Narrativa italiana Gialli, Thriller, Horror Il passato è un morto senza cadavere
 

Il passato è un morto senza cadavere Il passato è un morto senza cadavere

Il passato è un morto senza cadavere

Letteratura italiana

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Quando viene chiamato su una strada di montagna, al vicequestore Rocco Schiavone basta uno sguardo per capire di trovarsi di fronte a una rottura del decimo livello della sua personalissima classifica. Un ciclista, infatti, è stato vittima di un incidente. Il morto si chiama Paolo Sanna, un cinquantenne che da un po’ di tempo abita in zona ma che apparentemente nessuno conosce. Dai primi accertamenti risultano subito delle stranezze. Sanna era abbiente se non addirittura ricco, ma senza occupazione, nel tempo aveva cambiato periodicamente residenze in tutto il Nord Italia, sporadiche e superficiali amicizie, qualche amore senza conseguenze, parenti lontani e poco frequentati: insomma, «una specie di ectoplasma ai margini della società». A complicare le cose, c’è il rebus del taccuino trovato nella sua abitazione, una lista di nomi, sigle e numeri indecifrabili. Il quadro è quello di un uomo in fuga. Ma una fuga lunga, senza fine, se non fosse stato per quell’urto in montagna. Per vederci chiaro bisogna indagare nel passato, andando il più a fondo possibile, un passato che fa sprofondare il vicequestore di Aosta negli anni di gioventù di un gruppetto affiatato. Rocco vorrebbe procedere come al solito, pesante come un pugno e sottile come uno stiletto, ma è di sottigliezza che ha soprattutto bisogno, anche perché si fa sempre più drammatico il timore per la scomparsa inspiegabile di una persona, una donna, a cui qualcosa di intenso lo lega.



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Il passato è un morto senza cadavere 2024-11-17 17:08:38 cesare giardini
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    17 Novembre, 2024
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Schiavone impegnato su due fronti.

Mi preme subito dire che si tratta di un giallo appassionante,, ben strutturato, avvincente sino all'ultima pagina, forse uno dei migliori di Antonio Manzini. E poi il suo protagonista, il vicequestore Rocco Schiavone, romano de Roma, trapiantato suo malgrado ad Aosta emerge a tutto tondo con il suo formidabile intuito e le sfaccettature di un carattere ombroso, non certo facile, tormentato da ricordi e delusioni di un passato tribolato.
Le storie raccontate sono due : quella di Paolo Sanna, un cinquantenne che vive di rendita, solitario, fratello di un medico proprietario di una clinica privata ad Ancona, giramondo, ciclista dilettante, e quella di Sandra Buccellato, giornalista, già legata sentimentalmente a Schiavone. La trama narrativa principale riguarda Sanna che, un brutto giorno, viene investito intenzionalmente, così chiariscono gli indizi trovati sulla macchina, mentre , pedalava su una strada di montagna e scaraventato in un burrone. Il delitto è palese, Schiavone ed i suoi (i ben noti agli affezionati lettori di gialli Deruta, D'Intino, Casella e il viceispettore Scipioni) iniziano le indagini, spulciando cellulare e agende del defunto. Dalle indagini sui dati emersi, si scopre che da tempo il ciclista investito viveva nel timore costante di un imminente pericolo e che altri amici di Sanna risultavano deceduti negli anni passati in circostanze mai chiarite, e che tutti, guarda caso, avevano prestato servizio militare in Friuli nel 1989: un filo lega le loro scomparse improvvise, su cosa capitò realmente in quel lontano anno Schiavone e i suoi iniziano ad indagare minuziosamente viaggiando per mezza Italia, incontrando risposte evasive, muri di silenzio, omertà anche ad alti livelli. Sapranno alla fine dipanare l'intricata matassa, portando alla luce colpevoli e moventi.
Il caso che riguarda invece la giornalista costringe Schiavone a perlustrare ben altri ambienti. Sandra è scomparsa da tempo, non dà notizie di sè, la famiglia, altolocata, non riesce o non può dare precise indicazioni, sembrando sotto ricatto. Schiavone scopre contatti di Sandra con un noto criminale, ex terrorista. Le speranze di ritrovare la giornalista sembrano affievolirsi, ma Schiavone saprà agire da par suo, questa volta con metodi più spicci e inconsueti, fino alla conclusione della vicenda, che lascia la povera Sandra sospesa tra la vita e la morte e porta alla luce segreti familiari insospettabili.
Dalla trama narrativa emerge, questa volta forse più di altre, il personaggio di Rocco Schiavone, figura enigmatica, tutta luci e ombre. Ad Aosta, dopo la scomparsa di Marina, vive solo, intristito dai ricordi, con la sola compagnia della fedelissima "cagnolona" Lupa, di pacchetti di sigarette e di qualche canna nei momenti più difficili. Se non ci fossero i colleghi, che lo stimano, e soprattutto il lavoro, sarebbe un uomo disperato, preda di ricordi non sempre cancellabili e di un passato denso di ombre e rimpianti. Al lavoro di indagine dedica caparbiamente tutto sè stesso, quasi fosse ogni volta l'ultima spiaggia, con il suo intuito formidabile che lo porta, quasi fosse un segugio, a stanare la preda con ogni mezzo, lecito o, talvolta, anche illecito, usando, quando occorre, metodi sbrigativi. Manzini ha creato un personaggio unico: capace anche di tenerezze commoventi, quando, in soliloqui disseminati nel romanzo, si confida con Marina, l'amore scomparso, traendone conforto e coraggio.
C'è anche altro, nelle pieghe della trama: riflessioni sulla condizione umana, sulle lacune della giustizia umana, su certi movimenti di ribellione giovanile che, pur originando da presupposti condivisibili, non di rado degenerano in atti violenti.
E il nostro Schiavone, con la sua filosofia di vita, della vita ha capito molte cose, dandone una definizione illuminante. "La vita" afferma "è un insegnante terribile: prima te fa l'esame, poi te spiega la lezione". Sembra proprio così: si è sempre impreparati agli eventi che la vita ci pone sul cammino, solo alla fine si riesce a capire (non sempre) il senso di tutto.



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Il passato è un morto senza cadavere 2024-11-03 19:47:44 Bruno Izzo
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Bruno Izzo Opinione inserita da Bruno Izzo    03 Novembre, 2024
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Ritorno al bel tempo antico

L’ultimo romanzo di Antonio Manzini, avente a protagonista il suo personaggio più noto, certamente quello più amato dai fedeli lettori, il vicequestore Rocco Schiavone, in servizio permanente effettivo presso la questura di Aosta, rappresenta un gradito ritorno in libreria, dopo una lunga assenza. Intendiamoci bene, però, il poliziotto romano Schiavone è stato sì assoluto protagonista dei più recenti lavori di Manzini a lui dedicati, ricordiamo ad esempio “Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Sud America?”. Oppure “ELP”, e però a più di un lettore è parso quasi di non incontrare in queste pagine proprio lui in carne e ossa, il Rocco Schiavone come abbiamo imparato a conoscere, e ad amare, dal suo primo apparire in “La pista nera”, oppure “La costola di Adamo”, o ancora “Non è stagione”, ecc. Perché negli ultimi lavori lo spot è sì sempre focalizzato sul nostro particolare segugio investigativo, in particolare sull’etica squisitamente umana che ne guida le operazioni. Schiavone è sempre il noto verace “romano de’Roma”, trasferito ad Aosta, città rispettabilissima, ma quanto di più lontano dalla sua amata città natale, per clima, ambienti, paesaggi e modi di vivere. Il vicequestore per di più è stato sradicato a forza dal suo habitat imprescindibile di luoghi, amici, sapori, trasferito al nord coattivamente, per motivi disciplinari, sanzione in verità immeritata. Ma tant’è, Rocco è personaggio molto sopra le righe, tosto, testardo, cocciuto, applica la legge non a modo suo, non è un giustiziere né si arroga di essere sopra le parti, tutt’altro. Lui per primo sbaglia, sapendo di sbagliare, usa metodi d'indagine poco ortodossi, che non contemplano la certosina applicazione delle regole d'investigazione secondo manuale di legge. Si rilassa spinellando, che non è il massimo per un poliziotto, frequenta gli amici di una vita, i fedeli compagni, o meglio assai di più, i fratelli sodali della sua infanzia e giovinezza nel quartiere natale. Amici fraterni che però, a differenza sua che ha studiato ed ha superato il concorso in polizia, non sono persone rispettabili e dalla fedina penale immacolata, cosa che non si conviene opportuna per un dirigente della Polizia di Stato. Il vicequestore di tutto ciò non se ne dà per inteso, non per sufficienza o meno che mai per alterigia. Semplicemente Rocco Schiavone è fedele a se stesso, si ostina a ragionare con la sua testa e il suo cuore, ha studiato giurisprudenza ma la sua prima laurea l’ha conseguita summa cum laude per natali e vissuto. Sa perfettamente come vanno le cose nella vita, quanto la legge stabilisca netto e preciso il confine tra bene o male; ma sa altrettanto bene, lo ha vissuto sulla sua pelle, che più spesso il varcare la linea in un senso o nell’altro sia una necessità esistenziale per molti presunti cattivi, e una precisa volontà di nuocere per molti tra i presunti buoni, fidando nel commettere i reati più abietti sull’impunità che deriva dal loro ruolo sociale, acquisito spesso anche quello in maniera disonesta. Questo il Rocco Schiavone che abbiamo imparato ad amare: e che però di recente avevamo perso di vista. Questa volta invece Antonio Manzini è felicemente tornato all’antico, avrebbe potuto benissimo intitolare questo suo lavoro come ”Rocco Schiavone: il ritorno”, lo scrittore ha compiuto un salto nel passato, letteralmente, con questa storia, un bel romanzo corposo, che in oltre cinquecento pagine, tutte scorrevoli e leggibilissime, ci offre una indagine, anzi più di una, personaggi ottimamente descritti, vecchi e nuovi, quelli più datati anche arricchiti, aggiornati, rivitalizzati, un romanzo che è una bella sorpresa, un ritorno all’antico, direi di più, al bel tempo antico. Manzini, infatti, non si dilunga più particolarmente in ulteriori capitoli centrati sulle dolorose vicissitudini strettamente personali del vicequestore, legate cioè più alla persona che non alla sua professione, che vanno dal rievocare il passato del personaggio, dall’assassinio dell’amatissima moglie Marina, il successivo delitto della compagna del miglior amico di Schiavone, la ricerca del colpevole e traversie varie che, in un certo qual modo, illustrano i trascorsi del personaggio, indugiando sui motivi fondanti dell’amara solitudine, annichilimento e disperazione, che albergano nell’animo sconfortato del vicequestore, a onta di uno spessore umano di tutto rispetto. Antonio Manzini con i romanzi appena prima di questo ha chiuso la parentesi, Schiavone ha risolto in qualche modo i fatti relativi all’assassinio dell’adorata moglie e al tradimento dell’amico del cuore Sebastiano Cecchetti, e torna a essere “unus sed leo”, uno solo ma leone, si riprende in pieno le luci della ribalta. Capisce, e finalmente, che il passato è morto, esiste solo se lo facciamo vivere noi. Non è più distratto e abulico, sono tornati alla grande ambedue, Manzini e Schiavone. La vita va accettata, abbracciata, anche a costo di farsi male: rifiutarla, nascondersi è da vigliacchi, e quindi non da Schiavone. Tutto inizia, come un normale giallo, con un cadavere, un ciclista morto in quello che a prima vista appare come l’ennesima vittima di un pirata della strada, ed è invece un omicidio premeditato. Come tutti i mistery, il punto di partenza è il morto, si cerca di capire la vittima, e il suo passato, per scoprire i motivi e i moventi dell’assassinio, e da qui al colpevole. Solo che questa volta l’indagine si dipana all’infinito, rivela una catena di fatti e personaggi che risalgono indietro nel tempo, tutto avvolto in un mistero teso e intrigante da leggere, come può esserlo un morto ammazzato sì, ma senza cadavere. Una ricerca del colpevole che smuove le acque di uno stagno putrido che cela eventi dimenticati da anni. Una storia, e tanti fatti, che coinvolgono in toto, ciascuno a suo modo portando le loro storie nella storia, Schiavone e la sua squadra, il viceispettore Antonio Scipioni, gli agenti Ugo Casella, Michele Deruta, Mimmo D’Intino, e poi il magistrato Maurizio Baldi, il questore Costa e via via tutti i personaggi che sappiamo. Compresa Sandra Buccellato, la giornalista che, dopo tanto tempo dalla scomparsa della moglie Marina, sembra l’unica donna in grado d'interessare Schiavone. La sola a fargli capire che vivere nella memoria impedisce di vivere, perché i morti sono morti, con loro non ci puoi parlare, i vivi invece sono accanto a te, e richiedono il tuo amore. Possono anche spaventarti, i vivi, farti paura: Rocco Schiavone baldo e audace, accusa la paura, al solo pensiero di poter perdere anche Sandra. Anche i vicequestori forti e gagliardi hanno un’anima, sapete. Bentornato, Rocco.

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Antonio Manzini
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