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Tenera è la notte
 
Tenera è la notte 2013-10-17 07:58:11 AndCor
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
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Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
AndCor Opinione inserita da AndCor    17 Ottobre, 2013
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L'amara fine del 'sogno americano' di Dick Diver

È bello tornare a recensire un libro dopo un po' di tempo, perché sembra quasi che dall'ultima volta non ne sia passato, appunto, di tempo.

Il tempo.
Quel tempo che scandisce il ritmo quotidiano di ogni essere vivente. Di ogni essere umano. Anzi, di tutti gli esseri umani tranne uno.
Quell'uno che risponde alle generalità di Francis Scott Fitzgerald, il quale è riuscito a scrivere un romanzo straordinariamente 'fuori dal tempo' sia per lo sviluppo atemporale della trama sia per la novità del suo pensiero letterario volto a criticare la ricchezza, considerata distruttrice della coesione sociale e fonte di contese ed invidie. Un pensiero decisamente troppo moderno per il contesto storico-sociale nel quale ha mosso i suoi passi.

Partendo dagli ambienti, gli scenari spaziano dalla Costa Azzurra al continente americano, con il predominio di quegli habitat marini talmente ricchi di fascino che sembrano davvero essere al di fuori del tempo e della ciclicità della vita.
I paesaggi sono descritti in termini pittoreschi e vitali secondo la tipica tonalità impressionista, e descritti minuziosamente sin nei minimi particolari. Non manca inoltre la tecnica dell'antropomorfizzazione, mediante la quale 'lanterne addormentate' e una guardinga 'nebbia intangibile' prendono effettivamente vita.

Per quanto concerne i personaggi;
Dick Diver è un vero anchor-man che monopolizza la scena: si tratta di un uomo dal fascino invidiabile, con uno spiccato acume e che è consapevole di possedere quel 'quid' in più rispetto agli altri personaggi, ma che tuttavia si contraddistingue anche per il suo carattere improntato sull'umiltà e sul rispetto dell'etica e della morale. Sarà proprio la co-protagonista Rosemary Hoyt a provarlo sulla sua stessa pelle. Una pelle sedotta per poi essere abbandonata, come in una qualsivoglia tragi-commedia dannatamente banale.
Stupisce però la grande cura e premura che Fitzgerald dedica anche per gli altri personaggi - Nicole Diver, Abe North e Tommy Barban su tutti -, fondamentalmente accomunati dall'aridità dell'animo, dalla pochezza interiore e da una mondana frivolezza caratteriale.

A livello stilistico, non mancano descrizioni e riflessioni talvolta lunghe e stucchevoli, che 'ammazzano' la fluidità della narrativa tipicamente romanzesca.
Lo scorrimento del tempo non è infatti lineare; flashback, rievocazioni di sogni e riferimenti al passato dei vari personaggi spezzano il ritmo e richiedono una lettura 'elastica' e non superficiale. La prosa risulta comunque accurata ed improntata sullo studio psicologico, che dimostra come Fitzgerald si considerasse già abile padrone del proprio stile e della propria 'metrica prosaica'.
La scelta precisa di alternare parti dinamiche a spaccati retrospettivi permane tuttavia in piena linea con le scelte stilistiche della letteratura novecentesca. Non si può dire lo stesso, invece, per quanto concerne la consuetudine dell'autore di presentare i propri personaggi a mo' di apparizioni fugaci e misteriche.

Perché leggere questo romanzo allora? Per tutto ciò che vi ho scritto qui sopra, ma soprattutto per il finale, che ribalterà quasi completamente quello che avete letto finora. Reputazione di Dick Diver inclusa.

Persino Montale lo ha entusiasticamente definito "... il capolavoro di Fitzgerald [...] rigoroso e armonico nelle linee generali, nervoso nel disegno, prezioso nei colori; tutto lascia pensare che, stagionando, il libro acquisterà ancora in qualità".
È esattamente così; nonostante siano passati settantanove anni dall'uscita, non vi deluderà.

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Il grande Gatsby.
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