Educazione europea Educazione europea

Educazione europea

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Educazione europea è il romanzo d'esordio di Romain Gary, ma non è affatto una "oeuvre de jeunesse", bensì una delle sue opere più importanti. Gary lo scrisse quando era aviatore delle forze alleate durante la seconda guerra mondiale. Apparve nel 1945 e fu subito un grande successo. Sartre lo giudicò il miglior libro mai scritto sulla resistenza. Romain Gary vi racconta la storia di un gruppo di resistenti polacchi: i loro sogni, le loro speranze, i loro ideali, le loro piccole e grandi miserie e i compromessi che la guerra esige. Per sopravvivere e resistere, per affermare anche nel dolore la grandezza della vita e la speranza del pensiero. Il personaggio centrale del romanzo è Janek, un ragazzo che, nella spiccata durezza del combattimento clandestino, conosce il freddo e la fame, il tradimento, l'orrore e la morte senza che l'odio afferri, anche per un solo istante, il suo cuore. Attraverso Zosia, Janek conosce infatti l'amore, attraverso Dobranski, lo studente, il culto della libertà e, attraverso la semplicità dei suoi compagni di lotta, la grandezza dell'uomo. Un sogno alimenta e attraversa ogni riga di queste pagine: che, dalla resistenza comune ai popoli oppressi dal nazismo, non solo sorga il sentimento di una solidarietà europea ma, come recita una poesia di Dobranski lo studente, "l'ultimo stato sovrano crolli ai colpi dei patrioti europei", "si spenga nel mondo l'eco dell'ultimo canto nazionale", e l'Europa finalmente "si erga e cammini".



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Educazione europea 2018-11-03 23:31:49 Mario Inisi
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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    04 Novembre, 2018
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Umanità

Educazione europea è il primo romanzo di Gary e si sente che è un'opera prima nel senso che gli altri romanzi che ho letto, Le radici del cielo e La vita davanti a sè sono più maturi e meglio scritti. Mi è sembrato che Gary fosse negli altri romanzi un po' più scottato dalla vita, meno idealista, cioè sempre idealista ma anche disilluso. Insomma preferisco il Gary più vecchio. Comunque Educazione europea è un romanzo importante, che ha qualcosa da dire. Non è semplicemente contro una razza o una nazione o contro una ideologia e non è solo un romanzo di denuncia di determinati fatti storici. Gary soprattutto si augura e si protende verso una umanità nuova. Il fatto che cerchi di costruirla, denota tutto il candore di un animo giovanile che non ha ancora dato la priorità agli elefanti rispetto all' essere umano così incorreggibilmente disumano. Il romanzo è abbastanza intransigente, oltre ai combattenti della resistenza che sono tutti d'animo nobile, esemplari scelti della umanità futura, ci sono vari personaggi alcuni mossi dall'amore per la pagnotta o per i propri comodi, donne usate come merce o come esche, vecchi che non possono combattere, ma anche alcuni (pochi) tedeschi buoni. Nella nuova umanità Gary vuole includere anche i tedeschi, non vorrebbe lasciare fuori nessuno: ebrei, tedeschi, prostitute, artisti. Una umanità senza alcun pregiudizio, senza barriere e senza chiusure. Ecco come vedrebbe lui l'Europa e come intende l'Educazione europea.

"Tu ami i russi, vero?"
"Amo tutti i popoli, ma nessuna nazione. Sono un patriota, non un nazionalista".
"Che differenza c'è?"
"Il patriottismo è amare la propria gente; il nazionalismo è odiare gli altri. Russi, americani.... Un grande sentimento di fraternità va maturando nel mondo, i tedeschi saranno serviti almeno a questo."

....
E a Janek d'improvviso parve che il mondo degli uomini non fosse altro che un sacco immenso, dentro il quale si dibatteva una massa informe di patate cieche e sognanti: l'umanità.

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Educazione europea 2018-06-26 06:20:29 siti
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siti Opinione inserita da siti    26 Giugno, 2018
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Rieducazione

Per chi ha già letto altre opere di questo autore lituano, naturalizzato francese, e per chi ne conosce un minimo la biografia, leggere questo romanzo d’esordio significa ritrovare il sapore di una lettura dai tratti ben riconoscibili e con essa la storia di un uomo, l’autore, che ormai è sigillato nel mio immaginario come una persona profondamente intristita dalla vita, da essa piegata benché abbia provato con tutte le sue forze, tramite la sua scrittura, a consegnarci la speranza per un mondo migliore.
Come ne “Gli aquiloni”, anche qui si narra di guerra e di resistenza durante la seconda guerra mondiale; e ancora una volta è centrale, come accadeva tra l’altro nel romanzo “La vita davanti a sé” il ruolo di una persona che si sta affacciando alla vita, un bambino o un ragazzo, naturalmente un senza famiglia, un deprivato che però trova nel buio del mondo adulto una comunità accogliente e educante, sempre rigorosamente fuori da ogni schema tradizionale. È la volta di Janek, dodicenne lasciato in una buca dal padre medico, nel cuore di una gelida foresta polacca, con un sacco di patate utile a farlo sopravvivere per mesi, freddi e bui, appena rischiarati dal tenue lumicino di speranza della battaglia di Stalingrado e con il monito di non fidarsi degli uomini, o di farlo solo se si dovesse trovare in estrema difficoltà, rivolgendosi ai partigiani.

Yanek matura il suo apprendistato tra i partigiani, lì cresce, conosce la vita, l’amore, la guerra, la morte e elabora la certezza del suo destino di orfano; purtroppo il suo atto di crescita ha la cifra negativa dell’eroismo di un sabotaggio, della crudezza di un omicidio, della consapevolezza di essersi macchiato del peggiore dei crimini ma anche dell’orgoglio di aver fatto pure lui la sua parte. È il passaggio dalla musica alla violenza a scandire il suo farsi uomo, la convivenza in lui di due linguaggi differenti e opposti che solo la drammaticità della guerra può far coesistere. Le barriere, quelle del bene e del male, vacillano, crollano, il linguaggio universale dell’arte pare l’unico capace di ergersi al di sopra di tutto e di mantenere vivo l’uomo, tedesco o polacco. Spesso nel romanzo, si affida all’arte, musica o letteratura, questo ruolo salvifico. Le notti in foresta sono scandite dai racconti scritti dal compagno che col modulo della fiaba mantiene intatto il naturale candore dell’animo umano o lo risveglia se si è affievolito prima che si tramuti in dura corazza. E ancora nell’oralità del narrare di quel mitico partigiano, il loro capo, che si alimenta la speranza per una pedagogia capace di rinnovare i più alti ideali dell’Europa intera verso la rieducazione di quella gioventù segnata e sacrificata.

Ancora una volta Romain Gary spiazza il mio giudizio di lettrice, apprezzo i contenuti che tratta e la spinta ideale che li nutre, così come alcune pagine isolate che hanno l’immediata capacità di toccare il cuore commuovendomi o l’arguzia di certe sue frasi che si ergono allo stato di aforismi, eppure la sua prosa non mi coinvolge totalmente lasciando sempre in me una sensazione di imperfezione e un andamento di lettura generalmente discontinuo. Non mi do per vinta, qualcuno mi ha detto che ha scritto di meglio…

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Educazione europea 2018-05-10 08:36:55 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    10 Mag, 2018
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L'educazione Europea

«La disperazione si aggira ovunque, da sempre, intorno all’umanità… E quando si avvicina troppo e gli penetra dentro, un uomo diventa un tedesco, anche se è un patriota polacco. La questione è sapere se l’uomo è tedesco è no, se gli capita di esserlo solo talvolta. È quel che tento di scrivere nel mio libro. Non mi chiedi il titolo? […] Si intitolerà: Educazione europea. […] La verità è che ci sono momenti nella storia, momenti come quello che stiamo vivendo, in cui tutto quel che impedisce all’uomo di abbandonarsi alla disperazione, tutto ciò che gli permette di avere una fede e continuare a vivere, ha bisogno di un nascondiglio, di un rifugio. Talvolta questo rifugio è solo una canzone, una poesia, una musica, un libro. Vorrei che il mio libro fosse uno di questi rifugi e che aprendolo, alla fine della guerra, gli uomini ritrovassero intatti i loro valori e capissero che, se hanno potuto forzarci a vivere come bestie, non hanno potuto costringerci a disperare. Non esiste un’arte disperata: la disperazione è solo una mancanza di talento» p. 70

Sin dalle prime pagine di “Educazione Europea” il lettore è trasmutato in quegli anni del Secondo Conflitto Mondiale che Gary ha personalmente vissuto e pertanto è a sua volta chiamato a riviverli. In particolare, questo componimento, è anche l’opera con cui l’autore ha esordito e che riporta, romanzata, quella che è stata l’esperienza bellica del medesimo come aviatore della Francia Libera che gli determinò la Legion d’Onore. È un libro forte, intenso, che nulla lascia al caso. Romain si concentra sulla fame, sulla repressione nazista, sugli espedienti per sopravvivere, sulle crudeltà, sulle prostituzioni volute e forzate, sulle violenze in genere. E tutto avviene mediante la voce di Janek, un ragazzo di appena 13/14 anni (all’inizio del volume, un uomo alla sua conclusione), che prima viene privato dei fratelli, poi della madre, poi del padre medico e infine della gioventù, della spensieratezza, della fantasia. Sarà costretto a lasciare il suo rifugio e a unirsi ai partigiani, sarà qui che assisterà alla manifestazione dei due volti dell’essere umano: il tradimento che può celare anche altruismo, l’odio che può nascondere anche l’amore. Si innamorerà, dovrà curare i propri fantasmi nonché quelli della sua amata costretta, per andare avanti, a concedersi a uomini che non le permettono di sentire più alcunché, diventerà adulto e conoscerà il significato della parola libertà ma anche di quello della sofferenza, condizione, quest’ultima, in cui l’individuo sembra essere radicato e da cui non sembra potervi essere alcuna possibilità di salvezza.
L’elaborato è fortemente concentrato sulle emozioni, sulle sensazioni. Si è trasportati in una dimensione parallela, si ha la percezione del fragore delle foglie, del canto degli usignoli, ma anche il grido disperato di un mondo in decomposizione per la stessa mano del suo principale abitante. Al tutto si somma un profondo senso di sconforto per quelle sorti disperate che appaiono quali irrevocabili e immutabili.
A un testo dal contenuto molto profondo e magnetico si somma, ancora, uno stile narrativo che è pura e semplice poesia.
Intimo, ricco di contenuti, imperdibile.

«Quanti usignoli, pensò Janek, avevano cantato così nella notte attraverso i secoli? Quanti usignoli umani, fiduciosi e ispirati, sono morti cantando questa eterna e meravigliosa canzone? Quanti altri ne moriranno ancora, nel freddo e nei patimenti, circondati dal disprezzo, odio e solitudine, prima che la promessa del loro canto inebriante venga mantenuta? Quanti secoli ci vorranno ancora? Quante nascite, quante morti? Quante preghiere e sogni? Quante lacrime e canzoni, quanti canti nella notte? Quanti usignoli?» p. 264

«”Janek”
“Sono qui”
“Abbiamo vinto”
“È così”
“Non sarà una vittoria come le altre…”
“Sicuro.”
“Nessuna cosa importante muore…”
“Sì, lo so, conosco…”
Stava per dire: conosco la canzone. Ma disse soltanto:
“Non basta sapere”.
“Nessuna cosa importante… muore… Soltanto gli uomini… e le farfalle…» p. 270

«Si arrampicano sull’ostacolo o trottano, indifferenti e frettolose, sopra le strane parole tracciate sulla carta a grandi lettere nere: Educazione Europea. Trascinano con ostinazione le loro ridicole some. Ben altro che un libro occorrerebbe per costringerle a lasciare la loro via, la via che milioni di altre formiche hanno percorso prima di loro, che milioni di altre formiche hanno tracciato. Da quanti millenni faticano a questo modo, e per quanti millenni questa razza ridicola, tragica e instancabile, dovrà faticare ancora per quella via? Quante nuove cattedrali dovranno essere ancora costruite, per adorarvi un Dio che dà loro così deboli reni e un così pesante carico? A che serve lottare e pregare, sperare e credere? Il mondo nel quale soffrono e muoiono gli uomini è quello stesso nel quale soffrono e muoiono le formiche: un mondo crudele e incomprensibile, in cui la sola cosa che conta è portare sempre più lontano un arduo fardello, un filo di paglia, sempre più lontano, col sudore della propria fronte e a prezzo di lacrime e sangue, sempre più lontano senza mai fermarsi per respirare o per chiedersi perché… “Gli uomini e le farfalle”» p. 271

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Educazione europea 2018-03-25 16:17:53 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    25 Marzo, 2018
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Un pacifismo non di maniera

Educazione europea è il romanzo con cui ha esordito nel 1945 Romain Gary, dopo l’esperienza bellica come aviatore della Francia libera e nel corso della quale si meritò la Legion d’Onore. Dunque ci troviamo di fronte a un eroe di guerra che scrive una storia di guerra finalizzata però a un pacifismo non di maniera. Gary racconta le vicende di un gruppo di partigiani polacchi assillati dalla fame e dal freddo, oltre che dalla crudele e sempre presente repressione nazista. Fra questi il personaggio di primo piano è Janek, un ragazzino che ha già perso i fratelli, e che perderà anche il padre, strappato troppo presto alle fantasie di una gioventù e precipitato nel baratro della violenza e dell’orrore, in una serie di esperienze in cui apprende che gli uomini hanno due facce, che se c’è il tradimento ci può anche essere l’altruismo, che se c’è l’odio può esserci anche l’amore. Così la sua maturazione, il passaggio dall’età della pubertà a quella adulta avverrà in brevissimo tempo, durante il quale tuttavia apprenderà l’autentico significato della parola libertà e nascerà in lui la speranza per un mondo migliore, per un’Europa unita e pacifica. Dopo due lunghi, interminabili inverni di fame e di freddo, dopo aver visto morire tanti compagni, dopo avere avuto l’orrore e la necessità di uccidere Janek fa il conto di quell’esperienza con queste semplici parole, che tuttavia sono stilettate nell’animo di chi legge: “In Europa abbiamo le cattedrali più antiche, le più vecchie e celebri università, le più grandi biblioteche, ed è qui che si riceve l’educazione migliore, sembra che vengano in Europa da tutti gli angoli del mondo per istruirsi. Ma alla fine, quel che ti insegna tutta questa famosa educazione europea è come trovare il coraggio e delle buone ragioni, valide e convenienti, per ammazzare un uomo che non ti ha fatto nulla e che se ne sta seduto sul ghiaccio a testa china, ad aspettare la fine”.
Sinceramente il nome di Romain Gary non mi diceva niente fino a quando mi sono imbattuto in un suo romanzo, Gli aquiloni; si è trattato di un’autentica scoperta, l’opera mi è piaciuta moltissimo, così ho voluto leggere qualcosa d’altro, soprattutto questo Educazione europea che mi è stato consigliato da un’amica. Aveva ragione a dirmi che era qualcosa di straordinario, quasi di indescrivibile, tanto le era piaciuto; concordo pienamente con quel giudizio, perché difficilmente ci si può imbattere in un’opera in cui la cruda e tragica realtà e la purezza dell’animo convivono sullo stesso piano, in cui è possibile verificare come in ogni uomo sia presente il male e il bene, ma senza condannarlo definitivamente e senza appello se prevale il primo, perché basta spesso poco perché quel buio che è dentro possa essere rischiarato dalla limpida luce di un umano sentimento.

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Gli aquiloni, di Romain Gary
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