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La profezia di Celestino
 
La profezia di Celestino 2013-04-16 18:42:02 Maso
Voto medio 
 
1.8
Stile 
 
1.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
2.0
Maso Opinione inserita da Maso    16 Aprile, 2013
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Promesse, fantascienza e mirabolanti ortaggi

Riguardo a determinate tipologie di libri ho sempre avuto, e mantengo tutt’ora, un opinione ben precisa. Credo che, come in tutte le attività che promettono di esprimere e di dare qualcosa, uno scambio intellettuale, sensibile, emotivo, estetico, sia necessario sapere cosa cercare in ognuna di esse. La letteratura fa parte di queste attività che permettono un arricchimento vicendevole, che si trasmette da chi scrive a chi legge, e anche in essa, tramite la lettura di un libro, ritengo sia buona cosa cercare qualcosa di preciso, valutando l’offerta, valutando se questa ricalca i nostri interessi e prendendo quello che c’è a disposizione. Quando dico che sia utile il sapere cosa cercare intendo il fatto di non pretendere da un libro (allo stesso modo di un film, una canzone, un manufatto artistico) quello che sappiamo in anticipo non possa dare. Non posso pretendere di trovare il diletto che può dare una storia avvincente leggendo un saggio di fisica quantistica, come non posso pretendere dissertazioni filologiche dall’ultimo libro “scritto” dal calciatore di turno all’apice della propria carriera. Esempi banali ma esplicativi, mi si passino i luoghi comuni. Se cerco cose sbagliate in fonti sbagliate non posso poi dilungarmi in lunghe lamentele o in critiche infamanti a causa di un errore di valutazione imputabile solo a me stesso. Se capita di non trovare ciò che si va cercando in un libro dalle premesse ricalcanti le nostre speranze c’è comunque un metodo per redimere la sensazione di delusione, quello di cercare un lato positivo, una componente piacevole che possa giustificare il tempo speso. Capita che questa sorta di “cuscinetto” sia lo stile narrativo, la piacevolezza del linguaggio, la particolarità della trama o il modo di esporla. Se però viene a mancare anche questo “salvataggio in corner”, questa panacea che addolcisca e che riempia un contenuto mancante, allora, per quanto mi riguarda, non vi è molto da fare se non quello di giudicare negativamente ciò che si è letto. Questo è quello che è accaduto tirando le critiche somme di alcuni libri, tra cui annovero “La profezia di Celestino”. Una così verbosa premessa serve sicuramente più al sottoscritto che a chi necessita di sapere qualcosa a proposito di questo romanzo. Sapere quali sono i passaggi critici che ci permettono di formarci un opinione non guasta e, analizzandoli, escludendo per un momento le sensazioni più prettamente emotive, si riesce con più facilità a capire quanto un libro abbia o non abbia avuto la possibilità di segnarci. Questo romanzo in particolare, purtroppo, non possiede, a parer mio, né un contenuto sufficientemente interessante e verosimile, né un modo di presentarlo che valga il tempo impiegato per leggerlo. Non ci sono componenti che salvino quest’opera, nata forse con nobili intenti di sensibilizzazione verso un futuro effettivamente non troppo roseo per l’umanità. Nonostante la buonafede del signor Redfield, il risultato è un insieme di pagine riempite con una narrazione fondamentalmente molto mediocre, con dialoghi artefatti, poco studiati, inverosimilmente lunghi in quasi tutto il romanzo, unicamente esistenti al fine di impartirci le fantomatiche Nove Illuminazioni dalle voci di personaggi numerosi e inesistenti in quanto a spessore fisico e psicologico. Il fatto poi che uno dei temi centrali della trama, oltre alle misteriose illuminazioni di un antico manoscritto che così pretenziosamente propone di cambiare l’esistenza della specie umana, siano le coincidenze non avrebbe dovuto implicare il fatto che queste avvenissero così numerosamente e così ridicolmente a proposito in tutti i momenti di smarrimento di questo nostro protagonista. Non si tratta di verosimiglianza o meno, trattandosi si un’opera di fantasia, ma solamente di gusto letterario, quello che dovrebbe dare un limite al non lecito e alla scontatezza. I personaggi sono vacui, senza un minimo di descrizione e di introspezione. Alcuni vengono malamente dimenticati a se stessi, perdendo una collocazione all’interno dell’intreccio, altri sono tremendamente caricaturali e tutti insieme formano un gruppo che, più che di personaggi veri e propri, sembra composto solo da comparse che vanno e vengono a piacimento dell’autore. Il carattere definito “utopico” di tutta la morale che mi sembra volesse essere espressa aggiunge poi il tocco finale che segna la (mia personalissima) condanna definitiva a questo romanzo. Può certamente essere definita una visione utopica della realtà prossima quella proposta da Redfield, che ancora una volta, però, ai miei occhi non sembra dimostrare un buon gusto nemmeno nella gestione così sognante e immaginifica di un avvenire dettato dalle nozioni di queste Nove Illuminazioni. Mi sembra un’utopia veramente poco originale, oltre che poco ragionata, che si regge in piedi a stento tra meditazioni energetiche che farebbero accapponare la pelle ai veri asceti orientali, i quali si guardano bene dal predicare e che preferiscono in tutta serietà condurre la propria vita di meditazione, quella vera, concreta, immanente per quanto trascendente, che non promette visioni metafisiche al limite della fantascienza, che non promette di far crescere ortaggi più grandi, sani e felici con la sola concentrazione del pensiero su di essi. Di libri che trattano l’argomento, in maniera seria, competente e affascinante ce ne sono un’infinità, e, come al solito, sono sempre i meno conosciuti, proprio perché senza pretese di cambiamenti universali e con il solo scopo di trovare un luogo interiore che ci faccia stare bene e che ci faccia affrontare il futuro senza troppe paure e senza sedicenti e fantasiosi manoscritti peruviani.

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Commenti

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Appena uscito fece molto scalpore e ti dico la sincera verità lo fece anche nel mio animo, ma ormai sono passati forse vent'anni, e tanta acqua sotto i ponti. Ora lo rileggerei in maniera diversa, ma purtroppo non riesco a leggere i libri già letti, peccato... è un mio limite. Bella recensione!
In risposta ad un precedente commento
Maso
17 Aprile, 2013
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Sai che anche io faccio molta fatica?! Forse faccio male ma credo di non avere mai riletto niente, a parte il ripartire da capo quando decido di dare un'altra chance ad un libro abbandonato...forse per alcuni libri letti in età troppo precoce dovrei proprio...
letto tanti anni fa, ma ricordo che mi fece lo stesse effetto!
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