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Trieste
 
Trieste 2015-05-08 16:21:06 pirata miope
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
3.0
pirata miope Opinione inserita da pirata miope    08 Mag, 2015
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ELENCHI

Sarà che al liceo le parti dell’Iliade saltate dall’insegnante in quanto superflue mi incuriosivano e andavo a leggermele: spesso si trattava di lunghi elenchi di nomi di guerrieri presenti all’assedio di Troia e non mi annoiavano affatto. Anzi quei nomi erano una sfida per la mia immaginazione, ciascuno di loro evocava un mondo di “sommersi”che voleva essere disseppellito, sottratto all’oblio. La stessa sensazione me l’ha data il “romanzo documentario” della scrittrice croata Daša Drndic, quando sono arrivato alle pagine, più di cinquanta, in cui elenca, uno per uno, i 9000 ebrei uccisi nei campi di sterminio nazisti o in patria fra il 1943 e il 1945: li ho letti uno per uno, con la consapevolezza di non poterli risarcire veramente, di non poter più dare loro una storia. Anche la protagonista immaginaria di “Trieste” Haya Tedeschi, insegnante di matematica, ebrea convertita al cattolicesimo, madre di un figlio avuto da un ufficiale delle SS, uno dei più crudeli comandanti di Treblinka, è un personaggio dimezzato: la scrittrice ce la presenta sessantaduenne seduta a una finestra di un vecchio palazzo di Gorizia con un cesto pieno di fotografie, ritagli di giornali, cartoline. Gli spettri del passato la assediano: la sua esistenza si riduce a un passato traumatico e all’ attesa del figlio mai conosciuto che le è stato rapito bambino per far parte del progetto Lebensborn finalizzato alla conservazione della purezza ariana. Non ci può essere romanzo né per i novemila né per lei, né per tutti gli incolpevoli della Storia, compresi i figli innocenti dei carnefici dilaniati dai sensi di colpa. Ho visto rabbrividendo le fotografie della risiera di San Sabba a Trieste, e ho provato pietà per il tormento implacabile di Monika Goth, la figlia del comandante del lager di Plaszòv, che in “Schlinder’s list” dal balcone della sua villa si divertiva a sparare ai prigionieri. Se nessuno può restituire a queste persone un destino, lo scrittore deve almeno loro giustizia e verità. Ed ecco “il romanzo documentario” in cui la documentazione e le testimonianze prevalgono sui fraintendimenti potenzialmente edulcoranti dell’immaginazione. Il male infatti non è mai banale.

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Commenti

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Che bel commento, complimenti Augusto!!
grazie
Ciao Augusto. I miei complimenti sia per il bellissimo commento sia per l'interessante segnalazione.
graziE Emilio, buone letture.
Un commento molto sentito e intenso.
grazie
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