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Tenera è la notte
 
Tenera è la notte 2021-01-08 17:32:18 68
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68 Opinione inserita da 68    08 Gennaio, 2021
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Parabola discendente

“ Tenera è la notte “, tormentata creatura di un autore ormai sprofondato in uno stato di inedia e disperazione nell’ ultima parte della propria vita, privata e professionale, tra alcool, debiti e cliniche psichiatriche, scritto in un arco temporale di nove anni, più volte riveduto e corretto, con l’idea inevasa di cambiarne la struttura riordinandone i flussi temporali, risente di tutto questo e lo riflette nella palese identificazione Fitzgerald-Dick, l’ indiscusso protagonista del romanzo.
Tre libri che ricostruiscono periodi diversi della vita del protagonista, un incipit che restituisce il dopo nella splendente e soleggiata Costa Azzurra, tra turisti facoltosi e avventure galanti, tanti momenti di mondanità all’ insegna della superficie.
È qui che Rosemary, giovane attrice sospinta e fagocitata dalla vanità materna, si invaghisce dell’affascinante Dick Diver, talentuoso psichiatra americano circondato da un’ aura di durezza, autocontrollo e disciplina, da tempo maritato con la bellissima ereditiera Nicole Warren, una ex paziente tuttora vittima di un’ infanzia violata.
È il secondo libro, che ci riporta nel passato, a essere il vero cuore del racconto, la rappresentazione della parabola ascendente e discendente di un giovane dottor Dick, medico colto, mansueto, gentile, rivolto con tutto se stesso alla propria professione.
Sarà l’ incontro fatale con Nicole, l’adempimento del proprio ruolo medico e coniugale, il patto stipulato con la sorella di lei, il potere del danaro, a generare il cambiamento, un disfacimento personale e famigliare, il graduale abbandono della professione, una vita di contorno e di attesa, tra alcool, avventure galanti, recite inopportune.
Una corsa confusa, una infelicita’ manifesta e negata, uno stato di inettitudine confermato dalla inaffidabilità, anni dopo agli occhi dei più Dick pare un uomo perfetto, fascinoso, carismatico e influente, in realtà di lui è rimasto ben poco se non il riflesso del proprio matrimonio, così splendidamente convenzionale e svuotato di ogni sentimento.
Una recita nella recita, perfettamente riuscita ma poco gratificante, un legame costruito attorno a una patologia femminile con ripetute crisi di nervi nel bel mezzo di viaggi, tra cliniche e tradimenti, il denaro come equilibratore e anestetico.
Un matrimonio da tempo svuotato, evaporato nell’ indifferenza del comportamento ondivago di Dick, il progressivo distacco dalla propria vita, cuore di un terzo libro che per qualcuno prevederà una rinascita, per altri uno stato di totale abbandono a se stessi e una crisi di identità, riconosciuta e confermata da terzi, impossibile recuperare il passato.
E allora si susseguono anni bui, rivolti all’ ignoto, rassegnati all’ ovvio, incarcerati in un improbabile oggi mentre c’è chi progetta il domani.
Un romanzo polifonico, rimescolio di un amore viziato e turbolento, lo stato di malattia, la fuga da se’ divorati da un’ ambizione mal riposta, l’ ingresso nella upper class, solo a tratti inserito in temi storicamente rilevanti, la grande guerra con i suoi esiti nefasti, per declinare nelle crepe della vita di un uomo e del suo sistema relazionale, assumendo forti connotazioni autobiografiche, si pensi al rapporto e alla identificazione Zelda-Nicole.
Dicker sopravviverà a Gatsby da morto vivente pagando un enorme tributo a se stesso. Forse il suo stato di inedia è un gesto estremo di commiserazione o di condanna, a sua volta di malattia, azzerato da un fallimento personale e professionale, un mal di vivere possibile solo in superficie tralasciando lo scopo prefisso, indirizzato a una tenebrosa e malinconica strada che risuona ai ritmi del blues...

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