La Fila La Fila

La Fila

Letteratura straniera

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In una città senza nome del nord Africa, a seguito dei Disgraziati Eventi, un’autorità centrale nota come la Porta ha assunto il potere assoluto. I cittadini sono costretti a presentare richiesta per tutto – per mangiare e per spostarsi, e persino per essere curati – ma la Porta rimane chiusa e muta, mentre sulla sua soglia inizia a formarsi un’enorme coda di questuanti: la Fila. In questo capolavoro della weird fiction araba Basma Abdel Aziz racconta i lunghi mesi passati nella Fila da parte di un’umanità catapultata in una realtà parallela e pericolosamente simile al mondo in cui viviamo. La Fila è un ritratto vivido e impietoso di quanto sta accadendo appena al di là del Mediterraneo: descrivendo la natura profonda degli autoritarismi, ci racconta la realtà allucinata di un mondo arabo dilaniato tra la delusione post-Primavere Arabe e il sogno disperato di fuggire da un sistema in cui vivere è diventato impossibile.



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La Fila 2022-04-03 09:31:59 enricocaramuscio
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    03 Aprile, 2022
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Un incubo orripilante

"Porta dell'edificio Nord" recita la scritta che campeggia sull'imponente edificio comparso all'improvviso, in concomitanza con il materializzarsi del nuovo regime dittatoriale, presentatosi al popolo come La Porta. La gente è rimasta interdetta da questa tragica novità, nata all'indomani della Prima Raffica, la sanguinosa repressione di una serie di moti di rivolta, con lo scopo di ristabilire l'ordine e rafforzare le redini del potere. Il nuovo governo va presto oltre tutto questo, prendendo a gestire qualsiasi aspetto della vita dei cittadini, fissando sempre più regole e restrizioni, diventando l'unica fonte di diritto, arrivando fino al punto in cui, senza un suo esplicito permesso, tutto è vietato. Un regime oppressivo e intransigente, nei confronti del quale nascono nuovi disordini e proteste, passati sotto il nome di "Sciagurati Eventi" e soffocati violentemente a colpi di arma da fuoco. Lo sa bene Yahya, che di quella ferocia porta ancora il ricordo sotto forma di proiettile, conficcatosi nel suo corpo e che, ad ogni movimento, ricorda all'uomo la sua presenza con fitte di dolore lancinanti. "Si alzava e andava a dormire, camminava, mangiava e beveva, e dentro il suo corpo c'era sempre una pallottola". In condizioni normali, estrarre l'agghiacciante souvenir, per quanto possa risultare un'operazione delicata, sarebbe stato relativamente facile. Ma oggi, anche per un'attività di questo genere, occorre un esplicito permesso. Nulla può, davanti alle nuove regole, il pur volenteroso Dottor Tareq Fahmi, primo a soccorrere Yahya e ad accorgersi di strane manovre, ordite dal potere, per insabbiare, minimizzare, negare questo ed altri eventi simili. Al povero ferito non resta che seguire la prassi e provare ad ottenere un placet che, ogni giorno che passa, appare sempre più difficile da raggiungere. Inizia allora una lunga attesa, in quella che viene presto battezzata con quel nome, la fila, che dà il titolo al libro. Una sfilza di postulanti, ogni giorno più lunga, composta da cittadini che necessitano di autorizzazioni, certificati, riconoscimenti, costretti a restare in fila per ore, poi per giorni, settimane, mesi, in attesa che la Porta si apra per accogliere le loro istanze. Nascono così amicizie e inimicizie, amori e rivalità, si alternano solidarietà, denunce, affari più o meno legittimi, mentre la Porta continua a restare chiusa, simbolo di un potere sordo, cieco, indifferente ai bisogni del popolo. "Dopo quasi tre ore arrivò alla coda della fila e prese l'ultimo posto. Si era ormai abbandonato al ritmo dei suoi pensieri. Gettò uno sguardo pieno di sconforto verso la porta domandandosi se si sarebbe mai aperta, e, da lontano, gli si parò davanti minacciosa e ottusa come un muro sordo". Delusa dall'insuccesso della "Primavera Araba", serie di moti di agitazione e protesta che ricordano molto gli Sciagurati Eventi del libro, consapevole della violenta forza opprimente dei regimi per averla vissuta in prima persona, sulla propria pelle, come donna invisa in quanto attivista per i diritti umani, Abdel Aziz Basma ci proietta in un mondo a metà tra la distopia orwelliana e gli angoscianti paradossi kafkiani, creando un clima soffocante, angosciante, ai limiti della follia. Anche se l'autrice non dà punti di riferimento temporali né geografici, è abbastanza automatico collocare la storia nel Nord Africa in generale e nell'Egitto, patria della Basma, in particolare, trovando lampanti analogie con quanto avvenuto in quella parte di mondo tra il 2010 e il 2011, e quanto continua ad avvenire un po' ovunque, con la continua mistificazione della realtà, con la manipolazione dell'informazione, con una delatoria opera di controllo sui mezzi di comunicazione. Proprio il fatto di non legare il racconto a nessun tempo e a nessun luogo, contribuisce ad aumentare l'atmosfera surreale, la sensazione di inquietudine, la condizione di incertezza, il tutto acuito da una prosa secca, da una caratterizzazione appena abbozzata dei personaggi, in un racconto in cui tutto appare vago, indefinito, irreale, come all'interno di un incubo che, tuttavia, risulta ancora più orripilante in quanto spaventosamente vicino alla realtà.

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La Fila 2020-04-08 18:06:41 Laura V.
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Laura V. Opinione inserita da Laura V.    08 Aprile, 2020
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L'Egitto (?) delle rivoluzioni incompiute

Una bella e inattesa scoperta, questo romanzo e questa autrice egiziana in cui mi sono imbattuta grazie a un'amica. “La Fila” racconta una storia quasi surreale, ambientata in un Paese che non si tarda a individuare, non a caso, nell'Egitto di quest'ultimo decennio, sullo sfondo di rivoluzioni e manifestazioni di piazza.
La trama, infatti, ruota intorno alla vicenda di Yahya, un trentotenne rimasto ferito durante quelli che vengono chiamati “gli Sciagurati Eventi”, il quale ha assoluta necessità che gli venga rimosso un proiettile conficcatoglisi nel bacino. Tuttavia, essere sottoposti a un intervento chirurgico è tutt'altro che semplice, occorre un'autorizzazione che soltanto la Porta può rilasciare. Ma quest'ultima, chiusa nel suo silenzio assordante ed emblema di un potere dittatoriale (dietro cui può celarsi quello del deposto Mubarak o quello attuale di al-Sisi, poco importa), sembra avere interesse a insabbiare la scomoda faccenda, mentre una fila di persone, ognuna con la propria personale richiesta da presentare, si allunga a dismisura davanti a essa con il passare delle settimane. Oltre a quello di Yahya, compaiono altri personaggi che, a seconda dei casi, si ritrovano nel mezzo della coda, compreso il dottor Tareq che s'interrogherà a lungo su come comportarsi in merito all'intervento di rimozione del proiettile.
Pubblicato in Italia nel 2018 e due anni prima negli Stati Uniti, il romanzo offre una lettura sotto molti aspetti originale; di certo, è una denuncia lucida e impietosa della realtà che attanaglia purtroppo diversi Stati al mondo. Basma Abdel Aziz, l'autrice, classe 1976, è un'attivista per i diritti umani che, come si legge nella sua nota biografica, ha conosciuto in prima persona le carceri del suo Paese; in ciò che lei racconta non si fa fatica a riconoscere quanto accade nell'Egitto contemporaneo, quello delle rivoluzioni incompiute e delle feroci repressioni di cui è rimasto vittima – lo sappiamo bene – anche il nostro Giulio Regeni, così come migliaia di altri giovani che chiedono soltanto di poter avere un futuro. La tensione, in queste pagine, è palpabile e ci si sente inermi di fronte a un regime astuto, subdolo, mistificatore che tiene sotto scacco i cittadini.
Pur avendo apprezzato il libro ed essendo contenta in generale di questa lettura, non riesco ad andare oltre le tre stelle e 1/2: non si è creata empatia sufficiente tra me e i personaggi che animano la storia e, come lettrice, faccio evidentemente fatica a ritrovarmi in narrazioni dove i tempi risultano sfumati e i luoghi anonimi e privi d'anima; la città in cui si svolge la vicenda potrebbe essere Il Cairo, ma essa si riduce a un non-luogo freddo e burocratizzato, senza tratti distintivi che possano persino affascinare. Forse, giusto per restare in ambito egiziano, sono più per le prose franche e “sfacciate” di 'Ala al-Aswani che chiama ogni cosa col suo nome. In ogni caso, un'autrice certamente da tenere presente e della quale approfondire la conoscenza.

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