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La strada di casa
 
La strada di casa 2020-06-19 10:15:30 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    19 Giugno, 2020
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Giustizia e redenzione

«Pat, disse. Mi stavo chiedendo una cosa.
Cosa?
Pensi mai a cosa vuoi fare della tua vita?
Spero di combinare qualcosa.
Davvero? Rispose il padre. Che sollievo. Ma toglimi una curiosità: quando pensi di cominciare?»

Quando Jack Burdette torna a Holt a bordo della sua Cadillac rossa, non nuova ma comunque sfavillante, sono trascorsi ben otto anni dalla sua assenza e più precisamente dai fatti di quel 1976 in cui quel piano architettato a tavolino ha siglato categoricamente ogni possibile ritorno. Classe 1941, Burdette, nato da due genitori già oltre ai quarant’anni, sposati da più di venti, è sempre stato un colosso d’uomo con il suo metro e novanta d’altezza per i suoi chili di muscoli. Anche adesso che la sua florida giovinezza è venuta a mancare, è ingrassato e si è venuto a sformare con quel colorito giallognolo e malaticcio, gli albori del suo essere stato sono ancora visibili. Ma perché decide di tornare nella contea che ha tradito? È consapevole di non essere il benvenuto, la popolazione non ha mai celato l’astio riposto nei suoi confronti e quell’amarezza per quel comportamento tenuto non è ancora passata e mai potrà passare. La ferita sanguina, l’orgoglio è pesto, la fiducia è stata sgretolata come un castello di sabbia portato via dalle onde del mare. C’è stato però anche un tempo in cui Jack ha vissuto nella cittadina stimato e idolatrato, c’è stato un tempo in cui tutti si fidavano di lui anche se il suo trascorso scolastico lasciava ben a desiderare, anche se la sua condotta morale era tutto tranne che retta e ligia, anche se spesso le sue decisioni – come ad esempio lo sposarsi con Jessie, donna forte e determinata che niente ha mai voluto se non poteva pagare per sé, invece che con Wanda Jo Evans che per otto anni si è accontentata di fargli i compiti a scuola, poi il bucato, e ancora di uscire con lui il sabato sera, e di attendere che si decidesse – sono state prese più per noia che per altro.

«Immagino che per certe persone una cattiva notizia possa risultare letale. Specie se è improvvisa e inaspettata. O meglio se non ci sei abituata, se finora hai tirato avanti in modo passivo, sperando che tutto sarebbe andato bene malgrado fosse evidente il contrario, se hai ventinove anni e credi ancora che un uomo ti sposerà solo perché gli hai lavato i calzini sporchi per otto anni e sei andata a letto con lui ogni sabato sera per tutto quel tempo, allora credo che una notizia possa ucciderti.»

A narrarci i fatti è Pat Arbuckle, direttore dell’Holt Mercury e vecchio amico dell'uomo dall’adolescenza turbolenta e le scelte sbagliate. I ricordi partono dal momento in cui il fuggiasco torna in città e fanno volta al passato. Da qui si muovono uno dopo l’altro sino al presente, un presente che giunge fino alle più drammatiche circostanze e conseguenze. Perché dal suo ritorno non verrà niente di buono, nemmeno quella richiesta di giustizia tanto necessaria e perpetrata. Anzi. A far le spese di quel suo pretendere, di quel suo sentirsi legittimato, saranno anime sopravvissute a caro prezzo che in quegli anni di assenza si sono ricostruite una vita sulle ceneri di quanto lui aveva distrutto.

«E comunque non voleva. Sembrava che volesse rimanere a Holt, che avesse i suoi buoni motivi per tener duro. Pareva determinata a reagire a quello che le stava capitando nel suo modo tranquillo e silenzioso, come se l’opinione che aveva di sé dipendesse solo da questo. Come se stesse tentando di dimostrare qualcosa. E la conclusione fu tragica. Finì per essere ben più di una semplice questione di soldi. Le cose andarono in maniera così dolorosa che a Holt c’è ben poca gente disposta a ricordarsene.»

Con “La strada di casa” si conclude il viaggio durato cinque anni nella contea di Holt. Questa volta, tra i temi principali, vi è quello della giustizia. Quella del popolo che è pronto a vendicarsi di colui che non può essere condannato dalla legge, quella di Jessie che per gli errori del marito si autocondanna a una vita severissima e durissima pur di risarcire il male fatto dall’uomo, pur di redimersi. E quale prezzo, avrà, questo risarcimento. “Restitution” è non a caso una delle parole chiave del libro, come Fabio Cremonesi, suo traduttore, ci sussurra nelle note finali. Il tutto attraverso la forma di un villain, il classico personaggio brillante e seducente che mette a disposizione i suoi tanti talenti al servizio delle cause più sbagliate. E più la figura di Burdette perde di lucentezza, più ne assume Jessie, più ne assume Pat, più ne assumono coloro che alla storia fanno da coprotagonisti e che subiscono le conseguenze delle gesta sconsiderate dell’artefice del misfatto.
In questo libro c’è tanta sobrietà, c’è tanta disperazione, c’è tanta umanità, c’è tanta forza nella semplicità della genuinità umana. E c’è anche un epilogo con colpo di scena completamente inaspettato, un qualcosa a cui Haruf mai ci aveva abituato. Uscito negli Stati Uniti nel 1990, sei anni dopo “Vincoli”, e ben nove prima di “Canto della Pianura”, “La strada di casa” è un libro di grande forza empatica, con tanti temi da trattare, avvalorato dalla canonica magnetica penna a cui lo scrittore ci ha abituato e capace di suscitare nel lettore tante riflessioni. Un ultimo viaggio malinconico, nostalgico, duro, amaro nel suo concludersi.

«Anche se da quella notte nessuno ne ha saputo più niente, voglio credere almeno questo, e sperare anche qualcosa di più.»

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Commenti

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Bella presentazione, Maria.
Ero curioso di leggere opinioni su questo libro recentemente pubblicato in Italia.
Questo è il suo secondo romanzo. Quello precedente, "Vincoli", mi è piaciuto molto.
In risposta ad un precedente commento
Mian88
22 Giugno, 2020
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"Vincoli" è uno dei miei preferiti. Il bello di Haruf è anche la versatilità dei temi trattati, cosa che non manca nemmeno in questo titolo. Te lo consiglio, Emilio.
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