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La proprietà 2015-03-15 21:38:02 Mario Inisi
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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    15 Marzo, 2015
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Corpo e anima

“Se l’uomo potesse veramente vedere le opere della Provvidenza, non avrebbe dubbi, e perciò non avrebbe libera volontà. Questo mondo è basato sulla libera scelta. Di che cosa possiamo essere sicuri? Della vita? Del nostro benessere?L’uomo deve scegliere continuamente tra la verità e la falsità. Se i cieli si aprissero e potessimo vedere il padre celeste allora tutti sarebbero dei santi. Mi capisci o no?”

Questo romanzo è la prosecuzione di un altro “La fortezza” che purtroppo non ho letto. Il romanzo si segue bene lo stesso ed è bellissimo. La frase che riporto sopra credo ne sia la chiave di lettura. L’uomo in bilico tra verità e falsità, tra bene male e procede tra tante cadute e errori attraverso una vita che spesso ha poco senso.

La sua vita era stata un folle miscuglio di sfortuna, di circostanze sfavorevoli, di nervi malati, di debolezza di carattere, di mancanza di forza di volontà: un vero pasticcio. Ma allora, la vita degli altri, dell’intera specie umana, anzi, non era forse altrettanto caotica?

Nella descrizione delle contraddizioni dell’uomo, dei suoi desideri smodati, Singer è bravissimo. In un certo senso i personaggi più brillanti sono i grandi peccatori: la bellissima, infedele, corteggiata Clara; Lucien; Olga e il dottor Ezriel. I personaggi troppo ligi al dovere, troppo bravi mancano di qualcosa. E’ come se la paura del peccato li paralizzasse e gli impedisse di vivere a fondo. In parte ci ritrovo l’affetto (però cristiano) di Gesù per il grande peccatore, per la persona che ha sbagliato tutto ma ha amato molto nella sua vita. Singer nei suoi romanzi insegue questi personaggi che desiderano molto per sé ma sono generosi di sé con gli altri. I personaggi sono così vivi, belli, che escono dalle pagine e prendono vita. Alcuni come ad es. Clara sono seguiti e accompagnati fino alla morte e forse fino a un attimo dopo la morte, perché Singer allunga lo sguardo e mostra curiosità anche per la vita dopoquesta, cerca di andare oltre la cortina dell’esistente. Ci sono dei momenti in cui l’uno o l’altro dei personaggi sembrano avere delle illuminazioni fuggevoli sulla vita e sul suo significato.

In prigione, aveva sognato il giorno in cui sarebbe stato libero e aveva sempre immaginato un’osteria, del baccano, delle prostitute, della musica. Ma Felicia lo aveva portato a casa come uno studente uscito dal collegio. Di fronte alla finestra c’erano delle acacie. Da una casa di fronte, qualcuno strimpellava un pianoforte e le note si mescolavano col canto d’un uccello solitario. C’era più silenzio lì che in prigione. “E’ questa la felicità?” si domandò Lucian. Non seppe cosa rispondersi. Gli occhi gli si chiusero e lentamente si addormentò.

Ma naturalmente quello che sembra essere felicità in una pagina, la pagina dopo diventa peggio di una galera. L’uomo è sempre scontento, cerca sempre qualcosa che non ha, è in continuo movimento. Naturalmente la ricerca di Singer è anche una ricerca religiosa, Singer apre un dibattito tra piacere e fede.

“La storia è dinamica. Hai letto la fenomenologia di Hegel? Lo spirito è dialettico. Io personalmente zio Ezriel sono un edonista. Quando un uomo fa ciò che gli dà piacere è sulla strada giusta. Gli ebrei soffrono e ciò indica che sono sulla strada sbagliata.”
“Anche i polacchi soffrono. Sarebbe meglio diventare tedesco o inglese.”
“Se potessi, lo farei sicuramente”
“Come inglese, potresti essere trascinato a combattere contro i boeri.”
“Se non avessi altra scelta combatterei.”
“Ma gli inglesi vorrebbero che tu combattessi con zelo.”
“E a me che me ne importa di quello che vorrebbero?”
“E’ questa la tua filosofia?”
“E’ la filosofia di Spinoza.”
“Ma che cosa dici degli ebrei che si rallegrano del proprio giudaismo?”
“Soltanto gli osservanti se ne rallegrano.”

Bellissime le immagini della morte di Clara e della premonizione della morte. Singer non si gira dall’altra parte ma cerca di vedere cosa c’è di là. Oltre all’intento quasi scientifico, l’autore credo si sia avvicinato anche allo spiritismo, dal punto di vista letterario ci sono pagine di una bellezza straordinaria.

I suoi ultimi giorni le erano stati rivelati anni prima. La mezza arancia brillava nel sole pomeridiano, rossa come vino, e i semi e le venature erano chiaramente visibili come lo erano stati neo suo sogno.
Col passare delle ore, il cadavere perse sempre più ogni somiglianza con Clara. Il naso si allungò e acquistò una curva semitica, come se Clara, in vita, fosse riuscito a tenerlo a freno. La bocca le si aprì, e Jacob Moiseyvic non fu più capace di richiudergliela. Le si aprì un occhio e la pupilla fissava ciecamente in lontananza. Non era più Clara, ma semplicemente una forma, un frammento di eternità.

Clara è un personaggio Dostoevskijano, bellissimo, pieno di vita,di colore, di anima. Una donna che non riesce a invecchiare, che continua a desiderare in vecchiaia come se fosse afflitta da una perpetua giovinezza, che le pesa come una malattia. Anche nel letto di morte è circondata dalla vita, da gente innamorata di lei e che vorrebbe sposarla. Un personaggio intelligente, ironico, brillante come era sicuramente l’autore. Meritatissimo il suo Nobel.


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Commenti

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Stupenda recensione mario, che ho letto con enorme interesse.
Condivido il commento di Anna Maria e ora sono proprio curiosa di leggere questo romanzo.
Grazie, leggetelo vale la pena. Magari cominciate dalla fortezza come avrei dovuto fare anche io.
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