Rebel. La nuova alba
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Ed ecco perché non ho più fiducia nello YA
Da anni non mi capitava di essere così poco produttiva a livello di serie letterarie; e non contenta di averne terminate giusto una manciata in tutto il 2024, mi sono pure penalizzata a livello qualitativo. Temo infatti che Rebel of the Sands entrerà nell'Ade delle serie peggiori mai lette dalla sottoscritta, e vi assicuro che non sarei mai riuscita ad intuito a priori. Risulta ben chiaro quindi che "Rebel. La nuova alba" non è riuscito a salvare la sua trilogia; un'impresa senza dubbio improba, ma si può effettivamente parlare di fallimento quando non ci si prova neppure?
Proprio com'era successo tra i primi due libri, un elissi temporale ci dà il benvenuto dopo un breve primo capitolo. È passato un mese dal finale di "Rebel. Il tradimento" e la città di Izman è sotto assedio da parte dell'esercito gallan; a proteggerla c'è però una barriera infuocata eretta grazie alla magia dei Djinni, abilmente sfruttata dal Sultano. Amani ed i pochi ribelli rimasti cercano quindi un modo per aggirare questo muro di fuoco e seguire la bussola di Jin, con l'obiettivo di ritrovare Ahmed e scacciare una volta per tutte le forze straniere che mirano al controllo del Miraji.
Com'era prevedibile Amani prende in mano la rivoluzione, e com'era ancora più prevedibile questo si dimostra essere uno dei maggiori difetti del romanzo. Se già la trovavo irritante in qualità di ribelle testarda ed impulsiva, vi lascio immaginare cosa penso di lei in qualità di leader testarda, impulsiva e pure piagnona! sì perché i suoi pensieri per buona parte del volume ruotano attorno a quanto si senta inadeguata in confronto con il Principe Ribelle, con Shazad o con Rahim. Precisamente in quest'ordine, ogni volta. Nel frattempo, prende una decisione sbagliata dopo l'altra, rendendo la trama ancor più sciocca ed incoerente di quanto non fosse nei capitoli precedenti.
E non illudetevi che io tenga in serbo parole gentili per i suoi comprimari. Già poco caratterizzati, qui i personaggi regrediscono ulteriormente diventando delle vere e proprie macchiette, o meglio delle pedine che l'autrice muove in base alle necessità della trama senza alcuna considerazione per la verosimiglianza; di conseguenza anche le morti alle quali assistiamo sono prive di impatto emotivo. Perfino Jin, il grande amore di Amani, è carente in quanto a carisma e si limita a restare sullo sfondo dando blandi incoraggiamenti. La loro romance poi si conferma decisamente fuoriluogo, oltre ad essere basata su delle dinamiche a mio avviso discutibili, con lui che scappa davanti alle difficoltà e lei che lo vincola a sé senza riflettere o chiedere il suo benestare.
Cosa dire poi del sistema magico? tra espedienti convenienti, regole cambiate tra una scena e l'altra ed un utilizzo casuale dei poteri: la cara Alwyn ha fornito i Demdji di così tante capacità, che poi ha dovuto renderli scemi in modo da non dovervi ricorrere sempre, ma solo quando era necessario per far proseguire la storia. Un lavoro di scrittura decisamente infantile, che si riflette com'è logico nello stile, nell'intreccio e nella costruzione dell'universo narrativo; a risentirne in particolare questa volta è l'aspetto geopolitico, gestito con la stessa credibilità di chi si mette a dieta il primo di gennaio. Personalmente non ho apprezzato neppure i chiari tentativi di manipolare il lettore, ricorrendo tra l'altro ad un urticante femminismo di facciata: quando si tratta di giudicare l'operato degli antagonisti si adotta la morale contemporanea, mentre quando a commettere azioni discutibili è Amani tutto le viene condonato perché il suo mondo è brutto e lei deve fare tutto il possibile per sopravvivere.
Solitamente mi sforzo per trovare dei pregi da menzionare nelle recensioni, ma in questo caso non so proprio cosa dire. Forse potrei concentrarmi sugli elementi non negativi, come l'assenza di refusi nel testo, di violenza gratuita o di momenti fiacchi. Per lo meno non mi posso lamentare dell'edizione nostrana, alla quale riconosco anzi l'astuzia di aver omesso la mappa; fosse stata presente, i lettori italiani si sarebbero resi conto che gli spostamenti fatti dai protagonisti in giro per il Miraji non stanno né in cielo né in terra!
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Per sempre
Il Principe Ribelle è stato catturato. Insieme a lui ci sono Delila, la sorella Demdji, Shazad, la giovane aristocratica diventata il suo primo generale, e Rahim, fratello di Amhed e Jinn e ultimo arrivato nel gruppo dei ribelli. La rivolta è piegata, ma non ancora sconfitta ed è Amani a mettersi alla guida di quello che ne rimane. Non Jinn, il Principe Straniero che non ama il Miraji e combatte solo per lei e per suo fratello. Non Hala, la Ragazza D'oro, che lotta affinché a nessun altro accada mai quello che ha subito lei, né Sam, il Ragazzo senza nome, che lotta per se stesso e per la bella Shazad. È Amani a farsi avanti e prendere su di sé il carico del destino del suo paese, la ragazza che un tempo, come Sam, credeva solo in se stessa e seguiva soltanto la propria causa, troppo abituata a essere sola al mondo. Nemmeno il vecchio amico Tamid, nonostante l'affetto che li ha sempre uniti, è mai riuscito a capirla davvero e a darle ciò di cui aveva bisogno, innamorato non della vera Amani, ma di Amani così come l'avrebbe voluta lui.
Il Bandito dagli occhi blu sa che forse stavolta ha intrapreso una missione che va al di là delle sue capacità, sa che ogni errore avrà un prezzo altissimo e che non potrà lasciarsi distrarre neppure da quello che prova per Jinn, uno dei rapporti più emozionanti, sani, equilibrati e meglio trattati in uno young adult. Un amore che non prende mai il sopravvento sulla trama e al tempo stesso ne è una parte essenziale. Ciascuno dei due accetta l'altro e lo ama per quello che è, non gli chiede di cambiare, rispetta sempre le sue decisioni anche quando non le condivide, non scavalca la sua volontà nemmeno se pensa che si stia mettendo in pericolo, accetta il sacrificio che l'altro sceglie di compiere nel nome della causa in cui crede.
Eppure Amani è disposta a mettere in gioco anche questo e a compiere sacrifici che non poteva neanche immaginare quando, all'inizio del primo romanzo, è scappata abbandonando Jinn nel deserto per salvarsi la pelle. A differenza di molti altri, è un personaggio femminile che sa essere "davvero" forte, coraggioso e combattivo senza mai diventare eccessivo, odioso o ridicolo. Ha fatto molta strada da quando ha lasciato la cittadina in cui è nata e ha capito che forse, nonostante tutto, nonostante le perdite e il dolore, il Miraji merita di essere salvato, con il suo deserto pieno di creature mitiche e affascinanti leggende, la sua capitale di cupole dorate, palazzi, vicoli e minareti, e meritano di essere salvati, a qualunque prezzo, gli amici di sempre, ormai diventati una parte indissolubile di lei e anche del lettore, grazie alla straordinaria capacità della Hamilton di costruire i personaggi quasi senza descrizioni, ma semplicemente facendoli muovere, agire, parlare. Tutti in qualche modo indispensabili, tutti, con il loro sacrificio e il loro coraggio, capaci di contribuire davvero alla rivolta, che non poggia sulle spalle del solo Amhed o della sola Amani, ma di tutto il gruppo, che si muove e agisce e combatte come un sol uomo per la stessa causa. Amani "è" il deserto, come dice Jinn, e la libertà del Miraji è anche la "sua" libertà, come donna e come Demdji. Proprio per salvare il Miraji, e Amhed con esso, Amani entra in contatto con i miti più antichi e misteriosi del suo mondo, fatti della sabbia, del sole e del vento del deserto: eroi, mostri, principesse, coraggiose fanciulle, uomini avidi, Djinni, Demdji. E infine saranno i ribelli stessi, vivi e morti, sconfitti o vincitori, a diventare a loro volta leggende scolpite nel tempo come nella pietra. Forse imperfette, perché i secoli passeranno e i dettagli si perderanno con essi, ma continueranno a essere raccontate. Per sempre.
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La rivincita dei ribelli
Con “Rebel. Una nuova alba” Alwyn Hamilton conclude quella che è l’avventura di Amani, Jin e tutti gli altri protagonisti che abbiamo imparato a conoscere nello sviluppo della saga. E vi riesce attraverso un romanzo semplice, genuino, con i giusti colpi di scena e susseguirsi di avvenimenti. Il risultato finale è quello di un componimento che riesce a non stonare con quelle che erano state le avventure precedenti, che anzi, vi si conforma avvalorandole, e che per questo ne facilita lo scorrimento. Chi legge, si immedesima nel succedersi dei fatti e non fatica nel conoscerli.
Nello specifico assistiamo al tentativo dei ribelli di liberare il loro Principe nella mitica città di Eremot e partecipiamo, ancora, alla riorganizzazione dello sparuto esercito per attaccare e sconfiggere il Sultano. In particolare, i nostri eroi dovranno trovare un modo per abbattere la cupula-muraglia eretta dai congegni di colei che un tempo era loro alleata, da colei che di fatto li ha traditi. Dispositivo, quest’ultimo, che per poter essere disattivato richiederà il pagamento di un altissimo prezzo.
Non mancheranno altresì, gli sviluppi dal punto di vista sentimentale ed emotivo, nonché quelli relativi ad ogni singolo personaggio che volume dopo volume è stato caratterizzato da una maturazione in crescendo sufficientemente apprezzabile.
Lo stile narrativo non presenta particolari innovazioni confermandosi non propriamente erudito, lineare e non impegnativo e dunque rendendosi adatto alla riscoperta di un pubblico tanto più adulto quanto più giovane.
In conclusione, un degno finale per una trilogia pulita, mai volgare, avvincente, originale, ben scritta, ben caratterizzata tanto come ambientazioni che per soggetti presentati e ben strutturata.