Sopravvissuti Sopravvissuti

Sopravvissuti

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Ringil l’eroe del massacro di Gallows Gap, Archeth l’ultima della sua razza e Egar Dragonbane un nomade delle steppe un tempo guerriero. Antisociali, antieroici e decisamente arrabbiati, questi veterani della guerra che combattono senza macchia e senza paura per un mondo che non tornerà, stanno per essere chiamati a lottare per un mondo che gli ha preso tutto e che non gli ha dato nulla. Qualcuno pagherà per questo. Sesso, violenza e profanità si mescolano, con una straordinaria nota di humor, in un capolavoro del genere fantasy.



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Sopravvissuti 2025-09-19 14:48:51 La Lettrice Raffinata
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La Lettrice Raffinata Opinione inserita da La Lettrice Raffinata    19 Settembre, 2025
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Più Wolfe che Abercrombie

Iniziare una nuova serie mi mette sempre un po' in difficoltà, soprattutto se si tratta di una storia ambientata in un mondo di fantasia, perché la sensazione di dover imparare da zero una geografia, una Storia ed una cultura completamente nuove mi riporta di prepotenza tra i banchi di scuola; è uno dei motivi per cui tendo a preferire le narrazioni autoconclusive, nelle quali l'autore di turno non può allestire uno sfondo troppo complesso. Allo stesso tempo, subisco in parte la fascinazione dello scoprire dei luoghi inediti, e questa curiosità mi ha portata ad iniziare Cosa resta degli eroi, presentata come una trilogia affine ai lavori di Abercrombie, nei quali però l'ambientazione non risulta eccessivamente complessa. In realtà, penso che il mondo delineato dal caro Richard sia molto più vicino al caos affascinante dell'Urth di Wolfe; spero quindi che apprezziate il mio sforzo per identificare la premessa.

Ci troviamo di fronte ad un mondo diviso nel presente tra le tribù pseudo-barbare Majak a nord-est, la Lega commerciale di Trelayne sulla costa occidentale e l'impero Yhelteth nel sud. Negli stessi territori si trovavano in passato altre tre popolazioni: il Popolo delle Squame (dei simil-draghi arrivati da oltreoceano), gli Aldrain dotati di abilità soprannaturali, ed i Kiriath che sembrano quasi una specie aliena; in questo universo narrativo si mescolano infatti elementi magici e fantascientifici. Gli Aldrain sembrano essere stati sterminati dai Kiriath molto tempo prima, mentre il Popolo delle Squame è stato sconfitto grazie agli sforzi congiunti di umani e Kiriath, i quali dopo quest'ultimo scontro si sono dileguati.

Arrivando all'inizio della storia, le prospettive presentate si possono ricondurre a tre linee narrative. La prima vede come protagonista Ringil "Gil" Eskiath, nobiluomo e valente guerriero, impegnato nella ricerca di una parente vittima della recentemente legalizzata tratta degli schiavi; nella seconda ci si sposta tra i nomadi Skaranak per parlare dell'antagonismo tra il capoclan Egar Rovina del Drago e lo sciamano Poltar Occhio di Lupo, mentre nell'ultima si arriva nelle regioni imperiali con Archeth Indamaninarmal, consulente del sovrano e da lui incaricata di indagare su alcuni attacchi misteriosi avvenuti in una località costiera.

Per buona parte del volume queste vicende sembrano legate tra loro soltanto a livello superficiale, perché Gil, Egar ed Archeth hanno combattuto assieme anni prima, ma nella parte finale i loro percorsi finiscono per essere convogliati in una missione principale e risolutiva; il tutto, lasciando comunque diversi spunti aperti sui quali dare corpo ai capitoli successivi. Pur avendo provato a più riprese della frustrazione verso il ritmo disomogeneo adottato da Morgan, devo ammettere che la storia ha saputo appassionarmi e spingermi ad essere sempre più coinvolta nelle dinamiche interne di questo universo narrativo, anche per merito della particolare commistione di generi diversi e del brillante epilogo.

Il maggior punto di forza del romanzo a mio avviso sono però i suoi personaggi, che si tratti dei tre protagonisti oppure dei numerosi comprimari. Il caro Richard si dimostra decisamente abile nel delineare i caratteri all'interno del cast in modo originale e sfaccettato, nonché a prestare attenzione affinché ognuno rimanga fedele alle proprie motivazioni. Personalmente, non ho provato granché simpatia per Egar -forse perché è il POV con meno spazio all'interno del testo, forse perché è un pedofilo impunito-, mentre Gil ed Archeth mi sono sembrati dei personaggi principali davvero validi e capaci di crescere nel corso della storia; inoltre permettono di includere una rappresentazione naturale dell'omosessualità, che spesso mi è sembrata un mero orpello in altre narrazioni grimdark.

Sull'altro piatto della bilancia, oltre alle già citate linee di trama che procedono in modo lento e slegato, troviamo senza dubbio la confusione. Confusione che assale l'ignaro lettore fin dalle primissime pagine, tra la persistente sensazione di aver saltato un prequel e la pioggia scrosciante di name dropping; e chiudiamo un occhio sul fatto che la maggior parte di questi millemila nomi siano a dir poco impronunciabili: un'appendice con guida alla pronuncia e riferimento ai vari soprannomi sarebbe il minimo, specie se si considera che io ho impiegato un'eternità anche solo per appurare che Aldrain e Dwenda erano la stessa cosa!

Il senso di straniamento viene acuito dalla massiccia presenza di flashback e voci interne spesso disorientanti e quasi mai indicati in maniera chiara nel volume, così come le ellissi temporali. Soprattutto nei capitoli iniziali, ciò crea una quantità di interruzioni, perché si stanno seguendo dei protagonisti ancora sconosciuti in un contesto fantastico tutto da scoprire, ed improvvisamente l'autore passa a raccontare un avvenimento di dieci anni prima, oppure il POV in questione ha un dibattito con uno (o più?) interlocutori interni. Ritengo che questa scelta narrativa porti una complicazione eccessiva all'interno di una vicenda già particolarmente intricata; e quando finalmente si ha l'impressione di star cominciando a capire qualcosa, ecco che il caro Richard scombina del tutto le carte in tavola con nuove informazioni, ancor più farraginose. E per assurdo sono comunque curiosa di leggere il seguito!


NB: Libro letto nell'edizione Mondadori

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Sopravvissuti 2012-07-30 07:36:32 Amarilli73
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Amarilli73 Opinione inserita da Amarilli73    30 Luglio, 2012
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Non è un fantasy per anime sensibili

Dimenticate la Compagnia dell’Anello, dimenticate le epopee con eroi ventenni vincenti e sfrontati, dimenticate le guerriere indomabili di cui tutti si innamorano, dimenticate la lotta del bene contro il male, perché questo libro sovverte tutti gli schemi del fantasy classico.

Sono passati nove anni dalla battaglia epica: i tre compagni di spada nel frattempo sono invecchiati, e hanno perso le illusioni di un tempo.

Ringil, il fu eroe di Gallows Gap, sopravvive grazie al ricordo di ciò che è stato, vendendo storie ai viaggiatori, con la sua terribile spada Amica dei Corvi appesa al camino della locanda. E’ fuggito al nord, via dai fasti e della fama: anche se di origini nobili, è tollerato a mala pena dalla sua stessa famiglia, perché si ostina a preferire i maschi come compagni di letto. Anche Egar, già Rovina del Drago, conduce una vita grama: ha accettato, suo malgrado, di diventare capo del clan paterno di nomadi delle steppe, ma il suo cuore è rimasto là, sul campo di battaglia; Lady Archeth, infine, l’ultima discendente del Popolo Nero, non se la passa meglio, costretta a servire un imperatore dispotico, destreggiandosi in una corte che è un covo di serpi corrotte, di sacerdoti fanatici e di schiave dalle carni bianche.

Il destino beffardo li riunirà di nuovo, perché Ringil, pur essendo un reietto, è l’unico che può rintracciare una giovane cugina, venduta per debiti e abbandonata da tutti.

Tuttavia, per Morgan, non sempre la sorte aiuta gli audaci. E, a volte, i peccati e i fantasmi del passato sono così opprimenti, da non meritare redenzione.

Atmosfere cupe e dolenti, e tuttavia bellissime. C’è un sole che muore tra nuvole a brandelli, che hanno il colore dei lividi, e ogni sera dolorosa si porta via qualcosa.

Alcune descrizioni mi hanno ricordato i paesaggi del ciclo di Dune di Frank Herbert e i romanzi di Paul Anderson (non a caso è sua la citazione iniziale del libro). Stile a volte secco, a volte vivido come la pittura di un affresco. Una volta superata l’ambientazione dei primi capitoli, la lettura ti travolge e ti rapisce, tanto che in certi momenti ti sembra quasi di sentire la bocca impastata di polvere, e il puzzo di sudore del cavallo.

Qualcuno ha già definito The Steel remains crudo; io direi crudele, una crudeltà che striscia, fino a un finale superbo e maledetto.

Davvero non è un fantasy per anime sensibili, però lo consiglio di cuore.

L’autore tira dritto, senza concedere nulla. Non ci sono buoni, non ci sono cattivi. Solo creature varie, con tutte le loro debolezze e le loro meschinità. Se si deve morire, si muore nel sangue, e non ci sono amici, e non ci sono vecchie alleanze, e non ci sono vecchi amanti che possano fermare la spada: perché, come dice Ringil, caustico e terribile, “Anch’io ho conosciuto la Bellezza, ma è una cosa che non mi ha mai fermato”.

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Sopravvissuti 2012-06-03 06:47:42 NobilisGughy
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NobilisGughy Opinione inserita da NobilisGughy    03 Giugno, 2012
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UN FANTASY ORIGINALE, UNICO E SFACCIATAMENTE REALE

Sopravvissuti è un romanzo che si fa largo a gomitate nella calca di pubblicazioni degli ultimi anni, come un impetuoso soffio di vento refrigerante e inatteso. Tematiche spiazzanti, filtrate attraverso un linguaggio crudo, triviale e uno stile narrativo dedito tanto all’azione convulsa della battaglia quanto al monologo interiore. Corruzione, omosessualità, commercio di schiavi, discriminazione di genere, tossicodipendenza… temi che sfiorano corde profonde e si snodano di fronte al lettore mediante le gesta di personaggi che spiccano per spessore psicologico.

Richard Morgan narra la storia di tre veterani di guerra: Ringil Eskiat (invincibile guerriero distintosi con onore in battaglie passate, ma ripudiato dalla nobile famiglia a causa della sua omosessualità), Lady Archeth (ultima rappresentante di delle due razze principali del mondo di Morgan, al servizio di un imperatore che disprezza) ed Egar (nomade del popolo Majar dalle vedute troppo ampie, combattuto tra amore e repulsione per la sua terra di origine).

Un fantasy adulto e reale, dove i confini morali sono fuggevoli e tutto è ribaltabile. Ma principalmente un fantasy dove gli eroi dovranno prima di tutto affrontare se stessi, in un mondo che non sembra avere più bisogno di loro.

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