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Stoner
 
Stoner 2020-03-18 10:23:16 assuntabruno
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assuntabruno Opinione inserita da assuntabruno    18 Marzo, 2020
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La vita nel bene e nel male.

Sul letto di morte William Stoner ripensa ai punti cardine della sua esistenza e si domanda se abbia fatto abbastanza. Lo studio, il matrimonio, la paternità, un nuovo amore e la carriera accademica. Poi riprende in mano la sua prima pubbicazione, quella che gli ha aperto le porte dell’insegnamento, e, forse, capisce che tutto è partito da lì e tutto si conclude in quel libro, in cui, a sessant’anni suonati, si riconosce solo in parte.
Per quasi tutto il romanzo non viene mai chiamato con il suo nome di battesimo, ma solo con il cognome, quasi a voler sottolineare una sorta di distanza tra chi scrive ed il protagonista dell’opera. Ed il primo, l’autore, sembra porsi sempre come un osservatore di un caso umano che descrive con asettico distacco, ma con sapiente capacità descrittiva sia caratteriale che fisica. La progressiva chiusura verso il mondo esterno cosi come il raccoglimento sui testi da tradurre e sulle tesi di dottorato segnano il passaggio dalla giovane alla mezza età, esteriormente contaddistinta da una gobba sempre più preponderante e da una incipiente sordità.
Da più parti William viene descritto come un uomo che si è lasciato scivolare addosso la vita, nel bene e nel male, una sorta di inetto, che non eccelle nel lavoro, fallisce nella vita personale e non è in grado di ricoscere l’amore vero. E, si sa, ogni storia suscita nel lettore un’emozione diversa, soggettiva ed, in qualche modo, legata anche al vissuto personale ed alla propria capacità di imedesimazione nei panni altrui.
Per questa ragione, posso dire che mi sono legata tanto a questo professore impacciato nei modi, schivo e dagli occhi grigi e freddi, ma dal grande spessore intellettuale e morale. Egli è figlio della mentalità tipica della fine dell’Ottocento, quella per la quale se sei figlio di un contadino rimarrai contadino per tutta la vita ed avrai le stesse mani brunite e callose di tuo padre, eppure nel 1910, a diciannove anni, egli, figlio di umili lavoratori della terra, si iscrive alla Columbia University e conosce, quasi da autodidatta, la letteratura inglese, che rappresenterà la prima grande passione. Fa incontri importanti, di quelli che segneranno per sempre il modo di intendere la vita: l’amico Dave Masters, che gli parla dell’accademia come di una sorta di rifugio da mondo, la moglie Edith, che gli farà sperimentare un senso di solitudine, ma indirettamente gli darà la possibilità di nutrirsi di quell’amore puro che è la paternità fatta di biberon e studi serali vicino ad una piccola Grace che gattona.
L’incontro con Lomax, il suo collega antagonista, il capo di dipartimento implacabile, è l’esempio emblematico di quanto William non sia stato per niente quell’uomo debole che non ha saputo o voluto contrastare il destino. Mantenendo le sue posizioni, è andato incontro consapevolmente alle conseguenza della sua fermezza e non si è piegato ad un atteggiamento accondiscendente che gli avrebbe garantito una carriera diversa. E così, in poco più di trecento pagine, sono condensate le vicende umane di un essere vivente che si fa spettatore dei grandi cambiamenti del Novecento. Sullo sfondo compaiono le due guerre mondiali, alle quali egli non parteciperà da soldato, ma che forgeranno ancora di più la sua indole già avvezza al sacrificio ed all’abnegazione. Ho nutrito grande rispetto per il professor Stoner, ho costruito un’immagine mentale di lui come di un figli di una generazione diversa, uno di quei saggi dai quali avrei potuto imparare tanto, magari solo con uno sguardo o con qualche parola, vista la sua inclinazione alla laconicità.

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Commenti

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Avevo provato a leggerlo ma l'ho lasciato dopo un centinaio di pagine. Sarà perché la letteratura americana non mi fa impazzire...
Un libro che mi è piaciuto molto.
Assunta, però il protagonista non m'è parso affatto un inetto che si lascia scivolare tutto addosso. Questo può valere per la relazione con la moglie, ma professionalmente è un uomo che lotta, che in qualche modo 'si realizza' anche o soprattutto non mira ad una luminosa carriera. Un individuo che ha colto il senso della propria vita.
Anche a me è piaciuto molto ed anche io non ho trovato affatto il protagonista un inetto. Da più parti, però, viene descritto così
Ammetto che anche io non impazzisco per la letteratura americana, però devo dire che ho trovato questo libro molto scorrevole... è chiaro poi che è tutto molto soggettivo.
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