La pioggia prima che cada La pioggia prima che cada

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lego-ergo-sum Opinione inserita da lego-ergo-sum    19 Giugno, 2017
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Il disegno che non esiste

Storia di donne raccontata da un uomo. La prima a comparire è Gill, alla quale la zia Rosamond ha affidato quattro cassette, incise in punto di morte. Destinataria Imogen, ultima discendente di una sorta di saga familiare, che ha in Beatrix (la nonna, cugina di Rosamond) e in sua figlia Thea, la madre di Imogen, le altre due rappresentanti (senza dimenticare la bisnonna Ivy, da cui origina questa catena del disamore). La vicenda, narrata attraverso una serie di venti fotografie, è intessuta di scelte sbagliate, di piccole e grandi tragedie familiari, che sembrano ispirate ad una sorta di determinismo naturalistico, con poca "race" e molto condizionamento ambientale e comportamentale.
L'autore, fedele alla sua poetica, punta da un lato alla suspense, che gli consente di tenere viva l'attenzione del lettore, dall'altro alla sperimentazione formale, ancora una volta basata sull'uso di strutture e forme comunicative diverse (le cassette, le fotografie, la lettera rivelatrice di Beatrix nel finale) e sul variare della voce narrante e della focalizzazione. Un colpo al cerchio del grande pubblico dei lettori, l'altro alla botte della critica letteraria, con un esito tutto sommato equilibrato tra le due istanze. Certo siamo lontani dall'originalità e dallo studio sociale del capolavoro, "La famiglia Winshaw", ma non mancano né intensità né sapienza costruttiva.
Solo sfiorato il tema dell'omosessualità, attraverso le relazioni che unirono Rosamond prima a Rebecca e poi a Ruth, anche se non mancano insinuazioni e malignità che alludono ad un'esistenza non del tutto pacificata e ad una società chiusa e retriva di fronte alla diversità. Maggior rilievo viene dato invece alla maternità negata e vagheggiata che spinge la protagonista a riversare il suo affetto su Imogen.
Ma il vero tema del romanzo, si affaccia nelle pagine finali del romanzo, che lo chiudono ad anello e gli conferiscono il significato conclusivo. Gill vi traccia una breve sintesi delle corrispondenze che sembrano legare, talora misteriosamente, la storia delle tre donne e parte della propria, piccoli e gravi incidenti, la fuga di un cane che si ripete con esiti drammatici a distanza di anni, il merlo sbattuto sul parabrezza della sua auto, forse proprio nel momento in cui la tragedia giungeva al suo epilogo. Nel frattempo arriva la notizia di un'altra infelicità femminile, quella di cui è vittima la figlia di Gill, abbandonata dal compagno. Tutto per un attimo sembra ricollegarsi e formare un mosaico nel quale ciascun frammento di vita potrebbe trovare una sua collocazione e, pur nel dolore, una sua rasserenante sublimazione. Ma poi, la disillusione finale: "Il disegno che stava cercando era scomparso. Peggio ancora, non era mai esistito. Quello in cui aveva sperato era un'invenzione, un sogno, una cosa impossibile. come la pioggia prima che cada". Per un attimo la mente corre ad Eco, all'ordine ipotizzato dai suoi personaggi (Guglielmo, Casaubon), che si rivela poi frutto di una mera ricostruzione soggettiva, di un bisogno proprio dell'uomo di imprimere un significato e un'interpretazione complessiva al caos del mondo, scambiando le coincidenze per segni. Allo stesso modo, l'immagine di quel merlo schiantato, presagio di una tragedia qui contemporanea, lì imminente, ricorda una scena analoga nel film "Dimenticare Venezia". Ancora "corrispondenze", stavolta letterarie e cinematografiche, che la lettura di questo romanzo potrebbe suggerire.

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"La famiglia Winshaw" di Jonathan Coe
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combinazionimagiche Opinione inserita da combinazionimagiche    01 Giugno, 2017
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L'imperfetta felicità

Venti fotografie. Da qui si snoda la parte preziosa di questa storia, una storia che solo Rosamond conosce. Rosamond è la voce narrante, una strana protagonista dal momento che lei non è più.

Nel suo testamento oltre i due nipoti, Gill e David, viene citata Imogen, una bambina di cui nessuno si ricorda più, e che sicuramente nessuno immagina abbia un legame così forte con la vecchia zia Rosamond.

Ci troviamo così sedute su un divano con Gill e le sue figlie, ad ascoltare delle cassette che ci guideranno alla scoperta di una storia di famiglia ignota, taciuta per troppo tempo. Le fotografie non immortalano solo un fermo immagine, ma portano con sè emozioni, sensazioni, accadimenti, lacrime e risate, fughe, amicizie e amori. Ogni fotografia nasconde segreti che solo chi c’era può svelare al mondo, ed è questo quello che Coe fa, attraverso la voce di Rosamond, trascinandoci in un’altra epoca, in altri luoghi. Ascoltando quelle descrizioni siamo proprio li. Siamo proprio spettatori di storie di vita, di madri incapaci di amare, di figlie non amate che a loro volta saranno madri sterili, non indifferenti ma non empatiche, non vere madri. Ci troviamo a vivere in quei luoghi, in quelle soffitte, in quelle roulotte, in quei boschi e in quei salotti dove la vita scorre tra cose non dette, sussurate o schiaffate in bella vista.

Coe affronta temi importanti come la violenza domestica, i rapporti madre-figlia, i tradimenti, l’omosessualità e lo fa con naturalezza…così come la vita è, naturale. E con la stessa naturalezza ci svela una realtà che non è perfetta, una fine della storia che non è per niente naturale.

Tutta la narrazione può essere riassunta in una frase della protagonista “Non c’è niente che si possa dire, immagino, di una felicità perfetta, impeccabile e senza ombre; niente, salvo la certezza che dovrà finire”.

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Silvié Opinione inserita da Silvié    20 Ottobre, 2016
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Venti foto per raccontare

le protagoniste di questa storia sono 20 foto.
Una fotografia può assumere significati davvero importanti perché suscita emozioni e ricordi intensi.. Quando poi è necessario  descrivere una fotografia ad una persona cieca il compito diventa ancor più difficile;qui entra in gioco Rosamond, (attraverso la bravura di Jonathan Coe) che, con la sua voce incide su una cassetta le sue dettagliate descrizioni, fa sentire, al personaggio non vedente  e al lettore, odori, rumori, sensazioni, tutto!
Coe ritrae non solo persone, ma anche luoghi, e da questi possiamo ricordare e narrare la nostra storia o immaginare anche quella di altri. Non si può non rimanere colpiti dalla capacità di questo scrittore di descrivere l’universo femminile e di sentimenti quali la maternità o l’amore. Ci si chiede, durante la lettura del libro, come un uomo possa comprendere così bene le emozioni intense di noi donne. Donne di tutte le età: bambine, giovani adulte, anziane. Non c’è differenza, l’autore si dimostra sempre molto abile.

C’è poi l’argomento così naturalmente trattato dell’omosessualità. L’amore tra due donne, nato con una tenera amicizia e cresciuto un po’ per volta e poi esploso è descritto con grazia direi. Fondamentale è, nel libro, la descrizione del rapporto tra genitori e figli, o meglio tra madre e figli, e ancor di più quando questi rapporti sono conflittuali  e possono così compromettere la vita e la serenità di più persone. Il prezzo degli  errori, però, non sempre lo paghiamo subito.. soprattutto, non ci accorgiamo immediatamente dei danni che possiamo arrecare con un comportamento o una parola.
Da leggere

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lapis Opinione inserita da lapis    07 Mag, 2016
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Siamo così, è difficile spiegare…

Alla vecchia Rosamond non rimane più molto tempo, la vita la sta lasciando, ma c’è ancora un’ultima cosa da fare: sedersi su una poltrona con venti fotografie in una scatola, un bicchiere di whisky e un microfono, e raccontare a Imogen una storia, la sua. Per capire. Per sapere. Ma chi è Imogen? Perché ignora il suo passato? Qual è il motivo della sua cecità? Per scoprirlo non ci resta che sederci sul divano e ascoltare questa voce lenta e stanca che ci narra nostalgicamente le sue fotografie, recupera ricordi dalla memoria e fa rivivere un passato lontano di dolori, rimpianti, errori.

Ci ritroviamo così trasportati in un’altra epoca, ci immedesimiamo nelle figure tutte femminili che compongono questo romanzo, cerchiamo di capirne le vite, le fragilità, i sentimenti. Beatrix, crudele e insicura, che nasconde dietro il sorriso mondano e i matrimoni sbagliati la paura di rimanere sola con se stessa. Thea, figlia maltrattata e madre incapace di emozioni, che mostra nei suoi occhi freddi il dolore di chi ha imparato a convivere con la consapevolezza di sentirsi un errore. Rosamond che nella sua rigida severità ha trovato la forza per vivere una vita senza sapore, senza il suo grande amore, per affrontare le difficoltà dell’omosessualità e la frustrazione di una maternità impossibile.

Sono verità difficili da raccontare: la sofferenza di figlie indesiderate, il rancore di madri anaffettive, il terrificante vuoto lasciato dalla fine di un amore. Jonathan Coe lo fa senza paura di mettere a nudo i nervi più scoperti, di addentrarsi in terreni in cui i confini tra forza e debolezza sbiadiscono, di spingersi nelle pieghe dell’odio, dell’egoismo, della cattiveria.

E’ una storia semplice, narrata in modo asciutto, che scorre pacata e tranquilla sui binari del ricordo, priva di avvenimenti eccezionali ma proprio per questo capace di coinvolgere, commuovere e fare riflettere perché ci mostra a quali dolorosi errori la vita di ciascuno di noi possa condurre e a quale forza sia necessario ricorrere per trovare un modo per andare avanti.

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Lady Jane Opinione inserita da Lady Jane    30 Luglio, 2015
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Una bella narrazione non del tutto convincente

Un pacco di fotografie, delle cassette, un lungo racconto doloroso con un finale senza aperture.
Coe si sofferma a delineare ritratti di pessime madri e di madri mancate, mostrandoci gli effetti disastrosi di vite senza amore.
Ciò che ho apprezzato di questo libro è stata la scelta di raccontare partendo dalle immagini, immagini che noi non vediamo ma che ci vengono descritte con minuzia, una bella idea. Tuttavia venti mi sono sembrate troppe, soprattutto alla luce di un epilogo a dir poco frettoloso. La narrazione infatti rallenta da metà romanzo per poi concludersi rapidamente, lasciandoci privi di spiegazioni necessarie (con tutto quello che aveva subito e inferto Thea, soprattutto dal punto di vista psicologico, forse raccontarci un po' della sua evoluzione dopo la separazione dalla figlia non sarebbe stato in più) e per questo perdendo di efficacia nel complesso.

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Anna_Reads Opinione inserita da Anna_Reads    28 Luglio, 2015
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Maternità rifiutata. Un libro che Bergman avrebbe

(lievissimo spoiler)

Primo "morso" a Coe (che ha dovuto destreggiarsi con un predecessore come Steinbeck).
L'autore esordisce, con me, alla grande, tanto da avere già altri titoli nella mia lista, con una storia "tutta al femminile".
Non ho mai capito (né mi son mai impegnata molto per farlo) la differenza fra "scrittura (al) femminile" e "scrittura (al) maschile", né la distinzione fra libri rivolti agli uomini o alle donne.
Ci sono storie belle e storie brutte. E ci sono storie scritte bene e scritte male.
Due per due quattro, quattro possibili combinazioni.
Volendo possiamo aggiungere due vie di mezzo ed arrivare a nove.
Ma tanto non importa, perché questa è una bella storia scritta bene.

Apriamo con Gill che, informata della morte della zia Rosamond, anziana sorella della madre, si reca nello Shropshire. Qui apprende di aver ereditato, oltre che ad un terzo delle proprietà della zia, anche 4 cassette incise dalla stessa, e di doversi impegnare a consegnare le stesse ad una certa Imogen.
Gill la ricorda vagamente: si tratta di una bambina non vedente, conosciuta circa vent'anni prima, il giorno del cinquantesimo compleanno della zia.
Con l'aiuto delle figlie, Gill cerca in tutti i modi di rintracciare Imogen, ma senza successo; così, un pomeriggio, le tre donne decidono di ascoltare i nastri incisi da Rosamond, sperando di trovare qualche altro indizio per rintracciare la misteriosa "bambina" (che in realtà, all'epoca dei fatti, dovrebbe avere intorno ai trent'anni, ma la stessa Rosamond, ammette, nel suo racconto, di continuare ad immaginarla come la piccola bambina di vent'anni prima).

Rosamond, nelle cassette che ha inciso, si rivolge direttamente a Imogen e le racconta la sua storia (di Imogen, certo, ma anche della stessa Rosamond). E lo fa in un modo particolare, cioè descrivendo alcune fotografie (venti) scelte con cura fra le molte in suo possesso.
Immaginando di parlare con una persona non vedente, Rosamond inizia sempre descrivendo le fotografie, ma quasi subito abbandona i buoni propositi e si mette a ricordare odori, voci, profumi, musiche, aneddoti. Si richiama all'ordine, sorride, si commuove, si interrompe e riprende.
Questa la cornice narrativa immaginata da Coe.
Una vecchia signora che racconta una storia per immagini, incidendola su nastro, ad una bambina cieca.
E qui non c'è maschile, femminile e neutro.
C'è un'idea perfetta e una scrittura che non è da meno.
E siamo solo alla cornice.

La storia che racconta Coe è di rara durezza.
Quella che racconta Rosamond cerca di stemperare, spiegare, lasciare spazio al dubbio e alla speranza. Ma Rosamond non conosce tutta la storia, ed infatti il finale spetta a Gill.
Sarà lei a concludere la storia cominciata dalla zia, ahimè in un modo che sicuramente Rosamond non avrebbe amato (e se proprio devo fare un appunto a Coe, ecco, il "presagio" che coglie Gill in Alvernia mi è sembrato abbastanza superfluo).
Non voglio spoilerare, ma ho parlato di storia di rara durezza.
Coe, in questa storia "tutta al femminile", affronta niente meno che il tema della maternità.
Da quella negata ad una coppia lesbica, a quella rifiutata da almeno tre donne – di tre generazioni diverse – diventate madri (di figlie femmine) - loro malgrado.
Mi viene in mente un altro autore che abbia tentato con altrettanto genialità, bravura e forza un tema del genere. Si tratta di Ingmar Bergman in "Sinfonia d'Autunno". E la madre e la figlia in scena sono Ingrid Bergman e Liv Ullman. Pare che Ingrid Bergman trovasse "inverosimili" queste madri, e Ingmar Bergman, che ne sapeva qualcosa, le rispose: " Ci sono donne così. Rifiutano di essere disturbate dai loro figli. Non vogliono perdere tempo con i loro problemi. Hanno la loro vita, la loro carriera. Tutto il resto non conta. È di una donna così che ho voluto parlare."
(Qui una splendida recensione al film, da cui ho tratto la citazione: http://andiamoalcinema.blogspot.it/2012/12/ingrid-e-ingmar-bergman-in-sinfonia.html ).
Be' non c'è bisogno che mi affanni io a negare temi/scritture/storie di genere, dal momento che ci hanno già pensato – e così intensamente ed efficacemente – Bergman e Coe.
Enjoy.

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pierpaolo valfrè Opinione inserita da pierpaolo valfrè    09 Febbraio, 2014
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Parlami di te:venti foto per raccontare una storia

La pioggia prima che cada non esiste, non la puoi vedere. C’è quell’attimo, quella particolare atmosfera che puoi capire soltanto dopo, quando la pioggia è già caduta, che puoi guardare retrospettivamente o che puoi intuire in anticipo grazie a una sensibilità così profonda da sfiorare la preveggenza. O forse si tratta solo di suggestione.
C’è molta retrospettiva in questo romanzo, c’è sensibilità e anche premonizione.
E’ una storia di donne, di madri e di figlie attraverso tre generazioni nell’Inghilterra dalla Seconda Guerra Mondiale ad oggi. Siamo lontani dall’atmosfera cupa della “Famiglia Winshaw”, eppure la famiglia e la violenza c’entrano molto anche qui. E’ la violenza dell’amore negato, del conflitto sotterraneo, di legami rifiutati o mal sopportati. Una violenza che incide l’anima, goccia dopo goccia, e si trasmette alle generazioni successive. Non si tratta della maledizione delle colpe dei padri che ricadono sui figli: in questo caso è la fredda ostilità delle madri ad indurire il cuore delle figlie.
A Jonathan Coe piace chiudere i cerchi e in questo romanzo il dramma si sviluppa tra due momenti apparentemente insignificanti: la fuga incomprensibile di due cani. Un antipatico e viziato barboncino di nome Bonaparte fugge all’inizio della storia. Un altro cane scappa alla fine. Di mezzo ci sono sessant’anni, vite intere, storie apparentemente normali dietro alle quali si nascondono solitudini e infelicità profonde, e che appaiono quasi rassegnate, perché già scritte.
Le storie sono raccontate attraverso quanto di più intonato al clima famigliare: le fotografie. Venti foto ricordo di vacanze, di compleanni, di cerimonie, di luoghi rimasti nel cuore. Visi sorridenti, sguardi catturati nell’istante in cui ci si mette in posa, ambienti che restituiscono al presente un frammento dopo l’altro del passato, fino a comporre l’intero puzzle e a farcelo guardare, alla fine, con lo smarrimento di chi ha seguito tutta la traiettoria compiuta dal destino.
Ma nel libro c’è anche il puro piacere di raccontare il passato, di ascoltarlo, di scoprirlo.
Rosamond un’anziana e tranquilla signora, muore in solitudine, senza marito né figli. Lascia uno strano testamento, nel quale tra gli eredi compare Imogen, una donna che nessuno sa come rintracciare. Rosamond lascia a sua nipote Gill l’incarico di trovare Imogen e di consegnarle venti fotografie e una serie di cassette registrate con il racconto della sua storia: la storia di Rosamond, che conduce alla storia di Imogen.
Gill, accompagnata dalle due figlie Catharine ed Elizabeth, inizia il suo viaggio nel passato di sua zia, scoprendo un mondo ancora sconosciuto e soprattutto tre figure femminili che si passano il testimone l’un l’altra nel corso del racconto: Beatrix, Thea e Imogen. Al loro fianco, la stessa Rosamond e, per un tratto di strada, anche Rebecca, l’unica che “vede” la pioggia prima che cada. O forse la vedono tutte, ma poi rimangono ostinatamente (o rassegnatamente?) con i piedi ben piantati in terra, a percorrere il solco già tracciato del loro destino.

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paola melegari Opinione inserita da paola melegari    27 Giugno, 2013
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l'inevitabilità: i cani fuggono .....

Romanzo al femminile,dove gli uomini sono solo comparse.
Rosamond, come molti bambini , durante la seconda guerra mondiale viene sfollata a casa della cugina beatrix nella campagna inglese.Beatrix figlia di Ivy, avrà più tardi una figlia:Thea, la quale avrà a sua volta una figlia:Imogen, l'inevitabile Imogen.
Una storia triste, di amore materno negato alla fonte , di maltrattamenti, che si tramanderà di madre in figlia con conseguenze a dir poco traumatiche.
Rosamond giunta alla fine della sua vita, registra su cassetta la descrizione di venti foto, punti essenziali della vita di beatrix e rosamond, per raccontare a Imogen lo svolgimento dei fatti che hanno portato alla sua nascita, alla sua cecità ed alla sua adozione ad una famiglia estranea.
Le foto richiedono descrizione minuziosa a volte persino noiosa, data la menomazione di Imogen , nonché di spiegazioni approfondite per inserire Imogen nel contesto familiare .
Come dicevo, storie al femminile,persino gli amori di rosamund sono femminili. Amori, intendiamoci,non sesso punto e basta, e detto fra noi, a quei tempi ci voleva coraggio per dichiarare la propria omosessualità
Rosamond, ama di un profondo amore filiale thea, la recepisce sofferente a causa del difficile rapporto con la madre, e si prenderà cura di lei, aiutata dalla sua compagna Rebecca, e vivranno serenamente per alcuni anni, finché la madre, Beatrix ricompare sradicando la figlia da un ambiente sereno e, per puro egoismo sfogherà su di essa tutte le sue frustrazioni di figlia non amata.
Così Thea, avrà una figlia, Imogen alla quale negherà amore e cure come erano state negate a lei.
Ciò che colpisce è che una coppia gay avrebbe potuto dare a quella bimba molto più di una normale coppia. Ma per loro vige la regola della diffidenza, della non regolarità del loro rapporto.
Mentre ad una coppia regolare non si richiede la perfezione, da una coppia omosessuale si pretende il massimo sapendo che non si può avere.
Io stessa a volte sostengo che un figlio deve avere come esempio entrambi i genitori: padre e madre. Non si deve creare confusione.
Esiste il genitore perfetto? siamo certi che due genitori omosessuali farebbero più danni che due genitori etero?
L'amore e la comprensione, la dedizione e la pazienza, sono le qualità necessarie a crescere un figlio. Secondo me. Tutti commettiamo errori. io più di tutti.
L'amore che le donne del romanzo non hanno ricevuto, l’hanno premeditatamente tolto alle figlie, colpevoli di puro egoismo e di negligenza.
proprio in questi giorni sono stati legalizzati in usa i matrimoni gay. Non credo di essere d'accordo su questo.
Questo libro mi ha fatto riflettere molto, molto sull'amore materno, sull'amore filiale,sulla negazione dell'amore che dovrebbe essere perseguita come un reato. Ecco, secondo me la pioggia prima che cada, è quell'attimo, il breve spazio temporale, quasi inesistente, quel momento di assoluta felicità che nella vita ci può capitare anche una sola volta-Thea quest'attimo lo aveva provato con Rosemund e la sua compagna Rebecca,in spiaggia, quel giorno che non avrebbe dovuto finire mai- Tutti erano consapevoli che presto sarebbe finito.
Bravo Coe, bravo perché diverso, sembra il romanzo scritto da una donna. Diverso dal Coe della casa del sonno. Attento ai sentimenti, ai dettagli. a volte noioso nel perseguire quest’obiettivo.
Una lettura interessante, piacevole, e Rosamond una persona che avrei voluto incontrare.
Paola

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rapporti madre figlia. Esempio Carla Cerati.
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C.U.B. Opinione inserita da C.U.B.    29 Dicembre, 2012
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ricordi

La pioggia prima che cada e’ quell’attimo che sfugge tra le dita. E’ un momento ben preciso che non puo’ esistere perche’ se non cade la pioggia, non esiste la pioggia prima che cada. E una volta caduta e’gia’ troppo tardi ,imperturbabile capriccio meteorologico che galoppa ad un ritmo tutto suo, un passo incontrollabile un po’ come quello del destino di ognuno di noi, che alla fine possiamo solo cercare di prevenire e di pilotare.
Poi la pioggia quando decide cade, gocce di gioia e gocce di dolore. Rimorsi e ricordi.

Tutto inizia con la morte di zia Rosamond che lascia una lettera alla nipote, chiedendo di rintracciare Imogen e consegnarle dei nastri registrati e delle fotografie.
Ma la semisconosciuta Imogen non si trova, nemmeno si sa bene chi sia, saremo noi a scoprire l’eredita’ di Rosamond. Venti fotografie a ripercorrere a ritroso nel tempo tre generazioni di donne, venti fotografie che non potremo vedere, ma che ascolteremo minuziosamente descritte dalla zia, seduti in un attento silenzio nel suo salotto inglese.

Un libro semplice ed accogliente come una signora anziana e sola, che molto ha sofferto e molto ha amato nella vita e nei suoi ultimi giorni si stringe agli affetti che le sono mancati in un candido, caldo abbraccio.
Dal ritmo tranquillo e dallo sviluppo commovente , una gradevolissima storia di affetto e dolore.
Molto femminile e delicata, scritta niente meno che … Da un uomo.
Jonathan Coe, credo tu sia stato doppiamente bravo, quindi.

Buona lettura.

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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    01 Luglio, 2012
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Fiume di ricordi

E' una storia di vita, narrata da una signora anziana, che decide di togliere il disturbo da questo mondo e, intanto che aspetta di andarsene, sceglie 20 fotografie e, attraverso di esse, rivive la sua vita ed evoca mille ricordi. Le commenta incidendo delle cassette, che noi ascoltiamo perchè è la nipote che le trova. E' strano sentire la voce di una persona che non c'è più, che ci dice di non permettere al presente di cancellare il passato. Questo libro è un album di fotografie espressive, di ricordi, di immagini; è singolare la capacità di accoppiare parole a immagini, trovando proprio le parole più giuste che aiutano a immaginare colori, forme, edifici, paesaggi, corpi, volti. E' molto azzeccata la scelta del titolo, perchè c'è un momento del libro in cui viene descritta quest'espressione, capace di congelare l'attimo dell'irreale e il senso di un attimo di felicità.

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C l a r a Opinione inserita da C l a r a    05 Giugno, 2012
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Anche a me piace la pioggia prima che cada.

"La pioggia prima che cada" è un ossimoro, è un'immagine che non esiste nella realtà.
Eppure è terribilmente reale. E' la capacità di catturare gli istanti che precedono un temporale: odori, rumori, ma anche sensazioni, il bisogno di proteggersi, l'esigenza di correre, il desiderio coprirsi...
Coprirsi da questa storia che Coe ci racconta, con sensibilità, con delicatezza, rendendo pienamente ogni, minima, impercettibile sfumatura.
Come quando si ascolta ammaliati un brano suonato da un bravissimo pianista e seppur la melodia sia perfetta, coinvolgente ed emozionante, si è in grado, comunque, di andare oltre e distinguere ogni singola nota che ne sta alla base.
Coe è così, tocca tutte le corde dell'animo umano e lo fa con i dettagli.
Con i dettagli di venti fotografie che Rosamond descrive, prima di morire.
Venti fotografie per raccontare la vita di tre generazioni di donne, Beatrix, madre di Thea e nonna di Imogen.
Quasi senza accorgercene, un piccolo passo per volta, Coe ci mette di fronte a temi impegnativi e dolorosi che vanno dall'amore omosessuale, al desiderio di maternità insoddisfatto presente in questi casi, dai danni causati da un genitore indifferente o cattivo sulla psiche di un bambino, fino all'adozione e gli inevitabili conflitti che nascono tra la famiglia d'origine e quella adottiva.
I personaggi di questo romanzo sono tutti al femminile.
Donne forti e coraggiose ma anche donne cattive, donne innamorate e donne egoiste, donne perse dietro sogni o rancori, che solo troppo tardi si accorgono di aver sprecato opportunità reali, accecate da ciò che invece fortemente cercavano.

Un romanzo da leggere e da rileggere.
Buona lettura!

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orchidea79 Opinione inserita da orchidea79    15 Mag, 2012
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Spazio ai ricordi

Premetto che, prima di questo, avevo letto un solo libro di Coe (La famiglia Winshaw) e non mi aveva fatto impazzire di gioia, quindi ero un pò prevenuta...
Ma mi son ricreduta, l'ho letto in poco tempo non solo perchè non lungo, ma anche perchè mi ha molto coinvolta!!!
E questo da subito, sarà che mi piace molto la tecnica narrativa del "tornare indietro nel tempo" e qui la protagonista fa davvero un bel passo indietro nei ricordi, attraverso le fotografie.
E' un percorso all'indietro che mi ha emozionata; mi piace il personaggio di Rosamond, Coe ce la presenta come una donna delicata, sensibile, attenta, desiderosa di instaurare rapporti veri ed intensi con chi la circonda, ma purtroppo le cose nn le vanno mai bene, in qst senso, visto che c'è sempre qualcuno che le volta le spalle, finisce per ignorarla, per non dare al rapporto lo stesso valore che gli dava Ros: questo vale per Beatrix, per Rebecca, per Thea ...
Devo dire che il finale mi ha lasciato un pò di amaro in bocca, lo stesso che mi lasciò l' altro libro di Coe ; c'è in questo, e nell'altro romanzo, molta malinconia, infelicità, la ricerca di trovare un senso a tutto senza però riuscire a "chiudere il cerchio"...
Nel complesso, bello, una lettura piacevolissima!!!!

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erlebnis Opinione inserita da erlebnis    09 Febbraio, 2012
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Si legge velocemente

E' un romanzo "sui generis" all'interno della bibliografia di Coe, e, pur apprezzando i suoi romanzi più noti, sono rimasta favorevolmente colpita da questa sorta di saga tutta al femminile. Apparentemente lenta, la narrazione in realtà coinvolge il lettore senza quasi che se ne accorga ed ecco che, poco dopo, il libro è finito! Delicato e intenso al contempo, forse non sorprendente (ma, dopotutto, quando abbiamo voglia di "fuochi d'artificio" attingiamo a ben altri generi letterari, no?), sicuramente non banale, regala delle "istantanee" difficilmente dimenticabili. Insomma, una buona lettura per chi ama romanzi che offrono spunti di riflessione sulle convenzioni sociali.

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Sara S. Opinione inserita da Sara S.    07 Luglio, 2011
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una saga familiare raccontata attraverso le foto

Inizio col dire che sono rimasta assolutamente sorpresa dal contenuto di questo libro, in quanto non mi aspettavo da Coe una saga familiare tutta al femminile. E inoltre, dal titolo e dalla copertina immaginavo tutt'altro! Dopo aver letto le prime pagine si è insinuata dentro di me una leggera delusione; gli argomenti trattati mi sembravano noiosi, ma, inaspettatamente, ho continuato a leggere e a leggere incessantemente, e senza quasi accorgermene sono riuscita a finire il libro in poco tempo.
E' una storia che trasuda nostalgia, ricordi e rimpianti. Di certo non mette il buon umore, ma mi è piaciuta, soprattutto per la capacità di trascinare il lettore dal punto di vista emotivo. Però speravo in un finale più incisivo, invece cade nel vuoto.

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silvia71 Opinione inserita da silvia71    17 Mag, 2011
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La pioggia prima che cada

Rosamond , giunta al capolinea della sua esistenza, ripercorre il lungo e faticoso cammino intrapreso da lei stessa e da alcuni familiari negli ultimi cinquant'anni.
E' la voce di una donna matura che si lascia trasportare dai ricordi, mettendosi a nudo, scavando nelle pieghe più buie della propria anima e al contempo facendosi conoscere dagli altri.
Coe dedica questo romanzo all'universo femminile, scandagliandolo con realismo e oggettività, offrendo al pubblico una galleria di personaggi vivi che affrontano un'esistenza piuttosto difficile, sobbarcandosi di scelte complicate che sfociano spesso in errori indelebili. Ma ecco che quando il destino sembra annientarle, queste donne rialzano la testa e sono pronte a ricominciare, a sfidare le avversità, a rimettersi in gioco con spirito di abnegazione per cercare un ultimo pezzetto di felicità.
Niente passività o autocommiserazione in queste pagine, anzi, sono ritratte delle donne che hanno vissuto intensamente, spingendosi anche a scelte eccessive delle cui conseguenze ne pagano il fio.
E' una lettura che parla di vita, di sentimenti, di emozioni, di dolore, di amore, di errori ; per questo motivo reputo che ben si adatti un flusso narrativo abbastanza lento, che permetta al lettore di immedesimarsi coi personaggi, ascoltarli fino in fondo e lasciarsi trasportare da questa storia dolce- amara.
Quando ci si addentra nell'intricata selva dei sentimenti è facile scivolare nel mellifluo, invece Coe mantiene un linguaggio sobrio e asciutto nell'arco dell'intera narrazione, coniugando con abilità leggerezza espositiva e profondità di contenuto.
Un buon romanzo, piacevole da leggere e latore di ottimi spunti di riflessione.


Grazie a Giovanna ed Eleonora per avermi fatto conoscere Coe

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gio gio 2 Opinione inserita da gio gio 2    27 Giugno, 2010
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fotografie storie di vita

Cosa nascondono un immagine,un sorriso,un gesto...catturati dal flash di una macchina fotografica?A volte i sorrisi nascondono qualcosa di triste,di drammatico,i piccoli gesti rivelo disagio o impazienza,la fotografia cattura cio' che c'e' dietro tutto questo fermandone il tempo.E' attraverso una lunga sequenza di fotografie che Rosamond racconta,appena prima di morire, attraverso un microfono collegato ad un registratore,descrive le immagini delle fotografie del suo album di famiglia,parla ad Imogen,cieca...e' l'unico modo che ha per farlo perche' Imogen,nipote della cugina Betrix,e' stata allontanata da lei e da tutta la fimiglia.Una storia che parte dall'infanzia di Rosamond fino all' eta' adulta,attrverso i suoi amori,i suoi dolori,fino alla nascita' di Imogen e alla presenza di quest'ultima alla festa del suo cinquantesimo compleanno.Una storia che narra disamore materno inevitabilmente tramandato,di pregiudizi verso l'omosessualita' femminile.Rosamond e' completamente catturata da tutto cio' che lei stessa racconta,in quei nastri restera' per sempre la storia della sua vita e quelle di zia Ivy,Beatrix,Thea per poi arrivare ad Imogen che e' il fulcro di tutto perche' da tutto cio' che e' accaduto e' dipeso il suo destino...Uno stile avvolgente quello di Coe che ci trasporta in un mondo tutto femminile,pieno di sentimenti difficili e contrastanti,un libro bello,commovente e nostalgico.

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murasaki Opinione inserita da murasaki    24 Giugno, 2010
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L' incomunicabilità delle memorie, tutte le vite.


Il romanzo di Coe, ormai consueto esempio di una narrazione impeccabilmente rispettosa del senso del romanzo europeo moderno (per intenderci, da Joyce ad oggi) , delizia la voglia di forma con il ritmo delicato e forte quanto la memoria e i suoi malinconici, inevitabili artigli. Lo troviamo in libreria nell' intensa e ottima traduzione di Delfina Vezzoli.
Questione assai cara all' autore: la saga famigliare, gli abissi della perdita, i recuperi, le lontananze, l' ineffabile sentimento che lega gli esseri umani allo scorrere delle loro vite.
Confesso che leggendolo, tra tutte le altre cose, ciò che mi colpisce maggiormente è la comparazione mirabile che Coe riesce a mettere sul piatto: la storia e la melodia che costruisce una trama per chi ha voluto o ha avuto la fortuna di ascoltare.
Una insegue l' altra e l' altra fugge, come spesso accade nelle cose dell' amore. Una staffetta in cui la promessa di scambio di rado viene mantenuta dai protagonisti ma che sempre si ritrova su piani diversamente leggibili e intraducibili se a tutti i costi si volesse rimanere legati, certezza illusoria, ad un unico linguaggio.
La narrazione è forte, in questo romanzo; nello stesso tempo, la commozione e l' emozione che le vicende trasmettono, paiono deflagrare, come un lungo pianto o una ambigua risata nervosa, in un vorticoso balletto di frantumi, proprio nell' attimo in cui la priorità vanitosa che ci caratterizza e ci condanna, ci imporrebbe di trattenere l' istante di bellezza o la fitta pungente di turbamento. Forse è questo il sentimento più prossimo a quello che Gill intuisce aspettando una telefonata, nelle ultime pagine:

"Gill riattaccò e rimase lì in piedi stordita, in mezzo alla cucina, con i pensieri che ancora le mulinavano in testa. Un mosaico fatto di...coincidenze? Era questo che erano, tutti loro? Se solo fosse riuscita a prendere le distanze, per vedere il disegno più chiaramente. Ma purtroppo stava diventando ancor più confuso (...)"

Le immagini fotografiche che Rosamund racconta utilizzando un registratore, trasmettono certo un fardello emotivo ma nel contempo il mezzo stesso, e il tempo che è trascorso, impongono la consapevolezza della distanza: la nostalgia. E ce lo suggerisce direttamente l' autore. Quel senso dolce e pungente di qualcosa che non ritorna ma che è stato e noi non possiamo far altro che cullare quella dolcezza di cose perdute dentro le nostre e altre vite, tenerla come un tesoro doloroso ma inevitabile.
Forse la stessa inevitabilità che viene dichiaratamente conferita alla figura ritratta di Imogen :

"Non è miracoloso , che sia riuscita a cogliere tutto questo - a cogliere lo spirito di una persona, a esternarlo, a renderlo permanente e immutabile, usando niente di più di una miscela di pigmenti e olio vegetale? Lo trovo notevole ciò che può fae un artista. L' hai colta in pieno, dissi allora a Ruth. Hai catturato la sua essenza. Lei non aveva una grande opinione del quadro, come ho detto. 'Cosa vuoi dire?' rispose 'E' solo una somiglianza' .Era una delle sue parole più sfavorevoli, più negative - 'somiglianza' . 'No', insistetti. E' più di questo. Hai detto qualcosa di Imogen in questo quadro. Hai dimostrato qualcosa su di lei'
Ruth trovò da ridire sul mio modo di esprimermi e mi chiese cosa avesse dimostrato esattamente quel quadro. Al che risposi che aveva dimostrato la tua inevitabilità."

Il tempo, il tempo è, lì, altrove, dove e quanto. Noi ci passiamo dentro e lui ci attraversa e ci consuma, lasciandoci sì, qualcosa che se ne va con noi e se ne abbiamo la forza e ce ne prendiamo lo spazio, ne diamo il residuo a qualcuno. Un residuo, che a quel punto è impastato con la nostra identità, con la qualità unica che fa di noi esseri unici; ognuno di noi è un mondo, tutte le vite sono diverse.
Il libro che ho tra le mani è ricco di immagini ma anche di traduzioni di sensi (un altro modo per raccontare una metafora, se vogliamo) In particolare l' immagine che segue mi fa pensare, se chiudo gli occhi, ad un evento noto e appartenente al periodo delle avanguardie dell' arte figurativa del XX secolo. Naturalmente, l'immagine che ha forma nella mia memoria, è mediata dal mio immaginario e da altre coordinate:


"e adesso la quinta fotografia per te, Imogen. Un paesaggio invernale. Il parco giochi di Row Heat, a Bournville, in una delle giornate dei primi gelidi mesi del 1945 (...) In primo piano, imbacuccate in giacconi pesanti e berretti di lana, ci sono due figure: io , a undici anni, e Beatrix, a quattordici. Beatrix stringe un guinzaglio nella mano sinistra a cui è legato Bonaparte, seduto impaziente ai suoi piedi. Entrambe le ragazze sorridono felici, ignare del disastro che sta per abbattersi su di loro. (...)
Qui è dove possiamo vedere il terzo strato della fotografia -le figure dei pattinatori. Alcuni sono ritratti in movimento, simili a macchie confuse che sfrecciano davanti all' obiettivo; altri sono colti in strani momenti di immobilità scomposta: le braccia spalancate nel tentativo di restare in equilibrio, le ginocchia goffamente alzate a mezz' aria (...) Hanno tutti un' espressione molto intensa, catturati così dalla foto che li ha ridotti a un' immobilità innaturale, proprio mentre sono ale prese con un' attività dinamica e allegra come pattinare sul ghiaccio - simili alle figure imbalsamate nel fiume di lava a Pompei, catturate nel momento dell' ultima lotta prima della morte (...) ...tutto accadde in un attimo. Beatrix decise che era ora che Bonaparte facesse un ò di sano esercizio. Liberò la stupida bestia dal guinzaglio, e aspettò che cominciasse a correre in tondo, come amava fare di solito. Questa volta, però, Bonaparte fece qualcosa di totalmente diverso. Senza esitazione, sfrecciò via verso il perimetro del parco, in una linea perfettamente diritta. (...)All' inizio lo osservammo, tutti e tre sorridendo, contenti di assistere a quello sfogo di energia compressa. Correndo sollevava piccole folate di neve con le zampe. Poi, nel giro di pochi secondi ci rendemmo conto di quel che stava accadendo. Bonaparte non si sarebbe fermato, non sarebbe tornato indietro (...)"

"La pioggia prima che cada" è un segno; la pioggia cadrà ma gli istanti odorosi e i segnali luminosi restano impressi nella coscienza dei sensi, come in una foto che si può rivedere, sempre che si rimanga nel tempo biologico per poterlo fare. Voglio concludere con un omaggio alla voce che ci racconta le immagini ("questo è per te cara Rosamund, per ricambiare il dono stupefacente di aver raccontato") E' una frase di Jung:

" Virtù non è il dominio e l' eliminazione delle immagini, bensì dare loro un ordine".


(recensione pubblicata sulla rivista online "Spigolature" )

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