La panne La panne

La panne

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Quattro pensionati – un giudice, un avvocato, un pubblico ministero e un boia – ammazzano il tem­po inscenando i grandi processi della storia: a So­crate, Gesù, Giovanna d'Arco, Dreyfus. Ma è certo più divertente quando alla sbarra finisce un impu­tato in carne e ossa: come Alfredo Traps, viag­gia­tore di commercio, che il fato conduce un giorno al­la villetta degli ex uomini di legge. La sua auto­mobile ha avuto una panne lì vicino, ma lui non se ne rammarica, anzi: pregusta già il lato piccante della situazione. Si ritrova invece fra i quattro vec­chi signori simili a «immensi corvi», che gli il­lu­strano il loro passatempo. Traps è spiacente: non ha commesso, ahimè, nessun delitto. Niente pa­u­ra, lo rassicurano, «un reato si finiva sempre per tro­varlo».



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La panne 2021-01-23 16:36:17 pierpaolo valfrè
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pierpaolo valfrè Opinione inserita da pierpaolo valfrè    23 Gennaio, 2021
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Una gradevole superficie

Incuriosito da diversi commenti trovati via “social” e dalle recensioni che ricordavo in questo sito, mi sono finalmente deciso ad arrampicarmi fino allo scaffale più alto della mia libreria per recuperare dalla polvere una raccolta di racconti di Dürrenmatt, “colpevolmente” (è il caso di dirlo) abbandonata da oltre vent’anni, come incontrovertibilmente attestato dal prezzo ancora espresso in lire.

Il racconto che chiude la raccolta è “La panne. Una storia ancora possibile”. Appena 38 pagine nell’edizione scritta fitta dell’Universale Economica Feltrinelli. Un gioiello.

Prima lo scrigno: due pagine un po’ ostiche in cui l’autore si chiede se al giorno d’oggi (1956) esistano ancora, nella noiosa normalità e nel magma quotidiano di fatti, statistiche e immagini in cui siamo immersi, delle storie ancora possibili, “degne di uno scrittore”.

E poi eccola la storia: piccola e scintillante, avvolta da ombre inquietanti e minacciose, ci tiene meravigliati e sospesi dalla prima all’ultima riga e poi colpisce il bersaglio con lucida perfidia.

Un’allegra compagnia di vegliardi, dal fisico corrotto e decrepito eppur sinistramente imponente, dall’abbigliamento trasandato, vestigio di antica opulenza ed agiatezza, processa un uomo nel pieno delle sue energie vitali, che nella sua automobile costosa, finita improvvisamente in panne, vede il simbolo del suo successo, della sua ascesa, della sua lotta trionfale per la vita. Il capo di imputazione? Irrilevante, perché qualcosa da sottoporre a processo lo si trova sempre, tanto nei grandi personaggi storici (Socrate, Gesù, Giovanna D’Arco, Dreyfus, Federico il Grande) quanto nelle persone anonime e comuni.

Siamo tutti colpevoli quindi? La giustizia è una lotteria dalla quale ci si salva per fortuna anziché per merito? No, perché tutti colpevoli significa nessun colpevole e invece la colpa e la responsabilità restituiscono grandezza ed autenticità all’uomo. L’assenza di giudizio, di condanna e di pena appiattisce tutto nella normalità, nel grigiore, nell’assolutorio magma quotidiano dove non ci sono più storie, non ci sono più uomini, non c’è più verità. Invece l’accettazione della condanna è “il risultato di una morale indefettibile che perfeziona conseguenzialmente la vita come opera d’arte, svela l’umana tragedia, l’illumina, le fa assumere una forma impeccabile, la esalta”.

Il lauto banchetto, le abbondanti libagioni coccolano e accompagnano l’inesorabile affluire della coscienza, tanto più spontaneo quando i sensi sono appagati e i freni si allentano.

Quando la vista esteriore si offusca, si può guardare più in profondità dentro se stessi e riconoscere nitidamente l’ombra minacciosa della colpa stagliarsi nel chiaroscuro dello scherzo.

Non ci può essere che la pena per celebrare degnamente quest’accecante epifania di verità, per riscattarsi dalla mediocrità, dagli espedienti, dagli affanni, per concludere degnamente la serata più bella, “perché quella notte per la prima volta aveva capito cosa significa condurre una vita autentica…alla quale necessitano appunto concetti più elevati di giustizia, di colpa e di espiazione… e comunque l’espressione ‘rinascita’ gli appariva la più adeguata per definire la gioia che lo sconvolgeva, lo permeava, lo scuoteva come un turbine impetuoso”.

E’ a questo punto che diventa assolutamente necessario un sufficiente livello di distacco, di lucidità, verrebbe da dire di sobrietà. Quella mediocre vita quotidiana che tutto copre e tutto assolve è pur sempre una vita, mentre l’accecante bagliore della verità può confondere e annichilire un animo semplice. Fermiamoci quindi al gioco, alla finzione, evitiamo di trarne pericolose conclusioni.

Proprio a questo ci invita Dürrenmatt nell’offrici questa “storia possibile”: limitiamoci “a una gradevole superficie e ad essa soltanto”. Che perfido genio!

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La panne 2020-08-06 20:58:06 andrea70
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andrea70 Opinione inserita da andrea70    06 Agosto, 2020
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Ma che bello!

Un anonimo agente di commercio rimane bloccato in un paesino da un guasto all'auto. Attirato dalla prospettiva di una cena in una rinomata locanda e magari di un'avventura con una fanciulla disponibile rinuncia alla possibilità di prendere un treno per tornare a casa e decide di rimanere in paese. trova ospitalità presso la villa di un arzillo vecchietto che ha come ospiti a cena altri ottuagenari. La serata si prospetta noiosa per il protagonista ma si rivelerà tutt'altra cosa. I vegliardi sono un ex pubblico ministero, un ex giudice ed un ex avvocato difensore che ogni sera si ritrovano per fare un gioco: celebrare processi a personaggi famosi ricoprendo ognuno il proprio ruolo di accusatore, giudice e difensore. Quando capita un imputato in carne ed ossa meglio ancora. Traps si troverà coinvolto in un processo assolutamente originale e farsesco tra raffinate libagioni servite a ritmo continuo che alleggeriscono l'atmosfera e abbassano le difese dell'imputato. Traps non pensa di aver commesso alcun crimine ma in crescendo inquietante i vecchietti gliene affibbiano uno che è più un brutto comportamento a livello morale che un autentico crimine. Lo fanno però in modo così convincente, ribaltando il concetto di colpa e legandola ad una scorrettezza morale più che al reato vero e proprio. Traps al termine del processo si sente colpevole , pur sapendo di non aver commesso alcun crimine, perchè questa colpa è ciò che farebbe di lui un uomo compiuto. Satollo all'inverosimile ed inebriato dal vino Traps non distingue l'oggettiva realtà di quanto accaduto dal processo alle intenzioni che ha costruito una ipotesi di reato assolutamente assurda ed esagerata. Racconto breve che si legge in un'ora ma assolutamente originale e spietato.

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La panne 2020-02-21 09:49:48 Valerio91
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Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    21 Febbraio, 2020
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Una giudicante goliardia

Io credo che la bellezza della lettura sia anche nel percorso che ti "costringe" a seguire. Questo percorso comincia, spesso, con autori più noti, magari più leggeri; quelli che in libreria hanno il loro angolino felice carico delle loro opere, magari in diverse edizioni. A un certo punto però è come se questi autori, per quanto validi, non ci bastassero più; o magari sono proprio loro a indirizzarci verso quelli che invece se ne stanno, nella loro umile grandezza, in un angolo più nascosto, in attesa che lettori degni e preparati possano accostarsi alle loro fatiche. Che bellezza scovare gioielli dove la maggior parte degli altri non guarda! Bene, tutto questo preambolo per dire che “La panne” è uno di quei gioielli, e Dürrenmatt un autore potenzialmente geniale che intendo approfondire.
Questo libro intriga e strappa un sorriso già solo leggendone la quarta di copertina: quattro pensionati che si divertono a inscenare i grandi processi della storia (a Gesù, Socrate, Dreyfus eccetera) ma ancor più si divertono a mettere sotto accusa eventuali ospiti, a scovarne le colpe in un atmosfera allegra e goliardica.
"Un reato si finiva sempre per trovarlo".
La situazione è descritta dall'autore in maniera curiosissima: avvolge tutto in un’atmosfera esilarante, pur presentandoci la situazione morale degradante di Alfredo Traps, viaggiatore di commercio che si trova coinvolto nel gioco a causa di una panne alla sua auto. Bisognoso di un luogo dove passare la notte, si rifugerà nell’ospitalità d’un vecchio pensionato e nel gioco che gli riempie le serate e ha regalato a lui e i suoi compagni una sorta di nuova giovinezza. Alfredo, all’inizio diffidente, ben presto perde ogni freno inibitorio e comincia a divertirsi un mondo; presto sarà addirittura avvinto dalla sua colpa, che gli permetterà a guardare a sé stesso sotto una luce totalmente nuova.
È proprio questa la peculiarità de “La panne": si legge sorridendo dall'inizio alla fine, pur recandoci un curioso disagio interiore; la goliardia dei protagonisti ci diverte, ma pone al centro della scena il degrado morale di cui un essere umano può essere capace. Un libro breve, ma di incredibile densità, che porta il lettore a interrogarsi sulla giustizia e sulla morale: quel che non è regolato da leggi, è sempre lecito? A un'analisi superficiale e affrettata verrebbe da dire di sì, ma soffermandoci di più sulle implicazioni di tale asserzione si arriva alla conclusione che molte delle atrocità (grandi e piccole) commesse dagli uomini derivano da questo pensiero erroneo.
In maniera intelligente e umoristica, Dürrenmatt ci sbatte davanti proprio questo concetto, facendoci intravedere le qualità d'un grandissimo autore. Questa storia, oltretutto, si presta perfettamente o delle trasposizioni e, infatti, ha ispirato il film “La più bella serata della mia vita" di Ettore Scola, con Alberto Sordi.
Non vi prenderà troppo tempo... leggetelo.

“Tutti risero, specialmente Traps. «Davvero,» confermò «è stato proprio un brutto scherzo, quello che ho fatto al vecchio gangster. La situazione, d’altra parte, era sin troppo comica, a pensarci bene. Finora mi vergognavo a ricordarla, chi se la sente di conoscersi a fondo, non c’è nessuno che abbia la coscienza perfettamente pulita, ma fra amici tanto comprensivi il pudore diventa ridicolo e inutile. Curioso! Ora mi sento compreso e comincio anche a capirmi, è come se facessi la conoscenza di una persona che sono io stesso, e che finora conoscevo solo in modo superficiale: un rappresentante generale su una Studebaker con moglie e figli da qualche parte.»”

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La panne 2019-12-07 13:00:45 DanySanny
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DanySanny Opinione inserita da DanySanny    07 Dicembre, 2019
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L'inferno giocoso delle possibilità

Due problemi mi appassionano molto: l’impossibilità del vero e la fallibilità della giustizia, le due facce di uno stessa medaglia che tentiamo di leggere per rispondere alla domanda: "cos'è l'essere?". La domanda può sembrare lontana dal testo di Dürrenmatt, ma scaviamo più a fondo a partire dalla massima nietzschiana “il fatto è stupido, tutto è interpretazione” e dalla sua evoluzione in Heidegger, “più in alto della realtà c’è la possibilità”. Nel momento in cui il dubbio sostituisce il pensiero come elemento fondativo dell’essere, la realtà delle cose è una parentesi di impossibile definizione. Certo il tavolo esiste, il gatto miagola, l’omicida ha sparato, ma tutti questi eventi, se non interpretati, non significano nulla. E poiché ogni interpretazione è la propria interpretazione, ne segue che l’oggettività del reale è impossibile.

Ora veniamo a questo romanzo, breve e brillante. La panne che inaugura la storia è in fondo l’aprirsi di diverse possibilità: il protagonista potrebbe scegliere di tornare a casa in altro modo, di dormire in una locanda, ma alla fine decide di chiedere asilo nella villa di un vecchio e corpulento signore. La panne è già qui l’irrompere del principio di casualità nella vita e quindi il motore di nuove possibili interpretazioni. Ma se è il caso a decidere tutto, allora la terra è muta del segno del destino e ancora più solo l’uomo nel suo incedere. Ora siamo nella villa, i vecchi si sono moltiplicati, sono quattro, tutti uomini di legge o legati alla legge, attualmente in pensione, che si divertono a rievocare i famosi processi della storia e a pronunciare condanne, assoluzioni , con un divertissement che ambiguamente oscilla tra l’ingenuo e il crudele. Quando capita, a processo viene chiamato un ospite di passaggio e allora il divertimento dei quattro cresce ulteriormente. Eppure il nostro protagonista, prima dubbioso e poi sempre più divertito, si professa innocente e il lettore davvero gli crede. Quando però tra portate pantagrueliche e bevute trimalcioniche (il Satyricon di Petronio non è un modello troppo distante) l’interrogatorio amicale prende piede, forse il nostro protagonista non sarà più così innocente. Forse ha commesso un delitto, forse è davvero un assassino, forse davvero ha premedito le mosse per l’ascesa economica. Eppure prima si era professato innocente. Il fatto è che, nel mondo del dubbio, i fatti sono stupidi ed è solo la ricostruzione a posteriori degli eventi, la loro interpretazione, che conferisce loro un senso. E la giustizia, che è in fondo ricostruzione di testimonianze, non è altro che un’interpretazione, ovvero una possibilità che può decidere anche della vita e della morte di qualcuno.

Fin qui "La panne" di Dürrenmatt sembra una riflessione quasi filosofica sulla verità e sulla giustizia, mascherata da una cena tra vecchi e portate meravigliose, anche divertente, quasi una commedia (e in effetti "La panne" è stata anche portata a teatro e al cinema, se pure talora con finali diversi perché, indovinate, il finale è una possibilità). Accade qualcosa di simile a quanto avviene in “Espiazione” di McEwan, in cui è l’interpretazione errata di un fatto a generare la catastrofe. Tuttavia il libro è anche una cruda riflessione sull’uomo, sulle leggi inappellabili che lo guidano. Con una svolta simenoniana, l’idea di un delitto, l’idea di un fatto tanto straordinario, può anche essere l’ultimo appiglio di un uomo altrimenti mediocre per sentirsi davvero vivo. E allora anche l’io, l’io che sa quello che ha fatto, può essere stupido e aprire se stesso allo spazio pericoloso delle infinite possibilità, come a dire che anche la confessione, il trionfo della giustizia, è stupida. E dunque sintetizzando, in 87 pagine Dürrenmatt racchiude più psicologia e filosofia che interi trattati, ma più di tutto è sublime la grazia narrativa, la trama ingegnosa, la trasfigurazione in storia dei concetti. Perché qui, davvero, l’ispirazione è sempre all’altezza del pensiero.

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La panne 2018-04-21 05:11:22 siti
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siti Opinione inserita da siti    21 Aprile, 2018
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La giustizia in pensione

Nella forma breve del racconto che raggiunge le vette della perfezione espressa in sintesi, Dürrenmatt è capace di dare vita ad una precisa poetica, non solo quella legata al tema suo più caro e ricorrente, la giustizia appunto, ma anche ad una precisa idea di letteratura, regalandoci al contempo un’amara riflessione sulla vita e sul caos che la domina.
Lo scritto rapisce subito il lettore con la riflessione iniziale sulla scrittura ancora possibile, sulle storie che ha senso ancora raccontare, laddove l’autore non volesse attingere ai filoni che tradizionalmente vengono percorsi e calcati. È possibile una storia trascendendo il racconto con allegata generalizzazione lirica del proprio Io? insomma quando uno scrittore non vuole parlare di sé allora non c’è più nulla da raccontare? O è ancora possibile farlo e con fatica, facendo emergere un “mondo di panne”?
L’avvio narrativo è infatti rappresentato proprio da una panne che obbliga il commesso viaggiatore Traps a fare una sosta involontaria lungo il tragitto della sua vita, una sorta di deviazione standard. Si ritrova ospite di un vecchio giudice che con altri tre amici, tra pasti luculliani e robuste bevute, è solito trascorrere le serate inscenando celebri processi della storia in pieno ossequio al cerimoniale, alla dottrina, ai codici, con l’unica variante che concede alla giustizia pubblica di trasformarsi in giustizia privata con intento puramente ludico e introducendo la pena di morte…
Traps così, in un crescendo di rivelazioni, si ritrova ad assolvere pienamente il ruolo di imputato con a carico un’accusa di omicidio. “Il giuoco minaccia di divenire realtà” … ora è possibile far trionfare la giustizia. In un climax ascendente sempre più teso il lettore è catapultato verso la sentenza mentre registra in Traps una metamorfosi che dal divertito stupore iniziale lo conduce al pieno assolvimento del suo compito del perfetto imputato: egli ha certo una colpa, non era affatto consapevole, e solo in virtù di essa e della relativa idea di giustizia può avviarsi alla giusta espiazione capace di infondere senso al suo vissuto.
Magistrale racconto che cova nell’assurdo il caos della vita.

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La panne 2017-10-01 14:02:32 Chiricaz
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Chiricaz Opinione inserita da Chiricaz    01 Ottobre, 2017
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se la fantasia prende il sopravvento sulla realtà

Nessuno è mai innocente, un crimine -in qualche modo- DEVI averlo commesso. Crederai a quello a cui vuoi credere, a quello che gi altri vogliono farti credere, sei facilmente convincibile e non sei in grado di sopportare una condanna più pesante di quello che ti aspettavi, di quello che ti sei mai immaginato di aver commesso.
L'imputato si dichiara colpevole, sa di non aver commesso alcun crimine se non l'adulterio con la moglie del suo superiore -se si può chiamare crimine- eppure confrontandosi, durante un gioco, con un giudice e un pubblico ministerò, finirà egli stesso per dirsi colpevole, perchè 'non vi è nulla di più alto, di più nobile, di più grande del momento in cui un uomo viene condannato a morte'. Allora l'imputato voleva solamente sentirsi un uomo o si è pienamente convinto di aver commesso un reato e di sentirsi in dovere di confessare?

Questo libro di Durrenmatt del 1986 e pubblicato da Adelphi fa riflettere su quale sia la verità di ogni situazione in cui ci troviamo. Non è tutto completamente soggettivo? Se un uomo finisce per dichiarasi colpevole quando sa di non aver alcuna colpa, non siamo tutti delle pedine in mano alle persone che ci stanno vicino? Potremmo anche noi, immedesimati nel signor Traps, fare la sua fine?

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La panne 2016-12-30 13:51:35 lapis
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lapis Opinione inserita da lapis    30 Dicembre, 2016
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Qual è la tua colpa?

C’era una volta un mondo in cui i fili del destino venivano sapientemente manovrati dalla provvidenza che, a chi aveva fede e speranza, poteva offrire la consolazione di un disegno divino di giustizia. E poi c’è il mondo proposto in questo racconto di Friedrich Durrenmatt, un mondo in cui giustizia, coscienza e destino sono affidati a un mero incidente casuale. La panne.

Un problema meccanico all’automobile costringe il rappresentante tessile Alfredo Traps a chiedere ospitalità nella casa di un anziano uomo di legge, ormai in pensione, che si diletta insieme a vecchi colleghi del tribunale con uno strano passatempo, il gioco della giustizia. I quattro anziani si divertono a esercitare le loro antiche professioni, inscenando vecchi processi e rielaborando sentenze senza seguire i codici, i cavilli e le formalità che asfissiano le aule giudiziarie, ma basandosi solo sull’indagine e la conoscenza dell’animo umano.

Vuole, Alfredo, inscenare la parte dell’imputato?
Ne sarei onorato, ma purtroppo non ho alcuna colpa da offrirvi.
Nessun problema, un reato si finisce sempre per trovarlo.

Mentre sulla tavola scorrono pietanze luculliane, grasse risate e fiumi di ottimo vino, Alfredo si vedrà protagonista di un vero e proprio interrogatorio che, come una rivelazione, lo porterà a una nuova scoperta di sé, a una nuova lettura della sua vita meschina di loschi affari, imbrogli e adulteri. Il confine tra desiderare e fare, immaginazione e verità, innocenza e colpevolezza diventa sempre più flebile, per Alfredo e per tutti noi, che non possiamo che continuare a chiederci, una volta terminata l’ultima riga: “Chi fra di noi può dire di conoscere se stesso, i propri misfatti, le proprie colpe più segrete?”

Un piccolo gioiello letterario in cui riflessioni profonde sui temi sempre attuali della giustizia e della coscienza si accompagnano a una penna straordinaria, essenziale, scorrevole e venata da divertito umorismo. Sicuramente da consigliare.

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La panne 2016-11-21 08:08:08 Emilio Berra TO
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Emilio Berra  TO Opinione inserita da Emilio Berra TO    21 Novembre, 2016
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Contorni nella nebbia

F. Durrenmatt (1921-90), svizzero, autore fra i principali del '900, molto conosciuto da chi ama il Giallo. Essendo un grande scrittore, non è però incasellabile in un sottogenere letterario : i suoi brevi e intensi romanzi si estendono ad un raggio ben più ampio : casomai l'uso del Poliziesco diventa una modalità, una chiave per aprire spiragli sulla realtà che ci sta intorno.
"La panne", poi, è un libro molto particolare . Verso sera la bella auto di un uomo piuttosto ordinario si arresta : è in panne. Egli trova ospitalità in una casa circondata da ampio giardino; viene bene accolto dall'anziano proprietario, che lo invita a rimanere a cena a cui convengono alcuni vecchi 'colleghi' . Si ritrova in effetti con quattro vegliardi, ognuno dei quali aveva avuto un ruolo nel settore della Giustizia : chi era stato avvocato, chi giudice, chi pubblico ministero : ogni tanto si ritrovano a cena per giocare 'al tribunale'. Il quarto omino, taciturno, ha avuto una mezza carriera come boia in uno Stato vicino, interrotta per l'abolizione della pena di morte.
Unica figura femminile presente, la cuoca-cameriera coi suoi piatti pantagruelici.
Solitamente amavano rifare famosi processi storici, come "il processo a Socrate" ; ma "era il massimo diletto se si giuocava con materiale vivo" come talvolta accadeva, e quella sera "il ruolo di imputato era ancora libero". Ciò "divertì il viaggiatore di commercio" accolto per la notte. "Disse che era per lui un onore assumere la parte vacante dell'imputato".

Che cosa si scopre durante quel gioco strano, seduti a gozzovigliare prelibatezze e bere i vini più ambiti ?
In fondo "c'è sempre qualcosa da confessare". "Chi fra noi può dire di conoscere se stesso, chi conosce i propri misfatti, le proprie colpe segrete ?".
Questa sì che è una sorpresa per il lettore : seduto alla tavola imbandita, sente che potrebbe esserci lui stesso; forse, in qualche modo, 'c'è' lui stesso.

La struttura del romanzo è un meccanismo straordinario. La scrittura di Durrenmatt è davvero bella. Della trama è opportuno non svelare altro.
Lasciamo i conviviali e usciamo in punta di piedi. "Fuori c'era lo spettacolo d'una tarda luna, una falce sottile, un lieve stormire fra gli alberi, e per il resto silenzio".

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La panne 2014-12-08 20:09:00 Rollo Tommasi
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Rollo Tommasi Opinione inserita da Rollo Tommasi    08 Dicembre, 2014
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La "Cassazione" che non ti aspetti

Un inizio alla Sciascia. Un crescendo alla Kafka (sebbene portato avanti in modo meno asettico e più “carognesco”).
Mentre il protagonista di “Todo Modo”, libro dello scrittore siciliano, decide deliberatamente di deviare in auto per una strada secondaria che lo porterà a vivere una strana avventura, il protagonista di questo breve racconto di Durrenmatt è dalla sua automobile malinconicamente lasciato a piedi. Constatato che la riparazione non sarà cosa di poche ore, Alfredo Traps – rappresentante di una moderna azienda tessile – si rassegna a cercare ospitalità notturna nel paese più vicino.
Finisce nella comoda villa di un arzillo ultraottantenne, frequentata da amici coetanei di costui. Così, tra magnifiche portate, vini d'annata e goduriosi schiamazzi, il prelibato ospite si ritrova sul banco degli imputati. Già! Perché quell'allegra (e apparentemente innocua) combriccola è formata per intero da uomini di legge in pensione: il loro passatempo preferito è sottoporre a processo chi gli capita tra le mani, così da rivivere per un po' i bei tempi andati.
Via con la recita, dunque: in men che non si dica tre tranquilli pensionati si trasformano in giudice, pubblico ministero e avvocato difensore (ci sarebbe anche un boia, per il vero). A reggere quel simulacro di udienza tribunalizia, il principio di partenza secondo cui ognuno ha la sua colpa. Basta trovarla.
All'inizio Traps oppone resistenza, ma poi il vino e il buon mangiare lo tramutano in un imputato molto attivo e divertito. Ed inizia a parlare, parlare, parlare, con somma disperazione del suo stagionato difensore...

La giustizia impersonale e inesorabile de “Il processo” di Kafka, si tramuta, nel “processo alla buona” di Durrenmatt, in un tardivo e affabile regolamento di conti col passato. Tra occhiolini, risate, catarri senili e gioviali abbracci all'imputato che si lancia in inattese confessioni, si chiariscono i termini di un successo professionale dai contorni ambigui.
L'elemento metafisico e quello metaforico si intrecciano in questo racconto di Durrenmatt, non facilmente collocabile e comunque ben diverso dalla cupa e geometrica vicenda de “La promessa”, dello stesso autore.
Alla fine, una parabola tra il comico e il macabro, che si lascia leggere più o meno in un'ora. Consigliato a chi ama le “divagazioni” con retrogusto amaro.

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"Il processo" di Kafka; i "Centottanta racconti" di Buzzati.
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