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Quel che resta del giorno
 
Quel che resta del giorno 2015-01-26 16:33:17 Mian88
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Mian88 Opinione inserita da Mian88    26 Gennaio, 2015
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Tempo e vita.

Rimanere fedeli a sé stessi, qualunque cosa accada. Ed egli ci riesce alla perfezione, a quale prezzo però. Stevens è un personaggio ben costruito, equilibrato, istruito, e con una grande dignità. Quest’ultima è in particolare la chiave di lettura che determina la sua esistenza. Per tutta la sua vita ha servito con rispetto e con rigido rigore gli uomini delle classi più elevate senza mai far si che le emozioni prendessero il sopravvento, senza mai manifestare il suo pensiero, limitandosi semplicemente al suo compito di assistenza e cura della casa e del suo padrone. Tutto doveva risultare alla perfezione in qualsiasi circostanza.
La ricerca della «dignità» è uno degli obiettivi ma anche degli interrogativi che maggiormente affiggono l’uomo. In cosa consiste questa? Quando la si riscontra in un perfetto maggiordomo? Ha ragione la vecchia o la nuova scuola? Stevens non si considera all’altezza di tale qualità, ritiene che la sua dedizione a sua signoria debba esser ancora coltivata prima di poter anche solo lontanamente essere paragonabile a quella storicamente conosciuta. L’unico essere umano in cui è riuscito ad individuare una parvenza di questa è il suo signor padre, sua grande ispirazione ed uomo da emulare tanto per controllo quanto per dedizione, forse di una diversa generazione ma pur sempre membro di una servitù di grande qualità ed istruzione, salda tanto nei principi che nella moralità.
Così quando il padrone, che si sarebbe allontanato per un breve periodo dalla residenza per affari, lo invita a prendere la vettura e a farsi un viaggio solo per lui dove la sua unica preoccupazione sarebbe dovuta essere sé stesso, Stevens inizia quello che sarà un excursus della sua vita.
Inizialmente fatica ad allontanarsi dalla residenza, sia fisicamente che mentalmente, tutti i suoi giorni sono legati a quelle mura, a quei giardini, a quei padroni e mai ha avuto del tempo per godere dalla sua terra, della compagnia della sua stessa persona. Con piccoli passi riscopre la bellezza di un tramonto, la gioia di una giornata che finisce, la cortesia di emeriti sconosciuti che restano immancabilmente attratti da quel servitore che tanto sembra un padrone. Ed il pensiero implacabilmente va a Miss Kenton a suo tempo collega di lavoro. Rivive i momenti che ha gustato con lei, cerca di rianalizzarli eppure non li comprende appieno. Gli sfuggono per quel che sono. Tutti i tentativi della donna di andare oltre alla professione, di far uscire il servo dal suo guscio non sono colti perché c’è sempre una esigenza, un dogma a cui attenersi, una paura da non affrontare. Quando una festa importante, quando sua signoria ha bisogno di qualcosa, quando semplicemente non ha la temerarietà di sfidare quelle parole, Stevens si tira indietro. Fugge dalla realtà e si rifugia nel mondo che si è creato. Un universo di maschere, dove l’abnegazione del sé stesso regna sovrana. In conclusione dell’opera due significativi incontri: il primo con la predetta ex Governante della proprietà terriera; il secondo con un uomo, un ex maggiordomo ormai in pensione. Ella rappresenta il passato che non torna, l’attimo che se ne è andato, l’occasione perduta, l’errore evitabile, la felicità sfiorata; egli il futuro di solitudine, il tempo per se dopo anni dedicati ad altri, il riacquisire la propria individualità, la volontà di vivere nell’oggi e nel domani e non nello ieri.
Un velo di malinconia caratterizza il romanzo, componimento scritto sotto la forma di diario ed interamente caratterizzato da un linguaggio forbito e di alto livello, dove indiscutibilmente la voce narrante trasporta il lettore in riflessioni sulla propria vita, sulle maschere spesso indossate e sulle occasioni perdute o rimandate. A differenza di opere quali “Non lasciarmi” che ti accarezzano e trascinano impedendo qualsiasi tentativo di distacco dallo scritto fintanto che questo non è giunto alla sua conclusione, “Quel che resta del giorno” è un testo che va centellinato, che scorre lentamente, da leggere un po’ alla volta e da assaporare piano piano. E’ un romanzo ricco sia da un punto di vista storico che sostanziale ma richiede attenzione, ogni dettaglio determina le circostanze successive e ciò lo rende un volume adatto a chi non cerca opere leggere bensì ricche di contenuto e capaci di restare impresse nella mente anche molto tempo dopo la lettura.

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Commenti

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Commento interessante, Maria.
A me il libro è piaciuto moltissimo: il contenuto è di forte originalità, e lo stile eccellente : unisce la piacevolezza della tradizione letteraria inglese alla lievità ed intensità della letteratura giapponese. Lo ritengo un capolavoro.
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