Narrativa italiana Gialli, Thriller, Horror L'ora incerta tra il cane e il lupo
 

L'ora incerta tra il cane e il lupo L'ora incerta tra il cane e il lupo

L'ora incerta tra il cane e il lupo

Letteratura italiana

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Marzo 1985: nei campi innevati alla periferia sud di Milano, sotto l'antico campanile dell'abbazia di Chiaravalle, viene trovato il cadavere sfigurato di una giovane donna. Inizia così la nuova inchiesta del commissario Melis, un'inchiesta che porterà passo dopo passo lui e i suoi uomini nel mondo del giornalismo e della più o meno alta finanza. Ma se, una volta appurata l'identità della vittima, le domande fondamentali spno quelle classiche - chi e perché - altri più sottili e inquietanti interrogativi tormentano Melis, sullo sfondo di una Milano che reca ancora ben visibili le tracce della grande nevicata che in gennaio bloccò per giorni le attività cittadine. E questi dubbi chiamano in causa gli affetti, le ambizioni e il potere di una sicietà che sembra irrimediabilmente votata al degrado: per scoprire, alla fine, che soltanto nei semi delle carte i cuori sono più forti dei denari.



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L'ora incerta tra il cane e il lupo 2013-04-15 11:20:56 giuse 1754
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giuse 1754 Opinione inserita da giuse 1754    15 Aprile, 2013
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L'ora incerta tra il cane e il lupo

A volte l’incontro con l’autore cambia almeno parzialmente l’idea che ci eravamo fatti di lui leggendone un libro.
E’ quello che mi è successo ieri con Hans Tuzzi, pseudonimo di Adriano Bon, che ha presentato in anteprima il suo nuovo lavoro “Un enigma dal passato”.
Se avessi dovuto fare qualche considerazione su “L’ora incerta tra il cane e il lupo”, letto una settimana fa, avrei detto che , da scrittrice principiante, ammiro la sua immensa cultura e varietà di termini, ma, da lettrice, che quando un romanzo giallo è zeppo di richiami storico-culturali , quando una miriade di citazioni di autori e di gaddiane digressioni dialettali non sono strettamente funzionali alla storia è troppo, e quando è troppo...è fastidioso e può sembrare inutile sfoggio della propria preparazione culturale.
Anche prima di sentire l’autore avrei detto che, invece, non mi è invece dispiaciuta qualche riflessione di tipo esistenziale sparsa qua e là nell'intreccio giallo, la cui soluzione non è tuttavia travolgente e inaspettata.
Ieri l’ho ascoltato.
E, come succede spesso nei rapporti umani, quando le parole sono accompagnate da un sorriso, da un gesticolare composto delle mani bianchissime che non vedono mai il sole, dallo sguardo sicuro oltre cui mi è parso di intuire un’antica timidezza che lo fa sentire più a suo agio nel chiuso di una biblioteca piuttosto che con i propri simili, ho in buona parte cambiato idea. Anche la sincera confessione di essere portato a una certa forma di depressione non mi ha lasciato indifferente.
Ho capito che le sue non sono solo citazioni professorali, dotte disquisizioni semantiche fini a se stesse, ma fanno parte di ciò che chi scrive è, sono connaturate alla sua essenza più profonda, vogliamo chiamarla anima?
Voglio fare anch’io una citazione, ma non mi ricordo il nome di chi l’ha detto - perdonami Adriano-Hans, non sono preparata come te- :la differenza tra un libro e un buon libro è quando capisci che il secondo ha aggiunto qualcosa a ciò che eri prima di leggerlo.
Di sicuro tornerò più volentieri agli amati Carofiglio e Camilleri, ma ora so con certezza che Hans Tuzzi e il suo libro mi hanno lasciato una traccia.

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