Narrativa italiana Romanzi Dimmi che credi al destino
 

Dimmi che credi al destino Dimmi che credi al destino

Dimmi che credi al destino

Letteratura italiana

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A cinquantacinque anni, Ornella si considera una campionessa mondiale di cadute, anche se si è sempre saputa rialzare da sola. Per fortuna può contare su Bernard, il suo vicino di casa. L'ultima batosta, però, è difficile da accettare. La piccola libreria italiana che dirige nel cuore di Hampstead rischia di chiudere: il proprietario si è preso due mesi per decidere. Lei, che sa lottare, ha imparato anche a lasciarsi aiutare, e così chiama in soccorso la Patti, la sua storica amica milanese che arriva in città con poche idee e tante scarpe, ma sufficiente entusiasmo per trovare qualche soluzione utile a salvare l'Italian Bookshop. La prima è quella di assumere Diego, un ragioniere napoletano bello e simpatico. Ma proprio quando la libreria ha più bisogno di lei, il destino riporterà Ornella in Italia.



Recensione della Redazione QLibri

 
Dimmi che credi al destino 2015-05-27 19:48:05 ALI77
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ALI77 Opinione inserita da ALI77    27 Mag, 2015
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A QUALE DESTINO DOVREMMO CREDERE?

“Il destino è quella porta socchiusa da cui ogni tanto puoi sbirciare. E allora vedi che nulla avviene per caso e che tutto ha un senso, anche quando sembra non averlo”.
Anch’io mi sono sforzata, e non poco,a cercare di dare un senso alla storia che avevo appena terminato di leggere ma non l’ho ancora trovato.
Siamo a Londra, dove troviamo Ornella una donna di mezza età che lavora in una libreria chiamata “Italian Bookshop” e che ha avuto una vita alquanto burrascosa e complicata ma che è sempre riuscita a rialzarsi.
Arriva in Gran Bretagna vent’anni prima per dimenticare e lasciarsi alle spalle la vita che aveva e anche suo marito.
Sembra interessante, mi sono detta, ma in questo libro ho trovato veramente poche cosa da salvare, forse solamente la copertina che è indubbiamente molto carina.
Sicuramente l’autore scrive molto bene quindi anche se di per sé la storia non mi è piaciuta sono riuscita o meglio mi sono trascinata fino alla fine. Non si è creata nessuna empatia ne con la protagonista ne con nessuno dei personaggi secondari.
La Patti l’amica milanese o più che altro una sorella per Ornella, sembra aver in tasca la soluzione dei problemi ma secondo me non ha idea di cosa fare per aiutare la donna. In più dovrebbe risollevare l’amica, darle forza invece è sommersa dal pensare ai suoi problemi.
Diego, ragioniere napoletano da poco a Londra, viene assunto per risollevare la libreria ma l’autore tende a sottolineare molte volte la sua bellezza e la sua simpatia, che io tra l’altro non ho ritrovato nella pagine, le sue battute non facevano ridere.
Clara, la collega di Ornella ha da sempre dell’astio nei confronti della donna, si sente ormai più inglese che italiana e ha abbandonato il caffè per il tè. Un personaggio non rilevato.
Bernard, il vicino di casa di Ornella un uomo che non ho capito, ne ho ancora decifrato.
Mr George, un anziano signore che si ritrova da anni nella stessa panchina di Ornella e che ascolta e consiglia la donna nell’affrontare al meglio le sue disavventure. Ama Calvino e ama la lettura, forse l’unica persona credibile della storia.
Ho odiato il fatto che Ornella si sia inventata un’intolleranza alimentare all’origano, originale direte, io penso solo che sia patetico.
Ornella e la Patti ma quanto bevono queste donne?Per tutto il libro sembra ripercorrere il ritornello del “beviamo qualcosa”?
Ma dalla trama sembrava che fosse importante risollevare le sorti della libreria, però questo fatto è del tutto marginale rispetto al raccontare la vita di Ornella e dei personaggi a lei legati.
I temi che si sviluppano sono anche interessanti, ricostruire la propria vita, darsi una seconda possibilità, il passato difficile da dimenticare e da affrontare, l’amicizia e l’amore.
Ma sembra che in questo libro si parte con una storia e poi al capitolo successivo ne inizi un’altra del tutto diversa, non legata per niente alla precedente.
Non c’è un inizio e una fine sembrano dei pezzi buttati là e messi insieme, dove troviamo in tutto il libro una serie di clichè riguardo gli italiani che potevano essere risparmiati.
Mi dispiace molto dire queste cose anche perché ho letto nei ringraziamenti finali che è una storia vera, ma non sono riuscita ad entrare in quello che l’autore ha raccontato e ad affezionarmi ai personaggi, lo avrei voluto fare ma Luca secondo me non è riuscito a coinvolgermi, sebbene ci fossero tutte le premesse possibili.
I personaggi che lui ha creato sono spenti, senza sale, senza qualcosa da scoprire, il lettore non ha stimoli a continuare a leggere e alla fine mi sono chiesta a che destino dovrei credere?
Essendo il primo libro che leggo di questo autore mi sono informata molto su di lui, ammetto la mia ignoranza nei suoi confronti.
Non so effettivamente quale sia il suo stile, che nella quarta di copertina leggo che sia inconfondibile ma che non sembra essere quello che c’è in questo romanzo. Non ho trovato uno stile frizzante o ironico mi sembrava solamente piatto.
Ornella è una donna che ha sofferto molto però non sono riuscita a capirla, a inquadrarla, almeno fino a quando non rivede suo marito. E’ un personaggio che non mi ha lasciato emozioni sebbene avesse avuto una vita veramente difficile,lontano dalla sua famiglia, in un paese straniero ma che ha scelto di cambiare per poter ricominciare.
Una cosa mi ha colpito che la vera Ornella ha detto che la libreria l’ha salvata e quindi doveva salvarla, solo che purtroppo l’attenzione del libro e del lettore andava più verso altre cose, tralasciando l’imminente chiusura della libreria.
Luca Bianchini non è riuscito a creare una storia che ti rimane nel cuore e alla fine del romanzo non ti resta nulla solo che un gran senso di vuoto e spaesamento.
Spero di ricredermi su questo autore e che questo sia stato solamente un libro che io non sono riuscita a capire.

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Consigliato a chi ha letto...
Meglio leggere qualche altro libro di Luca Bianchini......
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Dimmi che credi al destino 2017-09-17 14:00:15 Pelizzari
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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    17 Settembre, 2017
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Affresco londinese

Italiani a Londra. Amanti di libri. Un negozio di libri che è un simbolo e che rischia di scomparire. Non sono tanti gli elementi di questa storia, ma sono ben combinati, tanto da rendere la lettura piacevole e comunque scorrevole, anche se la trama è molto semplice, fin troppo. Il tutto è parzialmente anche autobiografico, così come si scopre leggendo i ringraziamenti. Questo libro è un affresco di una giovane generazione e, come tale, appare comunque fresco ed anche un po’ spensierato. E’ in bilico fra il lato humour inglese ed il lato malinconico italiano. E’ una storia di rinascita e speranza, perché nella vita si cade, ma ci si rialza anche. E’ una storia che celebra l’amicizia e penso sia tanto più apprezzabile quanto più si conosce la città di Londra.

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Dimmi che credi al destino 2015-10-31 17:27:58 ant
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ant Opinione inserita da ant    31 Ottobre, 2015
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Una libreria a Londra

Un libro, che a mio avviso, vuole raccontare fondamentalmente la storia di una libreria che ha le ore contate e allo stesso tempo di un gruppo di persone, dai caratteri e dalle peculiarità più disparate, unite insieme dal destino e che si uniscono per tenere in vita il negozio di libri, tutto ciò ha come location Londra. C'è Ornella con un passato burrascoso di ex tossicodipenedente, c'è Clara che da quando vive a Londra detesta tutto ciò che è italiano, c'è Diego che ha ancora non ha capito se sia attratto dalle donne o dagli uomini, poi Bernard, MrGeorge etc. Le digressioni personali di tutti questi personaggi s'intersecano alla perfezione e poi, concludo, c'è Londra col suo clima e ciel variabile a far sì che tutto possa assumere connotati o colori diversi. Estrapolo un passaggio che parla propro del cielo di Londra:
"""Il cielo di Londra sembra fatto per raccontare l'amore.
Cambia continuamente, anche quando ti illude con una giornata piena di azzurro, ecco che qualche nuvola compare all'orizzonte, si mette a correre veloce, e di colpo la luce è buio, e la pioggia si mischia alle tue lacrime.
Poi per fortuna passa, passa tutto, ma nel momento in cui ti trovi in mezzo alla tempesta ti dimentichi com'era prima e di come sarà""".
Simpatico

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Dimmi che credi al destino 2015-06-11 10:13:20 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    11 Giugno, 2015
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Il silenzio di uno sguardo; presente e passato.

Ornella ha cinquantacinque anni, ama i libri ed è la direttrice dell’Italian Bookshop una libreria sita nel cuore di Hampstead (Londra) e a cui restano presumibilmente due mesi di vita. Come è solita ripetere “La libreria mi ha salvato. Io devo salvare la libreria” per questo si prefigge l’obiettivo di fare almeno un tentativo per impedirne la chiusura.
Emigrata dall’Italia da quasi un quarto di secolo per voltare pagina da tutti gli errori commessi, da quei giorni bui della sua vita, la nostra protagonista è una regina di cadute, fallimenti che nonostante la matura età non riesce ad evitare perché preda di paure che si trascina dietro dal giorno del distacco della terra natia e che le impediscono di sostenere le situazioni che giorno dopo giorno le si prospettano dinanzi. Non può infatti bastare prendere un aereo e dire “basta ho chiuso con il passato” quando con questo non si sono fatti tutti i conti, quando non lo si è davvero affrontato bensì si è deciso di posticipare, di omettere, di scappare. Prima o poi i giorni di ieri arriveranno a bussare alla porta dell’oggi per chiedere di pagare gli arretrati. E questi saranno anche salati.
Accanto a questa Ornella titubante ed impaurita dalla vita altre personalità accompagnano il lettore nell’evolversi del romanzo. Abbiamo “La Patti” amica-sorella non sanguinea della libraia anche lei nel settore letterario (corregge le bozze di autori emergenti e non), abita a Milano con un marito timoroso e una suocera benestante che minaccia di lasciare tutto alla Chiesa. La co-protagonista ha con la cd.“cariatide”, un rapporto di amore-odio che le porta a vivere una sorta di perenne Guerra Fredda e che la induce ad una sorta di instabilità, impazienza, non fermezza. La sua indole è comunque vivace, allegra ed è da sempre il ponte tra l’Italia e l’Inghilterra, dunque tra il presente ed il passato, per Ornella la quale non prende alcuna decisione se prima non ne ha parlato con “La Patti”.
Spiccano poi Diego, il ragioniere napoletano datosi alla fuga per un amore alternativo non corrisposto e ad oggi barbiere nonché “stagista” della libreria, egli rappresenta il fustacchione “simpatico” che invita la direttrice a giocarsi il tutto per tutto vista l’imminente chiusura, è il ragazzo senza peli sulla lingua che con il suo spirito meridionale cerca di far breccia nell’anima tipicamente british dei clienti, Clara la sessantenne vedova proprietaria di un gatto immaginario e dal tipico temperamento anglosassone, Mr George l’uomo degli incontri silenti sulla panchina del parco, dalla saggezza incommensurabile, e profondamente amante di Calvino, ed infine Bernard il riservato vicino di casa che pian piano riesce a far breccia nel cuore della protagonista.
Volutamente o non volutamente il romanzo è scritto con uno stile leggero, Bianchini è infatti un ottimo narratore e l’impressione a tratti è quella di leggere di una novella, una fiaba. Questo carattere fuorvia il lettore che pagina dopo pagina è combattuto, da un lato apprezza la lettura per la sua semplicità e dall’altro si interroga su quale sia il destino a cui dovrebbe credere. Personalmente ritengo il titolo non adatto perché più che ad un fato si è indotti a credere nella forza di volontà, nel rispettare i propri tempi fino a che non arriva il momento di sfidare le nostre paure, i nostri scheletri nel passato.
Troppo lunga la sosta di Ornella in Italia che poteva a mio modesto giudizio essere sintetizzata. Essa risulta essenziale ai fini della maturazione della protagonista ma alcuni dettagli potevano essere tagliati, piccolezze che avrebbero dato maggiore rapidità al testo e ben spianato il terreno per il finale. Questa tappa è rilevante per la direttrice poiché le permette di chiudere con il passato, di capire che è il momento di andare avanti, che non può colpevolizzarsi per un qualcosa successo più di venti anni fa e soprattutto per non essere riuscita a salvare da se stessa una persona che non voleva essere aiutata. Sul finale ella impara a lasciarsi andare, a prendere le cose per come vengono senza rimuginare, pensare, controriflettere fino allo snervamento, semplicemente ama. E il suo è un amore quasi adolescenziale perché Ornella non si è mai goduta nulla, ha sempre temuto la vulnerabilità dettata da quel sentimento, gli anni della sua vita sono stati come congelati e soltanto adesso quel ghiaccio ha iniziato a sciogliersi.
Bianchini è riuscito a creare una storia piacevole seppur con qualche imperfezione. I personaggi ad esempio non li ho trovati particolarmente delineati ed approfonditi (sono lasciati un po’ al caso), eccessivo e talvolta inopportuno è il consumo d’alcool (sono una profana in materia e capisco che gli anglosassoni abbiano usi e costumi diversi dai nostri che si trasmettono anche ai turisti che vi si trasferiscono ma francamente una bottiglia di vino – o di un super alcolico – scolata dopo una tisana drenante io non l’ho mai vista bere nemmeno a conoscenti con uno stomaco di ferro), o ancora lo stile dell’autore nella parte finale del componimento si semplifica eccessivamente quasi a voler tirare via nonostante l’epilogo non sia deludente (quindi a livello di contenuto c’è ma stilisticamente lascia perplessi). Tra i vari protagonisti quelli che ho più apprezzato sono stati Mr George e Bernard poiché figure agli antipodi. Seppur entrambi siano stati accennati, mai veramente descritti ed analizzati, nel primo ho ritrovato quella saggezza unica e propria delle persone di un’altra era (dalla guerra, all’amore della vita) nel secondo quella voglia di tornare ad amare, di darsi una seconda possibilità dopo un fallimento, quello spirito di osservazione silenzioso e sottile, quel rispetto dello spazio e le emozioni altrui. E poi ovviamente ho apprezzato il gatto immaginario, ma questo era ovvio.
Ornella Tarantola non è un personaggio inventato, per questa novella lo scrittore si è ispirato ad una storia vera ed anche i suoi elementi – seppur in parte romanzati – sono per la maggior parte tratti dalla vita della donna. Forse un po’ troppo distante, forse con poco sale, l’impressione è quella di un romanzo riuscito a metà, a cui manca quell’empatia necessaria a catapultare, incollare e rapire chi legge. Adatto a chi cerca una storia non troppo impegnativa e che scorre tranquilla.

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Consigliato a chi ha letto...
si = a chi cerca un romanzo leggero, non impegnativo con cui trascorrere qualche ora lieta in quel di Londra.
no = a chi ama romanzi di spessore, con quel sapore indelebile nel cuore e nella mente.
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