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Doppio viaggio
Una riflessione articolata sulla condizione umana da parte di chi vive da tempo all’ interno del mondo, una famiglia extraterrestre proveniente da pianeti diversi, mimetizzata nel cuore di un’ umanità disadorna, impegnata a salvarla da uno stato di belligeranza prima che sia troppo tardi.
La ricerca di se’ e delle proprie origini in un pianeta disunito, disomogeneo, disperso, persone normali nella propria unicità, il solo modo per difendersi, caratteristiche e desideri difformi, un nucleo separato al proprio interno.
Le riflessioni della famiglia Osugi scoperchiano la fragilità di una pace pericolante, il mondo un luogo infelice e senza senso dove il pensiero va scomparendo, la malvagità nascosta nell’ abitudine, la violenza in uno stato di anestesia, la quiete nell interesse verso le cose, mentre la fantasia, che separa l’ umanità’ dalla follia, va scomparendo.
In questo viaggio personale e collettivo all’ inseguimento di origine e desideri da condividere con qualcuno proveniente dal proprio pianeta, lo sguardo rivolto al cielo e a se stessi nel più assoluto silenzio, emergono circostanze sconosciute e dissapori famigliari.
Jiuichiro, il pater familias, predica nel quotidiano la salvezza degli esseri umani, pace e benevolenza, mentre Akiko, figlia di Venere, solitaria, raffinata, bellissima, priva di civetteria, mostra noncuranza verso gli apprezzamenti umani.
Come soffermarsi in un luogo che non proprio, liberarsi dalla solitudine del mondo ancora soggiogati a quella della propria famiglia, convivere con se stessi, generare una creatura figlia della partenogenesi, ritrovarsi vittime di inganno e violenza?
Le pagine del romanzo vivono una tensione crescente tra sfumature latenti, dialoghi sferzanti, teorie politico-filosofiche, inscenando una lotta intestina tra extraterrestri alla ricerca di individui appartenenti alla propria specie, con una visione antitetica del mondo e dei suoi desideri, uno scopo divergente che converge inspiegabilmente.
C’è chi vorrebbe sterminare gli esseri umani senza che se ne rendano conto, chi salvarli a loro insaputa, la guerra alle porte, uno stato di belligeranza originato dal timore verso l’ universo e il mondo, dal terrore e dal sospetto nei confronti degli altri, non alimentato da una collettività uniforme, ma dall’ afflato individuale.
Nella possibile vittoria il senso della sconfitta, un dolore insopportabile, una verità rivelata all’ altro, rigettata a se stessi, una fine certa, prossima, un viaggio di non ritorno abbandonando il presente.
Ciò che è degno di esistere è estraneo a questo mondo ma ne conserva le chiavi dell’ esistenza, il respiro eterno della bellezza e dell’ arte.
Hiukio Mishima, illuminato, preveggente ( il romanzo è del 1962 ), dotato di finezza intellettiva e di un certo sarcasmo, costruisce un romanzo non esattamente di fantascienza all’ interno di un mondo alieno e alienante corroso da insensatezza, da un’ amoralità deragliata nella follia, vestita di niente, presente e futuro anestetizzati dalla mancanza di pensieri e di desideri.
Gli alieni guardano, giudicano, convivono nel mondo in una condizione di mimetismo, consapevoli della follia che lo riguarda laddove fantasia e umanesimo paiono ammainati definitivamente.
È il tempo della Guerra fredda e del Giappone post bellico, della ricostruzione e della omologazione, di un mondo che rischia di scomparire, indifferente alle atrocità del passato, sotto la minaccia del nucleare, ma che sa ancora parlare di amore, di relazioni famigliari, di gioia e speranza, richiamando frammenti di umanità da un’ alienazione dominante.





























