Il buio oltre la siepe Il buio oltre la siepe

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mariaangela Opinione inserita da mariaangela    22 Gennaio, 2023
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“Lasciamo che i morti seppelliscano i morti.”

Se questo romanzo non fosse stato scelto dal gruppo di lettura che frequento probabilmente ne avrei continuato a rimandare la lettura. Sbagliando.

Il capolavoro di Harper Lee esce negli Stati Uniti nel 1960 e nel 1961 vince il premio Pulitzer per la narrativa.
Gli accadimenti sono narrati dalla voce di Scout Finch, e questo è davvero un elemento sorprendente, sei anni, sorella di Jem che di anni ne ha dieci. Abitano con il padre Atticus e la governante di colore Calpurnia a Maycomb nel Sud dell’ Alabama.
Siamo nei primi anni trenta.
Amico estivo di giochi è Dill che ha sette anni.

La lettura non mi ha immediatamente coinvolta, le aspettative che avevo si sono rivelate subito errate. Pensavo che tutto il romanzo ruotasse intorno alla vicenda del bracciante di colore Tom Robinson e che fosse strutturato come un legal thriller, ma poche pagine sono bastate a farmi ricredere. Solo verso la conclusione del romanzo tante domande trovano risposta e il cerchio perfettamente si chiude. Il processo arriva solo come ulteriore rafforzamento di un’idea che ormai è già ben chiara nella mente.
“Non possiamo mai capire veramente una persona finché non consideriamo le cose dal suo punto di vista…Finché non ci mettiamo i suoi panni e non andiamo un po’ in giro così.” Atticus

A ben vedere gli elementi ci sono tutti: un avvocato d’ufficio che deve difendere un nero accusato di aver stuprato una donna bianca, piantagioni di cotone, estrema povertà e ignoranza accanto a famiglie più agiate e non solo economicamente, domestiche di colore si occupano di mandare avanti la famiglia, misteri, incomprensioni, razzismo.

Gran parte del racconto è dedicata ai rapporti di vicinato e in particolare a Radley Place dove si mormora viva un malevolo fantasma… “una palla da baseball battuta nel cortile dei Radley era una palla persa, inutile discutere.” Lì vive un essere ignoto. Costringere Arthur Boo Radley ad uscire di casa diventa per i tre ragazzini un pensiero fisso. L’arrivo di Dill in estate e la certezza di incursioni nella misteriosa proprietà.
Quando nella cavità degli alberi al confine con la proprietà dei Radley i ragazzini iniziano a trovare oggetti, il mistero si infittisce sempre di più. Verrà spiegato solo alla fine, quando ogni pedina troverà la sua esatta collocazione.
“Dentro la casa qualcuno rideva.”

I compagni di classe di Scout e la sua maestra offrono un panoramica della varietà umana che affolla il paese e la classe. Scout, che già sa leggere e scrivere viene duramente redarguita dalla maestra affinché il padre non continui a insegnarle altro. “Leggere è una cosa che mi veniva naturale.”

“Tu difendi i negri, Atticus?
Certo.
Non dire negro, Scout. Non sta bene.
Qualcuno sostiene che non dovrei difendere quest’uomo.
Se non dovresti difenderlo allora perché lo fai?
Per molte ragioni disse Atticus. La principale che, se non lo facessi, non potrei girare più a testa alta, non potrei neanche più dire a te o a Jem di fare o non fare qualcosa.”
Tutti parlavano del fatto che Scout e Jem abbiano assistito al processo dalla balconata della gente di colore. Con Calpurnia.

Atticus e il suo impegno concreto nel rasserenare Tom che può tornare a dormire perché nessuno gli darà più noia. Viene additato come un negrofilo che mortifica il resto della famiglia. Lui desidera solo la fiducia dei suoi figli.
E’ una persona riservata, che non utilizza il suo ingiusto vantaggio a svantaggio di altri esseri viventi.
“Avevi paura di essere arrestato, paura di dover rispondere di quello che hai fatto?
Nossignore, avevo paura di dover rispondere di quello che non ho fatto.”
Dill inizia a piangere e non riesce a smettere. Sente che non è vero che “è solo un nero,” sente che non è giusto che sia trattato così.
“Imbrogliare un uomo di colore è dieci volte peggio che imbrogliare un uomo bianco. E’ la cosa peggiore che si possa fare.”

La narrazione ricopre circa due anni.
Jem compie dodici anni e Scout otto.
Siamo nel 1935.
Tutte le persone che incontreranno sul loro cammino impartiranno loro una lezione, come la signora Dubose che si libera dalla dipendenza prima di morire. Anche lei è un esempio di donna vincente. Ma non è l’unico. C’è Calpurnia che invita i ragazzi nella sua chiesa “dei negri” perché in fondo è lo stesso Dio. Lei è un membro fedele della famiglia, che ha cercato di allevare i ragazzi secondo i suoi criteri, che sono stati piuttosto buoni.

La verità che infine emerge è addirittura molto più “banale”, è una verità di oltraggio che va distrutto, di una bianca che ha tentato un nero.

“Sono fiducioso che voi, signori, riesaminerete senza pregiudizi le testimonianze che avete udito, arriverete a una decisione e restituirete l’imputato alla sua famiglia. In nome di Dio, fate il vostro dovere.”

“Io non ho mai visto una giuria decidere a favore di un uomo di colore contro un bianco.”
Anche Jem piangeva.

Tom ha avuto dalla sua i suoi amici di colore, le persone come i Finch, persone come il giudice Taylor, persone come il signor Heck Tate. E Atticus Finch è stato l’unico capace di tenere così a lungo una giuria di dodici persone in camera di consiglio in un caso come questo.

Il finale, incredibilmente inaspettato, è liberatorio e commovente. Torno indietro a rileggerlo. E’ una riappacificazione nell’ingiustizia che se non basta almeno tenta di dare sollievo. Ci riesce.

Nella notte silenziosa al ritorno da scuola, nell’incapacità di vedere a causa dell’oscurità, accadono molte cose…l’urlo di Jem, la paura di morire, e quella presenza… ecco che tutto torna… sono emozionata e sorpresa.
“Chi era?
Ma è là Signor Tate, e può dirle il suo nome.”
Le lacrime improvvise di Scout, il prenderlo sotto al braccio per riaccompagnarlo a casa.

Atticus, era proprio simpatico…
Sono quasi tutti così, Scout, quando finalmente li vedi.”

Buone prossime letture

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sonia fascendini Opinione inserita da sonia fascendini    23 Settembre, 2022
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Perdere l'innocenza

Attraverso gli occhi, le orecchie e tutti i sensi della piccola Scout ,Harper Lee ci accompagna a fare un'incursione nell'Alabama del 1935. Nonostante la bambina appartenga a una famiglia che dà scandalo per le sue idee progressiste e poco in linea con quelle in voga in città, l'atteggiamento che loro stessi hanno nei confronti dei diversi e in particolare le persone di colore è agghiacciante. Ancora di più lo è quello del sentire comune, che senza mezzi termini divide la popolazione in diverse categorie ognuna delle quali ha dei diritti che diminuiscono a seconda della casa in cui il caso ha voluto che nascesse. Scout comprende appieno questo stato delle cose solo quando il padre è chiamato a difendere un uomo di colore dall'accusa di stupro di una ragazza bianca. Così scopre non solo le iniquità della legge, assistendo al processo, ma lei stessa diventa oggetto di scherno e di minacce da parte dei concittadini che non approvano la parte assunta dal padre nel procedimento. La scelta di farci raccontare la storia da una bambina ha permesso alla scrittrice di mettere su carta una storia delicata e esposta con garbo, nonostante la gravità dei temi toccati. La piccole Scout si pone tutte le domande che si fa un bambino riuscendo così a farci riflettere non tanto sulla gravità del razzismo che per noi dovrebbe essere qualcosa di consolidato, ma sul modo in cui effettivamente funzionavano le cose negli Stati Uniti anche a 1900 inoltrato.

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saby Opinione inserita da saby    29 Mag, 2022
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la legge NON è uguale per tutti

Il pregiudizio dove nasce… da qualcosa che conosciamo realmente o è solo un idea indiretta che crediamo di conoscere?
Nel profondo sud degli Stati Uniti, a cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta, campagne di resistenza civile da parte della popolazione afroamericana, diedero inizio al “movimento dei diritti civili degli afroamericani” con il boicottaggio degli autobus a Montgomery nato grazie a Rosa Parks che si rifiutò di lasciare il posto ad un bianco, e le Marce per i diritti di voto da Selma a Montgomery in Alabama ed è proprio in Alabama a Maycomb che Harper Lee ci racconta la dolorosa vicenda di Tom Robinson, afroamericano accusato di aver stuprato una ragazza bianca. La storia è raccontata attraverso gli occhi della piccola Scout, una bambina tutto pepe, estremamente curiosa che si diverte con giochi avventurosi insieme al fratello Jem più grande di lei, rifiutando di comportarsi come una fanciulla di buona famiglia, figlia dell’avvocato Atticus Finch, uomo onesto e caparbio, che cerca di crescere i suoi figli con affetto, cercando di colmare il vuoto della perdita della loro mamma, ma soprattutto facendo capire loro il diritto all’uguaglianza, insegnando a non arrendersi mai e battersi sempre per una giusta causa. Sarà nominato dal giudice come difensore, farà di tutto per dimostrare l’innocenza e l’estraneità dei fatti di Robinson, ma dovrà scontrarsi con una comunità fortemente razzista e piena di pregiudizi, che lo disprezza e lo considera “Negrofilo”. Vincitore del premio Pulitzer nel 1960, con un rifacimento cinematografico con Gregory Peck, pellicola di grande successo e vincitore di tre premi Oscar, è un romanzo che coinvolge e trascina nella vicenda come il lungo passaggio che narra il processo a carico di Tom Robinson, l’incalzante arringa dell’avvocato Finch, che cerca di far emergere dal buio dell’ignoranza una giuria intollerante con prove lampanti sull’integrità del suo assistito, ma soprattutto le sensazioni descritte da Jem di solo dieci anni, che insieme a Scout decidono contro il volere del padre di assistere in tribunale, scoprendo un mondo ingiusto e pieno di inganni, si ha la sensazione di partecipare realmente al quel processo, tenendo il lettore con il fiato sospeso fino alla fine. In queste pagine è impossibile non indignarsi, per come è considerata “razza inferiore” dove la legge non è uguale per tutti, dove il colore della pelle è visto come colpevolezza. Lasciando una lezione di vita, si teme solo qualcosa che non conosciamo, l’ignoto e la paura generano il pregiudizio.

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FrancoAntonio Opinione inserita da FrancoAntonio    08 Febbraio, 2022
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Non si uccidono gli usignoli

1935, in un’Alabama (del Sud!) che assomiglia molto, anzi troppo, al Mississippi di quasi un secolo prima, cioè a quello di Tom Sawyer e Huckleberry Finn, la piccola Jean Louis Finch, per tutti Scout, ci narra le sue giornate nella sonnolenta e apparentemente placida cittadina di Maycomb, dove l’evento sociale principale della settimana è la funzione domenicale in chiesa e dove la maggior parte delle notizie di cui valga la parlare vengono diffuse dalla pettegola locale, la signorina Stephanie. Assieme al fratello maggiore Jem e alla frenetica e fantasiosa presenza estiva di Dill, un ragazzino irrefrenabilmente bugiardo, compie scorribande nel vicinato, cercando di mostrarsi più maschiaccio degli altri due compagni di gioco. Tuttavia l’unica occasione per provare qualche brivido è la casa dei Radley dove vive il misterioso Boo che nessuno ha mai visto e che non si sa neppure che aspetto abbia, ma che le voci di paese affermano essere pazzo, brutale e feroce. E sul mito di Boo i tre recitano sempre più truculente scene e giungono perfino a tentare la sorte con rapide incursioni nel suo giardino.
La realtà degli adulti, però, farà prepotentemente ingresso nella loro vita fanciullesca, quando il padre, Atticus, avvocato di grande umanità e coraggioso civismo, sarà chiamato ad assumere la difesa d’ufficio di Tom Robinson, un bracciante di colore (un “cioccolato” come li chiamano in paese) accusato di violenza carnale ai danni della giovane Mayella Ewell. Tutti sanno che Tom è innocente e, probabilmente, l’unico a picchiare la ragazza è il padre, Robert, un alcolista sfaccendato e violento. Ma tutti sanno pure che la giuria condannerà Tom e, in Alabama, la pena per stupro è la sedia elettrica. Lo sanno tutti, eccetto i tre ragazzini. In particolare Jem e Scout, istruiti dal saggio padre, credono in un mondo in cui la giustizia sia uguale per tutti; dove non ci sia posto per una società piegata sotto desuete, contorte convinzioni che vogliono i neri sempre dediti al peccato e alla menzogna; dove questi non siano visti solo come oziosi parassiti o nemici pericolosi sempre in agguato pronti ad insidiare le donne dei bianchi. I due ragazzini non conoscono l’ottuso razzismo, la stolida acquiescenza al mito della superiorità bianca che alimenta i loro, per altri versi, civilissimi e compassionevoli concittadini. Perciò…

Come, non hai mai letto “Il buio oltre la siepe”? Questa era una domanda che mi sono sentito rivolgere tempo fa, domanda a cui ho dovuto rispondere ammettendo che, sì, non mi ero mai accostato a quel libro. Un po’ perché temevo il confronto con il bellissimo film (con Gregory Peck) che ne trasse il regista Robert Mulligan, un po’ per il tema trattato: se c’è una cosa che mi manda in bestia sono i soprusi (anche quelli solamente letterari), ma la storia si incentra proprio su un orrendo sopruso. Quindi non avevo voglia di tuffarmi in un mondo che mi avrebbe solo irritato e messo di pessimo umore. Poi il caso ha congiurato a mio favore e, trovandomi il libro per le mani, l’ho letto e ho scoperto di quanto mi sbagliassi.
La mossa vincente del romanzo è far raccontare la vicenda dalla prospettiva della dolcissima Scout, la bambina che tutti vorrebbero avere come figlia, personaggio che non si può amare sin dalle prime pagine. La sua purezza d’animo e la sua innocenza conferiscono un’aura di dolcezza e tenerezza infantile anche alle vicende più crude che, altrimenti, sarebbero solo squallide, meschine quando non crudeli e puro distillato di stolida sopraffazione.
La storia narrata da Scout è un piccolo capolavoro garbato e commovente da gustare sino alla fine che, se proprio non può essere definita lieta, è, per lo meno consolatoria, e ci dà l’illusione che, ove non giunga la giustizia fallace e parziale degli uomini, forse esista qualche intervento superiore che si industri a rimettere a posto le cose.
In uno stile che mima alla perfezione quello che potrebbe essere il modo di esprimersi di una ragazzina di otto anni, intelligente e dotata, ma pur sempre deliziosamente immatura, la storia fluisce rapida e piacevole sotto gli occhi. Anche quel certo distacco che Scout sembra conservare tra i fatti cruciali narrati, per quanto intimamente partecipati, e la sua vicenda personale è perfettamente logico e coerente, perché, per loro fortuna, i bambini sono protetti da un potentissimo baluardo che, sin quando è possibile, li preserva dall’essere troppo coinvolti in fatti dolorosi che non li travolgano troppo da vicino.

Insomma dopo le mie tante, troppe ritrosie iniziali confesso di essermi innamorato di questo romanzo perfetto nella sua invincibile semplicità.

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La Lettrice Raffinata Opinione inserita da La Lettrice Raffinata    24 Novembre, 2021
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Romanzo di formazione imprescindibile

Mi ci sono voluti parecchi anni e perfino un GDL, ma alla fine anch'io sono riuscita a leggere "Il buio oltre la siepe", classico moderno che personalmente conoscevo soltanto come titolo onnipresente nelle liste in cui si parla di critica al razzismo. Devo quindi ammettere che, pur aspettandomi un'ottima lettura, non pensavo di trovare una storia con così tanto da insegnare su temi diversi e capace di farlo con uno stile deliziosamente tagliente eppure toccante.
La storia pecca di una trama solo all'apparenza (nell'epilogo vi dovrete ricredere, come la sottoscritta!) e copre un arco narrativo di circa tre anni: di base si tratta infatti di un romanzo di formazione, incentrato sull'infanzia della giovane Jean Louise "Scout" Finch, una ragazzina molto sveglia e dotata di una sottile ironia, ma ancora ingenua quando si parla degli aspetti peggiori del mondo degli adulti, motivo per il quale si sorprende per la crudeltà con in cui vengono trattati i neri nella cittadina di Maycomb, in Alabama, nella quale vive da sempre con il fratello maggiore Jeremy "Jem" ed il padre Atticus. Quest'ultimo è un valente avvocato che verrà chiamato a difendere l'afroamericano Tom Robinson dall'accusa di aver stuprato e picchiato una ragazza bianca, evento che acquisisce sempre più rilevanza nel corso della narrazione, andando ad affiancare i resoconti dei giochi estivi con Jem e l'amico Charles Baker "Dill" Harris o le difficoltà incontrate nei primi giorni a scuola.
Come accennato, il romanzo affronta il tema del razzismo, ma non solo. Se è vero che la narrazione concede a questa critica molto spazio, in particolare per mostrare il comportamento detestabile dei benpensanti di Maycomb verso i neri che vengono praticamente ghettizzati, altrettante pagine sono dedicate alle riflessioni sul sessismo ed i ruoli di genere imposti ai ragazzi dalla società. Seguendo la crescita di Scout la vediamo infatti bacchettata a più riprese da adulti che cercano di insegnarle come si deve comportare per diventare un giorno una "signora"; per sua, e nostra, fortuna la ragazza non si lascia influenzare facilmente dalle opinioni altrui, alle quali risponde gentilmente ma a tono, e gode sempre del supporto dagli amici e dalla famiglia.
I Finch sono un altro degli elementi meglio riusciti del titolo, una famiglia meravigliosamente unita che i momenti di contrasto rendono ancor più verosimile; il loro progressismo genuino li distingue subito dal resto dei personaggi, che contribuiscono comunque a colorare la vivida ambientazione. Il libro mostra infatti una serie di comprimari e comparse ricchi di personalità e bislacche abitudini, creando un microcosmo tra città e campagna in cui viene voglia di trasferirsi, almeno per una vacanza.
A dispetto dei temi trattati, la narrazione risulta scorrevole e coinvolgente, in particolare nelle parti discorsive in cui interviene Atticus, per spronare i figli a riflettere su qualcosa oppure per declamare un'arringa in tribunale. Lo stile di Lee è un vero tasto dolente, perché è talmente piacevole leggerlo da far rabbia al pensiero che l'autrice non abbia pubblicato nient'altro per tutta la vita.
A parte l'impossibilità di comprendere la logica dietro la scelta dei soprannomi, non riesco proprio a trovare qualcosa di migliorabile in questo libro, anche se penso che un font leggermente più grande nella prossima ristampa dell'edizione Universale Economica di Feltrinelli sarebbe molto gradito ai futuri lettori.

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Rollo Tommasi Opinione inserita da Rollo Tommasi    08 Settembre, 2020
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L'aria viziata della provincia americana

Curiosa la sorte di “Il buio oltre la siepe”.
E’ uno dei libri amati da Barack Obama, che ricorda di averlo letto alle figlie quando ancora erano piccole. Prima di essere senatore e Presidente degli Stati Uniti d’America, egli è stato un avvocato specializzato nella difesa dei diritti civili, proprio come Atticus Finch, uno dei protagonisti della storia, che accetta di difendere un bracciante nero dall’accusa di aver violentato una donna bianca nella casa di lei, alla periferia della città di Maycomb.
Ma a questo libro non sono mancati accaniti detrattori: c’è chi ha letto nell’approccio dell’autrice Harper Lee una vena inconciliabile con gli intenti antirazzisti, desumibile da passi specifici del romanzo (ad esempio, quello in cui l’acuta Miss Maudie individua la fazione “progressista” del paesino in “quei pochi che in questa città sostengono che l’onestà non è solo riservata ai bianchi; quei pochi che sostengono l’eguaglianza dei processi giudiziari, quei pochi che sanno essere umili dinanzi a un negro e pensare: sarei potuto nascere negro anch’io, non fosse stato per la bontà del Signore”). Per un (recente) periodo, il civilissimo Canada ha osteggiato la lettura di questo volume.
Di che opera letteraria stiamo parlando, allora?

Se il libro ha avuto tanto successo fin dalla sua pubblicazione (1960) è perché il punto di vista sugli avvenimenti di Maycomb – cittadina di provincia nel sud degli Stati Uniti, uguale a tante altre nel sostenere e praticare la supremazia razziale dei bianchi sui neri – è quello di due ragazzi, la piccola Scout Finch (protagonista narrante) e suo fratello Jem. Perfetto escamotage per affrontare con una certa dose di levità il duplice filo narrativo: da una parte le scorrerie giovanili tipiche dei primi assaggi di libertà, dall’altra l’osservazione dei rapporti sociali (in attesa delle tristi vicende che stanno per abbattersi su Maycomb).
La scuola, i compagni di diversa estrazione sociale, l’attesa per Dill (il ragazzino vivace che compare in paese solo nel periodo estivo), le signore di mezza età e i loro giudizi inappellabili, l’albero cavo e le sue sorprese, quel personaggio misterioso che è Boo Radley, le ramanzine di Calpurnia (domestica e “governante” di casa Finch), gli ubriachi perdigiorno, l’ammirazione sconfinata per papà Atticus, che non sarà appariscente ma di sicuro è l’equilibrio fatto persona e perciò in paese è stimato da tutti. Per questa ragione, quando egli assume la difesa del nero Tom Robinson, Jem e Scout non capiscono (né accettano) l’astio che molti iniziano ad indirizzare al loro genitore. Così i due ragazzi si imboscano nel tribunale di contea per assistere all’intero processo: quel che dovranno imparare – di fronte all’evidente innocenza di Tom, per cui Atticus si batte – a loro non piacerà…

La vicenda di Tom Robinson costituisce il corpo centrale del volume, ma non lo esaurisce: non è un caso che il racconto inizi molto prima della presunta violenza su Mayella Ewell e termini ben dopo il triste epilogo di quella vicenda.
Credere che “Il buio oltre la siepe” sia un romanzo antirazzista significa sottovalutare l’altro filo narrativo del libro, quello che conduce al personaggio di Boo Radley. I bianchi di Maycomb diffidano di Tom Robinson come la “combriccola” Finch di quell’invisibile ed emaciato paesano autosegregatosi in casa.
Il tema del libro è in realtà più ampio, e riguarda la discriminazione, o, meglio ancora, la diversità. Se fosse stato Arthur “Boo” Radley ad essere attirato in casa Ewell e ad essere accusato di violenza sessuale, sarebbe cambiato il movente dei giurati di provincia ma probabilmente non il loro verdetto… e, chissà, forse la parte dell’eroe sarebbe spettata a Tom Robinson.
E’ per questo che “Il buio oltre la siepe” (pur trasposto in pellicola) potrebbe avere il suo alter ego cinematografico in un altro film americano, durissimo, intitolato “La caccia”, dove un giovane Robert Redford viene perseguitato da chi non perdona i suoi precedenti penali (niente a che fare con il razzismo, dunque: omologo di Atticus è il personaggio impersonato da Marlon Brando – anche lui un difensore della legge, nei panni di uno sceriffo –, che tenterà vanamente di salvare il ragazzo da un provincialismo ottuso e spietato).
Senza nulla togliere alla centralità del tema della segregazione razziale nel volume in commento, sembra che Harper Lee voglia avere una parola in più: la diversità si scontra con l’arretratezza, ed ecco perché le persone più illuminate di Maycomb “appoggiano” la causa di Tom Robinson in un modo che oggi fa inorridire.
In un luogo come la provincia americana del dopoguerra, il progresso è un’entità che si muove molto lentamente.
Nel 1955 – cinque anni prima della pubblicazione de “Il buio oltre la siepe” – Rosa Parks rifiuterà di alzarsi dal suo posto sull’autobus pieno per cederlo ad un bianco.
Nel 2008 – quasi cinquant’anni dopo quella pubblicazione – Barack Obama sarà il primo Presidente nero degli Stati Uniti d’America.
Il cerchio si è chiuso… anche se qualcuno stenta ancora ad accorgersene.

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LuigiF Opinione inserita da LuigiF    28 Febbraio, 2020
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DALLA PARTE DEI MOCKINGBIRDS

col vago ricordo del celebre film in mente, mi chiedevo se il romanzo sarebbe risultato stucchevolmente moralistico o, piuttosto, banalmente "heartbreaking". A lettura terminata mi accorgo che entrambi i rischi sono scongiurati grazie ad un originale taglio narrativo ed alla vividezza dei personaggi.
La narrazione è affidata alla piccola Scout i cui occhi curiosi si spalancano sul mondo sonnacchioso dell'America profonda post Grande Depressione e le cui domande schiette e dirette smascherano e denunciano senza appello ipocrisie, crudeltà e falsità di una società bigotta e razzista.
Scritto negli anni '60, il romanzo si basa sulla vera storia di un ragazzo nero ingiustamente accusato di aver stuprato una giovane donna bianca. Il suo verdetto è già scritto a priori ed il giovane sarà condannato malgrado l'evidenza dei fatti lo scagioni. Si tratta dunque principalmente di una denuncia dell'America razzista ed intollerante che tale probabilmente si mostrava anche ai tempi della scrittrice.

Nell’ immaginaria contea di Maycomb, apparentemente immobile, dove ciascuno sa tutto di tutti, sfila un carosello di personaggi alcuni dei quali forse eccessivamente caratterizzati altri invece davvero memorabili.
Tra questi ultimi mi piace ricordare il delizioso cammeo di un personaggio del tutto secondario alla narrazione. Mr Raymond e' uno spirito libero che ha sposato, lui bianco, una donna nera da cui ha avuto figli meticci. Il conseguente scandalo lo costringe a vivere segregato nel quartiere dei neri del tutto emarginato dalla società "bianca" e benpensante. Da allora Mr. Raymond si prende beffe dei perbenisti fingendosi ubriaco e si aggira per il paese attingendo un liquido scuro da una bottiglia che porta sempre con sé. Alla comunità offre sul piatto una facile e consolante giustificazione per quelli che sono invece squallidi preconcetti: l'ubriachezza come ovvia causa della scandalosa unione. Al contempo, nel riso amaro con cui irride i compaesani sorseggiando semplice Coca Cola, sta la sua piccola grande rivincita. Il suo segreto sara' rivelato soltanto alla piccola Scout ed al fratello Jem.

Trovo che il titolo originale inglese, "To kill a mockingbird", sia assai più efficace rispetto a quello italiano al punto da chiedermi perché mai non sia stato mantenuto. Il mockingbird è un uccellino americano, simile ai nostri passeri, qui assunto a simbolo dell'innocenza. Unico suo compito e scopo è quello di recare gioia al mondo col suo canto festoso. Uccidere o ferire un "mockingbird" è dunque peccato doppio e contro natura. Il negro Tom incriminato ingiustamente, l'instabile recluso Boo Radley, il piccolo orfano Dill e persino alcuni personaggi secondari (lo stesso Mr. Raymond sopra citato) sono tutti in qualche modo mockingbirds: colpirli, offenderli o addirittura ucciderli è colpa doppiamente grave.

"Il buio oltre la siepe" è pure romanzo di formazione. Nel corso dei due anni in cui si sviluppa il racconto, Scout, il fratello Jem e l'amico Dill, crescono rapidamente. Dai giochi infantili, con quel miscuglio di attrazione e paura che sospinge i bambini a sfidare il pericolo e l'ignoto, i piccoli protagonisti vivono il traumatico incontro con le ingiustizie e le meschinità del mondo degli adulti ed approdano infine ad una maturità che si esprime in una nuova saggezza acquisita. Di tale saggezza è Scout stessa a dar prova, quando nel finale, placa il travaglio del padre combattuto tra le ragioni del cuore e l'innato rigore etico, con la disarmante constatazione che i diritti dei mockingbirds vengano sempre prima di qualsiasi dovere civile.

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Mian88 Opinione inserita da Mian88    12 Agosto, 2019
#1 recensione  -   Guarda tutte le mie opinioni

Una storia di uguaglianza, umanità e non discrimin

«Fino al giorno in cui mi minacciarono di non lasciarmi più leggere, non seppi di amare la lettura: si ama, forse, il proprio respiro?»

Quando le vicende hanno inizio Jean Louise Bullfinch, detta Scout, non è altro che una bambina di sei anni (nove a conclusione del componimento) con un fratello maggiore, Jem, di circa quattro anni più grande, un corteggiatore di nome Dill e un padre, Atticus, vedovo, avvocato per professione, uomo di grande umanità, correttezza e morale che per quanto sia impegnato con il lavoro trova sempre il tempo da dedicare ai suoi figli. La vita scorre con la quiete della campagna, siamo a Maycomb negli anni Trenta, la grande depressione ha piegato gli Stati Uniti e il principale divertimento dei bambini è quello di scrutare oltre quella siepe, luogo dove è sita una casa abitata da un uomo di cui non conoscono le sembianze. Sanno chiamarsi Arthur Reynolds, detto Boo, conoscono a grandi linee la sua storia, il resto lo hanno inventato con la loro immaginazione così da rendere quell’abitazione un luogo misterioso e tutto da scoprire, un luogo dove i segreti più reconditi giacciono tra le paure più terrificanti. Ma il tempo passa, è ora di andare a scuola, è ora di crescere tanto per i bambini quanto per gli adulti. E come ben sa Atticus, prima o poi nella vita di ogni avvocato quel caso ostico e capace di coinvolgere la sfera personale oltre a quella legale arriva. Tra tutti quest’ultimo è stato nominato difensore di Tom Robinson, venticinquenne accusato di uno dei crimini più nefasti e soprattutto uomo di colore. Atticus farà l’impossibile per difenderlo al meglio e per proteggere la sua famiglia fornendola e munendola degli strumenti culturali necessari ad affrontare l’imminente “buio” ma quel che ha di fronte è un ostacolo ben più grande di lui e che lo porterà a mettere in discussione tutto quel in cui ha sempre creduto.

«Perché non sono né carne né pesce. La gente di colore non li vuole perché sono mezzi bianchi; i bianchi non li vogliono perché sono quasi negri, e così loro stanno in mezzo e non sanno con chi andare.»

Tante sono le tematiche trattate da Harper Lee in questo libro denso di significato e narrato dalla voce della piccola Scout (una curiosità forse già nota: nella prima versione dell’opera - e mai approvata dall’editore - la narratrice indossava i panni di una donna adulta di circa 26 anni. L’editore fece presente all’autrice che il componimento avrebbe avuto una maggiore forza con la protagonista bambina e da qui è nata l’opera di cui al commento e a cui è seguito “Va, metti una sentinella” edito nel 2015 e consistente proprio in quella stesura al tempo non pubblicata). Problematiche che vanno dal pregiudizio all’ipocrisia, passando per le meschinità di una società cruda e chiusa in schemi precostituiti e anche fortemente discriminatoria nei confronti delle persone considerate quali diverse. A far da cornice alle vicende personaggi solidi e così ben delineati da risultare sinceramente veritieri e tangibili con mano. Personalmente ho sinceramente amato Atticus, la sua forza d’animo, la sua purezza d’animo e tutti gli insegnamenti di cui ha reso destinatari i suoi figli. Ciascuno è inoltre espressione del tempo e degli usi e costumi che caratterizzavano la società rurale che a breve sarebbe stata sconvolta altresì dall’avvento della Seconda Guerra Mondiale. Quest’ultimo grave conflitto rende ancora più evidente il profondo clima di razzismo e di contraddizione della collettività in particolare, sono rimasta colpita dal passo in cui la stessa maestra che condanna Hitler per la sua persecuzione, condanna Tom Robinson per il crimine di cui è accusato ma per il quale non è stato ancora condannato.
Il fatto inoltre che le vicende siano narrate con gli occhi di una bambina permette di osservare le circostanze da una prospettiva diversa, ulteriore e soprattutto a trecentosessanta gradi. Il risultato è quello di un mondo ottuso in cui l’ignoranza, il male, la paura, il preconcetto, il timore di colui che non riconosciamo come nostro pari o a cui attribuiamo il ruolo di nostro nemico e/o autore dei nostri insuccessi è descritto con perfetta maestria. Un “buio”, questo, che devasta, che chiude, che può trascinare l’uomo nell’oscurità più profonda.
“Il buio oltre la siepe” è un romanzo di grande attualità, dai contenuti inestimabili e di grande insegnamento. È uno di quei libri del passato che oggi come oggi a maggior ragione tutti dovrebbero leggere e rileggerne per cogliere e ricordare di quegli insegnamenti del vivere e del vivere collettivo e solidale che sembrano essere stati, troppo spesso, dimenticati. Perché talvolta guardare la realtà percepita con quel pizzico di innocenza di un bambino rende liberi dalle catene mentali e da quelle preclusioni e da quei timori dell’ineguale e rendono possibile immaginare e sperare di poter costruire un mondo e un futuro migliore.

«Atticus si era servito di tutti i mezzi a disposizione degli uomini liberi per salvare Tom Robinson, ma nei tribunali segreti dei cuori degli uomini non aveva alcuna probabilità di vincere. Tom era morto nell’attimo stesso in cui Mayella Ewell aveva aperto bocca e urlato.»

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Erich28592 Opinione inserita da Erich28592    05 Gennaio, 2018
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Il coraggio di comprendere

“Aver coraggio significa sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare, e cominciare egualmente e arrivare sino in fondo, qualsiasi cosa succeda. È raro vincere, in questi casi, ma qualche volta succede.”

Atticus Finch è un padre di famiglia paziente e di rara sensibilità, nonché un integerrimo uomo di legge.
Un uomo di colore, Tom Robinson, viene ingiustamente accusato di violenza carnale nei confronti di una giovane ragazza bianca, e ad Atticus viene assegnata la difesa d’ufficio dell’imputato afroamericano.
Siamo in Alabama, uno degli stati più conservatori d’America, negli anni bui della Grande Depressione. Nonostante queste cupe premesse, il romanzo risulta carico dell’entusiasmo e della curiosità della piccola Scout, figlia minore di Atticus, nonché voce narrante dell’intreccio.
“Il buio oltre la siepe”, a ben vedere, è soprattutto una finestra sulla fine dell’infanzia della piccola Scout, che passerà ben presto dai pomeriggi trascorsi a giocare con il fratellino Jem e l’amico Dill all’aula di tribunale dove il padre tenterà in tutti i modi di evitare al povero Tom Robinson una fine orribile: è in questo luogo che la piccola si renderà conto, grazie alla semplice ma disarmante logica tipica dei bambini, che c’è qualcosa di profondamente ingiusto nella doppia morale di chi le sta attorno.

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L’ignoranza genera pregiudizi, i pregiudizi generano paura; le nostre paure cessano di essere tali nel momento in cui siamo disposti ad affrontarle: “Non riuscirai mai a cambiare le persone limitandoti a parlare bene, bisogna che siano loro a desiderare di imparare”.

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68 Opinione inserita da 68    15 Dicembre, 2017
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Discriminazione immotivata ed amore disinteressato

“ Il buio oltre la siepe “, titolo italiano che sintetizza la paura dell’ ignoto ed i pregiudizi verso “ il diverso ”, è un romanzo con una trama semplicemente complessa ed una scrittura scorrevole e lineare.
Narrato in prima persona dall’ adulta Jane Louise “ Scout “ attraversa un arco temporale di tre anni ( all’ epoca aveva 9 anni ) ed e’ ambientato a Maycomb, immaginaria cittadina dell’ Alabama, durante la grande depressione degli anni ‘30.
Il racconto ripercorre scene di semplice vita famigliare, i giuochi d’ infanzia di Scout con il fratello Jem e l’ amico Dill ( in lui si cela la figura di Truman Capote, amico d’ infanzia della autrice ), l’ odio per la scuola, l’ inquietante ed enigmatico fantasma di Boo Radley , la malvagità di Bob Ewell , il complesso ed amorevole rapporto con il padre, l’ avvocato Atticus Finch, la figura generosa e saggia della governante Calpurnia.
Questa è la contea di Maycomb, un’ area agricola di un paese bruciato dal sole ed in cui non esistono stagioni definite, in cui l’ odio razziale è congenito, le donne hanno il dovere di tacere, gli uomini si nutrono di alcool, violenza gratuita e giustizia ad personam, ed ogni diritto umano pare da sempre estirpato ed estinto.
È qui che ha luogo l’ incredibile destino di Tom Robinson, nero ingiustamente accusato dello stupro di una ragazza bianca e per questo mandato a processo. Atticus Finch ne diverrà il difensore d’ufficio e tenterà di dimostrarne l’ innocenza contro il credo di una intera comunità e le infauste conseguenze annunciate.
Oltre una vicenda toccante emerge la purezza di un universo infantile ben presto disilluso e contaminato, assediato da incomprensione e noncuranza, votato ad una prematura maturità e ad un senso della Legge che si oppone a tradizioni obsolete, falsi moralismi, odio indiscriminato, perché in questo mondo profondamente ingiusto il tribunale rimane l’ unico luogo di pari opportunità.
Ecco che dopo una prima parte che sancisce l’ essenza dei personaggi, in un viaggio dell’ infanzia ( alla Huckleberry Finn anche se non con lo stesso piglio narrativo ) condito da giochi, sogni ed ironia ma inserito in un mondo di adulti e sottoposto a rigide regole comportamentali e di decoro, nella seconda parte la trama decolla nella teatralità del processo ed in un maniacale desiderio di vendetta.
Personalmente ho preferito questa parte, meno idealista e messianica, e ritengo le pagine di scambio e costruzione processuale l’ apice narrativo del romanzo.
Scout è un maschiaccio con la purezza innocente e giocosa dell’ infanzia, una strana saggezza impensabile per la sua età ( elemento simbolico ) ed una lucidità pensante contrapposta ai mali del mondo.
Atticus è la Legge nella propria accezione più pura, con una coscienza vivida ed una certa dose di pacatezza. È un uomo ed un padre singolare, non beve, non fuma, non pesca, legge, ma soprattutto e’ “ l’ avvocato dei negri “.
E poi innumerevoli personaggi a contorno espressione di un universo difforme e dicotomico, intriso di odio ed amicizia, innocenza e brutalità, tolleranza ed ignoranza.
Varie citazioni tra le righe, alcune un poco forzate e scontate a rilanciare un certo pathos in un luogo che pare privo di qualsiasi senso di umanità. Ed allora …” non possiamo capire una persona sino in fondo fino a quando non consideriamo le cose dal suo punto di vista…”, e ….” quella preoccupazione per il futuro che impedisce agli uomini di vivere il presente “… così come …non sappiamo mai bene le cose che succedono alla gente, i segreti che si nascondono dietro le case e le porte chiuse... “
Ma…” è doveroso tenere sempre la testa alta, non badare a quello che dice la gente ed imparare ad abbassare i pugni, lottando con la testa così come …” la coscienza è l’ unica cosa che non è tenuta a rispettare il volere della maggioranza ed …”il coraggio non è un uomo con un fucile in mano, ma quando sai di essere battuto prima di cominciare... “
Questo è l’ universo di Atticus e l’ insegnamento che Scout respira a pieni polmoni. Lei vive bene in questo mondo, con un padre che inizialmente aveva creduto capace di niente e che impara a conoscere, un uomo che le insegna che è sbagliato odiare chiunque, che c’è un solo tipo di gente, “ la gente “, e che nessuno nasce istruito, ma tutti devono imparare.
Questa è Maycomb, un angolo di semplice banale quotidianità e ricca complessità relazionale.
Una storia che alterna asciutte descrizioni a momenti di lirismo insperati, personaggi crudi che odorano della terra che brucia e che respirano della propria essenza.
Un linguaggio essenziale ma che sa anche essere poetico, un bel romanzo d’ insieme, pur non raggiungendo, a mio avviso, apici di scrittura e grandezza letteraria, come sovente si è letto e scritto.









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Cathy Opinione inserita da Cathy    15 Settembre, 2016
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"Come uccidere un merlo"

"I merli non fanno niente di speciale, ma fa piacere sentirli cinguettare. Non mangiano le sementi nei giardini, non fanno il nido nelle madie, non fanno proprio niente, cinguettano soltanto. Per questo è peccato uccidere un merlo."
Il titolo originale di questo romanzo, "How to kill a mockingbird", è stato modificato nell’edizione italiana in "Il buio oltre la siepe". In entrambi i casi si tratta di una metafora. Nel titolo originale il concetto espresso è che fare del male in qualunque modo ad una creatura innocente e indifesa è un peccato imperdonabile, come, ad esempio, uccidere un merlo. Il titolo italiano, invece, allude a ciò che ci è vicino, appena oltre la “siepe” che delimita il nostro mondo piccolo e ben noto, ma che non conosciamo e di cui abbiamo paura.
Siamo a Maycomb, Alabama, nel profondo Sud degli Stati Uniti, durante una calda estate degli anni Trenta. Jean Louise Finch, detta “Scout”, ha cinque anni e trascorre le vacanze a giocare insieme al fratello maggiore Jem e all’amico Dill nella strada residenziale dove vive. A dispetto dell’elegante nome di battesimo che le hanno affibbiato, Jean Louise è un vero maschiaccio: va in giro in pantaloni, detesta giocare con bambole e tazzine e scandalizza la famiglia azzuffandosi con altri bambini e sbraitando parolacce di cui non conosce il significato. Oltre la “siepe” della famiglia Finch, appena due case più in là, c’è la misteriosa casa dei Radley, abitata da una famiglia bizzarra e piena di segreti. Si dice che uno dei Radley, Boo, non esca di casa da anni e si sia trasformato in un mostro che mangia gatti e scoiattoli e uccide chiunque osi varcare il limite della sua proprietà. Tutti i bambini del vicinato sono terrorizzati da casa Radley, al punto da non osare passarci davanti se non di corsa e senza guardarla, e Jem e Scout non fanno eccezione.
Ma oltre le siepi ben tenute delle case di Maycomb non c’è soltanto lo spaventoso Boo Radley: quando il padre di Scout e Jem, Atticus Finch, assume la difesa d’ufficio di Tom Robinson, un giovane uomo di colore accusato ingiustamente di aver violentato una bianca, agli occhi dei due bambini si spalanca un mondo di pregiudizi, violenza, menzogna, omertà. Avvocato onesto e brillante e uomo di profonda intelligenza e sensibilità, Atticus Finch - uno dei migliori personaggi letterari mai creati - riesce a dimostrare l’innocenza dell’accusato, ma per Tom Robinson è troppo tardi: la società ipocrita e benpensante di Maycomb ha già emesso la sua inappellabile sentenza di condanna.
L’intera vicenda è narrata in prima persona dalla piccola Scout, che con il medesimo stile fluido e vivace racconta i giochi dell’infanzia, i piccoli eventi quotidiani, le storie di mostri e fantasmi scambiate con Jem e Dill, le mille spedizioni alla casa dei Radley per dare un’occhiata al terribile Boo, le serate trascorse ad imparare a leggere con Atticus, ma anche i pregiudizi, le ipocrisie, le piccole e grandi meschinità di una società chiusa e conservatrice che culminano nel processo a Tom Robinson, evento del quale Scout è testimone diretta. Attraverso il suo sguardo innocente e privo di filtri, e dunque molto più acuto e onesto di quello di un adulto, il piccolo, ottuso mondo in cui vive e la stessa natura umana si mostrano per ciò che sono nel bene e nel male: dominati dall’ignoranza e dalla paura, con qualche punto di luce, di tanto in tanto, a rischiarare il “buio”, quello vero, che esse stesse creano intorno a sé.
Vincitore del Premio Pulitzer nel 1969, "Il buio oltre la siepe" è un romanzo di sconvolgente attualità, capace di trasmettere con efficacia valori fondamentali e universalmente validi in ogni tempo. Un racconto dalla forza straordinaria nella sua semplicità, che resta impresso nella mente del lettore e invita ad osservare la realtà così come la osserverebbe Scout, liberi dai pregiudizi e dalla paura del “diverso” e senza mai smettere di credere nella possibilità di costruire un mondo migliore.

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martaquick Opinione inserita da martaquick    26 Agosto, 2016
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UNA STORIA CHE INSEGNA

Il buio oltre la siepe è un libro letto e commentato da moltissime persone com'è giusto che sia perchè è davvero una piccola ma grande sorpresa, quindi non mi dilungherò con descrizioni ma voglio condividere la mia opinione.
Sinceramente le prime 90 pagine non mi avevano coinvolto molto e per fortuna mi sono ricreduta quasi subito raggiungendo la metà del libro e adesso posso dire che è meraviglioso!
La storia della piccola Scout e la sua famiglia, il padre Atticus uomo di legge e suo fratello maggiore Jem, insegna di più di molti libri scolastici e ti rimane dentro, fa riflettere profondamente.
Un racconto fatto di diversità tra razze e religioni e modi di vivere che spaccano una società che si sta formando negli anni '30 del 1900 e un grande esempio di umanità da parte di un avvocato bianco che decide di difendere la causa di un ragazzo di colore.
La figura di Atticus come padre credo sia quello che vorrebbero tutti i giovani che stanno crescendo e ho profondamente amato questo personaggio, un uomo di sani principi e di alti ideali che vive in modo modesto e prendendosi cura dei suoi figli è un'immagine bellissima da assorbire.
La piccola Scout, una ragazzina così vivace e brillante, fa tenerezza nella sua ultima fase di ingenuità che precede l'adolescenza e quindi con la semplicità che hanno solo i bambini non capisce pienamente alcuni concetti e reagisce a modo suo agli avvenimenti della sua vita e ne sono rimasta estasiata, e le avventure alla scoperta del suo vicino di casa che non si fa mai vedere, Boo Radley, mi ricordano i giochi che facevo io con i miei amici di vicinato alla scoperta di tutto quello che ci stava attorno.
Ho sentito dire che vorrebbero introdurre questo libro come lettura scolastica e credo che sarebbe una bellissima idea, un libro così può solo che far bene nelle giovani menti di oggi.
Lo consiglio veramente a tutti sia giovani che persone più mature

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Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    28 Aprile, 2016
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Diversità tangibili eppure inesistenti

Diciamo la verità, un libro non viene proclamato "capolavoro" all'unanimità senza un motivo. "Il buio oltre la siepe" tratta temi scottanti in un modo che definirei molto intelligente. Lo stile dell'autrice è piacevole, mai pesante, lascia che la storia scorra in maniera fluida e ininterrotta. Harper Lee esprime egregiamente la mentalità degli uomini dopo la Grande Depressione, quello che era il loro modo di agire e pensare in quel periodo storico. Lee riesce anche a caratterizzare i suoi personaggi donandogli l'esatta mentalità di abitanti di una piccola città, l'immaginaria Maycomb dell'Alabama, nella quale è ambientato il romanzo. Sembra di rivivere quei tempi, di trovarsi in un luogo simile, di respirare la stessa aria dei protagonisti. E' chiaro che l'autrice ha attinto a piene mani dalle proprie esperienze di vita.

Tramite le vicende della famiglia Finch e per mezzo degli occhi della sua componente più giovane, Jean Louise detta Scout, ci ritroveremo nel bel mezzo della "tranquilla" Maycomb, popolata dai suoi abitanti così diversi tra loro. I tempi duri sono appena finiti, eppure c'è ancora qualcosa di triste, nell'aria. La popolazione di Maycomb è pregna di pregiudizi e divide sé stessa in due fazioni fondamentali, nel modo in cui si è sempre divisa l'umanità e tristemente ancora oggi spesso si divide, anche se meno marcatamente. Uomini dalla pelle bianca e uomini dalla pelle nera.
Eppure differenza reale non c'è, non c'è mai stata, se non per quello che è il colore della pelle.
Solo due tipi di esseri umani riescono a superare le barriere di questa "differenza", e sono gli uomini assennati e quelli non ancora cresciuti. E' tramite personaggi di tal sorta, come Atticus e Scout, che Lee ci rende spettatori dell'insanità dell'essere umano, della sua testardaggine nel considerare diverso e addirittura inferiore quello che in realtà non lo è. Fummo creati tutti esseri umani, allo stesso livello. Nessuno nasce diverso dall'altro, a nessuno spettano meno diritti che a un altro. Eppure, in nome di convinzioni errate e ideali folli, l'uomo riesce a farsi carnefice del proprio fratello, a giudicarlo, a segregarlo, a ucciderlo.
C'è qualcosa di tremendamente sbagliato nella natura umana, qualcosa di innato che lo porta a essere crudele nei confronti dell'apparente diversità, e non si tratta soltanto del colore della pelle, ma di qualsiasi cosa che ci possa distinguere in maniera sensibile dalla massa.
Forse soltanto quando sapremo sopprimere questi ignobili sentimenti, la vita su questa Terra potrà essere considerata migliore.
Un romanzo che emoziona, fa riflettere e che una volta chiuso ti lascia dentro qualcosa di tangibile.

"Voi conoscete la verità, e la verità è questa: alcuni negri mentono, alcuni negri sono immorali, alcuni negri non possono essere lasciati accanto alle donne, nere o bianche che siano. Ma questa è una verità che si può applicare a tutta la razza umana e non a una particolare razza di uomini. Non esiste una persona, in quest'aula, che non abbia mai detto una bugia, che non abbia mai fatto una cosa immorale, e non esiste un uomo al mondo che non abbia mai guardato una donna con desiderio!"

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L'amico ritrovato
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catcarlo Opinione inserita da catcarlo    26 Settembre, 2015
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Il buoi oltre la siepe

Harper Lee è un caso evidente di one-hit wonder letterario, ma bisogna essere grati a Truman Capote (la cui figura di bambino è tratteggiata nel romanzo con le sembianze dell’irrequieto Dill) che consigliò all’amica di mettere per iscritto i ricordi giovanili. Così, romanzando le memorie dell’infanzia, la scrittrice dell’Alabama ha assemblato questa storia in cui combina un racconto di crescita nel quale si trovano molte eco di Mark Twain con una sincera passione civile rappresentata da Atticus Finch, personaggio che Lee ha ricostruito attorno alla personalità del proprio vero padre (e al quale è quasi impossibile non dare l’aspetto di un occhialuto Gregory Peck). All’inizio degli anni Trenta, Scout vive con il padre avvocato e il fratello maggiore Jem in un piccolo centro agricolo dell’Alabama nel momento in cui la Depressione si profila all’orizzonte, ma non ha ancora colpito: l’amico Dill li raggiunge d’estate e insieme vivono le classiche avventure da ragazzi, con una particolare attenzione per il recluso vicino di casa Arthur ‘Boo’ Radley. L’inizio della scuola per Scout è una variante nel tran-tran, ma ciò che ne sconvolge davvero la vita fino a quel momento spensierata è la difesa di un nero, accusato di aver violentato una donna bianca, assunta da Atticus. I ragazzi vanno così a sbattere contro la grettezza e la chiusura mentale degli adulti, ma il confronto – anche con conseguenze dolorose – li fa (ovviamente) crescere liberandoli al contempo da ogni pregiudizio. La narrazione in prima persona prende per mano il lettore con decisione e lo trasporta in un’America rurale in cui tutti si conoscono, ma in cui le divisioni sociali sono quasi di casta (i cittadini, i contadini, i negri): le peripezie dei tre ragazzi, sebbene si configurino come una sorta di lunga ‘introduzione’ alla storia vera e propria che inizia con il processo, sono forse la parte più gustosa del libro. In essa, le scoperte di ogni giorno assieme alle piccole e grandi fissazioni tipiche dell’età sono raccontate con un ritmo e un equilibrio davvero mirabili (da cui le malelingue su Capote che non si è limitato a consigliare) che spingono a voltar pagina anche laddove sembra non succedere nulla aiutandosi magari con qualche ben posizionato spunto umoristico: al confronto, lo scorrere della seconda parte è un po’ meno brillante, ma senza per questo intaccare la capacità di coinvolgere il lettore. Tale coinvolgimento fa sì che solo a mente fredda si possano individuare alcuni difetti nella manichea suddivisione tra buoni e cattivi - con la linea di demarcazione che corre netta fra chi vive in paese e chi sta nelle campagne – oppure nella popolazione nera tenuta ai margini della storia come a quelli del centro abitato, ma sono aspetti che scalfiscono solo in minima parte un testo che si dimostra efficace come quando uscì oltre cinquant’anni fa. I lustri passati suppongo incidano, invece, sulla traduzione, a opera di Amalia D’Agostino Schanzer, dell’edizione che ho letto: strappano più di un sorriso Halloween che diventa festa d’Ognissanti e la musica country resa – alla lettera - come campagnola

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Anna_Reads Opinione inserita da Anna_Reads    27 Luglio, 2015
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Scout, Scarlett

Harper Lee - Il Buio oltre la Siepe

(Questo libro è una ri-lettura di gruppo e segue il vituperato "Leggere Lolita a Teheran".
Inoltre per motivi che ignoro, il mio cervello lo ha associato a Via Col Vento di Margaret Mitchell; averli letti tutti e due facilita la comprensione, ma non è fondamentale).

SPOILER - SPOILER - SPOILER - SPOILER– SPOILER– SPOILER– SPOILER– SPOILER–

Margaret Mitchell, in Via col Vento, riferendosi all'epoca in cui ambienta il suo romanzo (gli anni intorno alla Guerra di Secessione), dice più o meno che nessuna era stata più ostile di quella alla "spontaneità femminile".
Abbiamo letto "Il Buio" dopo "Leggere Lolita a Teheran" e non ho potuto fare a meno di notare le profonde somiglianze fra le nostre trisnonne (americane e non) e le loro nipoti iraniane. Poco importa che le prime fossero sottoposte a convenzioni che "esaltavano" il corpo femminile, mentre le seconde ad altre che lo "nascondono". Busti, veli, corsetti, fasce per i piedi, tacchi alti e torture varie per me "pari sono". Vero che alcune pratiche sembrano scelte "spontaneamente", ma sulla spontaneità di vedere bambine con lo smalto sulle unghie, biancheria vezzosa, capelli lunghissimi e pendenti alle orecchie io ho molto da eccepire.
Ma va be'.
Il Buio Oltre la Siepe è ambientato nel 1935, anni dopo, ma ancora nella "scia" del periodo di Scarlet/Rossella, di quella società e di quel tipo di mentalità. Le signore di Maycomb mettono ancora il busto (ma solo alla domenica), si scambiano visite, si preoccupano di tradizioni familiari, di quanto tempo una famiglia sia legata ad un determinato pezzo di terra, di pettegolezzi, giardinaggio e facezie simili.
Da tutto questo è (momentaneamente) indenne la piccola protagonista del romanzo, Jane Luise Finch, detta Scout. Bimbetta di 6 anni, orfana di madre, con un papà avvocato, affettuoso ed un tantino sopra le righe, un fratello maggiore di 12 anni, Jem, una bambinaia, Calpurnia.
L'autrice, attraverso la narrazione in prima persona da parte di Scout, riesce a creare un personaggio fresco e vivace, solo a tratti un tantino petulante e saccente (ahimè nel film questo equilibrio non riesce affatto, ri-va be').
Dal punto di vista privilegiato dello sguardo di Scout vengono descritte le vicende della piccola città di Maycomb.
E cominciamo col venire a sapere che il prestigio che conferisce – per la comunità – la nascita a Maycomb è dovuto alla furberia di un vecchio oste. Che lo stesso prosperare della città è stato causato da un gruppo di funzionari ubriachi.
Tutte le volte in cui all'autrice riesce questo gioco, il romanzo vola veramente alto.
Scout descrive le cose senza dare un giudizio, perché così sono e così le conosce. Noi adulti, invece, abbiamo il privilegio di rifletterci su.
In "Via col Vento" (e poi la pianto con i parallelismi fra i due romanzi) lo stesso concetto (cioè che sia assurdo attribuire particolare valore all'essere nati in un posto piuttosto che in un altro, così come lo sia essere particolarmente legati ad un pezzo di terra piuttosto che ad un altro) viene veicolato da Rhett, che fa una lunga tirata contro gli Irlandesi e la loro "infernale razza". Questo è un po' un punto dolente di molti libri: la differenza fra veicolare un messaggio attraverso quello che succede (Harper Lee) e bloccare un personaggio in scena e fargli fare uno spiegone (Mitchell, Nafisi, Williams in Butcher's Crossing…).
Ma torniamo a Maycomb.
Famiglie povere, ma dignitose, famiglie povere e corrotte ("straccioni bianchi" avrebbe detto Mamy), famiglie "bene", famiglie con qualche grossa "vergogna" da nascondere, eccentrici outsider, cariatidi della Confederazione, new entry, dame pettegole, simpatiche zitelle.
Tutti bianchi.
L'unico personaggio di colore che viene conosciuto ed approfondito è Calpurnia.
Che diventa uno dei miei preferiti, insieme a Miss Maudie (ma qui – temo – parta decisamente l'identificazione ;) ).
La vita tranquilla di Scout e Jem viene dapprima movimentata dall'arrivo di Dill (e anche qui mi chiedo: perché questo ragazzino, così adorabile, nel film diventa un mostriciattolo smorfioso ed intollerabile e pure con la /r/ moscia?), poi dall'inizio della scuola di Scout, che decisamente non è dei più piacevoli. Il polo di interesse dei bambini è la misteriosa e vicinissima casa dei Radley, dove vive – senza uscire mai – Boo. Si dice che Boo abbia ferito il padre con un paio di forbici e sia stato rinchiuso per un certo periodo. Al momento però vive segregato in casa senza uscire mai.
I bambini sono terrorizzati e – ovviamente – attratti dalla casa tetra e dalla misteriosa figura di Boo. Jem, di nascosto dalla sorella, comincia anche una sorta di bizzarra corrispondenza con Boo, che gli lascia piccoli oggetti nel cavo di un albero.

La vita della piccola comunità viene sconvolta da Maybella Ewell (bianca, per quanto "stracciona") che accusa Tom Robinson (nero, per quanto "rispettabile") di averla violentata.
Atticus Finch viene nominato difensore d'ufficio di Tom.
Appare evidente da subito che lo "stupro" sia un maldestro tentativo - fallito - di seduzione da parte di Maybella (che è costretta a subire le "attenzioni" del padre).
Ed è evidente che tutti ne siano consapevoli. Giudice, giuria, pubblica accusa, pubblico in aula (tutta la comunità è presente, compresi i figli di Atticus e Dill).
Molto chiaramente appare subito che il punto non è se Tom Robinson sia colpevole o meno (è evidente che non lo sia), me se una giuria di Maycomb, nel 1935, sarà disposta a dichiarare che una donna bianca ha adescato un uomo di colore.
Ed appare da subito abbastanza chiaro che non lo sarà.
Atticus non si fa illusioni su questo. Quello che spera è di un tempo di delibera abbastanza lungo che gli dia qualche possibilità in Appello.
Atticus non si fa illusioni, ma i bambini della storia sì (in realtà veniamo resi partecipi del punto di vista di Jem e di Dill, dal momento che Scout, come voce narrante, giustamente, narra i fatti con pochissime sbavature ed "intromissioni").
Jem, che è il più grande ed incarna lo spirito "illuminista" e razionale è certo dell'assoluzione.
Dill, invece, incarna gli aspetti più emotivi ed empatici. Uno dei brani che preferisco è la sua uscita fuga dal tribunale, in lacrime, durante il contro-interrogatorio della pubblica accusa.
"Lo so, lo so, Scout: era il modo che aveva di parlare con lui che mi ha fatto star male: proprio male! (…) Non faceva così con gli altri! Il Signor Finch non ha fatto mica così Maybella e il vecchio Ewell quando li ha interrogati. Quel modo che aveva di dire "giovanotto" e di schernirlo (…)"
"Be' Dill, dopo tutto non è che un negro!" (è Scout a parlare)
"Non me ne importa un fico secco. Non è giusto, ti dico che non è giusto trattarli in questo modo. Nessuno ha il diritto di parlare a una persona in quella maniera… è una cosa che mi fa stare veramente male!"

E mi scuserete la lungaggine, ma poche righe dopo abbiamo l'apparizione di un'altra piccola ed amata meteora: Dolphus Raymond. Anche lui bianco e benestante che ha deciso di vivere in mezzo ai neri. Ha fama di essere un ubriacone, ma in realtà…
"Vuoi dire perché faccio finta di bere? Be' è molto semplice, a molta gente non piace… il modo in cui vivo. Potrei anche mandarli al diavolo dicendo che me ne infischio se a voi non piace il mio modo di vivere; ma mi limito ad infischiarmene senza mandarli al diavolo (…) in altre parole, cerco di dare loro una buona ragione per criticarmi. Vedete, la gente si sente meglio se può attaccarsi a qualche valida scusa. Quando vengo in città, cosa che accade di rado, se mi vedono barcollare e bere da questo sacchetto (che contiene CocaCola, ndA), possono dire che Dolphus Raymond è ubriaco, e per questo si comporta così…"
Dopo una camera di consiglio abbastanza lunga, Tom viene condannato. Atticus è speranzoso per l'appello, ma poco tempo dopo, Tom tenta la fuga dal carcere e viene ucciso.
La narrazione di Scout prosegue ancora un poco, per raccontarci del tentativo di vendetta del padre di Maybella (che vuole punire di Atticus che ha "svergognato" la figlia, colpendo i suoi bambini) e del salvataggio da parte di Boo Radley.
Questa parte è molto tenera e fra l'altro ci spiega il perché del titolo originale "To Kill a Mockingbird" (e qui ci sarebbe da aprire un altro topic sulla traduzione. "Mockingbird" è il "mimo settentrionale" una specie di tordo diffusa in America. In genere tradotto come "usignolo" – ad esempio nel film – nella mia edizione Feltrinelli diventa "merlo". Il punto è che si tratta di uccelli innocui e che cantano in modo piacevole; e per questi motivi sia un peccato ucciderli; di più un'inutile crudeltà).
Boo salva Jem da Ewell e lo uccide. Naturalmente si tratterebbe di legittima difesa, ma lo sceriffo (inizialmente conto il parere di Atticus) insiste sulla fatalità: il vecchio è caduto sul suo stesso coltello. Se si venisse a sapere la verità la vita schiva e riservata di Beau sarebbe sconvolta.
Sarebbe come uccidere un usignolo (merlo/tordo), una crudeltà inutile come lo è stata la morte di Tom Robinson.

Rilettura di un libro bello e molto amato.
Sia per il contenuto veicolato (l'ormai famigerato "messaggio") sia per le qualità della narrazione.
La scelta del punto di vista di una bambina permette all'autrice di narrare in modo vivace, ironico e pieno di "stupore" quello che accade, senza dover dare un giudizio su di esso.
Personalmente trovo molto difficile che un autore riesca a "rendere" bene i bambini, nelle narrazioni. O paiono finti, o sembrano saputelli o sono… odiosi.
Harper Lee riesce a creare un personaggio vero, magari un tantino saputello sì, ma come lo sono a volte i bambini. A Scout vuoi bene. Io sicuramente più a Dill e a Jem, ma comunque anche a lei :)
Quello che mi piace di questo libro è proprio il comunicare tanto attraverso la narrazione, senza spiegoni e moralismi.
È così che dovrebbero funzionare le storie.

Ahimè, non posso dire lo stesso del film (che non avevo mai visto fino ad oggi).

So che molti lo amano, ma a me non è proprio piaciuto.
Al di là di Gregory Peck che mi convince poco, come attore, ma le scelte di sceneggiatura e il doppiaggio italiano (pessimo davvero), hanno cagionato più di uno sbadiglio. A parte Jem, i bambini son piuttosto odiosi (in particolare Dill… perché?), il "miracolo" di Scout, voce narrante e personaggio non riesce e la bambina, imho, è piuttosto insopportabile (petulante e so-tutto-io).
La scelta di concentrare tutti gli eventi in pochissimo tempo (Tom muore il giorno stesso del processo), secondo me non è stata azzeccata e, per contro, il film è lento e poco coinvolgente (sempre imho, come tutto il resto).
Quindi adesso ripenserò personalmente ad un cast adeguato per un remake :D


PS Harper Lee era amica di Truman Capote. È stato lui a convincerla a pubblicare "Il buio". E lei ha omaggiato l'amico, inserendolo nella storia. È Dill.

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Cristina72 Opinione inserita da Cristina72    25 Luglio, 2015
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Buonismo e antirazzismo

Vado controcorrente: il romanzo, che ho deciso di leggere per il clamore suscitato dalla recente pubblicazione del sequel, mi è sembrato ampiamente sopravvalutato, un po' noioso e con passaggi addirittura mediocri, un libro per ragazzi maldestramente adattato ad un pubblico di adulti, carente di spessore ed originalità.
La scelta dell'io narrante, innanzitutto, non è tra le più azzeccate, trattandosi di una bambina che dovrebbe parlare e pensare come una bambina, il che rende talvolta forzato e quasi ipocrita il tono narrativo.
Gli ideali di umanità e giustizia virano spesso nel buonismo e l'antirazzismo assume toni condiscendenti con uscite francamente sconcertanti: “... quelli con tanta umiltà da pensare, quando guardano un negro, ecco come potrei essere io se non fosse per la clemenza del Signore”.
Altri tempi, si potrebbe dire, se molto prima di Harper Lee non ci fosse stato il capolavoro di Mark Twain a parlare di “negri” con grazia ed ironia.
“Aver coraggio significa sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare, e cominciare egualmente, e arrivare sino in fondo, qualsiasi cosa succeda”: ecco l'unica frase degna di nota in mezzo ad una banale profusione di buoni sentimenti, ed è forse proprio grazie a qualche frase ad effetto seminata tra le pagine, oltre che ad una buona dose di fortuna, che si deve il successo dell'opera.

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Vita93 Opinione inserita da Vita93    12 Aprile, 2015
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Era peccato sparare ad un usignolo

"Non riuscirai mai a capire una persona se non cerchi di metterti nei suoi panni, se non cerchi di vedere le cose dal suo punto di vista"

Maycomb. Cittadina immaginaria dell’Alabama. Profondo Sud degli Stati Uniti. Anni trenta, periodo della Grande depressione originata dal crollo di Wall Street del 1929.
Scout, voce narrante della storia, ha nove anni. È una bambina vivace, mascolina ed intelligente, che trascorre le giornate giocando con il fratello maggiore Jem e l’amico Dill.
Orfani di madre, accuditi dalla governante Calpurnia e dal padre Atticus, avvocato integerrimo e di forti principi morali, fantasticano su Boo Radley, un vicino di casa solitario e ritenuto pericoloso da tutti.
La vicenda di Tom Robinson, un nero accusato di violenza sessuale nei confronti di una diciannovenne bianca figlia del delinquente Bob Ewell, turba la tranquillità della comunità.
Atticus, celebre per la sua fermezza e bravura nonché per le idee fortemente antirazziste, viene incaricato della difesa dell’accusato.

Il punto di vista infantile di una bambina sincera e non influenzata da pregiudizi o sovrastrutture, è il migliore per raccontare una storia che ha come temi principali il razzismo (Tom Robinson e la comunità nera) e la paura del diverso e dello sconosciuto (il misterioso Boo Radley).
Argomenti attuali e complessi ancora oggi, perfino scottanti all’epoca dei fatti narrati, tanto che negli anni trenta la segregazione razziale era in vigore in molti paesi del Sud degli Stati Uniti. Una chiusura mentale simboleggiata dalla cittadina di Maycomb, dove regna una mescolanza tra ideali segregazionisti e antirazzisti, con tante contraddizioni e ipocrisie in mezzo ai due estremi.
Emblematico il pensiero della signorina Gates, maestra di Scout, che a parole condanna le gesta di Hitler ed il modello della “razza ariana”, ma che nel suo piccolo non si comporta diversamente nei confronti dei diversi o dei meno fortunati.

Oltre alla protagonista, altrettanto ben tratteggiato è il personaggio di Atticus, esempio di coerenza e rettitudine, che oltre ad occuparsi degli incarichi lavorativi, cerca quotidianamente di far crescere bene i propri figli indirizzandoli al dialogo, alla consapevolezza e al rifiuto del pregiudizio.

Merita un’osservazione il titolo originale, “To kill a mockingbird”, ovvero “uccidere un usignolo”, una creatura innocente e inoffensiva. Sicuramente meno premonitore è il titolo scelto per la versione italiana, che si focalizza maggiormente sul timore dell’ignoto.

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siti Opinione inserita da siti    31 Dicembre, 2014
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un gentiluomo

Successo di pubblico e premio Pulitzer 1960, il romanzo di Harper Lee fu scritto su consiglio di Truman Capote che, come amico, ne conosceva i racconti dell’infanzia vissuta in Alabama, profondo sud.

La voce narrante è una bambina che racconta la sua famiglia, la sua contea, la sua infanzia. Tutto è interessante: la famiglia che gravita sul padre Atticus, vedovo con due figli e aiutato da una governante nera, Calpurnia; la contea con al centro Maycomb dove coabitano bianchi e neri; l’infanzia scandita da anni scolastici che rincorrono agognate estati tese a dipanare il mistero del vicino asserragliato in casa. Infanzia di una bambina sanguigna che si batte come un maschio, infanzia di una futura donna , in nuce, già intelligente e curiosa. Bambina che porta i calzoni e si allontana dal solco tracciato dalle vicine imbellettate per far visita ad una vicina o per partecipare alle riunioni solidali all’insegna del pettegolezzo.

Un episodio coinvolge il padre in prima persona e con forza centripeta l’intera comunità: Atticus è incaricato d’ufficio per difendere un nero accusato di violenza sessuale a danno di una giovane bianca anch’essa ai margini della società. Un conflitto senza vinti né vincitori, tutto è già deciso, un processo, una giustizia dentro e fuori dai tribunali al centro della narrazione. Il resto del romanzo è un inno ad Atticus e, per ciò che mi riguarda, la parte più gradevole del romanzo che , da sola, vale la lettura.
Atticus è un padre meraviglioso, sa conoscere i propri figli, affronta la realtà scomoda anche per loro perché, altrimenti, non sarebbe più credibile come genitore.
LA COERENZA
LA FERMEZZA
IL RIGORE
LA COMPRENSIONE
Giovani genitori o genitori di nuova generazione volgete lo sguardo a questo padre che sa quando un figlio origlia alla porta e coglie l’occasione per fargli arrivare il messaggio più importante. Un padre che comunica e non rifugge dalle domande scomode perché i bambini hanno bisogno di risposte chiare, non evasive: c’è già il resto a confonderli ma il genitore non può farlo. Se poi la confusione è generata da benpensanti razzisti le cose si complicano ulteriormente e un padre, facendo crescere se stesso, indica la via della crescita ai suoi piccoli. Meravigliosa coerenza e un piccolo trucco: “ Se vuoi capire una persona, devi cercare di considerare le cose dal suo punto di vista...”
L’epilogo ne vede la coerenza portata all’estremo ma basta ricordare ciò che già me lo aveva fatto amare:” prima di vivere con gli altri, bisogna che viva con me stesso: la coscienza è l’unica cosa che non debba conformarsi al volere della maggioranza” e ogni tassello torna al suo posto.

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Opinione inserita da Valeria    24 Settembre, 2014

Uccidere un usignolo.

La storia di 2 bambini vissuti negli anni '30 che vivono nel sud degli Stati Uniti, in Alabama.
Scout e Jem, figli di un avvocato, giocano spensierati davanti alla loro casa, stando sempre però alla larga dall' abitazione dei Radley, la quale li spaventa molto per le dicerie che vanno dicendosi nel paese su un certo Arthu Radley che si dice sia una persona cattiva.
Atticus, il loro papà, viene incaricato di difendere Tom Robinson, un uomo di pelle nera, accusato di violenza carnale verso la figlia di Bob Ewel, che diventerà poi un acerrimo nemico per Atticus.
Prima del processo molte erano le voci, sia di adulti che di bambini, che andavano dicendo che Atticus era un negrofilo, e spesso, queste dicerie coinvolgevano direttamente anche i figli, che non ne potevano più di sentire trattare così il loro padre.
Il giorno del processo, nonostante tutti gli sforzi di Atticus, Tom viene accusato, non essendo comunque colpevole.
Morirà qualche giorno dopo mentre cercava di scappare, a colpi di fucilate.
Da quel momento, Bob Ewell tentò in tutti i modi di vendicarsi di Atticus che intanto lo aveva comunque smascherato durante l' udienza.
Finì col morire, dopo aver cercato di uccidere Sout e Jem di ritorno da una festa a scuola, lasera do Halloween, che camminavano sulla strada buia di ritorno verso casa.
Si scopre poi che a salvarli è stato Boo Radley, che infine quindi si rivela un uomo dal cuore nobile e buono.
Questo libro mi ha aiutato ad approfondire la questione del razzismo che in quegli anni dominava specialmente gli Stati Uniti. Si capisce l' odio che la gente bianca provava verso i neri quando, per esempio, Tom Robinson dopo prove su prove, che avevano confermato che non era il colpevole, fu arrestato comunque; questo perchè? Perchè comunque sia, anche i giurati infondo erano razzisti, e non osavano mettere in galera un bianco piuttosto che un nero.
Nonostante questo è bello che Harpe Lee abbia voluto addolcire un pò questo tema mettendoci le figure dei bambini che sono comunque parti domanti del racconto, e anche la figura di boo Radley che è il simbolo della bontà.
Un libro davvero coinvolgente e istruttivo.

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MATIK Opinione inserita da MATIK    11 Giugno, 2013
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Il buio oltre la siepe.

"Atticus aveva ragione. Una volta aveva detto che non si conosce realmente un uomo se non ci si mette nei suoi panni e non ci si va a spasso."
La storia viene raccontata tramite gli occhi di Scout, una bambina, che vive in America agli inizi degli anni trenta, che insieme al fratello Jem ed al suo amico Dill vivono una storia che li farà crescere di colpo.
Un libro che tratta di razzismo, problema sempre attuale, purtroppo, anche oggi che viviamo nel 2013, sembra incredibile, eppure, è la verità. Si parla di persone che la gente (società) tende per motivi di colore, istruzione, cultura, amore, a ritenerla diversa rispetto alla massa, ad estraniarla e ad isolarla, principio sbagliato e che il libro in più punti ci insegna in maniera garbata e semplice ad abbattere le barriere, ad andare oltre la siepe.
Un libro importante da far leggere a scuola, che aiuta a capire qual'è il giusto modo in cui ognuno di noi deve affrontare la vita di tutti i giorni all'interno di una società formata da una vasta moltitudine di razze e modi di vivere diversi.
"Noi sappiamo che non tutti gli uomini furono creati uguali, nel senso che molta gente vorrebbe farci credere: sappiamo che vi sono persone più intelligenti di altre per natura, uomini che riescono a guadagnare più denaro, donne che fanno dolci migliori, individui dotati di qualità negate alla maggioranza. Ma c'è una cosa, nel nostro paese, di fronte alla quale tutti gli uomini furono davvero creati uguali una istituzione umana che fa di un povero l'eguale di Rockfeller, di uno stupido l'eguale di Einstein, e di un ignorante l'eguale di un rettore di università. Questa istituzione, signori, è il tribunale......I nostri tribunali hanno i loro difetti, come ogni istituzione umana, ma nel nostro paese, i tribunali sono grandi strumenti di livellamento sociale. Nei nostri tribunali si attua il principio secondo cui tutti gli uomini furono creati uguali."

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Bellissimi libro.....
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    04 Mag, 2013
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Confini mentali

La siepe come linea di demarcazione di un confine territoriale, come quella che separa la casa dei Finch da quella dei Radley, e che Scout, Jem e Dill vogliono a tutti i costi varcare per indagare nella vita del misterioso Arthur. Ma anche, in senso figurato, la siepe come simbolo di un confine mentale, che non permette di superare i propri limiti restando legati ad insensati pregiudizi e antiche convinzioni, barriere che il signor Finch si trova a dover fronteggiare attirandosi l'antipatia e il disprezzo della sua comunità, ma anche il rispetto e l'ammirazione dei pochi che la pensano come lui. Anni trenta. Stati Uniti, Alabama, Maycomb. La schiavitù ormai è stata abolita da un pezzo ma nei bianchi non è mai sparita la tendenza a giudicare e trattare i neri come esseri inferiori, a metterli da parte, a sfruttarli, ad usarli come capri espiatori. Atticus Finch è uno stimatissimo avvocato vedovo e padre di due bambini, Jem e Scout, che cerca di educare nel migliore dei modi aiutato dalla sua domestica di colore Calpurnia. Atticus accetta l'incarico di difendere Tom Robinson, un nero accusato di violenza carnale nei confronti della giovane bianca Mayella, figlia del balordo Bob Ewell. Una decisione giudicata scandalosa da tantissima gente e che porterà lui e i suoi figli a vivere un periodo difficile caratterizzato da volgarità, critiche, accuse e minacce. Ma i Finch affronteranno la situazione a testa alta, cercando in ogni modo di far fronte alla mentalità arretrata e bigotta dei loro concittadini. Per salvare la vita al povero Tom però potrebbe non essere sufficiente provarne l'innocenza, il colore della sua pelle è di per sé un inequivocabile indizio di colpevolezza. Voce narrante è la piccola e ribelle Jean Louise detta Scout che, accompagnata dal fratello maggiore Jem, cerca di barcamenarsi tra le difficoltà tipiche della sua età e le vicende degli adulti che finiscono per coinvolgerla. La sua dolcezza e la sua precoce intelligenza si trovano spiazzate davanti alla cattiveria e ai preconcetti che la circondano, la sua genuinità cozza con l'ottusità di squallidi luoghi comuni e l'ipocrisia di ridicole convenzioni sociali. Harper Lee è bravissima nel raccontare l'insensatezza di alcuni comportamenti umani attraverso gli occhi innocenti e puri di una ragazzina, miscelando la crudeltà e la tensione con l'allegria dei giochi e un pizzico di umorismo. Lo stile è ben curato, così come l'analisi dei personaggi e della società dell'epoca. Importante il messaggio che l'autrice lancia ai lettori: mai fermarsi alle apparenze, mai barricarsi nelle proprie certezze, ma tenere sempre aperta la mente al confronto e al dialogo: solo così si può superare la siepe che ci tiene confinati nelle nostre convinzioni e trasformare in luce le tenebre del pregiudizio.

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"Radici" di Alex Haley
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lollina Opinione inserita da lollina    27 Marzo, 2013
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da leggere nelle scuole

Il romanzo, opera unica di Harper Lee che le valse il Pulitzer nel 1960, dovrebbe essere introdotto come lettura obbligatoria in tutte le scuole americane – così ha recentemente affermato il presidente Obama – come antidoto contro ogni forma di pregiudizio.
La struttura è quella del romanzo di formazione, arricchita dai colori e dai caratteri del profondo Sud degli Stati Uniti degli anni Trenta: mentre in Europa cominciano a spirare venti di guerra, tutto a Maycomb, Alabama, continua ad essere come è sempre stato. La buona borghesia cittadina continua a coltivare peonie nei giardini, ad organizzare eventi di beneficenza ed impicciarsi degli affari dei vicini attorno ad una tazza di te, a trattare con superiore accondiscendenza la propria servitù di colore; i neri, da parte loro, costituiscono una comunità più colorata ma altrettanto orgogliosamente arroccata nella propria separatezza. Non mancano, però, le persone di buon cuore e di buon senso: come Atticus Finch, avvocato di antica famiglia e di incerte fortune, circondato assieme da disprezzo palese e segreta ammirazione per la sua decisione di assumere la difesa di un nero accusato di violenza carnale.
La vicenda è narrata con gli occhi di sua figlia, la piccola Scout, a sua volta una “irregolare”, insofferente a fiocchi, merletti e buone maniere: assieme al fratello Jem compie, in un’estate, il percorso che la conduce alle soglie dell’età adulta, alla scoperta dell’esistenza dell’ingiustizia e del male.
Eppure, i sogni possono ancora avverarsi e del buono nel mondo c’è sempre, anche là dove meno te lo aspetti e dove solo i ragazzini sanno guardare: in questo caso, “oltre la siepe” che divide lo spazio familiare dei benpensanti da una casa “da incubo” e dal suo misterioso e invisibile abitante …

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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    15 Gennaio, 2013
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La giustizia costi quel che costi

La storia, vera e di facile lettura, è narrata dalla figlia minore dell'avvocato Atticus Finch, incaricato della difesa di un nero in un periodo in cui tutti erano più o meno razzisti. L'avvocato è una persona speciale e a costo di mettere a rischio l'incolumità sua e della famiglia accetta la difesa del nero.L'avvocato ha una concezione monolitica della giustizia che non ammette sconti. Meglio morire che fare un passo indietro accettando qualche compromesso: tanto l'esito del processo è piuttosto scontato. Ma lui crede che la verità vada comunque svelata, e per questo, cioè solo per mostrare la verità, non per salvare il nero innocente (non si illude di poterlo salvare), solo per dire la verità accetterebbe di morire lui e di far correre rischi ai suoi figli. E' una persona al di sopra delle convenzioni e della mediocrità del posto in cui vive ma che non si sente al di sopra di nessuno, ama il suo paese e ognuna delle persone che ci vivono, mette il rispetto umano avanti a tutto per questo riesce a portare qualcosa di nuovo, a far circolare idee e valori . L'avvocato Atticus Finch è una figura indimenticabile.
Altro possibile libro di testo per la nostra classe politica.

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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    21 Ottobre, 2012
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Il bianco e il nero

Siamo in Alabama e il libro si apre facendoci prendere confidenza con due ragazzini, Scout e Jem, e con il mondo che ruota loro attorno. Il loro padre è un avvocato, bianco, che sfida l'opinione di un'intera cittadina, difendendo una persona di colore accusata di violenza carnale. E' un caso semplice, come il bianco e il nero, ma a vincere è l'ipocrisia. Un bianco, offesso, si vendica nei confronti dei due bambini che vengono tratti in salvo proprio da un uomo di colore. Libro emozionante, consigliato per far capire ai giovani e ai giovanissimi l'insensatezza dei pregiudizi sociali; libro che ha risvolti psicologici e sociali molto interessanti ed educativi. Ho apprezzato molto anche il modo in cui viene reso l'attaccamento dei due bambini fra di loro e nei confronti del loro padre.

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Mombelli Opinione inserita da Mombelli    21 Agosto, 2012
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Maycomb chiama Italia (e anche il resto del mondo)

Lo ammetto, l'ho comprato in libreria solo perché c'era scritto "Il romanzo consigliato da Barack Obama".
Devo dire che Obama consiglia bene! E' un romanzo di una piacevolezza unica, scorrevole come solo i pensieri di una bambina, la dolcissima e temeraria Scout, sanno essere.
La narrazione segue le vicende di due ragazzini, figli dell'avvocato più in vista di una cittadina di campagna dell'Alabama, ancora legata alle dottrine dello schiavismo e della -orrenda- segregazione del diverso, ossia il "negro". Ma c'è di più: la storia non è solo sul razzismo, ma sul pregiudizio e la paura del "diverso", che può essere il bravo ragazzo (ma "negro", quindi pericolosissimo) sia il misterioso vicino di casa Boo..
Harper Lee si dimostra maestra della delineazione di personaggi che vi terranno compagnia per tutta la lettura e, forse, ogniqualvolta il pregiudizio invadesse la vostra mente.
Consigliato a tutti, grandi e piccoli, per una piccola -ma grande- riflessione su uno dei grandi problemi dell'essere umano.

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topodibiblioteca Opinione inserita da topodibiblioteca    30 Luglio, 2012
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Un messaggio sempre attuale

Esistono dei libri che sono come il vino buono: più invecchiano e più migliorano. "Il buio oltre la siepe" di H. Lee rientra sicuramente nella categoria. Lessi questo libro qualche "secolo" fa, quando ero ancora alle scuole medie e mi ricordo che già all'epoca mi colpì notevolmente. Ora, a distanza di diversi anni, avere avuto la possibilità di rileggerlo mi ha permesso (purtroppo) di cogliere pienamente l'attualità del messaggio in esso contenuto.

Scrivo purtroppo perchè i temi trattati sono, ahinoi, tuttora presenti nelle nostre società. Il razzismo, la discriminazione nei confronti di coloro che hanno un altro colore della pelle, o più semplicemente la paura del "diverso", di chi non si conosce, sono aspetti che non occorre andare a ricercare nella storia americana del XX secolo.

La vicenda, ambientata in una cittadina dello stato dell'Alabama, nel "profondo sud" degli Stati Uniti, ruota attorno alla famiglia Finch ed in particolare all'avvocato Atticus che viene incaricato della difesa d'ufficio di un uomo di colore, ingiustamente accusato (dai bianchi del posto) di violenza sessuale nei confronti una ragazza. Ma i pregiudizi e le abitudini sono dure a morire e ben poco valgono le evidenti prove dell'innocenza dell'accusato davanti alla giuria composta da bianchi .....

Concludo evidenziando che il titolo originale inglese dell'opera è traducibile con l'espressione "uccidere un passero", con la quale si intende la crudeltà di eliminare, di compiere azioni violente verso una creatura innocente come può essere un passero ! .....Ed il messaggio che ci trasmette l'autrice evidenzia che la violenza può essere tanto fisica quanto psicologica, considerato che le vittime di questo romanzo sono due: il povero Tom Robinson, l'uomo di colore ingiustamente accusato, ed il fantomatico Boo Radley, segregato in casa da anni e vittima dei pregiudizi e delle dicerie prive di fondamento degli abitanti del posto.

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Giulian Opinione inserita da Giulian    18 Luglio, 2012
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Fenomenale

Rileggere classici come questo suscita una gran nostalgia verso una letteratura che non solo sapeva rappresentare l’umanità nelle sue pieghe più eterogenee ma aveva anche l’obiettivo di trasmetterti un messaggio costruttivo ed edificante. Purtroppo chi anche leggesse il libro oggi per la prima volta potrebbe difficilmente eludere l’influenza del famoso (e bellissimo) film del 1962 di Robert Mulligan: il personaggio di Atticus non può non avere le fattezze di Gregory Peck, gli ambienti della vicenda (il quartiere, il bosco, il tribunale) sono inevitabilmente quelli della pellicola. Peccato, perché il romanzo è molto più ricco, colorato e “tridimensionale” del film: Atticus non è solo un eroe e paladino della giustizia, ma un papà premuroso, talvolta severo, talvolta complice e non sempre impeccabile; i bambini hanno caratteri differenti e mutevoli (in particolare è interessante il graduale distacco tra Scout e il fratello maggiore, entrato nell'adolescenza e sempre meno coinvolto dai discorsi e dai giochi della sorella). Mirabile la descrizione della provincia del sud degli Stati Uniti, disperatamente ancorata alle proprie tradizioni ed al razzismo impietoso verso i “negri” e i diversi d’ogni genere: il fatto che ne venga fatta una descrizione dal punto di vista di una bambina trasmette l’idea che il senso di giustizia innato in ciascuno di noi vada perdendosi, salvo rare eccezioni, quando da adulti si aderisce alle convenzioni sociali; lo stesso sistema giudiziario (meno che mai quello americano) non è in grado di difendere ciò che è giusto dagli attacchi dei pregiudizi e dell’astio. Lo stile narrativo è efficace perché associa la mentalità infantile della voce narrante con un registro linguistico piuttosto sostenuto ed elegante. L’unica forzatura è un certo parlar sentenzioso messo in bocca, qua e là, ai bambini, che – poco credibilmente – riescono a cogliere in una frase l’essenza di certe situazioni. L’ho letto da ragazzo, e mi è piaciuto. L’ho riletto a cinquant’anni, e l’ho trovato fenomenale.

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Opinione inserita da marta    08 Luglio, 2012

lotta al razzismo

Un libro bellissimo e sicuramente da leggere,
La lotta contro la discriminazione razziale è scritta in maniera sottile, silenziosa ed elegante e diventa uno stile di vita senza imposizioni di nessun genere. La famiglia di Atticus, vedovo con due figli, si può paragonare a terra fertile che non può dare che buoni frutti....buona lettura!

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pitulina Opinione inserita da pitulina    21 Giugno, 2012
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Come uccidere un merlo

Purtroppo per me non ho mai conosciuto mio padre, non ho potuto godere dei suoi insegnamenti, dei suoi consigli, del suo esempio nè della sua semplice presenza. Avrei voluto che mio padre fosse un tipo come Atticus Finch, un uomo che se n'è infischiato dell'opinione della gente pur di difendere una persona già sconfitta in partenza per la semplice ragione di essere di colore, un uomo che ha tirato su i suoi figli nella più totale innocenza, rendendoli liberi di pensare con la loro testa, di non avere paura di esternare i loro pensieri, di non aver paura degli altri solo perchè hanno tradizioni e modi diversi dai loro, un uomo il cui passaggio rende i figli orgogliosi al punto di alzarsi in piedi per onorarlo. Un padre che insegna ai suoi figli che il mondo non è sempre bello e buono, che spesso le persone buone e oneste subiscono ingiustizie senza motivo, che nonostante tutto attorno possa portare alla più completa maleducazione, inciviltà, alla resa, alla violenza bisogna sempre ricordarsi i propri ideali anche se questo vuol dire rimanere soli contro il mondo. Questo è il padre che avrei voluto avere.

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a tutti, è un libro che bisognerebbe leggere almeno una volta nella vita
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macchiolina Opinione inserita da macchiolina    19 Marzo, 2012
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Il coraggio di lottare anche quando si è certi del

Premetto che è un libro che si legge tutto d'un fiato:la trama è avvincente e lo stile scorrevole,facile,colloquiale.Gli argomenti che tratta sono nobili:è un libro contro ogni forma di razzismo,di ingiustizia e di pregiudizio,che ci vuole insegnare il coraggio di lottare per le cose in cui crediamo,l'importanza di metterci nei panni degli altri per cercare di capirne le ragioni e la necessità di non aver paura di ciò che è diverso da noi.
Il racconto si riferisce ad avvenimenti realmente accaduti,che ci vengono raccontati dall'autrice come se li vedessimo con gli occhi della bambina che era all'epoca dello svolgersi dei fatti.
E' un bel libro americano,per il quale l'autrice ha meritatamente vinto il premio Pulitzer : bello,semplice,facile,lineare, realistico,che esalta valori quali l'onore,la gentilezza,l'onestà,le buone maniere,il coraggio,la compassione,la giustizia,che in quest'epoca possono sembrare un po' retorici ma che retorici non lo sono affatto.
Bello.

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Opinione inserita da nicole    18 Gennaio, 2012

Il libro per tutti...

è un libro molto interessante e bello forse con un linguaggio un po' complicato (per una ragazza di seconda media), pero' che con logica si puo' capire facilmente. Ribadisco che è un libro molto bello e che vale la pena leggerlo. E' uno dei romanzi piu' belli che io abbia letto...! lo consiglio vivamente davvero a tutti. Un libro che ti fa anche riflettere, in particolare, sul razzismo.

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DanySanny Opinione inserita da DanySanny    10 Settembre, 2011
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La paura di ciò che non si conosce

Maturo romanzo sul tema del razzismo, Il buio oltre la siepe è un esempio lampante di come l'uomo (bianco) sia disposto a sopprimere i propri valori quando è costretto a convivere con il diverso. La vicenda prende vita in un piccolo paese americano, dove le strade sono intrise di odio razziale e si giudicano le apparenze. Ma mentre i neri vengono ghettizzati e scarsamente considerati, un uomo, padre della protagonista, si stacca dalla massa informe e senza morale dei razzisti e difende con coraggio un nero accusato ingiustamente. La sua indagine porterà alla luce un oscuro piano, architettato per colpire la fascia più debole (i neri, appunto) considerati come naturale capro espiratorio. E anche quando l'avvocato Finch riuscirà a provarne l'innocenza, sarà ugualmente condannato, dalla cieca ottusità dei cittadini. La giustizia viene vinta dall'odio il quale sfocia in una rabbia incontrollabile che porterà ad un drammatico epilogo in cui, però, rimane la speranza che qualcosa possa cambiare. Un romanzo che vuole lanciare un messaggio contro la discriminazione, una storia avvincente che coinvolge ed intriga fino all'ultima pagina. Uno stile chiaro ed essenziale, che vuole colpire il Lettore e spingerlo a riflettere sulla PAURA DEL DIVERSO. Il razzismo non è ancora scomparso, anzi, pervade ancora ogni ambito della vita comune e si nasconde nell'ipocrisia di persone che crediamo di conoscere e che invece sono bigotte e ignoranti. Perché la vera causa del razzismo è la non-conoscenza, la paura di ciò che è diverso. Nel corso della storia si è sempre discriminato: per le malattie (dalla peste, all'odierno HIV), per la propria sessualità e purtroppo, anche per il colore della pelle. Il buio oltre la siepe, non è un semplice romanzo, bensì è il messaggio di una donna che ha cercato di contribuire attivamente a debellare il razzismo. Questo libro è uno dei mezzi più efficaci che conosco per arginare la discriminazione, dovrebbe essere fatto leggere tutti, se necessario anche imposto, al fine di non dover mai più assistere a veri e propri genocidi. Consigliatissimo

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A tutti senza discriminazioni.
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R๏гy.o° Opinione inserita da R๏гy.o°    17 Luglio, 2011
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Del razzismo e ciò che gli gira intorno

E quando un avvocato molla il suo lavoro per scrivere, è tutto dire. E quando questo ex-avvocato con il primo libro scritto vince il premio Pulitzer, è davvero tutto dire. E quando l’autrice vince una medaglia per il libro, che è stato definito “un dono per il mondo intero”, non c’è nulla da aggiungere.
Ho amato “Il buio oltre la siepe”. Questa donna, Harper Lee, è una donna con i contro*****. Non per il tema affrontato (il razzismo), ma per il modo in cui l’ha fatto: attraverso la parlantina di Scout, la giovane figlia dell’avvocato, veniamo immersi nell’America anni 20 piena di odio e di rancore (qualcuno deve poi spiegarmi del motivo di tutta questa cattiveria umana) nei confronti dei cosiddetti “negri”. Il libro si svolge un po’ come un giallo, un po’ come un saggio, un po’ come pura opera di narrativa. A tratti doloroso, a tratti pungente. Ma la lettura non stanca mai.
Sono pienamente d’accordo con chi sostiene che questo debba essere uno dei ‘must’ di ogni libreria. Solo un piccolo appunto: consigliato ai ragazzi? Lo farei leggere alle scuole medie? Assolutamente no. Prima i grandi. Sono loro quelli che devono imparare veramente ad amare il prossimo.

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Flo Opinione inserita da Flo    21 Dicembre, 2010
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Un libro grigio rancore e azzurro sogni

Una storia degli anni Trenta, ma essenzialmente una storia di tutti i tempi. La narrazione è fatta dal punto di vista della piccola Scout, curiosa e spietata, forse per incoscienza. Una piccola Scout senza peli sulla lingua, un po' come tutti i fanciulletti, che non può fare a meno di esprimere la sua opinione in un periodo in cui, paradossalmente, l'opinione non è sempre ben accetta. A dimostrazione di ciò ne è il processo che condanna a morte un uomo di colore, innocente, che non può scagionarsi dall'accusa di violenza carnale perchè di colore.
Da quegli occhi da bambina esplode una grande maturità che non può far altro che intenerire.
..e se alla fine ti strapperà una lacrima dal viso, non preoccuparti: non è l'età che fa di te un bambino, perchè in realtà non si smette mai di esserlo.

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gio gio 2 Opinione inserita da gio gio 2    30 Ottobre, 2010
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la piccola Scout,il razzismo e le ipocrisie

Siamo nella piccola cittadina di Maycomb,nel profondo Sud degli Stati Uniti, anni trenta.La voce narrante e' la piccola Scout,una bimba al quanto vivace dall'intelligenza brillante e acuta,un piccolo maschiaccio,orfana di madre vive con il fratello piu' grande,Jem e il padre,Atticus Finch,e' un avvocato,un uomo dalla mente aperta,dall'animo profondamente onesto e dalle idee piuttosto anticonformiste rispetto al resto della societa' che lo circonda.Gli insegnamenti che da ai propri due figli sono sempre saggi e pieni di rispetto e di tolleranza anche verso chi e' crudele.Il romanzo e' ricco di vicenda sull'infanzia dei due fratelli,delle scoperte,delle nuove emozioni,delle loro curiosita' riguardo alla gente che popola la cittadina,il piccolo mistero dietro la siepe...la loro mente e' popolata da instancabili "perche'?"... il giorno in cui Atticus,dovra' difendere un uomo di colore,Tom Robinson, accusato di violenza carnale e nonostante riuscira' a provarne l'innnocenza sara' ugualmente condannato a morte,i loro PERCHE' diverrano sempre piu' grandi,pieni di rabbia e di stupore...l'innocenza messa di fronte alla crudelta' e all'ottusita' del razzismo, all'ignoranza,alla discriminazione e all'ipocrisie degli adulti,la loro mente non aveva conosciuto fino ad allora discriminazioni grazie al padre,riconosceranno in esso una figura eroica .Un romanzo che oltre a contenere dei messaggi profondamente importanti possiede anche uno stile instancabile e spendido,a tratti ironico, i personaggi sono strurrurati in modo esemplare.la figura di Atticus Finch , il rapporto che ha con i figli e con la societa' bigotta che lo circonda sono un grande esempio per tutti,anche nella cultura dei nostri giorni.Il razzismo non e' ancora morto,le discriminazioni verso tutto cio' che e 'definito "diverso" continuano in ogni parte del mondo,l'ipocrisia della gente che vuole sembrare a tutti costi "per bene" fa sempre da sfondo in parecchi ambiti sociali.Ma alla fine del romanzo,l'autrice,attraverso la straordinaria figura del Signor Finch vuole lasciare un messaggio positivo "Quasi tutti sono simpatici,Scout,quando finalmente si riesce a capirli."

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Debs Opinione inserita da Debs    25 Ottobre, 2010
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Anche ai giorni nostri...sempre attuale

Un libro che ho letto molto tempo fa ma che lascia il segno. In questo romanzo si percepisce la chiusura mentale, il menefreghismo e il ripudio verso chi è diverso per il colore della pelle. I dialoghi tra avvocato, figura paterna, e la figlia Scout sn la parte più bella dove. La curiosità della bimba/ragazza che pone domande sempre più argute dispiegano uno scenario dove la segregazione razziale e l'antisemitismo sono una realtà talmente forte da scardinare qualsiasi legge. Quando ho guardato il "Miglio verde" non so perchè m è riemerso alla memoria questo libro. In comune c'è davvero molto poco...forse la figura del nero condannato che inesorabilmente incontra la morte, non tanto x lecolpe da espiare quanto al colore della sua pelle. Il pathos è tanto, la qualità della scrittura e lo stimolo alla riflessione anche. Un libro che deve necessariamente presenziare in una buona libreria.

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Ginseng666 Opinione inserita da Ginseng666    26 Febbraio, 2010
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Il buio della mente umana...

Romanzo carico di significati sociali, scorre velocemente attraverso la narrazione di una bambina, la figlia dell'avvocato Finch, una piccola intraprendente che come il padre va oltre gli schemi dei suoi compaesani.
Non conosce il razzismo ed è anticonformista come il padre.
In una società buia e carica di odio razziale, l'avvocato sfida le convenzioni e difende un uomo di colore, da accuse che poi si riveleranno false e macchinose.
Finch riuscirà a dimostrare l'innocenza del povero nero, ma egli sarà condannato lo stesso a morte.
L'amara fine lascia comunque uno stralcio di speranza per l'avvento di un mondo migliore, dove il colore della pelle non è così importante ma altri valori trionferanno nel giudizio di un uomo...
Finch è un pioniere per l'avvento di una società migliore in cui l'uguaglianza è il solo metro di giudizio...
Saluti.
Ginseng666

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Opinione inserita da Antonio Mancinelli    20 Settembre, 2009

Un grande romanzo

Il buio oltre la siepe è, a mio avviso, uno dei romanzi più belli che siano stati mai scritti. La vicenda narrata tocca i recessi più reconditi dell'anima; trasmette valori umani che andrebbero oggi riscoperti e valorizzati: solidarietà, generosità, tolleranza. Una lettura, quella del romanzo di Harper Lee, che consiglio a tutti, necessariamente.

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gracy Opinione inserita da gracy    30 Agosto, 2009
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Maycomb anni 30...una città del 2000

Un gran bel libro che tutti dovremmo leggere adolescenti e adulti, l'autrice con sapienza ha approfondito la linea sottile che separa: l'innocenza dei bambini e la cattiveria degli adulti, il mondo dei bianchi e quello dei neri, il genere maschile e quello femminile; narrando una storia ricca di sentimenti, che si innestano nell'animo del lettore, facendogli respirare i profumi, le giornate assolate e le ansie dei protagonisti.....Una volta Atticus mi aveva detto: "Non riuscirai mai a capire una persona se non cerchi di metterti nei suoi panni, se non cerchi di vedere le cose dal suo punto di vista".

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