Narrativa straniera Romanzi Il potere del cane
 

Il potere del cane Il potere del cane

Il potere del cane

Letteratura straniera

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Da pochi anni Thomas Savage è stato riconosciuto come una delle massime voci della letteratura statunitense contemporanea. Nei suoi romanzi il «vecchio West» si trasfigura: il paesaggio assume significati nuovi, entra nella trama caricandosi di metafore, mentre un raffinato scavo psicologico frantuma per sempre il cliché del cowboy leale e irreprensibile. Il potere del cane si svolge nelle pianure selvagge del Montana, a metà degli anni Venti. Due fratelli, appartenenti all’alta società locale, conducono da soli il grande ranch di famiglia: George, il più giovane, è un uomo semplice e arrendevole, mentre Phil, gelido e inflessibile, tiranneggia la proprietà. Malgrado le differenze i due hanno trovato un equilibrio, almeno finché George decide di sposare la vedova di un medico. La donna ha un figlio, un ragazzo delicato e sensibile, che al suo arrivo nel ranch suscita in Phil una profonda repulsione. Senza saperlo, George ha creato i presupposti del dramma che li travolgerà tutti e che porterà i protagonisti fino all’inesorabile, sorprendente epilogo.



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Il potere del cane 2022-03-27 14:35:48 ClaudiaM
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ClaudiaM Opinione inserita da ClaudiaM    27 Marzo, 2022
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Ha odiato il mondo prima che il mondo odiasse lui

Mi sono approcciata a questo libro con, lo ammetto, un po’ di scetticismo. Non appartiene, infatti, al genere di lettura che prediligo, ma il tanto acclamato film che ne è stato tratto mi ha spinto a incuriosirmi e informarmi. E perché no, ogni tanto bisogna provare qualcosa di nuovo.
Bene, sono contentissima di aver dato una possibilità a “Il potere del cane” perché mi ha spiazzato e si è conquistato un posto nella mia top di libri preferiti!

La trama in sé è abbastanza semplice: Phil e George Burbank sono due fratelli che vivono in Montana nel ranch messo in piedi dai loro genitori (il Vecchio Signore e la Vecchia Signora) che da un po’ si sono dati a un meritato pensionamento. Tutto fila liscio nella loro vita, i due fratelli sono incastrati in una sorta di monotona quotidianità in cui, almeno a Phil, piace crogiolarsi. Sono ricchi, benestanti e questa loro condizione sociale fa sì che possano essere chiunque: se Phil vuole vestirsi con una camicia a quadri e lavarsi solo ogni paio di mesi, lo fa. E nessuno si prende la briga di dirgli che non è decoroso, perché lui è un Burbank e può fare quello che vuole.
I due fratelli vengono descritti e caratterizzati in maniera magistrale, in modo semplice eppure così efficace da renderli reali (forse anche perché Savage ha preso a piene mani da persone realmente esistite nella sua vita).
Phil è il maggiore, ha quarant’anni ma ne dimostra molti meno, è alto, snello, con occhi azzurro cielo a cui non sfugge niente e con i quali non vede il mondo ma lo osserva. Con i lineamenti spigolosi quanto la sua indole, Phil è benvoluto dai braccianti del ranch anche se ha un carattere un po’ complicato. Di fatto, Phil disprezza ciò che è diverso da lui, ciò che turba l’andamento regolare della sua vita e ciò che è come non dovrebbe. Sa essere crudele, non ha il minimo riguardo nell’umiliare le persone (fratello compreso) e dice sempre quello che pensa senza preoccuparsi di ferire gli altri. È schietto e senza scrupoli, è un po’ un cane rabbioso. Eppure a volte è anche capace di apprezzare le cose, di non avere pregiudizi, come verso il bracciante ex detenuto che ha assunto. Non gli importa cos’abbia fatto, gli importa solo che faccia bene il lavoro per cui lo paga, che si rimbocchi le maniche e si impegni in qualcosa.
Phil è un personaggio complesso, che nasconde dei segreti, che ha una motivazione per comportarsi come fa. E il lettore lo scoprirà pagina dopo pagina; a volte lo odierà, ma altre volte lo comprenderà e ne avrà forse anche un po’ compassione.
Poi c’è George. Lui si occupa più dell’amministrazione del ranch, è taciturno, basso e corpulento. Non è grezzo come Phil, ma non è neanche così intelligente (Phil, di fatti, è l’unico dei due ad aver conseguito una laurea ed è decisamente più sveglio). È di animo buono, a volte ingenuo, e non ci è chiaro quanto sappia del vero Phil e di cosa lo spinga ad essere spesso meschino.
C’è uno strano legame tra i due fratelli; si voglio bene, a loro modo, perché hanno l’un l’altro. Eppure tra loro ci sono valanghe di segreti e non detti.
Tra questi, l’evento che dà il via alla storia: George, che scopriamo quindi non essere poi così felice della vita da scapolo col fratello, si sposa con la vedova Rose Gordon. Il tutto all’insaputa di Phil, che si ritrova la cognata in casa da un giorno all’altro.
Apriti cielo! Per Phil, che odia i cambiamenti, non potrebbe esserci nulla di peggio.
Da questo momento ha inizio un climax di tensione, ansia e disagio che coinvolge il lettore, lo fa sussultare ad ogni occhiata di Phil rivolta a Rose, lo fa temere per le sorti dei personaggi travolti da emozioni e sentimenti schiaccianti, oppressivi. E la situazione peggiora ancora di più quando in autunno arriva ospite il figlio sedicenne di Rose, Peter Gordon.

Il romanzo di Savage scava nei meandri più oscuri e reconditi dell’animo umano, racconta di emozioni represse, di odio, di rabbia. Racconta il cambiamento che prima o poi coinvolge tutti, anche chi lo rifugge in tutti i modi, e racconta dell’essere diversi in una società chiusa e gretta, fatta di regole e pregiudizi e standard. Come il cowboy che non può che essere un uomo macho, grezzo e che puzza. Altro non è contemplato. O come la vedova di un suicida alcolizzato che se sposa un ricco mandriano allora è un’arrampicatrice sociale; o come un ragazzo a cui non è permesso fare dei fiori di carta per abbellire la tavola.
E tutto questo, tutto ciò che racconta il romanzo, è il potere del cane: è essere predatore e preda, è essere diverso, speciale ma anche vittima.

Lo stile di scrittura è favoloso, sono rimasta incollata alle pagine anche quando Savage si prende del tempo per parlare della libreria di George, piena di riviste che non legge da anni e che se ne sta lì da decenni affianco a quella di Phil, che contiene oggetti di tutt’altro genere (sempre per rimarcare le differenze tra i due fratelli). O anche quando in un capitolo, di punto in bianco, non si parla più dei Burbank, ma degli indiani relegati in una riserva. E mentre leggi ti chiedi: che c’entra ora la libreria? Perché è così importante? E adesso perché gli indiani?
E tutto torna in maniera incredibile, con un senso, con un perché. Come il karma, come gli eventi che si susseguono, come un cane che si morde la coda: a partire dalla cruda descrizione della castrazione dei vitelli al suicidio di un uomo perché ha subito l’umiliazione di un cowboy che detestava gli alcolizzati.

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Il potere del cane 2019-01-31 12:23:57 CRISTIANO RIBICHESU
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CRISTIANO RIBICHESU Opinione inserita da CRISTIANO RIBICHESU    31 Gennaio, 2019
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Un mondo sconosciuto

Questo romanzo, quando fu pubblicato per la prima volta nel 1967, ebbe un considerevole successo. Attualmente è oggetto di riscoperta da parte dei lettori dell’America settentrionale, tanto da essere considerato un caso letterario. Tradotto e pubblicato da Neri Pozza l’anno scorso, mi è stato vivamente consigliato quando mi sono recato allo stand della casa editrice in occasione del Salone del libro di Torino.
Come spesso mi capita, non ho voluto leggere recensioni, né tantomeno il risvolto di copertina. Mi sono quindi avventurato tra le pagine del libro inconsapevole di ciò che vi avrei trovato.
Mi è difficile giudicare lo stile di scrittura e credo che molto dipenda dall’opera del traduttore. Mi limiterò quindi a esprimere la mia opinione sulla narrazione nel suo complesso.
Non ci si aspetti una storia avvincente, piena di colpi di scena, contorta o intrigante. In realtà, non capita niente di particolare in quelle sperdute e inospitali terre del Montana. Siamo negli anni venti e l’autore ci presenta i personaggi e l’ambiente che li circonda con semplicità. Svela pensieri, ansie, arroganza e ambizioni dal punto di vista dei protagonisti, evitando di schierarsi e giudicare il loro comportamento.
Gli abitanti di quei luoghi sono contadini, braccianti e allevatori che, inseguendo un sogno, hanno cercato fortuna nei territori sottratti alle popolazioni native e sono rimasti amaramente delusi, sconfitti.
In pochi sono stati in grado di trarre beneficio dai rari frutti di quelle aride lande, desolate e dagli inverni insopportabilmente gelidi. Attorno ad una di queste famiglie si dipana la trama del romanzo che preferisco non svelare. Ciò che si forma nella mente del lettore è un’opinione personale relativa alla condotta e al pensiero dei protagonisti, lentamente e inesorabilmente. L’epilogo potrà essere soddisfacente per alcuni e deludente per altri, com’è giusto che sia.
Si potrebbe accostare l’opera di Savage a quella di William Faulkner, considerandolo uno dei suoi eredi. Personalmente ritengo che sarebbe esagerato. Ho letto comunque con piacere il romanzo e sono felice di aver ampliato le mie conoscenze grazie ad esso. Sarei lieto di conoscere il parere di qualche lettore esperto, profondo conoscitore dell’opera di Savage e della letteratura contemporanea statunitense.

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Il potere del cane 2018-07-31 15:47:17 68
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68 Opinione inserita da 68    31 Luglio, 2018
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Intrigo sentimentale e verità personale

Per definire la dimensione letteraria di Thomas Savage in relazione a questo romanzo, pubblicato nel 1967, all’ epoca osannato dalla critica ma con scarso successo di pubblico, occorre rivisitare la vita dell’ autore, ascoltarne la voce e collocarla in quegli anni.
Scopriremmo che “Il potere del cane “ possiede una connotazione autobiografica, in primis nella ambientazione, un ranch in un’ area sud-occidentale del Montana e toni famigliari, i Burbank ed i personaggi di contorno nascono dalla sua infanzia, ed inoltre che l’ autore in varie interviste dichiarò di svolgere ben poche ricerche ma di affidarsi per lo più alla propria esperienza di vita, ai ricordi, alla immaginazione.
Di certo la vicenda dei fratelli Burbank, Phil e George, gli allevatori più importanti della vallata, plasmati dal proprio ranch e dal paesaggio circostante, fratelli che non hanno mai fatto parola dei propri sentimenti ed il cui rapporto non si basava sulle parole, richiama tutto ciò che Savage ha conosciuto e respirato, una certa complessità famigliare, una precisa identità, una tradizione culturale rurale, un passato ormai smarrito, segreti celati.
Da qui l’ intreccio narrativo, fatto di relazioni complesse, lutti, assenze, disgregazioni famigliari ed una certa fragilità emotiva presenti in tutta la sua opera e definizione di se’.
Se l’ elemento primario è un aspetto puramente descrittivo, semplice e chiaro, molteplici sfumature ne richiamano l’ essenza, illuminando un paesaggio interiore ricco e variegato, piuttosto sfuggente ed a forte impronta psicologica.
La vita di Phil e George, uniti da un legame di sangue, da sempre vicini ma antitetici, l’ uno brillante, l’ altro sgobbone, l’ uno magro, l’ altro grosso, l’ uno svelto, l’ altro lento, così diversi e complementari, costruisce una vicenda solo all’ apparenza lineare, nella quale si inserisce la figura di Rose, vedova e futura sposa di George e di suo figlio Peter, un ragazzo dalle strane movenze ed oscure profondità, attorno al quale verrà ricamato e sorprendentemente chiuso l’ intreccio letterario.
Se ad una lettura di superficie emergono scorrevolezza, equilibrio ed essenzialità, descrizioni paesaggistiche suggestive, con un ritmo asciutto da western privo di sentimentalismi, si vanno scoprendo complessità e profondità a delineare i personaggi e la propria ambiguità, una tensione psico-emotiva, un giuoco delle parti, per aprirsi ad uno psico-thriller ovattato dalle apparenze con temi solo accennati o nascosti ed estremamente delicati per l’ epoca.
Di che cosa stiamo parlando? Tra le pagine si parla di omosessualità, in quel periodo ancora argomento tabù, che riguarda Phil ed i propri desideri nascosti, bilanciati dal machismo della vita del ranch e da una certa omofobia che paradossalmente lo caratterizza, riparo dalla propria essenza.
Oltre a questo una denuncia della condizione disagiata e separata degli indiani d’ America, ghettizzati nelle riserve, e più in generale una attenta osservazione ed uno studio approfondito sulla condizione umana e la propria fragilità e sulla indubbia difficoltà relazionale che scava oltre le apparenze.
Emerge in modo chiaro il doppio animo del’ autore, dibattuto tra est ed ovest, scrittura e manualità, un passato perduto e segreti privati.
Non so se “ Il potere del cane “, come qualcuno ha sostenuto, sia il suo miglior romanzo, di certo è un buon romanzo, che si inserisce in una certa narrativa di quegli anni ma che nasconde tratti e peculiarità di indubbio spessore.

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Il potere del cane 2013-08-29 09:12:33 Aster
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Aster Opinione inserita da Aster    29 Agosto, 2013
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Libera il mio amore dal potere del cane

Poco noto al grande pubblico italiano, "Il potere del cane" di Thomas Savage si presenta come un romanzo interessante. La storia è ambientata nel 1924 in un ranch del Montana gestito da due fratelli: Phil e George Burbank, l'uno burbero, anticonvenzionale ed estremamente sicuro di sé, l'altro taciturno e riservato. Nonostante le evidenti differenze caratteriali, i due stringono un forte legame e trascorrono gran parte del loro tempo insieme, occupandosi del ranch e degli affari ad esso collegati. La vita scorre tranquilla ed invariata per anni, scandita dal ciclo delle stagioni e dall'allevamemento del bestiame; ma la monotonia è destinata ad interrompersi quando George decide di sposare una vedova e di portarla a vivere con sé nel ranch Burbank: da questo evento ha inizio un duro conflitto tra Phil, che vede minacciato il suo mondo fatto di certezze ed abitudinarietà, e la nuova padrona di casa. Le ostilità vanno verso esiti impensati e sconcertanti nel momento in cui un altro personaggio già incontrato comincia a trascorrere le proprie giornate nel ranch: Peter, il figlio adolescente della vedova.

"Il potere del cane" è raccontato in terza persona, ma l'attenzione si focalizza prevalentemente sulla figura di Phil e sul suo modo di vedere il mondo. Phil è il maggiore dei due fratelli, un uomo rispettato ed ammirato per il suo forte carattere rivoluzionario ed intimidatorio. Egli rappresenta la personalità incapace di sottomettersi alle convenzioni sociali e ad un sentimento di pietà e tolleranza nei confronti degli altri, spesso considerati inetti ed inferiori. Il suo atteggiamento però è la risposta a sofferenze ed inquietudini, a segreti che tiene a malincuore nascosti dentro di sé, pur cercando sempre di mantenere un contatto con i ricordi ed il passato. Nel libro trovano spazio anche degli episodi su personaggi secondari, le cui vite infelici si incontrano-scontrano inevitabilmente con quella di Phil, che è causa di ulteriori umiliazioni. Tra le varie apparizioni si conta anche quella di una tribù di indiani, costretta a vivere relegata in una riserva proprio in quegli anni. Il tema riguardante le condizioni riservate ai nativi americani non viene approfondito da Savage, ma dalle poche parole spese si percepisce la sua posizione critica verso il trattamento che essi hanno subito.

Il romanzo è molto scorrevole, scritto con un linguaggio essenziale, realistico e senza troppi giri di parole né virtuosismi: seppur semplice, non scade però nella banalità per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi e la presentazione degli avvenimenti. La storia è sì ambientata nelle praterie poco contaminate degli Stati Uniti, con i paesaggi e gli animali parte integrante della narrazione, ma non si percepisce la mitezza della natura e di una vita spesa al passo con le trasformazioni dell'ambiente: al contrario l'atmosfera è malinconica e resa ancora più cupa dalla complessità e dall'irrequietezza dell'animo umano descritte da Savage. La storia riesce ad interessare tutto il tempo, fino agli ultimi atti in cui il ritmo accelera e la tensione aumenta, costringendo il lettore a non staccare gli occhi dalle pagine per giungere al momento dell'epilogo inaspettato. Unico difetto: avrei preferito che Savage fosse sceso ancora più in profondità nella mente di tutti i personaggi, caratterizzandoli in modo più convincente e memorabile.

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