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A voce alta 2019-02-13 14:00:59 giovannabrunitto
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giovannabrunitto Opinione inserita da giovannabrunitto    13 Febbraio, 2019
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La condanna di una generazione

Grazie a un consiglio di lettura, ho incontrato Schlink. E’ stato un colpo di fulmine. Inaspettato e violento, toccante e disturbante. Tutto allo stesso tempo.
La storia tra un ragazzino e una donna matura negli anni ’50 in Germania si intreccia con i conti che le generazioni tedesche post seconda guerra mondiale hanno dovuto fare con il nazismo. Ci sono tanti nodi in questo libro e non si sciolgono. Non possono sciogliersi. Accettare il crimine della Shoah non è possibile.
Si può e si deve sapere, ma non c’è modo di trovare una qualsiasi forma di riscatto, neanche dopo anni. Coloro che da dent
ro vissero il Nazismo potevano fare qualcosa?
Potevano reagire? Essere anche solo spettatori di quanto è accaduto significa essere conniventi?
E se poi si è partecipato all’Olocausto in maniera attiva?
Si è colpevoli lo stesso anche se si sono eseguiti degli ordini?
L’accettazione passiva è perdonabile o solo comprensibile?
Le altre mille domande che scaturiscano dalle domande precedenti, secondo me, non hanno e non avranno risposta. La Banalità del male di Hannah Arendt è l’unico approccio possibile , ma non è una risposta.
E poi dopo tutto o tra tutto o anzi sopra tutto c’è l’amore. Non cercato, incestuoso quasi, spavaldo e al di sopra anche della cattiveria umana. L’amore come elevazione da tutto ciò che di brutto, perfino mostruoso, c’è in ogni essere umano.
E sull’amore l’unico quesito possibile o forse l’unica certezza … Non scegliamo mai di chi innamorarci

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La Banalità del male di Hannah Arendt
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