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Artemis. La prima città sulla luna
 
Artemis. La prima città sulla luna 2018-08-24 10:54:33 FrancoAntonio
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
FrancoAntonio Opinione inserita da FrancoAntonio    24 Agosto, 2018
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Crimini e misfatti lunari

Jasmine Bashara è una giovane donna, intelligente, esuberante e intraprendente che cerca di farsi strada nella vita e, in particolare, di diventare ricca per potersi concedere tutti gli agi che, per ora, può solo sognare. Sin qui non ci sarebbe nulla di strano se Jasmine, che tutti chiamano Jazz, non fosse una delle poche artemisiane, ovvero una delle cittadine residenti ad Artemis, la prima città sulla Luna. Chiamarla città è un po’ esagerato, visto che si tratta solo di uno striminzito habitat sotto cinque “bolle” di alluminio che, tra piani sopra e sotto il suolo, riesce a contenere, al massimo, un paio di migliaia di persone. L’economia artemisiana si basa su due proventi principali: il turismo (sono molti i terrestri che sognano di dare una sbirciatina da vicino al luogo, musealizzato, ove atterrò l’Apollo 11) e la produzione di alluminio. Quest’ultima fonte di reddito, però, è in forte contrazione, giacché dopo la costruzione delle bolle, la domanda è parecchio calata. Jazz, dopo aver rotto con il padre, uno dei saldatori più esperti di Artemis, s’è messa a fare il corriere, consegnando la merce che giunge periodicamente sulla Luna ai clienti che l’hanno ordinata. In realtà i suoi introiti sono ampiamente rimpinguati dal contrabbando di tutti quei beni dei quali, per ragioni di sicurezza, è bandita l’importazione ad Artemis: liquidi infiammabili, come le bevande alcoliche o il combustibile per accendisigari (e, quindi, anche sigarette, tabacco e, ovviamente, hashish), materie plastiche o chimiche pericolose, etc.. Ma, anche con questa sostanziosa integrazione, gli incassi sono pochi ed è difficile tirare avanti, figuriamoci raggiungere la somma che la ragazza si è prefissa per la propria “tranquillità economica”. Ciò almeno sino a quando uno dei suoi migliori clienti, il ricchissimo industriale Trond, non le offre la bellezza di un milione di slug (la pseudo-valuta locale; al cambio, sei slug valgono un dollaro) per sabotare la fabbrica di alluminio che lui vorrebbe acquisire. L’impresa è pressoché impossibile, ma Jazz è piena di iniziative e sembra potercela fare. Purtroppo la ragazza non sa che al “gioco”, davvero grosso, partecipano anche molti altri soggetti, decisamente poco raccomandabili: dal momento in cui accetterà la proposta la sua vita sarà costantemente in pericolo.
Dopo “Il Sopravvissuto - Il Marziano” Weir si cimenta nuovamente con un romanzo di anticipazione, questa volta con i ritmi del racconto d’azione e del thriller ad alta tensione.
Ho volutamente usato l’accezione “di anticipazione”, invece che “di fantascienza”, poiché l’A., anche in questo caso, ci trasporta in un futuro assai prossimo (seconda metà di questo secolo) ed ogni circostanza, ogni “invenzione” utilizzata nel romanzo, è scientificamente corretta e correttamente giustificata sulla base delle odierne conoscenze. La stessa città lunare di Artemis non differisce di molto di quello che potrebbe essere o sarà, nei prossimi decenni, il primo stanziamento umano sul nostro satellite. Quindi l’ambientazione e le situazioni descritte sono altamente credibili e non richiedono alcuna sospensione della innata incredulità come avviene nella tipica della fantascienza classica, ma, anzi, consentono una agevole immedesimazione.
Ne è risultato, così, un romanzo molto gradevole ed accattivante che trascina il lettore con l’incalzare sempre più frenetico delle vicende, sino ad una conclusione non del tutto prevedibile.
Mi è piaciuto particolarmente lo stile narrativo utilizzato. Come nella sua opera prima Weir, fa raccontare la storia in presa diretta da Jazz personalmente. Lei usa un linguaggio giustamente spiccio e scabro, che potrebbe essere definito da “strada” (se su Artemis esistessero le strade e non solo stretti corridoi nei quali passa a stento una golf-car, unico mezzo ruotato ammesso, o, addirittura, una persona di media corporatura) poiché lei è una ragazza della strada, cocciuta e ribelle, cresciuta in un ambiente duro e difficile. Ama esprimersi, quindi, in modo diretto usando, spesso, un fare da “maschiaccio” per nascondere la sua fragilità.
I dialoghi sono divertenti e briosi, anche nei momenti di massima tensione ed i personaggi, molto ben riusciti e credibili.
In definitiva “Artemis” è una piacevole lettura; perfetta per passare qualche ora distensiva e senza pensieri.
Concludo con un paio di osservazioni degne della rubrica “L’eco del pignolo” e con una tiratina d’orecchie alla traduttrice.
Il termine silicone, in italiano, è usato solo per definire i composti polimerici inorganici della catena silicio-ossigeno e non per l’elemento chimico silicio (Si) che, solo in inglese, è chiamato silicon. Il vetro, quindi, si produce col silicio. E’ improponibile sintetizzarlo dal silicone.
Inoltre l’ossigeno non è un combustibile, ma un comburente, cioè un elemento che, favorendo l’ossigenazione, consente di tener vivo il processo di combustione.
Un po’ più di attenzione alla chimica non avrebbe guastato, visto che il romanzo si appoggia grandemente sui ragionamenti scientifici.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
... il precedente "Il Marziano" e, in genere, a chi ama la fantascienza intelligente e ben documentata; tenendo comunque presente che è un romanzo di pura evasione.
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