Herzog Herzog

Herzog

Letteratura straniera

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Solo, in una casa di campagna, un intellettuale si interroga - e interroga gli amici - sul senso dell'esistenza, in un susseguirsi di spiegazioni, interpretazioni, chiarimenti. Il romanzo di maggior successo di Bellow, premio Nobel per la letteratura 1976.



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Herzog 2023-09-24 12:35:11 Emilio Berra TO
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Emilio Berra  TO Opinione inserita da Emilio Berra TO    24 Settembre, 2023
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Inadeguatamente

Il protagonista è un personaggio dalle tante sfaccettature.
Docente universitario in periodo di riposo, "Herzog viveva solo nella casa grande e antica". "Piante d'acero, carrubi e gramigna dei boschi lo assediavano da ogni parte, in giardino. Di notte, se apriva gli occhi le stelle erano vicinissime" . E scriveva lettere ...
Esaminando se stesso, "ammise di essere stato un cattivo marito: per due volte. (...) Con i suoi due figli (...) era stato un padre affettuoso ma non un buon padre".

Un libro sicuramente di buon livello, tuttavia forse un po' sopravvalutato.
Apparentabile con altre opere dell'autore stesso, coi personaggi maschili spesso inadeguati, dilettanti del vivere, di un certo spessore intellettuale ma emotivamente fragili, alle prese con donne volitive e intelligenti benché un po' svagate, qui mi pare si respiri un senso di fondo drammatico rispetto a, per esempio, "Ne muoiono più di crepacuore", testo non tanto dissimile ma ricco di quel lieve umorismo irresistibile, quella 'leggerezza' calviniana, che Bellow sa talvolta infondere.
Sappiamo comunque che con questo grande scrittore il livello letterario è sempre molto alto e non si corre il rischio di essere lasciati a mani vuote.

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Herzog 2021-06-02 12:19:18 siti
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siti Opinione inserita da siti    02 Giugno, 2021
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Per un pugno di pensieri

“Se sono matto, per me va benissimo, pensò Moses Herzog.”

Il Mosè in questione, ben lontano dalla mitica funzione di conduttore e liberatore del popolo ebraico, come già si evince dall’incipit perfetto sopra riportato, è un essere umano a tutto tondo, contraddistinto da dubbi, eterne incertezze, contraddizioni. È in perenne bilico tra le scarse relazioni sociali che è riuscito a instaurare nella sua vita: due ex mogli, due figli nati dai matrimoni naufragati, un fratello affermato ma distante per via del suo ineccepibile piglio pragmatico, qualche donna di passaggio, un solo amico, un ex amico, qualche professionista di contorno. Lui stesso lo è, un accademico, un promettente studioso in gioventù , ora perso nel genio creativo dell’ennesima disquisizione filosofica. Herzog è un filosofo. Il filosofo dell’alienazione, il simbolo della condizione dell’uomo moderno, egli stesso “il significato sociale del Nulla”. Herzog è anche i suoi ricordi, quelli che cede a noi tramite l’espressione tangibile della sua quasi riuscita alienazione totale: scrive infatti a persone che ha conosciuto, ma talvolta scomoda anche illustri corrispondenti che naturalmente non corrispondono affatto o perché morti o perché distanti o più semplicemente perché impossibili. La comunicazione è dunque univoca, si realizza nell’atto materiale dello scrivere su carta delle epistole che, il più delle volte, ripercorrono una scialba biografia, altre volte sono invece la risposta a un meccanismo compulsivo che disseta l’alienato. È inoltre ebreo, fatto di non secondaria importanza che si riflette sul suo sentire, sul suo essere, sulla sua sconfinata conoscenza, specchio gentile di quella del suo demiurgo. Herzog è anche Bellow. Herzog è infine obbligato a essere se stesso, l’ennesimo uomo incapace di vivere perché “non è ancora esistito un individuo vero, capace di vivere, capace di morire. Soltanto ammalati, sciocchi e tragici, o lugubri e ridicoli, che a volte hanno persino sperato di arrivare all’ideale per mezzo d’un Miracolo, con la semplice forza del grande desiderio di arrivarci. Ma di solito costringendo l’intero genere umano a credere in loro con la prepotenza.”Herzog è un depressivo che mira all’edonismo, incapace di arrendersi al suo retaggio ebraico che potrebbe definitivamente schiacciarlo, o meglio sarebbe dire alienarlo. Herzog è infatti anche un ebreo in America, incapace di conformarsi, a prescindere. E poi Herzog è irrimediabilmente imbranato, fuori luogo, sprovveduto al punto tale da suscitare simpatia immediata, un pasticcione uomo-bambino, un cuore puro che lentamente, attraverso le lettere, cerca di ricostruire la sua coscienza frammentata, consapevole dell’unica verità del quale è certo: niente è comprensibile, meno che mai il proprio Io. A tutti è dato solo vivere nella menzogna e assecondarla, smettendo momentaneamente di scrivere lettere, anche perché esse possono restituire l’ennesima frammentazione, l’ennesimo episodio …
”L’uomo è cosa vana, cosa vana. Follia e peccato sono tutto il suo gioco”: il mantra biblico è sempre un utile monito per l’ebreo senza patria che alla fine accetta di buon grado di abitare da inquilino il suo Io.
Personaggio memorabile e imperdibile.

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Herzog 2020-05-05 08:35:28 kafka62
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kafka62 Opinione inserita da kafka62    05 Mag, 2020
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HERZOG CONTRO TUTTI

Saul Bellow è un po’ come Italo Svevo: nei suoi romanzi, pur in varie forme e declinazioni, ha sempre dato vita a personaggi che ben si potrebbero definire “inetti a vivere”. E il suo “inetto a vivere” più famoso e riuscito è sicuramente Moses Elkanah Herzog. Apparentemente Herzog è una figura, se non proprio di successo, discretamente inserita nella società: intellettuale, accademico, scrittore, due matrimoni – pur sfortunati – alle spalle, una giovane e sensuale amante che lo vorrebbe portare sull’altare per la terza volta, una famiglia solida alle spalle, un tenore di vita discretamente agiato. Bellow coglie però Herzog in un momento di passaggio, di crisi, quando cioè sta annaspando disperatamente per non sprofondare nel baratro dopo il tempestoso divorzio dalla seconda moglie Madeleine. Herzog è difatti un uomo solo apparentemente granitico, tutto d’un pezzo, affidabile e razionale; in realtà la distruttiva esperienza della separazione lo sgretola e disgrega a poco a poco. Oltre che un uomo di pensiero e di lettere, Herzog è infatti anche un sentimentale, un romantico, un idealista, e Bellow sembra dirci che quando mente e cuore entrano in collisione l’esito è particolarmente infausto: sofferenza, vulnerabilità, dissoluzione morale e persino follia. Bellow segue il suo protagonista passo passo nel suo calvario e, pur usando la terza persona, in sostanza tiene sempre in primissimo piano le sue azioni, i suoi pensieri e le sue lettere. Sì, perché nel suo itinerario di progressiva alienazione dalla realtà Herzog diventa un accanito grafomane, o meglio un “epistolomane”, riempiendo ogni momento della sua esistenza di missive indirizzate a personaggi a lui vicini, ma spesso anche a persone ormai defunte o addirittura a uomini illustri del passato come Spinoza o Nietzsche; lettere che ovviamente non vengono mai spedite, e spesso neanche scritte, perché quando non ha carta e penna sotto mano Herzog immagina semplicemente di scrivere (“Lui sapeva che il suo scribacchiare, la sua epistolomania erano ridicoli. Erano involontari. Le sue eccentricità lo avevano in pugno. C’è qualcuno dentro di me. Sono in suo potere. Quando ne parlo, me lo sento dentro il cervello che batte perché vuole ordine.”). La sua mania diventa nello stesso tempo il tentativo di ristabilire un ordine alla propria vita e il segno più tangibile della sua pazzia: più l’equilibrio psichico vacilla, maggiore è la tentazione di rifugiarsi nella sua corrispondenza immaginaria. La personalità di Herzog è comunque estremamente complessa, e non riducibile solo a quella di un intellettuale un po’ “picchiato”. La sofferenza interiore di Herzog è infatti fonte di un indicibile disagio, ma è altrettanto vero che egli sotto sotto se ne compiace, come se il dolore gli desse qualche privilegio speciale nei confronti del suo prossimo; prossimo che – è vero – in qualche modo disprezza (soprattutto quando lo identifica nell’ipocrita arrivismo e nella volgare vitalità dell’amico Valentin che lo ha sostituito al fianco di Madeleine), ma che è anche inesauribile oggetto dei suoi idealistici e fiduciosi slanci palingenetici. Herzog è una persona infantile, sentimentale, egocentrica, ma pretende anche con tutto se stesso di aspirare al bene: il duro confronto con la realtà (il trauma del divorzio, il tradimento dell’amico, l’episodio al Palazzo di Giustizia in cui assiste per passare il tempo ad alcuni processi contro ladri, pederasti ed assassini, e infine l’incidente automobilistico che egli stesso involontariamente provoca con la figlia a bordo) determina però un vero e proprio crollo delle sue illusioni etiche. La fatiscente casa nelle Berkshires, piena di sporcizia e di escrementi di topi, dove Herzog si rifugia al termine del romanzo, è un po’ il simbolo della sua anima, terremotata e in rovina (non è peraltro l’unico simbolo: basti pensare alla vecchia pistola del padre che si porta goffamente in tasca, la quale rappresenta sia la propria impotenza ed incapacità di agire, sia il peso condizionante dell’eredità paterna). A Herzog comunque l’autore vuole riservare un finale aperto: forse la guarigione dalla sua ossessione per le lettere è foriera di una più generale guarigione psichica e di un ritorno alla normalità. In linea con il tono “leggero” e anti-drammatico del romanzo, Bellow lascia pertanto, se non proprio spalancata, almeno socchiusa la porta della speranza.
Tanti sono i temi affrontati nel romanzo. Ci sono i rapporti familiari problematici e castranti (ad un certo punto emerge tra i ricordi la scenata che il vecchio padre fece a Moses con la pistola in pugno, che rimanda al famoso schiaffo del padre di Zeno Cosini sul letto di morte), l’aspirazione continuamente disattesa ad una vita priva dei vincoli e dei condizionamenti sociali, magari in un impossibile e privatissimo rifugio edenico (la casa nelle Berkshires), le invettive contro la religione (l’ipocrita conversione al cattolicesimo della wasp Madeleine), contro la società materialistica e contro la scienza e la filosofia moderne (ree di fuorviare ed umiliare la naturale condizione umana). Non manca neppure la Chicago e il milieu ebraico da sempre ricorrenti, per motivi anche autobiografici, nell’opera di Bellow. Pur essendo una minuziosa analisi della dissoluzione in atto di una mente e di un’anima, e quindi in apparenza un libro introspettivo e antitetico al picarismo de “Le avventure di Augie March”, “Herzog” in realtà non se ne distacca completamente, perché, grazie ai salti temporali nel passato del protagonista (che ricorda l’infanzia grama e stentata in uno dei più squallidi quartieri di Montreal, con un padre un tempo benestante nella Russia zarista e ora contrabbandiere senza talento), finisce per essere anche il romanzo di una intera vita. La complessità dei piani temporali si riflette anche nella complessità dello stile. Vi sono in “Herzog”, spesso intimamente intrecciati (come sono intrecciate la terza e la prima persona della narrazione), quattro piani di racconto: c’è innanzitutto la realtà esterna (anche se gli avvenimenti memorabili sono pochi, e si condensano principalmente intorno all’episodio dell’incidente automobilistico della seconda parte); ci sono poi le lettere scritte o pensate (e la frequenza delle stesse è direttamente proporzionale all’aggravarsi dei sintomi di malattia mentale del protagonista); ci sono ancora i pensieri che interagiscono e si intrufolano all’interno delle lettere o del racconto; e infine i ricordi relativi a situazioni e personaggi del passato di Herzog. Tutto ciò rende il romanzo estremamente vario e affascinante, spesso persino problematico o provocatorio, denso com’è di spunti e di riflessioni culturali, di simboli e di raffinatezze linguistiche, senza però che per questo venga mai persa quella riconoscibilissima leggerezza tipica di Bellow, che è fatta di ironia e di umorismo ebraico, ma anche di una sottile e spesso struggente malinconia.

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"La coscienza di Zeno" di Italo Svevo
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Herzog 2018-10-23 19:45:31 Valerio91
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Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    23 Ottobre, 2018
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Dimenticare ciò che non si può dominare

Un libro piuttosto difficile da leggere.
Partiamo da una premessa: Saul Bellow ha una cultura sconfinata e scrive davvero benissimo. Questo mi ha decisamente convinto a investire altro tempo su di lui e sulle sue opere, anche se il suo “Herzog” non mi ha fatto impazzire.
Per quale motivo Herzog non mi è piaciuto? Per vari motivi. É innanzitutto una lettura adatta soltanto a chi ha una buona cultura, e che quindi riesce quantomeno a discernere un minimo dei pensieri del protagonista, Moses E. Herzog, l’intellettuale. Un protagonista che sputa in faccia a vari personaggi (che siano vicini a lui, lontani, ma anche morti), tutti i suoi pensieri sconnessi, tutti i suoi turbamenti emotivi e le montagne russe dei suoi pensieri. Ci troviamo di fronte a un vero e proprio flusso di coscienza, o quasi, in certi tratti.
Nella sua follia e nella sua incoerenza ci si perde totalmente, senza riuscire a provare empatia. Herzog è un uomo perduto, che non sa cosa fare della propria vita, ossessionato da avvenimenti passati e delusioni che non riesce a scrollarsi di dosso. Tuttavia, non riesce quasi mai a dare un’identità precisa a quello che lo tormenta, e alla fine si giunge alla conclusione che forse è la vita stessa a metterlo in crisi (una crisi che voglio sperare non ci tocchi tutti con questa intensità, raggiunta la mezza età).
Il titolo di questo libro non poteva essere diverso: queste pagine non sono altro che morboso, incessante, contraddittorio Herzog.

Moses Elkanah Herzog è un uomo che ha dedicato la sua vita allo studio, alla cultura, alla filosofia. Ha pubblicato uno scritto ben accolto da importanti esponenti dell’ambiente, che ha fatto di lui un uomo dalle idee rispettabili. Dopo il divorzio dalla prima moglie Daisy (che dai flashback si percepisce sia l’unica un po’ più sana di mente, difatti non la conosciamo), Herzog è devastato dal tradimento della sua seconda moglie Madeleine, una donna che ci sembrerà del tutto odiosa, insopportabile, meschina, malvagia; anche se a un certo punto ci verrà in mente il dubbio che sia dovuto al fatto che il racconto è quasi del tutto filtrato dal punto di vista di Herzog, il bistrattato. A un’analisi accurata, Madeleine si rivela davvero una donna meschina, ma forse il “filtro Herzog” la fa apparire ancora peggiore.
Un po’ troppa carne a cuocere, in questo romanzo; troppe riflessioni gettate in faccia al lettore in un flusso di coscienza ininterrotto e talvolta incomprensibile. Penso che la forza di un autore sia quella di rendere fruibile la sua cultura e le sue riflessioni a quante più persone possibile; Herzog invece è un libro per pochi.
Non so dirvi se Herzog è un libro per voi; dovrete accettare la sfida.

“Herzog scrisse: Non capirò mai che cosa vogliono le donne. Che cosa diavolo vogliono? Mangiano insalata verde, e bevono sangue umano.”

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Herzog 2014-11-30 10:12:13 enricocaramuscio
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    30 Novembre, 2014
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Rabbia epistolare

Per Moses Elkanah Herzog, ebreo russo trapiantato negli Stati Uniti, non è certo un periodo facile. La sua carriera accademica è in fase di stallo, la situazione economica tutt'altro che esaltante, la vita privata un vero disastro. Messosi alle spalle il fallimento del primo matrimonio si ritrova ora a dover affrontare un altro insuccesso coniugale. La sua seconda moglie Madeleine lo ha praticamente cacciato di casa ed ha ottenuto nei suoi confronti un ordine restrittivo che gli impedisce di avvicinarsi a lei e alla loro bambina. A ciò si aggiunga che la suddetta signora ha una tresca con Valentine, il miglior amico, o almeno finora presunto tale, di Moses. Per esternare la sua delusione, la sua rabbia, il suo livore il protagonista usa un metodo originale quanto innocuo, scrivere lettere piene di risentimento senza mai spedirne una. Gli ipotetici destinatari delle astiose missive sono persone di ogni risma: politici, scrittori, filosofi, psicologi, avvocati, amici, nemici. Herzog ne ha per tutti, nessuno si salva dalla sua penna pungente e rabbiosa, neanche se stesso. Saranno il pragmatico fratello Willie e la sensuale Ramona ad aiutarlo a superare questo difficile momento mettendo a riposo la sua rabbia epistolare. Bellow si rivela geniale dal punto di vista stilistico riuscendo a creare un ottimo intreccio tra il racconto e le numerose lettere scritte da Moses, alternando il discorso diretto a quello indiretto e passando repentinamente dalla narrazione in terza persona a quella in prima. Di contro non si può certo dire che la particolarità dello stile si rispecchi poi nella trama che appare invece poco originale e ancor meno coinvolgente, anche a causa della poca simpatia ed empatia che scaturiscono dal protagonista. Se da una parte le lettere di Herzog offrono interessanti spunti di riflessione ed esprimono un forte senso critico nei confronti della politica americana e di una società consumista, materialista, perbenista, dall'altro appaiono tediose le continue riproposizioni degli stessi concetti. Inoltre il grande numero di citazioni e di riferimenti letterari, se pur di notevole spessore, spesso viene percepito come un mero sfoggio di cultura da parte dell'autore, del tutto avulso dal contesto. Insomma, un libro scritto molto bene e con contenuti di prim’ordine, ma che non brilla certo per piacevolezza e per capacità di trasmettere emozioni.

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Herzog 2012-11-29 13:40:27 annamariabalzano43
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annamariabalzano43 Opinione inserita da annamariabalzano43    29 Novembre, 2012
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Herzog di Saul Bellow

Ho riletto Herzog dopo molti anni, spinta dal desiderio di capire perché ricordassi ben poco di questo romanzo, opera di un grande scrittore americano, Saul Bellow, Premio Nobel per la Letteratura. I primi capitoli mi hanno indotto a credere di aver rimosso sia la trama che il significato del libro, a causa della lentezza narrativa e di quella che mi era sembrato un eccessivo sfoggio di erudizione, con le frequenti citazioni di artisti famosi, letterati, filosofi, storici. Procedendo nella lettura, ho dovuto ammettere, con un doveroso atto di umiltà, di non aver affatto colto, anni addietro, diciamo pure capito, il vero significato di quest’opera, grandiosa, non solo nella sua qualità espressiva e nell’impianto narrativo, ma soprattutto per il messaggio drammatico, ma non distruttivo che ci consegna. Un atto di umiltà, dunque, doveroso per chi persegue la più impeccabile onestà intellettuale.
Definirei Herzog un romanzo d’analisi, un antiromanzo, se vogliamo attenerci al vero significato del termine romanzo, facendo riferimento alla sua etimologia e al rapporto con il romance. Chi si aspetta un romanzo che descriva una storia ricca di avvenimenti e di azione rimarrà deluso. Qui siamo di fronte a un’analisi approfondita del pensiero, dei sentimenti, delle schizofrenie e delle idiosincrasie di un personaggio/intellettuale, che non trova più alcuna collocazione in un mondo eccessivamente meccanicistico e materialista: quello che in qualche modo ha rappresentato Woody Allen nei suoi migliori film.
La prima questione che ci si pone é se considerare Herzog eroe o vittima del dramma che sta vivendo. Il fallimento della sua vita sentimentale, due divorzi, numerose relazioni occasionali, fanno di lui il modello dello psicotico depresso; saranno i suoi insuccessi, il suo annientamento come uomo/amante la molla che lo indurrà ad iniziare il suo viaggio spirituale che dovrà condurlo alla sua Terra Promessa. E certamente la scelta del nome Moses non è casuale. Né il personaggio Moses disdegna di essere considerato addirittura pazzo: d’altronde nella tradizione letteraria anglosassone spesso la follia viene considerata il mezzo attraverso il quale si può giungere alla conoscenza del vero. Non si dimentichi il Lear di Shakespeare, uno per tutti.
Sarà proprio nella casa di Ludeyville, che aveva acquistato per Madeleine, per farne il loro nido d’amore e che si era in breve trasformata in un inferno, dove ritornerà alla fine delle sue peregrinazioni più spirituali e intellettuali che fisiche: quello stesso luogo che lo aveva visto infelice, quando era ben curato, ora, invaso dalle erbacce e nido di insetti e animali selvatici, nonché luogo di ritrovo di coppie occasionali introdottesi per consumare approcci sbrigativi, diventa l’ambiente ideale in cui può ritrovare la sua serenità a contatto con la natura più spontanea e incolta, realizzando il sogno del beau sauvage che alberga in ogni artista/intellettuale. Qui dopo aver ricostruito come una sorta di puzzle la sua vita, dall’infanzia, senza tralasciare, anzi insistendo sulle sue origini ebraiche, abbandonato dagli affetti più cari, senza amore e senza amicizia, ricomincerà a vivere con l’aiuto di Ramona, l’unica donna che forse avrebbe potuto accettarlo per quello che era. Diversa Ramona da Madeleine, che nella sua superficialità, era stata attratta dal suo spessore di uomo di cultura, solo per soddisfare un’esigenza snobistica.
Vivendo e sopravvivendo alla sua profonda sofferenza, Moses Herzog affida questa difficile operazione di riscatto alle numerose lettere che scrive a personaggi illustri, viventi o deceduti, senza mai spedirle, in cui analizza sentimenti, teorie, avvenimenti storici. Sarà lui stesso a confessare di andare alla ricerca della realtà attraverso il linguaggio.
In conclusione non si può certo affermare che questo grande romanzo di Bellow sia di facile o amena lettura, ma certamente è un’opera illuminante sulla sfera intellettuale e sentimentale dell’individuo, che troppo spesso giace sopita nel caos involgarito della vita moderna.


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