protagonisti. secondo me il più riuscito è mattia, anche se forse è un po' troppo caricato. mi piace e mi affascina la sua psicologia contorta, la sua mente somigliante ad un labirinto inespugnabile, ma allo stesso tempo trovo tutto ciò in alcuni tratti troppo calcato e caricato dall'autore.

alice invece è un personaggio un po' insipido, perchè racchiude in sè un'accozzaglia di stereotipi: l'anoressica, l'emarginata a scuola, l'invalida, la ragazza dal rapporto paterno conflittuale e dalla madre malata. insomma: un vaso di pandora contenente tutti i mali della gioventù moltiplicati per 100.

tralasciando ciò possiamo però dire che la scelta di alice e mattia come protagonisti non è male, ma poteva essere perfezionata soprattutto dal punto di vista psicologico. infatti non posso credere che quando li troviamo nel futuro siano tali e quali a prima. non è immaginabile né realistico, soprattutto perchè le loro vite sono cambiate radicalmente, hanno imboccato strade diverse e si presuppone che ciò porti a nuove esperienze e nuove consapevolezze che però paiono inesistenti.

trovo altrettanto incredibile che entrambi non riescano a trovare almeno un po' di pace interiore, continuando ad imitare gli atteggiamenti giovanili, come l'autolesionismo e l'anoressia. mattia è l'eterno infelice, insoddisfatto, che si rifugia in un mondo di numeri per non affrontare quello reale; alice sembra la solita bambina che nasconde e butta il cibo, e non riesce ad apprezzare quello che ha intorno, come la bellezza del matrimonio, l'amore e un marito premuroso, tutto ciò c'è di più bello per una donna.

solo nelle ultimissime pagine sembra che questi due personaggi subiscano una svolta. alice che impara a camminare da sola, senza contare su nessuno. prima c'erano stati mattia e subito dopo il marito con lei, ma adesso è determinata a farcela da sola. mentre mattia comincia a uscire dal suo guscio e guardarsi intorno, ma come ho già detto prima, dal finale aperto non si capisce cosa voglia realmente fare: se voglia accettare il suo essere e darsi pace una volta per tutte, se perpetuare nell'autolesionismo e continuare la solita vita, o cambiare e cercare stabilità e felicità.

sinceramente, non lo so.

una delle poche cose che apprezzo di alice e mattia è la metafora che li associa a numeri primi, "vicini ma mai abbastanza per toccarsi davvero". la trovo molto bella e suggestiva, anche se sarebbe stato meglio se alla fine entrambi fossero riusciti a superare il loro blocco, per spezzare finalmente la lontananza che lega quei numeri gemelli e dare a loro (e anche ai lettori) un po' di speranza dopo 300 pagine di solitudine incompletezza, tristezza e di disarmante e asfissiante negatività.

Passando agli altri personaggi, mi piaceva la figura dell'amico gay, forse un po' scontata, ma il suo personaggio non mi dispiaceva. l'utore però, dopo averlo presentato come l'elemento chiave dell'adolescenza di mattia e averlo psico-analizzato minuziosamente, avrebbe dovuto dargli un po' più di rilevanza nella parte che racconta del loro futuro. invece dopo essersene scordato per un bel po' di pagine, ci ha accontentato facendo su di lui una digressione sommaria e insipida, soltanto per farci sapere che fine abbia fatto, se sia vivo o morto.

altri personaggi sono i genitori di alice e mattia: tutti e 4 rappresentati come l'emblema dell'incomunicabilità tra genitori e figli; non ce n'è uno che si salva da questo disfacimento. giusto forse il padre di mattia che cerca di colmare il vuoto che la moglie ha nella vita del figlio, instaurando con quest'ultimo una sorta di legame sfilacciato che comunque non riesce ad avvicinarli del tutto, perchè c'è sempre quella barriera invisibile e inspiegabile che li separa.

Personaggi di contorno sono i compagni di scuola, i soliti bulli prevaricatori che incarnano la malignità giovanile. c'è del vero in quello che giordano scrive: purtroppo oggi esistono i gruppi e i capi di questi, che ti includono e ti escludono a loro piacimento, che ti fanno passare le pene dell'inferno, ma sinceramente trovo questo elemento di contorno pesante e non indispensabile. ti opprime ancor di più in quelle pagine già intrinseche di negatività a non finire; un'aggiunta per me inutile.



Infine, giudicando con i voti, do un 3 allo stile, in quanto il romanzo non è scritto né male, ma neanche in maniera così egregia. quindi dò un voto a metà tra l'1 e il 5.

il contenuto 2 e 1/, perchè come ho già ribadito, c'è una bella idea di partenza, che poteva essere sviluppata molto meglio, dal punto di vista dei personaggi e della trama in sè per sè in cui essi si muovono.

piacevolezza 2, perchè il mio grado di soddisfazione al termine della lettura non è stato un gran che. più che altro delusione per un finale aperto e imprecisato, frettoloso e non approfondito quanto avrebbe dovuto essere. Mi ha lasciato davvero l'amaro in bocca.



Consiglio comunque la solitudine dei numeri primi come libro perchè ti porta a valutare le situazioni e le persone, dato che ritroviamo molti luoghi comuni all'interno del romanzo.

se lo si vuole leggere è per curiosità, per vedere cosa c'è scritto e poterlo infine giudicare esprimendo un'opinione sincera.

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Lo consiglio in generale a chi piace leggere, ma non aspettatevi chi sa che cosa, perchè è come un'insalata con tutti gli ingredienti (e forse alcuni anche di troppo), ma senza condimento: Insipida.
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Opinione inserita da gabriella    31 Agosto, 2008

la solitudine dei numeri primi

il libro parte in modo interessante, ma non decolla. Romanzo che come i più tradizionali romanzi cerca di intrecciare tutti i fili che movimenta senza riuscirvi. Troppe situazioni vengono risolte in modo semplicistico: dall'amico gay, al matrimonio di Alice, alla sua separazione, alla sorella che non viene ritrovata per non disturbare il passato al finale che non dice nulla. Non mi sembra una storia di solitudine ma di ricerca di situazioni che hanno molto di artefatto. Buonissima l'intuizione del titolo che suscita curiosità. Mi ha regalato qualche bel momento mentre lo leggevo ma non sarà un romanzo che riprenderò in mano, si è come consumato da solo

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ginetto Opinione inserita da ginetto    28 Agosto, 2008
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Una riflessione...

Che dire...fosse stato contemplato lo "0" l'avrei usato ma ho dovuto accontentarmi di 1. I motivi? I soliti:Personaggi monocolore che non cambiano una virgola nel tempo, finale inesistenti, ricorso alla metafora matematica anche quando inutile...ma sono gusti miei. La riflessione è un altra: quali sono stati gli ultimi casi letterari italiani? I libri di Moccia? Il discreto/buono Faletti? Quali sono i programmi televisivi che vanno di più? Il grande bordello, l'isola dei riesumati, l'affaracci tuoi (dove tanti bambinoni aprono il pacco sperando che mamma Rai abbia messo i soldi del canone nostro li dentro...)veline svelate e lucignolo. C'è o non c'è un declino culturale in atto? Se "La storia siamo noi", "Blu notte" e simili vanno in seconda e terza serata mentre le stupidaggini ti sotterrano dalle 20 in poi quale scelta abbiamo?

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Opinione inserita da anna    28 Agosto, 2008

una delusione

Il titolo è molto originale e accattivante e anche i primi due capitoli. Poi si susseguono una serie di banalità, episodi inverosimili e talvolta infantili (come quello delle foto al matrimonio di Viola). Ma la cosa che più mi ha deluso è che manca un'evoluzione dei personaggi; essi appaiono non solo incapaci di cambiare la loro condizione (questo tema c'è anche in Gente di Dublino di Joyce ma trattato a livelli più alti), ma il loro regredire verso il trauma che ha segnato la loro infanzia, senza alcuno sviluppo psicologico. Inoltre tutti i personaggi sono incapaci di comunicare - mariti e mogli, genitori e figli, amici. Qualcuno mi risponderà che questa è la tematica del libro, ma dov'è la tensione emotiva? Un libro che non mi ha lasciato quasi niente appesantito da uno stile che da molti è giudicato essenziale ma che trovo monotono per le continue similitudini, come se lo scrittore volesse dare ordine alla realtà con i riferimenti scientifici.

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Opinione inserita da rita    27 Agosto, 2008

la solitudine dei numeri primi

Mi chiedo se è brutto il libro di Giordano, chi è innovativo tra gli scrittori italiani? Mi sembra che il libro renda la difficoltà di vivere di questa generazione, l'estrneità di chi soffre rispetto a modelli omologati e da televisione. Certo ci sono molti difetti, il finale è fragile, ma la solitudine dei protagonisti mi ha ricordato il Giovane Holden.

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Il giovane Holden
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Opinione inserita da Anna    27 Agosto, 2008

come sprecare l'ultimo giorno di ferie....

...a leggere questo libro insipido...

lo confesso, all'inizio mi sembrava buono, mi aveva preso e trovavo interessante la costruzione della storia che poi...semplicemente svanisce ed ecco l'accozzaglia di luoghi comuni, tutti ce li ha messi, proprio tutti, dall'anoressica zoppa a cui muore pure la madre di cancro, all'autolesionismo, l'amico gay, l'università vissuta come il luogo più deprimente della terra, il matrimonio regno dell'infelicità,'sto cretino di Mattia che non esce mai, e i personaggi che non divengono, non cambiano neanche un po',sempre uguali a loro stessi mentre la storia corre corre sbadatamente verso una fine insulsa come se l'autore avesse fretta e cercasse la maniera per svignarsela...forse 'sti due poveracci, questi benedetti numeri primi, l'uso smodato delle metafore e 'sta matematica che ricorre un po' troppo spesso...alla fine avevano stufato anche lui...

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Opinione inserita da Gianfranco Menghini    26 Agosto, 2008

la solitudine dei numeri primi

Orizzonti corti imprigionati nel proprio court-yard, questa è la caratteristica di questo scrittore alla sua prima esperienza. Il premio Strega attualmente è come l’Alitalia che nessuno riuscirà a salvare e, tantomeno, un romanzetto inespressivo e insapore, scritto in un linguaggio scolaresco.

Personaggi anonimi non molto bene tratteggiati che passano come stinte ombre sulla parete opaca del racconto. Mattia e Alice numeri primi, perché? Forse per essere dei campioni di nevrosi romanzesca, più giustificata per lui che per lei.

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Opinione inserita da evileyes    26 Agosto, 2008

Non è poi così male...

Questo romanzo affronta con una certa introspezione le problematiche esistenziali di due adolescenti, utilizzando un linguaggio non banale e a tratti cogliendo particolari con una vena di pessimismo che penso derivi da profonde sofferenze personali dell'autore. Al di là di alcune descrizioni crude e espressioni fulminanti, la trama a volte si dimostra labile e, in effetti, il finale è un po' sdrucito.

Condivido chi è perplesso in merito alla vittoria del premio Strega.

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Opinione inserita da Margot    25 Agosto, 2008

La solitudine dei numeri primi

Il libro di Giordano non mi ha entusiasmato affatto. Certo, non posso dire che sia un libro orribile, come lo hanno giudicato altri lettori, ma non sono riuscita a capire cosa la giuria del premio Strega vi abbia trovato di tanto speciale.

Stranamente non riuscivo a collocare la storia in Italia, automaticamente ambientavo le varie scene negli Stati Uniti, come se stessi guardando un filmetto americano da quattro soldi. Come in questi film, anche nel libro ci sono troppi luoghi comuni e personaggi stereotipati: la ragazza anoressica, il ragazzo complessato e con manie autolesionistiche, l'amico gay incompreso, l' incomunicabilità tra genitori e figli, il bullismo... tutti temi che per non risultare banali dovevano essere trattati con maggiore profondità. Inoltre ci sono troppi salti, e nonostante passino gli anni i personaggi rimangono statici, non c'è il minimo accenno a un cambiamento. Anche il finale mi ha delusa, sembra quasi che Giordano non sapesse come concludere la storia.

L'unica trovata originale è la metafora dei numeri primi.. ma forse non è così tanto originale dal momento che lo scrittore è un fisico no?

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Ercole Opinione inserita da Ercole    25 Agosto, 2008
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Aiuto!

Ho appena finito il libro e non vedo l'ora di commentarlo...Che tristezza! Non tanto per la storia dei "diversi" (che poteva essere pesante ma di spessore, invece è un macigno e basta) quanto per il fatto che questo libro abbia vinto forse il più prestigioso premio italiano. Lo stile è lineare e leggibile, e va bene, ma tra scrivere bene in italiano e fare lo scrittore c'è una bella differenza...la storia è paradossale e il finale...c'è un finale vero e proprio?

Se la letteratura italiana è GIORDANO, MOCCIA E MELISSA P., rivaluto al massimo la mia infanzia con DYlan Dog...

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Melissa P e Moccia!
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Lettore Opinione inserita da Lettore    22 Agosto, 2008
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Povera Italia...e tre!

Volevo farmi un idea mia su questo romanzo. Quando si vince un premio si scatenano molte invidie e queste spesso gettano fango anche dove non è giusto che ci sia...MA NON E' QUESTO IL CASO! l'opera semplicemente è BANALE. La prosa è scorrevole ( E ci credo, CON L'EDITING DELLA MONDADORI ANCHE LA PROSA DI UN BAMBINO DELLE ELEMENTARI ALLA FINE FILA BENE)ma i personaggi e la trama sono pietosi e non commoventi.



Sottoscrivo i commenti POVERA ITALIA 1 E 2 e aggiungo questa considerazione: se mentono sfrontatamente anche sul valore di un libro, di cosa possiamo fidarci?

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Opinione inserita da Ciro    20 Agosto, 2008

L'apoteosi del niente

Voto 2/10 Questo libro è veramente brutto, è bene metterlo subito in chiaro. Esaminiamo, punto per punto, gli aspetti poco convincenti di questo romanzo.

La trama è veramente pessima e lacunosa; non ricordo nulla di tanto patetico e vuoto dai tempi delle telenovelas Grecia Colmenares. Giordano approccia al libro come un neofita della cucina ai fornelli: non sceglie con cura gli ingredienti, non dosa le misure, non usa i tempi giusti. Il risultato è un pastone dei tempi moderni; ci vengono proposti in modo orticantemente patetico e disordinato tutti i luoghi comuni della nostra società: l’emarginazione, l’incapacità decisionale, il bullismo giovanile, l’anoressia,l’omosessualità, la personalità border line, il rapporto di coppia non appagante, la difficoltà del ruolo genitoriale e chi più ne ha più ne metta. Una puntata di Lucignolo non sarebbe riuscita a condensare tanta banalità tutta assieme. Notevole sforzo di sintesi.

La caratterizzazione dei personaggi è perfino peggio della storia. Non c’è introspezione, Giordano sembra conoscere la realtà in modo indiretto. Il libro non sembra scaturire da esperienze personali, per definire i personaggi fa uso di un selvaggio copia/incolla apponendo sciattamente idee prese un pò qui e un pò lì; ne esce fuori un buffo vestito di arlecchino. Le parole non sembrano nemmeno figlie di un mondo interiore. La storia della letteratura è ricca di capolavori scritti da prigioni di emarginazione: Bronte, Dickinson, Leopardi, solo per citarne alcuni, ci hanno regalato pagine intense arandosi dentro. Giordano invece ci regala pagine vuote come un foglio intonso, non usa il Teorema 0 della buona letteratura: mai parlare di ciò che non si conosce (o che non si vive). Poco autentico.

La scrittura, per quanto ripetitiva, è scorrevole. Il libro si lascia leggere e questa è di certo la sua colpa più grande; se ci fosse stato qualche disincentivo alla lettura avremmo evitato di perdere tempo in una lettura sterile ed inutile. Sebbene alcune metafore e similitudini siano molto belle, evocative e di grande impatto perdono subito la propria vis per via del contesto arido in cui sono inserite. Alla lunga, inoltre, il ricorso alle similitudini fisico-matematiche risulta fastidiosissimo.

Forse il signor Giordano non sa che non bisogna essere casi disperati per provare la disperazione della solitudine e dell’emarginazione. Il ricorso al caso umano è veramente fastidioso.

Immaturo, da un quasi trentenne mi aspetterei maggiore spessore. Mi viene il “solito” dubbio che qualcuno ci stia prendendo per fessi. Basta una storiella insulsa ed un pò di pubblicità per far diventare un libro vuoto un successo editoriale? Evidentemente si. Usando un linguaggio matematico potremmo dire La solitudine dei numeri primi sta alla letteratura come Lucignolo sta al mondo dell’informazione

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A nessuno. Qualcuno privo di spirito critico potrà trovarlo anche carino
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Opinione inserita da kaipirissima    20 Agosto, 2008

da leggere

in vacanza mi sono portata LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI. mi è piaciuto veramente molto. copertina inclusa. un libro semplice, (forse qualche metafora di troppo) per giovani ma non solo, con un grande messaggio riassunto in una frase che qui non cito esattamente perchè non ho il libro a portata di mano il cui senso, circa, più o meno, o quasi è ...

Tutto il tempo che si passa pensando,desiderando d'essere da un'altra parte, o tacendo cosa si ha nel cuore, è inutile e dannoso, poichè è come se ci ponesse in stand by.

Un monito a non buttare via il tempo, i sentimenti, a non aver paura poichè la vita è meravigliosa e ci dà sempre, sempre, l'occasione per afferrarla e farla nostra.

So che può sembrare un po' retorico ma questi personaggi a mio avviso ben costruiti, anelano ad essere, direbbe Saba, "fra gli uomini /un uomo", aspirando ad essere e vivere "come tutti/gli uomini di tutti/ i giorni", eppure questo percorso s'inceppa, s'incrina si frantuma. Personaggi icone di un mondo in crisi, il bullo, l'anoressica, il guy, l'autolesionista,la famiglia, e altri positivi, (Fabio, il fotografo, colleghi) tutti disperatamente trafitti da un raggio di sole, ma la sera per fortuna tarda a venire, e la strada s'intravede acnora.

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Opinione inserita da graziella mazzoni    19 Agosto, 2008

La solitudine dei numeri primi

Il libro vincitore del premio Strega m'incuriosisce sempre. Mi chiedo cosa ha colpito la giuria per premiarlo. Per questo ho letto "La solitudine dei numeri primi" di Paolo Giordano. E' il racconto dei vinti, degli antieroi, degli umili. Mattia e Alice, i due protagonisti, sono lontani dai personaggi mocciani, e hanno qualcosa d'irreale, di stridente e stonato. La loro vita segue un percorso interiore difficile che li fa agire con lentezza, trasformando anche i successi e le capacità personali , in ostacoli da superare. In questo mondo dell'uso e getta, dell'affermazione a tutti i costi, le loro fragilità commuovono. Ti viene voglia di aiutarli, questi due adolescenti che diventano a fatica adulti. Ti viene voglia di tendergli una mano, di allontanarli dal baratro a cui sono sempre affacciati.
www.graziellamazzoni2.blogspot.com

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Opinione inserita da Mattia    17 Agosto, 2008

...cosa?

Ho letto "La solitudine dei numeri primi". E fin qui. Anche voi, giusto? Ok.

Ho iniziato la lettura abbastanza speranzioso e coinvolto. La prima pugnalata dopo poche pagine: nella foga del disprezzo (per le sue passate esperienze, certo sì beh ok) e del realismo Giordano non si trattiene dall'inserire un bel "si è cagata addosso" e "masturbandosi freneticamente". OK Giordano, sei fantastico nel fare ammissioni di umiltà e nel distruggere il tuo passato (o almeno così dicono), davvero, ma è uno stratagemma stilistico che evito io a 16 anni (non ho dimenticato l'imperfetto), perchè è semplicemente brutto ed irrispettoso. Anche se è verso il tuo passato, fa schifo. Scusa Giordano.

La storia risulta anche abbastanza interessante, no? Due destini intrecciati, un ragazzo che la vede in un modo scientificamente romantico ed una ragazza paranoica sulla quale beh, non c'è nulla da aggiungere. I due si costruiscono le loro vite una volta separatisi ma non si dimenticano, anzi, aspettano solo il momento giusto per riavvicinarsi e rimediare ai loro errori di adolescenza. Qui però, personalmente, ritengo perdano un pochino di realismo: nella foga di chiudere un (ideologicamente bellissimo, certo) cerchio l'Autore (mi son stancato di dargli del tu, ma non di aprire parentesi a caso, scusate) non riesce a non far storcere il naso davanti ad un finale certo speranzioso, ma che cambia solamente la situazione in cui si trovano i personaggi, senza farli evolvere. C'è da chiedersi se sia un plothole od un effetto collaterale voluto dalla trama.

Le valutazioni medio-basse sono dovute allo stile, che personalmente ho trovato sì scorrevole, ma a tratti troppo pretenzioso (buone descrizioni comunque), alla delusione provocata dal finale, che ritengo inconcludente per ciò che ho scritto sopra, e al fatto che il libro non mi ha catturato per niente. Poco da fare. Buonanotte

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Opinione inserita da lrnz    15 Agosto, 2008

pessimismo? si, se non si va oltre

non capisco davvero l accanimento sterile di alcuni contro la solitudine dei numeri primi. Al di là delle critiche su l eccessivo palcoscenico che si é creato l autore ( le cose più brutte sono la copertina e la foto da belloccio di lui a fine libro ), bisogna prendere il testo con obbiettività e valutarlo per quello che é: un racconto di vita, la visione intima dell autore del mondo che lo circonda, uno scritto sincero, una riflessione sulla propria esistenza, senza cercare a tutti costi l affresco sociale o lo spaccato della vita italiana. il romanzo non vuole essere minimamente un indagine sulle problematiche giovanili, tale aspetto collide con la dimensione estremamente solitaria dei protagonisti, ma neanche l' esaltazione della marginalità...emerge secondo me la necessità dell autore di mettere su carta le proprie consapevolezze rispetto a quelle che sono condizioni universali con cui chiunque si ritrova a fare i conti (la solitudine, l emancipazione dalle figure generitoriali, la necessita di affetto). il romanzo è limpido e scorre autonomamente, e non vuole essere niente di più di quello che racconta, la storia di uno, un ragazzo intelligente e solo, il cui essere speciale é più un peso, una gabbia in cui resta imprigionato, una condizione da cui é impossibile scindere. L autore tocca con profondità e amara maturità i picchi critici della crescita, l adolescenza, il vacuo senso di immortalità e l inevitabile peso delle conseguenze che attanaglia ogni giovane rispetto al passaggio all età adulta, che in mattia trova il parrossismo, nella totale chiusura al mondo esterno e l abnegazione ai doveri. E forse la fase adulta il punto debole del racconto, quasi come l' autore per la giovane età gli riesca difficle da descrivere; il romanzo tende ad allentarsi fino a un ragionato finale. Tuttavia nulla é in più, niente é costretto, esagerato più del dovuto; è la vita dell autore, e non c é niente di più onesto che la vita, e non l immagine di come dovrebbe essere.

E' anche interessante percepire come l autore sia il riflesso di un po tutti i personaggi, da l omosessuale denis ( un altro solo, descritto fin troppo accuratamente per non essere parte in qualche modo del bagaglio esperienziale dell' autore ), all' oscuro mattia e la infelicità di Alice: infatti, fra questi, nessuno emerge in maniera assoluta; ognuno alla fine troverà la sua dimensione, per proprio conto, ed é questo il messaggio di speranza che molti superficialmente non colgono: le storie sono il pretesto, lo sfondo per mostrare la crescita dei protagonisti, l emancipazione, che solo dolorosamente puo avvenire (ognuno infatti, toccherà il proprio fondo), che solo con l accettazione della solitudine, contando sulle proprie forze, puo avvenire.

che dire, di romanzi che tattano temi come questo la letteratura ne é piena, e certo questo non è allo stesso livello come complessità narrativa di Marquez, per esempio ( cent qnni di solitudine). resta comunque un buona prova, uno scritto delicato, sfumato a volte, altre aspro e cinico come forse si presta la mente di uno scienziato, che nel suo rigore riesce comunque qd emozionqrsi di fronte ad un alba, e descrivercela in modi che prima non avrei immaginato.

un romanzo adulto, un piccolo gioiello, raro nelle sue fattezze per il panorama italiano.



p.s.

a chi ha tacciato di irrealtà questo libro gli faccio notare come sia possibile che oggi passi per comune e comunicativo di una generazione le storie di uno che scrive sui muri frasi d amore attaccando lucchetti ai ponti e andando in giro a fare a botte, piuttosto che la fragilità di un ragazzo e delle difficoltà di comunicare con il mondo esterno.

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Opinione inserita da Franca Maria Bagnoli    14 Agosto, 2008

La solitudine dei mumeri primi

E' un libro deprimente, senza spiragli di speranza, contrariamente a quanto detto all' interno della copertina: "pieno di sconsolata tenerezza e di tenace speranza". Al fisico Giordano vorrei dire che le persone non sono numeri, soggetti alle leggi matematiche, Sono libere, quel tanto che basta per scegliere la solitudine come meditazione interiore o cercare di interagire con gli altri. Comunque, auguri

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Opinione inserita da claudia    09 Agosto, 2008

nessun finale!

diciamo che la scrittura non è delle migliori...non sai mai che stai per leggere un dialogo ma lo capisci solo tornando indietro perchè l'autore ha deciso che forse le virgolette sono obsolete...

a parte questo, io avrei per lo meno eliminato il personaggio di Denis, l'amico gay, che non ha fatto altro che aggiungere un luogo comune alla serie di luoghi comuni che già riempivano le pagine.

all'inizio mi ha molto entusiasmata e non riuscivo a staccarmene ma poi perde consistenza.

possibile che nessuno dei due riesce mai a stabilire un vero contatto?possibile che non si sentono per tantissimi anni? non cambiano mai , neanche un pò e questo è quasi impossibile nella natura umana!

non si sa cosa hanno fatto nei continui buchi neri di tempo che l'autore ci regala...i genitori sono sempre fantasmi silenziosi.

la sorella intravista da alice ...era lei o no?perchè non lo ha almeno accennato a Mattia?o non ha provato a contattarla?

l'autore ha corso un pò troppo...c'erano cose che andavano tagliate e altre che andavano approfondite. non può farci affezionare a dei personaggi e poi correre per arrivare a finire il libro il prima possibile...

il finale è stato una delusione assurda.

mi sono resa conto che stava finendo il libro perchè mancavano due pagine ma io ero immersa come se fossi a metà libro.

una chiusura troppo brusca...come dire:"ecco..bravi, avete comprato il libro, la storia è così e i personaggi sono questi e adesso ciao che ho fretta!"

io le virgolette le ho messe!!!

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Opinione inserita da Antomas    09 Agosto, 2008

Povera Italia 2

Sono d'accordo con Ermes, anzi d'accordissimo. Purtroppo in Italia (e non si capisce perché solo nel nostro paese) la vera letteratura è sommersa. Per pubblicare un libro non basta saper scrivere e avere buone idee, ma bisogna essere "manager di se stessi", bisogna cavalcare la moda del momento, tipo Madonna Ciccone! Questi sono i "geni" dei nostri tempi. Quanti bravi scrittori ci sono in giro ad elemosinare una pubblicazione da case editrici che poi chiedono sonori compensi!! E' una vergogna questo paese, la cultura vera non la vuole nessuno. Vogliono soltanto libretti da portarsi al mare... e questo è il motivo per cui la società italiana va allo sfacelo.

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Opinione inserita da Margherita    06 Agosto, 2008

Dal bruco alla ... farfalla

L'ho letto d'un fiato. Le parole di Giordano ci portano a penetrare l'universo dei protagonisti, grande o piccolo, interiore o esteriore. Non sono le vicende ad essere fondamentali ma il viaggio verso il riscatto. E' un libro di speranza, la "vita" offre loro opportunità preziose tanto quanto le aveva tolte.

La capacità di descrizione, di introspezione dell'animo mano che io ho sentito sono semplicemente straordinarie per un ragazzo di questa età che speriamo scriva come principale occupazione.

Non ho riscontrato banalità nel suo racconto: la Vita in sè non ha proprio nulla di banale e se possiamo discostarci da cotanta sfortunata sorte iniziale di Alice e Mattia, non possiamo non essere coinvolti emotivamente con il percorso descritto nelle cui fasi, spesso, anche noi ci siamo riconosciuti

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A chi ama leggere, curioso. A chi non si lascia vivere senza dire la "sua"
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Ermes Opinione inserita da Ermes    02 Agosto, 2008
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Povera Italia!

Dove arriverà questo Paese? Esiste un settore dove si adotta la meritocrazia come principio?

Questo esordiente che potrebbe essere pubblicato a stento da una piccola casa editrice (senza editing nemmeno da quella...)è riuscito a trattare temi importanti ed attuali in modo talmente piatto e scontato, che non sono riuscito nemmeno a deprimermi. Solo la noia regna sovrana leggendo Il Prmio Strega di quest'anno!

Viva il marketing!

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...le barzelette di Totti :)
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Luisa72 Opinione inserita da Luisa72    02 Agosto, 2008
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La solitudine dei numeri primi

A me questo libro ha deluso le aspettative. Forse paga lo scotto di una buona promozione mediatica ma non è un gran che nella storia. Certo è scritto bene, almeno quello. I personaggi sono amari dall'inizio alla fine, non si evolvono se non nell'età ma restano con le loro problematiche e non sembrano nemmeno intenzionati a risolverle. C'è uno sprazzo di vitalità quando Alice pensa di vedere la sorella dell'amico ma anche questo cade nel nulla. Personalmente non mi è per nulla piaciuto.

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Opinione inserita da R083R74&M3R    02 Agosto, 2008

sconcertante

sconcertante come il libro sia stato presentato "diverso", invece cade sempre, in qualche capitolo centrale, nei soliti luoghi comuni! alice che fa di tutto pur di compiacere una sua amica, Alice che diventa anoressica perchè pensa che il suo problema faccia allontanare il mondo, che in questo caso sarebbero un gruppo di "ochette", dalla sua vita. bello come il titolo matematico si lega al racconto: la solitudine dei numeri primi, la solitudine di due numeri primi gemelli, Mattia e Alice, divisi da un numero divisibile: il destino. la fine: c'è una fine???

chi è d'accordo con me?

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Opinione inserita da francesca    27 Luglio, 2008

chi ha ucciso il premio strega?

Un libro che in potenza tocca tutti i problemi dei ragazzi contemporanei: annoressia, disagio, vuoto emotivo, scarso dialogo famigliare, omossessualità, bullismo; però sono tutti semi sparsi nel vento, non sono gettati in un terreno fertile che dia linfa e sostanza all'analisi sociale;il testo non tocca e forse, neanche fiora la profondità di questi vuoti esistenziali. E' un libro che potrebbe decollare e invece rimane basso, banale, scontato e prevedibile privo di brivido letterario. Anche la trama è mal congeniata sembra quasi che il fisico Giordano abbia iniziato il testo senza sapere dove andare a parare, il che è comune a molti scrittori che però sanno andare dietro alla musa senza perdersi, come invece fa questo novello premio strega. Esistono molti libri con una trama scarsa di eventi tutta giocata sui sentieri dell'animo (Dietro la porta di Bassani, Conservatorio Santa Teresa di Bilenchi, e altri) e i risvolti psicologici di certe esperienze, ma questo Strega non traduce in linguaggio i simboli dell'anima, non manifesta sulla pagina "l'insostenibile leggerezza dell'essere". Il titolo potrebbe essere un'ardità metafora letteraria che fa del principio dei numeri primi matematici lo specchio della solitudine degli esseri umani così vicini e pure infinitamente distanti tanto da non capirsi neppure comunicando con la stessa lingua, numeri che non hanno divisori comuni se non se stessi e l'uno. Forse il titolo solo ha tutta la profondità che manca al libro, magari Giordano si fosse fermato solo a quello!

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non ha chi ha letto, ma bensì a chi legge per rendersi conto di come insieme all'economia in italia sia retrocedendo anche la narrativa
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Opinione inserita da Johnny    25 Luglio, 2008

Ottimo libro

Forse vi aspettavate tutti troppo dal libro, forse il clamore suscitato è stato esagerato.

il fatto è che è davvero un libro fatto bene in tutto e per tutto.Scritto in modo perfetto, riesci ad immaginare ogni piccola cosa dei protagonisti.....dall'imperfezione fisica di Alice, dai tagli di Mattia fino alla loro eterna insicurezza al loro eterno fuggire dalla vita, al loro male interiore. E se Alice in tutto il libro fa un percorso che la porta a 'tranquillizzarsi' un pò, Mattia fa il percorso inverso.....e abbiamo dovuto aspettare il penultimo capitolo per strappargli un sorriso.....Credo che questo libro faccia riflettere molto, tantissimo.

E a differenza di tanti altri premi strega vinti in passato è quello con un finale meno scontato!

Complimenti

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Opinione inserita da Francesco    25 Luglio, 2008

Ma che bravi... a fare marketing :-)

Premio Strega? Edito da Mondadori? Romanzo d'esordio e caso letterario?
Ma va'! Questo è un libretto, scritto male, con la punteggiatura sbagliata, e un soggetto tanto tirato da risultare ridicolo.
Insomma dai... una ragazza ricca e zoppa diventa anoressica e perde la mamma per un tumore, ma intanto incontra un ragazzo che ha perso una sorella down e si ferisce le mani in continuazione, però è un genio in matematica ed ha un amico omosessuale a 14 anni!

Ma si può? Ma chi l'ha scritto questo pastrocchio?
E poi i dialoghi... scialbi, vuoti, senza cuore, senza sentimento... sullo sfondo di una Torino mortificata perché non si vuole dare il nome alle cose...

Un merito all'autore? Ci ha creduto... fosse venuta in mente a me una trama così, neppure l'avrei cominciato, il libro.

In due parole: 18 euro spesi malissimo, in attesa del film che sarà peggio, e lui diventa ricco avendo scritto una cagata pazzesca...

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Non voglio fare paragoni...
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Opinione inserita da Fabry    24 Luglio, 2008

La perfezione sta nel mezzo ...

Non un capolavoro non un obrobrio ... Un ottimo libro. Stile passabile reso sopportabile da grandi contenuti (per chi li sa cogliere) e un'ottimo spunto di partenza ... Il mancato approfondimento di alcune tematiche (forse voluto ?), lascia libera la fantasia e l'anima del lettore di spaziare ...

Sconsigliato agli "scrutinaparole" e ginnasti della grammatica italiana, dal palato troppo delicato. Consigliato alle persone "particolari".

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Opinione inserita da cory    21 Luglio, 2008

la solitudine dei numeri primi

Mi dispiace non poter consigliare ad altri di leggere questo libro. So quanta fatica ci voglia per scrivere un romanzo ed il fatto di non poter esserne entusiasta non è piacevole. Tuttavia non penso di essere stata felice di aver letto questo libro. L'ho letto in un giorno, dicendomi che più avanti avrei trovato finalmente qualcosa che mi catturasse. Non è stato così. Mattia e Alice hanno caratteri ben delineati e affascinanti nella loro irrequietezza, in quanto capaci di esprimere qualcosa di importante. Lo spunto era davvero buono, la base per un vero successo. Purtroppo l'autore non è stato capace di comprendere ciò che aveva tra le mani ed ha trasformato il libro in una serie di azioni scontate, pedanti, sopra le righe. Le conseguenze delle azioni dei protagonisti sono ovvie, scontate, noiose. I personaggi che costellano la storia sono come ombre indefinite che non acquistano mai carattere proprio. Il finale, sebbene giusto, è stato consumato velocemente, quasi l'autore avesse voglia di finire in fretta il libro.

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Opinione inserita da Giancarlo Piciarelli    16 Luglio, 2008

Amata solitudine

E' un libro strano e lacerante che pur gravido di contenuti non perde la "leggerezza" dell'opera prima. La narrazione stenta a partire ma se si superano indenni le prime trenta pagine lo si legge d'un fiato. Se ci si ferma ad una lettura superficiale sembra un'osanna all'emarginazione ma in realtà non è così. E' invece un inno alla consapevolezza della diversità. Diversità che non è vissuta dai protagonisti come un handicap ma come un'identità da salvaguardare e da difendere dall'ovvio della normalità canonica. La solitudine che inevitabilmente ne deriva è un isola su cui i protagonisti, ognuno per proprio conto, hanno deciso di vivere. Sono due onde anomale che si sfiorano ma che non si incontreranno mai. Questo perenne loro battere e levare alla fine è salvifico perchè li costringe a trovare quel briciolo di normalità che finirà per inserirli, anche se parzialmente, negli affetti familiari.

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Opinione inserita da Federica    15 Luglio, 2008

...fa pensare

Senza alcun dubbio, "la solitudine dei numeri primi" è un libro che fa parlare, secondo me sarebbe più giusto dire che quello di Giordano è un libro che "fa pensare". Fa pensare a quanto gli eventi della vita possano influenzare il prosieguo della stessa, a quanto certe scelte ci marchino per il resto dei nostri giorni. Belli i protagonisti ma belle anche le figure che ruotano attorno agli stessi.

E' stato un piacere leggere questo romanzo e in esso ho ritrovato qualcosa della mia vita, qualcosa del mio passato che inesorabilmente ha mutato il futuro. Voluto o non voluto. Cercato o non cercato.

Non sarà un capolavoro, ma qualsiasi scritto che ci porti una riflessione e ci induca ad una inevitabile introspezione vale la pena di essere letto.

In questo caso un applauso all'autore cui posso rimproverare solo di non avere approfondito abbastanza le diversità dei due "primi gemelli" Alice e Mattia, e di aver tirato via un finale che ritengo non potesse essere diverso ma che forse andava meglio arricchito di particolari.

Bello, da rileggere.

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Matt Opinione inserita da Matt    12 Luglio, 2008
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Premio befana!

Per vincere certi premi conta la casa editrice?

Conta forse quali case editrici abbiano vinto gli anni prima?

E quante copie vende grazie alla pubblicità?

Ho trovato questo libro deprimente.

La prosa è piatta e ripetitiva e i personaggi più che approfonditi sono i classici sfigati che dovrebbero ispirare solidarietà ma non ottengono nemmeno pietismi...

Il classico regalo da riciclare...

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Opinione inserita da Laura    11 Luglio, 2008

Stereotipato e banale

L'ho letto in due giorni, incuriosita dal titolo, che mi ha ingannata, facendomi credere che trattasse di matematica. Per quanto esso sia avvincente, non mi è piaciuto molto. La storia la trovo banale e a tratti melensa, con alcune immagini scialbe, usate e riusate in numerosi libri che magari troviamo al supermercato. I due pesonaggi mi sono sembrati inverosimili e troppo vigliacchi..nn credo che nella vita reale si possano trovare persone così inerti, che non voglio fare nulla per vincere la propria solitudine e tristezza. In ogni caso i due protagonisti mi sembrano stereotipati ed evanescenti sono anche tutte le altre figure che ruotano loro attorno. Inoltre l'atmosfera di profonda tristezza non ha certo contribuito a migliorare il mio giudizio su qst libro, che tutto può essere considerato, tranne un capolavoro, meritevole di aver ricevuto un premio.

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Nev Opinione inserita da Nev    11 Luglio, 2008
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intenso e a tratti realistico

scorrevole e intrigante, all inizio non ti molla un secondo ed è difficile staccarsi dalla trama che si articola e arricchisce di pagina in pagina.

Alla fine ci si rende conto che è uno spaccato di vita di molte persone reali che , piu chi più, hanno i loro diavoli e sogni da incontrare.

Il finale può essere interpretato in vari modi, non mi è piacuto ma l'ho capito visto che così la vita troppo spesso

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Opinione inserita da Marina Gallo    09 Luglio, 2008

La solitudine dei numeri primi.

Certo non si può oarlare di un capolavoro, ma "La solitudine dei numeri primi" mi è sembrato un'ottima rappresentazione della nostra società in cui sempre più si vive all'insegna del silenzio, di un silenzio profondo che impedisce la vera comunicazione tra le persone.

Credo che sarebbe utile farlo leggere a moltissimi genitori.

Certo la scrittura risente tutta dell'età dell'autore, ma i personaggi sono ben delineati, vivi nella loro sofferenza. Non ci sono buoni e cattivi, solo persone che fanno fatica a vivere con se stessi.

Intense alcune scene, come quelle delle telefonate e dei saluti tra il padre ed il figlio, intrise di affetto e di incapacità a manifestarlo.

Buona la conclusione in cui l'autore è riuscito ad evitare sia uno scontato happy and, sia la tragedia.

Di piacevole lettura, si legge tutto d'un fiato in un pomeriggio.

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asposa Opinione inserita da asposa    07 Luglio, 2008
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La banalità dei numeri primi

Tipico risulato scadente di un attento frequentatore di una scuola di scrittura creativa. Tra continue metafore stile "Harmony" si dipana una storia incentrata sull'incomunicabilità di due personaggi che vorrebbero essere speciali, ma che invece si presentano come fragili figure letterarie malamente accennate da un autore in cerca di lacrime. Poco importerà, per alcuni, che tali personaggi esplicano la loro diversità tramite dei ripetuti "uao", vivono in un mondo manicheo, tra cattivoni e genitori che non sanno capire i figli solo perché l'autore non si cura di abbozzare per loro dei caratteri approfonditi. Molto importerà, viceversa, il falso candore di uno scrittore celebrato per la sua età e per i suoi occhi blu mare.

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Opinione inserita da paola    07 Luglio, 2008

Il grido degli invisibili

Da bambina ho sofferto di una dolorosissima malattia della pelle, che ha colpito in particolare entrambe le mie mani, condizionandomi per tutta la vita... Dopo più di dieci anni, due mesi fa, ho rincontrato, casualmente ed in una maniera dolcissima, un amico di gioventù a cui avevo confessato di essermi innamorata di lui....In questa occasione ho scritto un pò di righe, per fermare per sempre sensazioni uniche ed irripetibili... Ho comperato il libro di Giordano, appena appreso alla radio che aveva vinto il premio Strega.... E' stato come svolgere un nastro di sensazioni, emozioni, sentimenti provati, difficili da spiegare, difficili da comprendere. Proprio come la solitudine dei numeri primi!!!

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Opinione inserita da Giuseppe    07 Luglio, 2008

Sotto l'ombrellone quando sei triste.

Mi sono avvicinato a questo libro con tutte le buone promesse, ho arricciato il naso quando ho visto che era Mondadori, poi mi sono detto: "ma anche Gomorra è Mondadori" e l'ho preso.

All'inizio del primo capitolo ho temuto che si trattasse di una serie di racconti (sono rimasto traumatizzato dall'ultimo Benni), poi però quando ho visto che le storie dei primi due capitoli erano destinate ad incrociarsi ho avuto la bella sorpresa; l'unica, dopo ho cercato nelle pagine un contenuto che non veniva mai fuori, quasi quasi sono stato tentato di mettere le pagine in controluce per vedere se appariva qualcosa in filigrana: niente.

Sono rimasto davvero deluso, mi ha divertito, ma non mi ha rapito, adesso a vederlo lì nella sua fisicità mi fa rabbia, vorrei che svanisse, non è un libro che rimane ed è giusto che non rimanga sui miei scaffali.

ps. la copertina è meglio del libro.

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Opinione inserita da Rosa Maria    07 Luglio, 2008

Mah!

Leggetelo pure, ma non chiamatelo capolavoro, e soprattutto, per favore, non fate paragoni con il "Non ti muovere" della Mazzantini! Anch'io sono stata attratta dalla pubblicità ed ho iniziato a leggerlo con molta curiosità ed altrettante aspettative. Poi, andando avanti con la lettura ho percepito che mancava qualcosa. Non solo l'introspezione psicologica dei personaggi è poco approfondita, ma molto - troppo - viene lasciato all'interpretazione del lettore. Tra i due protagonisti quello riuscito meglio è Mattia che in fondo ha un grosso conto da pagare nei confronti della vita, che gli pesa come un macigno. Ma Alice? Alice è un personaggio molto contraddittorio. Lei poteva tirar fuori certamente la rabbia nei confronti del padre e salvarsi, invece si fa fagocitare da un rancore che viene fuori solo a fasi alterne. Ed ancora le famiglie di questi due giovani dove sono? Loro che molto peso hanno nella vita dei figli, non vengono minimamente sfiorati dall'autore. La storia potrebbe avere delle grosse potenzialità, ma che non vengono minimamente sfruttate dall'autore. Mah! Il guaio è che viviamo in una società livellata al basso, e letteralmente in mano ai media, perciò si fa presto a dire capolavoro! Capolavoro per me è un opera che mi lascia qualcosa dentro, le cui emozioni restano forti anche dopo anni di lettura. Non mi pare proprio questo il caso!

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Opinione inserita da tamerlano    05 Luglio, 2008

cose da pazzi

Non è incredibile che abbia vinto lo Strega, dato che oramai come premio non vale nulla. Negli ultimi anni infatti è stato assegnato a libri-pacchetto, ossia a quei libri che seguono la formula libro-premio-film. Libri tremendi e film ancora peggiori. Ma quelli che mi fanno arrabbiare sono coloro che dicono "lo criticate solo perchè siete invidiosi". Ma invidiosi di cosa? Sarei invidioso di Joseph Conrad, o di Dostoevskij, o di Hemingway, ma non di certo di Paolo Giordano... !Ma voi che tanto apprezzate questa spazzatura - perchè di spazzatura si tratta, non è un giudizio soggettivo, bensì un dato di fatto - avete mai letto qualche altro libro in vita vostra? Ne dubito seriamente. Ho provato a iniziare questa Solitudine dei numeri primi, e nelle prime pagine non si parla altro di questa bambina che - povera... - è obbligata ad andare a una scuola di sci. Si continua a ripetere che deve pisciare, e infine - dato che lo scrive un autore da Strega... - si caga addosso. Proprio così c'è scritto sul libro. Non sono un buonista, ho letto Miller, Bukowski, e di certo non mi scandalizzo. Ma in questo caso manca un'estetica: questo scribacchino non ha estetica, non ha cultura, non ha sicuramente letto. Si rifà agli scrittori americani moderni? A parte che uno scrittore dovrebbe avere una cultura molto più vasta della letteratura, ma costui di stile assomiglia molto di più a Fabio Volo o a Muccino, pieno di patetismi e di drammi escogitati a tavolino. Tuttavia non mi stupisco di questa assegnazione dello Strega, considerando che come presidente di giuria c'era quel cappone di Ammaniti... o tempora o mores! Speriamo che le cose cambino. E intanto ci dovremo sorbire un altro filmaccio da quattro soldi ispirato a un libro da due soldi... povero Bel Paese, e poveri italiani, così tormentosamente disorientati a causa di rivenditori di macchine usate che si credono editori...

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Opinione inserita da Mario    04 Luglio, 2008

Mondadori lo sa vendere.

Noioso, noioso, noioso. Almeno 70% delle pagine si possono tagliare. Il resto e' una novella breve per adolescenti borghesi. Se Mondadori fosse stata coerente, avrebbe dovuto publicarlo cosi, ma le novelle non vendono, lo scrittore ha la faccia da pupo e le bambine che si pisciano addosso nel primo capitolo arrapano i giurati dei premi. E Mondadori non taglia. Non male per la casa editrice, fa il suo mestiere, vendere libri. Ma lo scrittore, che mestiere fa? In un intervista dice di essere ispirato dalla narrativa moderna americana. Ma dove? Taglia, baby, taglia. Non vedo l'ora che ne facciano pure un film cosi' affossiamo il cinema italiano una volta e per sempre con un soggetto che non ha storia, non ha personaggi e non ha senso.

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Opinione inserita da Marco    04 Luglio, 2008

Premio Strega, che vergogna!

Il Premio Strega a questo libro??

Per cortesia! Libro leggero, scritto male con prosa pesante appesantita da innumerevoli figure retoriche.

Un libro adolescenziale sostenuto da un'importante investimento pubblicitario che lo ha trasformato in un capolavoro.

Vergogna!

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Opinione inserita da marzia    04 Luglio, 2008

la solitudine dei numeri primi

I numeri primi che racconta Giordano sono due ragazzi con un peso troppo grande sulle spalle.

Due adolescenti deprivati, sospettosi e solitari. Ma accade loro di superare questa speciale condizione di vita attraverso un incontro. Di quelli rari, di quelli che spaventano, di quelli che non necessariamente evolvono ma che rendono consapevoli.

La conclusione non è amara, è la vita che riprende il suo corso quando il buio intorno si fa meno scuro.

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Opinione inserita da Armando    03 Luglio, 2008

La solitudine dei numeri primi

Siamo di fronte ad un classico caso letterario costruito a tavolino. A questo libro è stato decretato un successo a priori. Ben diverso è l'evento del successo di libri come il recente "L'eleganza del riccio" dove parte dal basso, dai lettori un consenso su un libro non eccezionale ma di ben diverso spessore. Qualche intuizione interessante, forse una sola, quella dell'analogia fra i numeri primi ed il destino dei due protagonisti. Eccessivo e sopra le righe il personaggio di Mattia gravato comunque da un passato fortemente condizionante mentre paradossalmente viene meglio e ci si lega di più ad Alice anche se in fondo non si capisce perchè dovrebbe essere "drammatico" e singolare vivere in una famiglia benestante un pò grigia in cui il papà ti paga le lezioni di sci, anche se in seguito a questo ti rompi una gamba. Insomma, un compitino "di maniera" condotto con un discreto ritmo, con i classici artifici da scrittore di routine (metonimie, finti riconoscimenti). Una cosa che mi ha colpito è l'assenza totale di "vissuto", nel senso che lo scrittore parla di ambienti come quello universitario che a lui dovrebbero essere familiari senza regalarci punti di vista e racconti intimamente connessi con quel tipo di ambiente, quasi delle finestre che ad un estraneo sono chiuse e che nascono dalla quotidianeità della vita. L'università che lui descrive sembra un accozzaglia di luoghi comuni, conditi dall'ambientazione nordica, come se lui in una università non avesse mai messo piede e ne parlasse per immaginazione e sentito dire. Si inserisce comunque nella scia della pochezza della letteratura prodotta dai giovani scrittori italiani con le poche eccezzioni di gente come Isabella Santacroce.

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angelo.bressa Opinione inserita da angelo.bressa    27 Giugno, 2008
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Bello?!

E’ la classica storia, sono più belle le recensioni del libro, la storia ti prende, è originale, simpatica e il paragone ai numeri primi sempre soli, questi due ragazzi, lei problematica e lui di più, ti convincono a leggere il libro. Ma il libro poi è un’altra cosa, a volte piacevole, a volte lento, altre volte scontato, non mi ha entusiasmato, c’è di meglio.

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Opinione inserita da Mary    25 Giugno, 2008

La solitudine e la disperazione del lettore!

Questo libro è davvero una vergogna! Non solo è scritto malissimo in italiano: non rispetta le regole della sintassi e della punteggiatura e risulta difficilmente apprezzabile lo stile, ma è soprattutto noioso, inutilmente volgare, volutamente squallido.

Non si sente alcuna sofferenza nei confronti dei personaggi in quanto sono analizzati con la freddezza di un documentario. Le loro storie sono vuote, automatiche e prive di sentimenti.

Il fatto che abbia vinto il premio Strega e che sia stato accompagnato da una massiccia promozione dimostra che altro non sia l'ennesimo gioco di marketing: un'altra stella cometa che - spero - quanto prima si perda nell'infinito cielo degli obbrobri editoriali.

Spero davvero che la Mondadori ricominci a selezionare i suoi libri perché sta scendendo sempre più in basso: non è più sinonimo di fiducia e qualità, ma di vacuità letteraria.

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Arcangela Cammalleri Opinione inserita da Arcangela Cammalleri    25 Giugno, 2008
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La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano

“La solitudine dei numeri primi” di Paolo Giordano

Questo notevole romanzo, dell’esordiente Paolo Giordano, scava nel labirinto dell’animo umano con grande vigore espressivo ed emotivo.

I due personaggi centrali della storia, Alice e Mattia, sono stati segnati, nell’infanzia, da un’esperienza lacerante che ha devastato e come compresso i loro destini che si incroceranno, ma come i numeri primi gemelli, saranno vicini, ma mai così tanto da toccarsi.

Il tracciato narrativo si snoda intersecando due vite parallele, crepuscolari, che scorrono secondo scansioni e ritmi emotivi straordinariamente simili.

Il loro microcosmo sentimentale è stato contratto da questi due traumi infantili che come una patina impalpabile di inadeguatezze, paure e ritrosie ha narcotizzato le pulsioni emozionali impedendo loro di aprire un canale di percezione con gli altri.

Alice e Mattia seguono traiettorie divergenti, le loro vite, sospese, fluttuano in attesa di una catarsi delle loro intime ed inconfessabili sofferenze, come barriere ostacolano una naturale ed immediata espressività avviluppata in un groviglio insoluto.

Giordano, questo giovane autore, sembra attingere la sua perizia narrativa da remoti luoghi dell’anima, in una sorta di profonda immersione psicologica degna di grandi scrittori. La solitudine, la sperdizione esistenziale, l’anoressia, uno dei tanti segnali sottesi di angosce individuali sono alcuni dei temi che intessono tutto il filo narrativo. Alla trama interessante che scorre su binari di lettura scorrevole e riflessiva, si condensa una certa energia stilistica ed una capacità descrittiva analitica e dura della realtà, soffusa da intermittenti lampi di trattenuta tenerezza.

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Opinione inserita da Scribak94    20 Giugno, 2008

un libro vivo...

diciamo...come per ogni libro ho letto recensioni che sono autentiche osanne, altre delle vere e proprie condanne al patibolo... comunque (ogni giudizio va a sè), l'ho trovato un libro carico di significati. certo, forse pensavo più in un lieto fine, diciamo uno di quelli a cui siamo ormai inesorabilmente abituati (sia per i libri che per i film)... ma mi fa riflettere il finale, se volete, anche un po' filosofico...e anche se può apparire "pessimistico", invece suscita sulla mente del lettore il meccanismo contrario, in quanto fa sperare in un proseguo positivo. i personaggi sono ben riusciti (a parte, forse, alice, a cui l'autore ha appioppato forse troppe disgrazie!!!), soprattutto mattia...lo consiglio assolutamente alle persone che amano riflettere sulla vita e sulla speranza che si può celare in ogni dove...ma non, magari, a ragazzi della mia età (non a tutti).

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a chi legge libri come "la figlia del silenzio" o i libri di tracy chevalier
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