La felicità dell'attesa
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Il presente del futuro è l'attesa
Con la sua ultima pubblicazione Carmine Abate propone ai lettori una storia che parla di emigrazione, di partenze e ritorni, di legami familiari e di strappi.
E' una storia del secolo scorso, è l'epoca in cui dal suolo italiano si partiva alla ricerca di un pizzico di fortuna, con la morte nel cuore ma con scintille di speranza per un futuro migliore non solo per se stessi ma per tutta la famiglia.
Tanta parte della letteratura ha dedicato attenzione al tema, tanto da farlo divenire piuttosto sfruttato, motivo per cui è arduo riuscire a proporre qualcosa di nuovo al lettore, svicolando da gallerie di immagini note.
Il sapore rilasciato dalla pagine di Abate è dolce e amaro, nasce da una mescolanza di storie che vogliono mostrare sempre il volto chiaro e scuro del destino, camminando sul filo dell'ottimismo.
I protagonisti sanno attendere l'arrivo della felicità, accettano i colpi inferti dalla sfortuna con animo sereno, senza perdere mai di vista i valori tramandati dalla cultura di appartenenza e dal retaggio socio-familiare.
A tratti emerge uno po' troppo buonismo, a tratti il clima sembra volgere alla favola piuttosto che calzare vesti più aderenti alla realtà dell'epoca.
La prosa di Abate utilizza in larga parte il gergo calabrese, sicuramente con l'intento di caricare di veracità le pagine e di sancire un legame sanguigno con la terra d'origine, a scapito di qualche rallentamento del pubblico nella lettura.
Nel complesso si tratta di un romanzo che ha il pregio di essere “accogliente”, di far entrare da subito il lettore all'interno della narrazione e di spingerlo a seguire le vicende della famiglia Leto; dai nonni ai figli e poi ai nipoti, in una girandola spazio-tempo che mescola immagini del presente, passato e futuro.
Tre tempi di cui Abate vuole mostrare la capacità di fusione; tre tempi che scandiscono la vita.
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Tempo ed attesa, partenze e ritorni
Il tempo è l' assoluto protagonista di questo romanzo di Abate. Le articolate vicende della famiglia Leto attraversano un secolo di emigrazioni, ripartenze e ritorni, in un viaggio che abbraccia quattro generazioni e tre continenti.
Dalla natia Hora, in terra calabrese, all' America, patria di sogni e speranze, all' Australia, rifugio lontano, fino alle peregrinazioni attraverso l' Europa e L'Italia, chi agognando un possibile ritorno, chi desideroso di fuggire da un presente senza speranze, chi facendo i conti con un passato doloroso ma ancora vivido, chi desideroso di narrare la propria storia.
È una famiglia multi-etnica, con contaminazioni euro-afro-americane, ma con radici profonde nel Sud del nostro paese, forti, vive, presenti, mai dimenticate.
È un racconto che intreccia presente, passato, trapassato con un occhio al futuro. È una miscellanea di personaggi che si fondono in un insieme di tradizione, cultura, leggenda e speranza.
È una rincorsa contro il tempo per capire e svelare, oltre che ricostruire, un secolo di storia attraverso la quale presentarci e svelarci la sostanza piu' intima dei protagonisti.
Si viaggia in un tempo interiore, che accarezza i sentimenti, ed in uno esteriore, che ricostruisce le vicende.
L' autore segue la concezione temporale agostiniana, ovvero ci parla sempre di tempo presente, e di memoria del presente, ( il passato ), di visione del presente ( il presente), di speranza del presente ( il futuro ).
La trama percorre i grandi cambiamenti di un secolo inserendoli all' interno della contemporaneita'.
Ed il tempo rafforza l' attualità di quei sentimenti senza scalfirli od oltraggiarli, avvicina e lega i protagonisti pur vissuti in epoche diverse, e lontane, perché ravvivati dalla memoria e dalla speranza.
I temi sociali toccati, la migrazione obbligata per poverta', la criminalità', la fame, le differenze di ceto e classe sociale, ci donano un affresco dell' Italia con tematiche che si consegnano all' attualità.
I protagonisti, Carmine, Jon, Leonardo, Franceschina, Norma, Shirlie, Andy, accomunati da un solo destino, quello famigliare, sono vicini, quasi si toccano con mano, grazie a quella marcata fisicità descrittiva, alle peculiarita' caratterizzanti, inseriti tra mito e quotidianità, sogno e speranza, cruda ed aspra realtà.
il romanzo si avvale di una prosa semplice, scorrevole, intessuta di vicende ed aspetti che rendono la lettura piacevole, scevra da luoghi comuni e banalità , con un impasto ben riuscito, senza il peso, la prolissità o l' inevitabile scadimento narrativo conseguente alla ricostruzione e presentazione di un tema di tale portata, e storica e culturale.
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Voglio diventare una farfalla
La felicità dell’attesa di Carmine Abate è rimandata, di generazione in generazione, nelle pagine che ripercorrono partenze e ritorni, emigrazioni e viaggi, speranze e disillusioni, promesse e smentite.
Il capostipite è Carmine Leto: torna dall’America sposato a una creola e, a Hora, paese natale del crotonese, fonda villa Shirley e la sua dinastia. Abile capomastro, incappa in due loschi figuri, i fratelli Malvasia, che sono causa della sua morte.
Protagonista del romanzo è il figlio Jon (“Jon Leto non avrebbe mai tradito impunemente un sogno”), che emigra una prima volta con intenti vendicativi (“Era partito alla ricerca dei micidianti del padre”) e in America s’innamora della leggendaria Marylin Monroe (“Quando muoio, voglio diventare una farfalla”), non ancora famosa (“Jon, lo sai che assomigli sempre di più all’attore Clark Gable?”), ma già inquieta. E bellissima.
I viaggi saranno quattro (“La prima volta era partito per odio, la seconda per amore, ora partiva per lavoro”), Gustino Malvasia intanto perisce (“Lo hanno trovato morto l’altro ieri ma noi non c’entriamo niente”), ma Jon resterà legato al suo sogno d’amore per l’intera vita.
Sul letto di morte di Jon, la saga familiare si dipana tra flash back e presente, nascite, matrimoni e tragedie, come quella del fratello Leonardo nella parrera, la miniera di zolfo.
Il romanzo abbonda di situazioni e riflessioni. Inevitabile comparare il nostro passato recente di esuli (“La terza a partire fu Franceschina Leto, destinazione Australia”) con il tragico presente in cui appariamo meta per gli emigranti.
Lo stile di Abate mescola saggezza popolare (“Tutto si giusta in questo mondo, fuorché la morte”), espressioni in albanese arbëreshë e in calabrese sulla filigrana del sogno americano (“Nella sola East Harlem vivevano ben centomila italiani”).
Giudizio finale: epopeico, arbëreshë e hollywoodiano.
Bruno Elpis