La ragazza di Bube La ragazza di Bube

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Chiara77 Opinione inserita da Chiara77    26 Mag, 2023
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Capolavoro dimenticato

« Alla prima curva, si scoprì la Valdelsa. C’era un mare di nebbia, laggiù: da cui emergevano come isole le sommità delle collinette. Ma il sole, attraversando coi suoi raggi obliqui la nebbia, accendeva di luccichii il fondovalle. Mara non distoglieva un momento gli occhi dallo spettacolo della vallata che si andava svegliando nel fulgore nebbioso della mattina.»

“La ragazza di Bube”, romanzo vincitore del premio Strega nel 1960, è probabilmente il capolavoro di Carlo Cassola. Vi si narra la storia d’amore tra Mara, giovanissima contadina di Monteguidi e l’ex partigiano Arturo, da tutti conosciuto con il soprannome di Bube.

La guerra è appena finita e Bube si reca a conoscere la famiglia del suo migliore amico Sante, morto durante la lotta per la Liberazione. Sante abitava a Monteguidi, piccolo borgo frazione di Colle Valdelsa e, oltre ai genitori e a un fratellino più piccolo, aveva anche una sorella di sedici anni, Mara. Bube e Mara si piacciono fin dal primo sguardo e iniziano una relazione. All’inizio del romanzo sono due ragazzini, lei è bella, si rende conto che il suo corpo è quello di una donna che piace ma i suoi pensieri e ragionamenti sono ancora quelli di una bambina. È insomma un’adolescente in piena regola. E come tale ha anche una grande voglia e propensione verso l’innamoramento. Lui è poco più grande, è cresciuto senza padre, è istintivo e volitivo. Benché abbia già vissuto esperienze come la guerra, non è maturo. Anzi, è un giovane troppo esaltato dal senso di potere procurato dall’uso delle armi e dalla facile approvazione della massa popolare che vuole giustizia dopo gli eventi del fascismo e della guerra civile.
I due inizialmente si piacciono ma poco dopo avviene ciò che non sempre è detto che accada tra due persone che si piacciono, anche più mature o che si sono frequentate di più… Avviene che Mara e Bube si innamorano davvero. Il problema è che Bube, nel suo essere poco maturo e troppo istintivo, compie un grave errore che segna irreparabilmente il suo percorso di vita. Entrambi a quel punto ne dovranno subire le conseguenze, poiché Mara si sente legata a Bube dal sentimento dell’Amore.

Cassola ha scelto di ambientare questa vicenda, probabilmente ispirata ad una storia realmente accaduta, nel complesso momento di trapasso dalla lotta di Liberazione al dopoguerra, quando, venuta a cadere la piena fiducia nella solidarietà collettiva, ciascuno doveva trovare le risorse per crescere ed evolvere soprattutto sul piano privato. Mara è il simbolo quindi della realizzazione e della maturazione dal punto di vista personale e non più collettivo.

“La ragazza di Bube” è un bellissimo romanzo di formazione e una toccante storia d’amore. I protagonisti compiono un percorso di crescita attraverso l’amore e la sofferenza che li renderà consapevoli nei confronti della vita e di loro stessi. Buona lettura!

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Valepepi Opinione inserita da Valepepi    10 Mag, 2023
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NIENTE DI NUOVO SUL FRONTE OCCIDENTALE

Mara è una ragazza sveglia e vivace. Forte della propria condizione di donna giovane e bella, vuol vivere la propria vita appieno, ha fame d’amore, desiderio di indipendenza dalla famiglia, di riscatto dalla povertà.
Si fidanza con Bube per caso, per gioco, per dispetto verso la cugina Liliana. Il ragazzo non soddisfa le sue aspettative: è povero, gretto, maldestro. Le nega l’affetto, cerca di sottometterla, non sa scriverle lettere d'amore, la taglia fuori dalla sua vita che ruota attorno al partito e ai compagni e verso i quali, d’altronde, Mara non nutre alcun interesse.
La prima esperienza di coppia si consuma tra Colle Val d'Elsa e Volterra, in un susseguirsi lento e monotono di passeggiate attorno alla piazza, acquisti superflui, caffè al bar e pasti in trattoria per ammazzare il tempo e la noia. Verso la fine, si intravede qualche scampolo d’amore, ma sembra più dettato dall’urgenza dei loro giovani corpi che da una sincera passione amorosa tra due persone che, in fondo, non hanno nulla da dirsi.
Più tardi, durante il periodo di latitanza del compagno, Mara incontrerà Stefano. Nemmeno lui, con i suoi discorsi seri e ampollosi, corrisponde al suo ideale di amore, ma riesce ad adattarsi meglio a quell’astratto bisogno che cova nel cuore. E tuttavia, lo lascia. Sceglie ostinatamente di restare con Bube.
Perché? La domanda sorgerebbe spontanea, eppure non sorge. C’è una immersione tale nella storia e nel personaggio, che il pensiero e la realtà delle cose si accomodano intorno. Mara ubbidisce a un ruolo che lei stessa, gli altri, le circostanze le hanno cucito addosso in un abito che, negli anni, è divenuto una camicia di forza dentro cui ci si è rannicchiata senza percepirne la costrizione. Sul collo, un’etichetta “ragazza di Bube” che negandole un nome, le nega di fatto una identità.
A ben guardare, tuttavia, non è solo Mara che si annulla in nome della devozione verso Bube, ma Bube stesso si immola in nome della fedeltà al partito.
E dove l’identità dei singoli sparisce, si afferma quella collettiva imperniata su ideologie, partiti e scontri sorti all’indomani della seconda guerra mondiale e della guerra civile tra partigiani e repubblichini.
Qui l’attenzione di Cassola si concentra sul divario incolmabile che contrappone uomini a ideali, sulle contraddizioni tra tensioni egualitarie e libertarie rispetto a una dialettica sociale tutta basata su antiche logiche patriarcali, rapporti di forza, gerarchie economico-culturali che presto o tardi svelano il loro volto feroce e non esitano, come sempre, a sacrificare l’ultimo e il più debole. Come dire, niente di nuovo sul fronte occidentale.

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Calderoni Opinione inserita da Calderoni    01 Marzo, 2022
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La sconfitta di una generazione

Naturale continuazione di Fausto e Anna, La ragazza di Bube è il romanzo più celebre di Carlo Cassola. Si tratta di un vero e proprio caso editoriale. Insieme al Giardino dei Finzi-Contini di Giorgio Bassani, è stato uno dei primi bestseller all’italiana, facendo seguito all’uscita de Il Gattopardo nel 1958 per Feltrinelli. Questo successo di pubblico per La ragazza di Bube è giustificato? Direi di sì. La narrazione è frizzante e rapida. Dominano il discorso diretto e l’azione. Le descrizioni sono ridotte al minimo e anche l’approfondimento psicologico non è così profondo, a differenza di altri romanzi del nostro Novecento. Ci sono ellissi che aumentano il ritmo della narrazione. Il romanzo è suddiviso in quattro parti, di cui la terza è la più lunga (un centinaio di pagine contro le quaranta della prima, le circa settanta della seconda e le trenta abbondanti della quarta).
La figura emblematica di questo libro è Mara, la ragazza di Bube per dirla con una perifrasi. Al termine della lettura Mara lascia un segno. La ragazza, al termine del romanzo divenuta donna, non indaga le ragioni dell’errore del suo innamorato: lo accetta come un semplice sbaglio e lo ripaga con la fedeltà. Sostituisce il giudizio morale con il sentimento. In tal senso La ragazza di Bube è una storia romantica, di amore e fedeltà, ma anche di sacrificio, incarnata da questa eroina appartenente al popolo, capace di suscitare emozioni e solidarietà. Nonostante tutto, Mara per Bube c’è e soprattutto ci sarà quando Bube potrà tornare a vivere da libero cittadino dopo la pena che gli è stata inflitta.
L’analisi tematica del romanzo, però, non può ridursi a questo. Cassola affresca la storia di un’intera generazione, la generazione che con la Resistenza era divenuta classe dirigente, protagonista della nuova vita democratica successiva ai vent’anni di regime e ai due anni di guerra civile. Emerge in modo lampante la sconfitta di questa generazione che ha visto annullata la propria giovinezza, è cresciuta troppo in fretta a causa della guerra e ha commesso misfatti che pagherà nel successivo periodo di pace. Emblematica in tal senso è la figura di Cappellini Arturo, conosciuto da tutti come Bube. Al fronte, tra le fila partigiane, ne aveva assunto un altro di nomignolo: il “Vendicatore”. Era amico e compagno di Sante, il fratello di Mara, morto prematuramente in battaglia. Bube vuole essere la testimonianza che la guerra annulla tutto quello che di umano caratterizza l’essere umano. La turpe violenza, la vendetta e l’acredine nei confronti dell’altro, del “nemico”, diventano la legge. Bube, nella sua ingenuità adolescenziale, è stato centrifugato dalla guerra, vivendo, come tutti, un periodo della sua vita senza il governo delle leggi. Si è guadagnato sul campo il nomignolo di “Vendicatore”, è stato incitato a commettere del male nei confronti dell’avversario. Un male ingiustificato perché spettava a lui il compito e l’onore di picchiare. Con questo spirito incorre in un incidente più grave, da cui tutta la sua esistenza sarà segnata. Nato da un classico alterco di paese tra comunisti e un maresciallo dei carabinieri (decorato della Resistenza, ma questo si saprà soltanto in seguito; nel 1945, agli occhi di un comunista, un maresciallo per pregiudizio comune non può che essere un fascista) si accende una sparatoria in cui il maresciallo uccide un compagno. A sua volta un altro compagno uccide il maresciallo e Bube, ancora immerso nel vortice della vita di macchia da partigiano, insegue e uccide il piccolo figlio del maresciallo.
Un tema molto spesso poco dibattuto è il reinserimento nella società di chi ha combattuto una guerra, di chi come Bube è stato partigiano. Ne La Storia di Elsa Morante si può vedere un altro ottimo esempio di sconfitta di questa generazione (si pensi a Carlo Vivaldi o al fratello maggiore di Useppe, Ninuzzo). Anche Bube esce con le ossa frantumate dal conflitto e da quello che ha implicato. Si inserisce in questo contesto uno dei temi più controversi del romanzo, messo in evidenza dal critico Geno Pampaloni, da sempre vicino alle istanze del Partito comunista italiano. Si tratta del tema della “educazione politica”. Bube si sente tradito dal suo partito e non soltanto perché, dopo il delitto (che egli pensa di aver compiuto quasi per delega del suo partito), il partito non lo difende abbastanza. Gli anni di controversie legali e di carcere permettono infatti a Bube di aprire gli occhi sull’intera sua parabola nel mondo comunista e partigiano. Comprende, soffrendo, che è stato vittima fin da quando il partito lo ha educato ai valori della violenza punitiva, lo ha accettato e sollecitato nel ruolo di “Vendicatore”, senza avvertirlo dei rischi mortali che egli correva, del non-valore etico implicito nell’ideologia della violenza.
La vicenda, proprio come Fausto e Anna, è ambientata in Toscana, in uno dei luoghi deputati del mondo di Cassola, la Val d’Elsa. L’atmosfera è quella dell’Italia liberata che sta cercando una nuova direzione. Bube è stato un valoroso partigiano e ha trovato nella lotta un’immagine di sé che lo soddisfa ma al tempo stesso lo chiude come uno stereotipo, quello di “Vendicatore”. Sempre e comunque, anche a guerra finita, tutti si aspettano che si comporti così e significativo è l’episodio che avviene con il prete Ciolfi, vecchio fascista che deve scappare dal paese. In Bube l’astio politico si mescola con la pietà nei confronti di quel prete conosciuto fin dall’infanzia, ma alla fine per saziare quello che è il suo attributo violento da protettore si trasforma egli stesso in aggressore di Ciolfi. Nel buio dello stereotipo dal quale non riesce a liberarsi Bube incontra l’amore. È l’amore di Mara, che si manifesta in maniera delicata ed emozionante in un capanno, prima della fuga di Bube per scappare dai problemi con la legge. L’incontro al capanno ha una funzione di rigenerazione: Bube attraverso Mara inizia ad aprire gli occhi, a comprendere di essere stato “usato”. Le sue peripezie sono appena iniziate, ma può contare su nuove consapevolezze e su Mara. Ecco perché le parole di Mara al termine del romanzo, «un po’ di pietà, signori giudici. Noi non chiediamo altro che un po’ di pietà», echeggiano come una richiesta commossa nei confronti di un’intera generazione, martoriata e stravolta dalla guerra.

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lapis Opinione inserita da lapis    14 Mag, 2020
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Eroina della vita

Ci immaginiamo gli eroi come personaggi dalla volontà granitica, armati di spade forgiate in una fucina di ferro o di ideali, nell’atto di affrontare imprese straordinarie. Ma c’è un eroismo diverso, estraneo ai campi di battaglia o alle gesta destinate ai libri di scuola, che si manifesta in ogni bivio doloroso che la vita ci mette davanti. Per scegliere la strada della generosità, dell’abnegazione, dell’amore serve coraggio, il coraggio degli eroi. È questo l’eroismo della “ragazza di Bube”.

Nel 1945, nei giorni della Liberazione, Mara ha solo sedici anni. La politica e i comitati non sono cosa per lei, tutto quel che vorrebbe è un po’ di spensieratezza, di allegria. Un paio di scarpe dal tacco alto da sfoggiare in paese, una canzonetta da ballare, un giovanotto con cui civettare. È così che diventa la ragazza di Bube, giovane partigiano. Per caso, per far invidia alle amiche, perché la parola fidanzamento sembra un soffio di vento profumato, che volerà via così come è arrivato. Le parole, però, possono dimostrarsi pesanti come macigni. In virtù di quella promessa regalata quasi per gioco, Mara si ritroverà per sempre legata al destino di Bube, fidanzata a un uomo che ha ucciso, a un ricercato, a un esule.

Il tempo scorre nella lontananza e diventerebbe sempre più semplice, per Mara, sciogliere quel vincolo basato su un ricordo d’amore ormai sempre più sbiadito, assecondare le promesse di felicità che la giovinezza le sussurra all’orecchio ogni notte. Invece Mara si scopre forte, determinata, coraggiosa. Non per innamoramento, e nemmeno per ideale, ma perché davanti al volto del dolore, il cuore le impone di non girarsi dall’altra parte. E in quel giovanotto ritrovatosi adolescente con una rivoltella in mano, spinto alla violenza e alla vendetta in una lotta fratricida, cresciuto senza un padre che lo aiutasse a capire, a cambiare, a non sbagliare, lei vede tutto il dolore della povera gente, vittima dell’insicurezza, della storia, dell’odio. E sceglie allora una difficile strada d’amore.

La forza di questo straordinario romanzo sta nella semplicità. Semplici sono le immagini che ci propone: dolci colline sullo sfondo, fotografie di gente ancora ferita dalla guerra, scorci di una vita di paese in bianco e nero che è facile raffigurarsi nella mente. Semplici sono le parole, dialoghi che risuonano della cadenza toscana e di un lessico popolare. Semplice è la mite e indistruttibile moralità di Mara, che la guiderà in questo percorso di crescita e comprensione, trasformandola in una delle tante eroine della vita.

"È cattiva la gente che non ha provato dolore. Perché quando si prova il dolore, non si può più voler male a nessuno"

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leogaro Opinione inserita da leogaro    19 Aprile, 2020
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La ragazza della guerra accanto

Il romanzo è ambientato nella Val d’Elsa toscana; inizia poco dopo la fine della II guerra mondiale e si conclude nei primi anni Cinquanta.
Mara Castellucci è una ragazza sedicenne che vive a Monteguidi col padre, scansafatiche comunista, l’austera madre e il fratellino Vinicio. L’altro fratello, Sante, è rimasto ucciso dai tedeschi nei feroci combattimenti della Resistenza. I giorni passano, tra il lavoro nei campi e le scaramucce con gli spasimanti del luogo.
Un giorno, i Castellucci ricevono la visita di un ragazzo, Arturo Cappellini, detto Bube, venuto apposta a Monteguidi per conoscerli: Bube è stato un partigiano che ha combattuto insieme a Sante durante la Resistenza, guadagnandosi il soprannome di Vendicatore. Dal primo incontro con Mara, tra i due giovani nasce subito una simpatia; lusingata dall'interesse del ragazzo, Mara inizia a scambiarsi lettere con lui.
Un giorno, Bube comunica a Mara di voler cercare riparo presso la propria famiglia a Volterra perché accusato di un delitto. Era accaduto che, mentre si trovava a San Donato con i compagni Ivan e Umberto, un prete aveva impedito loro di entrare in chiesa: secondo i ragazzi, il motivo della discriminazione era la loro appartenenza al partito comunista. I giovani avevano protestato e il maresciallo dei carabinieri era intervenuto, insieme al figlio, a sostegno del prete. Bube e gli amici avevano cercato inutilmente di far valere le loro ragioni e, spinti dall'ira, avevano aggredito il sacerdote. Così, il maresciallo aveva reagito sparando ad Umberto, uccidendolo; per vendicare l'amico, Ivan aveva ucciso il maresciallo, mentre Bube ne aveva rincorso e assassinato il figlio.
Nonostante l’opposizione della madre di lei, Mara e Bube intraprendono così il viaggio verso Volterra. La prima tappa è Colle Val d’Elsa; lì, Bube rivede casualmente un prete di Volterra, tale Ciolfi, a suo tempo tacciato di pedofilia. Nel pomeriggio, i due salgono sull’autobus per Volterra; lì trovano anche il prete Ciolfi e una donna, che inizia a inveire contro il sacerdote, accusandolo d’aver collaborato coi nazisti durante la guerra. Appena riconosciuto Bube, la donna lo sprona a picchiare il prete, ma il ragazzo cerca di tergiversare. Giunti a Volterra, Bube conduce il prete verso il carcere per farlo costituire ma, aizzato dalla folla, viene praticamente costretto a picchiarlo per tener fede al suo nome di Vendicatore.
Giunto a casa dai familiari, Bube viene avvertito dal compagno Lidori che rischia di essere arrestato per il delitto di San Donato. Stare nascosti in famiglia non è affatto sicuro, cosicché Lidori accompagna Bube e Mara in un capanno di campagna, dove i due innamorati passano alcuni giorni insieme. L’indomani, una macchina passa a prendere Bube per portarlo precipitosamente in Francia, mentre Mara ritorna a Monteguidi.
Nel frattempo, qualcosa in lei è cambiato: non è più la ragazza spensierata di prima, è angosciata per la mancanza di notizie su Bube e le rimane indifferente tutto quello che la circonda. Anche in casa il clima non è sereno: il padre è preso soltanto dalle attività del partito comunista, mentre la madre la rimprovera continuamente per essersi fidanzata con un poco di buono. L’infelicità della ragazza cresce, così pure l’insofferenza alla quotidianità di Monteguidi. Finita l'estate, Mara decide di andare a lavorare come domestica presso una famiglia di Poggibonsi. Qui, la ragazza stringe amicizia con una compaesana, Ines, che le presenta Stefano, un ragazzo serio e un po' timido che lavora nelle vetrerie. Mara resta inizialmente fredda, ma lentamente comincia ad apprezzare la sua garbata compagnia, soprattutto perché, da più di un anno, non ha notizie di Bube. La ragazza scivola così gradualmente in un dilemma: da un lato sa di aver dato la sua parola a Bube, ma dall'altro sente crescere l’amore per Stefano, un uomo serio e sincero che potrebbe darle la felicità e il benessere.
In Francia, il governo decreta l’espulsione dei rifugiati politici: Bube, costretto al rimpatrio, viene arrestato alla frontiera e condotto a Firenze. A questo punto, per Bube e Mara è giunto il momento di guardarsi occhi negli occhi, capire se è possibile, e in che modo, un futuro per loro. Mara, soprattutto, sarà chiamata a compiere una scelta che potrebbe rivelarsi decisiva, seppur così giovane, per l'intera sua vita.

Libro intenso, in cui Cassola descrive la storia con vivide immagini, nel solco di quel Neorealismo che tanti capolavori ha regalato alla nostra letteratura. La lettura è piacevole, la trama meritoria, molteplici i temi affrontati, dal lavoro alla questione sociale, dalla guerra all'amore, dalla vendetta alla giustizia.

Due citazioni: “Ogni causa esige i suoi caduti” - “E’ cattiva la gente che non ha provato il dolore. Perché quando si prova il dolore, non si può più voler male a nessuno”

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Moravia, Pratolini, Deledda, Elsa Morante, Bassani ma anche Silone e Verga
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    26 Gennaio, 2020
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Mara e Bube

«”È cattiva la gente che non ha provato il dolore” disse Mara. “Perché quando non si prova il dolore, non si può voler male a nessuno.”»

Toscana, Valdelsa. L’appassionata atmosfera della Resistenza da poco conclusasi con la liberazione regna ancora tra i cuori e gli animi di coloro che ne sono stati diretti protagonisti. Cappellini Arturo, detto Bube e in arte “Vendicatore”, ormai diciannovenne, è tornato a casa dopo il lungo periodo della “macchia”. La sua vita è stata interamente caratterizzata dalla lotta, da valori politici ben radicati, da convinzioni indissolubili che lo hanno portato sempre ad agire nella convinzione di muoversi nel giusto e soprattutto di rispecchiare quella immagine di sé che così tanto sente rappresentarlo. Giovane, timido, inetto, rude, elementare e impreparato alla vita, continua a sentirsi il Vendicatore anche se da quelle montagne ormai è sceso da diverso tempo. Quando incontra Mara, sorella del suo amico compagno di resistenza, se ne innamora a prima vista. Di umili origini, privato sin dai tre anni del padre e cresciuto con una madre dedita al lavoro per mantenere i figli, egli inizia a lavorare già ad undici anni e non conosce altro che quella esistenza così radicata e instradata. Mara rappresenta per lui l’amore ma anche una nuova possibilità, la possibilità di un riscatto, di una nuova occasione. Tuttavia, non lo comprende subito, lo capisce quando il danno è stato fatto e non ha più possibilità di porvi rimedio. Tra i due nasce un sentimento che diventa sempre più forte con il divenire. Ella all’inizio è una ragazza di sedici anni sciocca e materialista che non pensa altro che al farsi regalare delle scarpe col tacco o una borsetta di cui vantarsi con la cugina e che vive il rapporto con Bube quasi con distacco, quasi rifuggendo all’impegno che ha preso con lui. Ma il tempo passa e con il suo trascorrere accadono anche tanti avvenimenti che li portano ad avvicinarsi e a far fiorire quell’amore sincero che poi li accompagnerà per tutta la vita. Mara riuscirà a far breccia nella scorza di quel giovane così provato da un’esistenza dura, dolorosa e fatta di regole, un giovane così incapace di lasciarsi andare alla fragilità, al sentimento. Dal suo canto Bube insegnerà alla fanciulla a crescere, le insegnerà i valori, le insegnerà a vedere la realtà che la circonda da una prospettiva diversa, più aperta, a trecentosessanta gradi. Trascorreranno degli anni, prima tre, poi degli altri ancora, sette ed ancora quattordici. La loro relazione sarà messa in discussione da fattori esterni che li porteranno a stare lontano, ci saranno delle incertezze e tanti dubbi, ma alla fine l’uno rappresenterà per l’altro l’unica certezza, l’unica vera costante. Si aspetteranno, si ameranno, sogneranno. Due vite diversamente disgraziate, due vite segnate da circostanze inconsapevoli.
I protagonisti che abbiamo conosciuto all’inizio dell’opera si evolveranno con l’evolversi della stessa. Mara si riscoprirà essere una donna forte, fedele, fiera e tenace che sacrifica la propria giovinezza con un gran spirito di rassegnazione ma anche con una grande consapevolezza e con un gran senso del dovere dato dall’aver fatto una promessa che cocciutamente vuole mantenere, Bube, costretto alla fuga, esiliato e poi espulso in Francia, condannato al carcere, mediterà sui fatti, mediterà sul trascorso e imparerà a far trapelare quella fragilità da sempre celata anche e semplicemente con lacrime silenziose o con parole carezzevoli così difficili e così improponibili all’inizio del componimento.
Siamo nell’Italia semi-analfabeta del Secondo Conflitto Mondiale, le sorti del paese sono ancora incerte, la minaccia dei fascisti è ancora una certezza, il boom economico è un qualcosa di molto lontano, siamo in un’Italia fatta di principi, in un’Italia dove c’era poco ma quel poco era tantissimo. Un libro che è intriso di sentimenti, di amore, di valori, di piccole e grandi cose, un romanzo che trae origine da una storia vera, quella di Nada Giorgi e di Renato Ciandri detto “Il baffo” e che ci fa destinatari di una fotografia ancora vividissima che cattura e che conquista anche a distanza di così tanti anni.
Un elaborato che si divora, che non si dimentica, che resta.

«Ma non fu che un momento: perché ancora una volta quella forza che l’aveva assistita in tutte le circostanze dolorose della vita, la sorresse e le ridiede animo. Mara rimase a lungo sveglia, con gli occhi aperti, e pensava che aveva fatto la metà del cammino, e che alla fine della lunga strada ci sarebbe stata la luce…»

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kafka62 Opinione inserita da kafka62    27 Dicembre, 2018
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L'AMORE NONOSTANTE TUTTO

Per tutta la prima metà del romanzo, Bube e Mara, i due personaggi principali, mi hanno ricordato alla lontana le coppie protagoniste di due film americani degli anni ’70, “Gang” di Robert Altman e “La rabbia giovane” di Terrence Malick: adolescenti precocemente cresciuti al cospetto della vita, criminali quasi per caso, stolidamente inconsapevoli delle conseguenze dei propri atti, per nulla crudeli ma anzi in possesso di una sorta di primitiva purezza, vittime più delle circostanze che del loro modo di essere e di pensare, schiacciati da un sistema che in un certo senso è meno innocente di loro. Quando il protagonista maschile, nel penultimo capitolo, viene giudicato colpevole al processo intentato contro di lui per lo sciagurato omicidio commesso a San Donato sono trascorsi soltanto tre anni dall’inizio della storia, ma ne sembrano passati trenta. Bube e Mara hanno nel frattempo attraversato senza saperlo un contesto storico molto particolare: il periodo immediatamente successivo alla Liberazione, quello in cui l’Italia, da nazione belligerante, dilaniata da una feroce guerra intestina, ha dovuto sforzarsi, dimenticando odi e vendette, di tornare ad essere un Paese normale, civile e democratico. Per loro appare certo legittima, e forse anche necessaria, una lettura storico-politica oltre che meramente generazionale. Bube – e con lui Mara – è infatti senz’altro lo specchio di una complessa fase di transizione, in cui la violenza e la logica delle armi hanno stentato a cedere il passo alla convivenza pacifica e alla supremazia del diritto. Ma vedere Bube solo come l’espressione immatura e semplicistica di quanti hanno scioccamente creduto che fosse possibile continuare a risolvere tutti i problemi con la rivoltella, come giocoforza si faceva durante la lotta partigiana, sarebbe operare una valutazione riduttiva del capolavoro di Cassola. “La ragazza di Bube” parla infatti di ben altro. Bube e Mara si sono fugacemente amati, il primo è andato in esilio e poi è stato arrestato e imprigionato; la seconda ha deciso, nonostante l’incontro con un giovane che l’amava, di rimanere accanto a lui costi quel che costi. La ragazzina civettuola, allegra e solare che avevamo incontrato nei primi capitoli si è trasformata gradualmente in una donna fedele, fiera e tenace, che accetta di sacrificare la giovinezza con un incredibile spirito di rassegnazione. L’eroina di Cassola è commovente nella sua infantile semplicità e nella sua cocciuta coerenza. Mentre il padre la spinge a essere fedele a Bube solo perché la sua fede di militante comunista lo richiede, e la madre a lasciarlo e rifarsi una vita perché ha a cuore, come tutti i genitori, il futuro della figlia, Mara decide di aspettare il proprio uomo per quattordici lunghissimi anni (tanto è il periodo che Bube dovrà passare in carcere) per un motivo totalmente disinteressato, ossia perché un giorno (non importa se aveva solo sedici anni, non importa se lo ha fatto con sventata leggerezza di adolescente) ha fatto una promessa e assunto un impegno che ormai non potrà più tradire, a maggior ragione adesso che qualcuno ha bisogno più che mai di lei per sopravvivere alla disperazione e alla solitudine. Nel romanzo si parla poco, o quasi mai, di amore. Siamo nell’Italia semi analfabeta che sta uscendo a fatica dal suo passato contadino, il boom economico è ancora lontano, i personaggi sono manzonianamente sballottati di qua e di là senza capire il senso degli eventi che si trovano a vivere (siano essi il referendum del 1946 o le elezioni politiche del 1948), e tanto meno sono in grado di interpretare le sottigliezze psicologiche del sentimento amoroso. Ma se non è amore quello di Mara, amore autentico e assoluto, Amore con la maiuscola (verrebbe da dire amore cristiano, se non fosse che la ragazza è fondamentalmente agnostica), beh, allora sinceramente, non so cosa si possa definire veramente tale, soprattutto in un’epoca (quella di sei decenni dopo) in cui le statistiche ci dicono che circa metà delle coppie divorzia e si separa dopo pochi anni di matrimonio, scoraggiate dalle difficoltà, neppure lontanamente paragonabili a quelle di Mara e Bube, della vita a due!

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Lyda Opinione inserita da Lyda    19 Febbraio, 2018
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La consapevolezza di un ruolo.

Quest'opera di Carlo Cassola è da inquadrare in una situazione storica ben precisa, un'Italia povera, devastata, disorientata, alla fine della seconda guerra mondiale e nel periodo immediatamente post-bellico, anni 1944/45 sino al 48.
Letto durante il mio primo anno di scuola superiore - almeno 2/3 decenni fa 'La ragazza di Bube' era sicuramente inserito nei programmi scolastici – ho voluto riapprocciarmi a queste valide righe per una sfida personale ovvero tentare di comprendere le sfaccettature e soprattutto emozioni che lo stesso libro lascia dentro ognuno di noi a seconda dell'età.
Inutile dire che l'ho divorato – stavolta! - trovandovi ben più di una storia d'amore sofferta e vissuta in modo anomalo, bensì tutto il valido e significativo corollario socio-politico e culturale dell'Italia di quei tempi.
Cassola scrive pulito, in modo facilmente comprensibile, Mara e Bube ti scorrono tra le dita, pagina dopo pagina, catturando l'attenzione come solo riuscivano i racconti verbali dei nostri preziosi vecchi che ci hanno riportato stralci di vissuto (fortunato chi ne ha avuto uno in famiglia!).
In questo romanzo la storia è la vera protagonista, a partire dalla Liberazione nel giugno 1944, c'è tutto, c'è il racconto della lotta dei partigiani e della dura resistenza, la risalita degli angloamericani e lo sfondamento della linea gotica, il contrasto violento e crudo tra l'ideologia comunista e fascista... e poi c'è Mara, peperino di sedici anni appartenente a una famiglia povera della campagna toscana.
La ragazzina si invaghisce – ricambiata - di Bube, ex partigiano soprannominato 'il Vendicatore', un giovane poco più grande di lei cresciuto senza padre in condizioni ancor più misere.
Bube commette un omicidio sparando al figlio di un maresciallo dei Carabinieri, anch'esso ucciso da un compagno, e lo fa in modo rabbioso e ragionato, probabilmente come ingenua dimostrazione di forza a seguito dei continui incitamenti da parte di amici e seguaci del Partito (ndr, partito comunista).
Bube mancando di fermezza e razionalità perché cresciuto appunto senza validi e necessari riferimenti paterni, si trova sempre impelagato in faccende di violenza e sciocca dimostrazione di forza fisica e in tal modo, a seguito dell'increscioso atto a sfondo politico, si rovina la vita e il futuro con l'amata.
Il Partito tenta all'inizio di sottrarlo alla giustizia aiutandolo ad espatriare in Francia ma dopo due anni dal fattaccio, a causa dell'espulsione per sopraggiunti cambiamenti politici nella realtà francese, Bube verrà restituito all'Italia e subito arrestato alla frontiera.
Mara è una ragazza che si affaccia alla vita e all'amore.
Nella prima parte del libro l'autore la rappresenta come una giovane immatura e sciocchina, che si entusiasma facilmente – d'altronde è una delle caratteristiche adolescenziali - per futilità, ad esempio per un paio di scarpe con il tacco, tralasciando il senso assai più profondo delle cose e della vita stessa.
In seguito il lettore troverà in Mara un'improvvisa e veloce maturazione per quella sua difficile ma ferma volontà di rimanere accanto a Bube nonostante la lontananza, il carcere, e il dolore per un amore sofferto e a lungo non consumato.
E' un onorabile spirito di sacrificio e dedizione alle cause giuste a muovere la giovane nelle ultime pagine del racconto, nonché un atteggiamento maggiormente femminile (mi sia a questo punto concessa una valutazione personale) che rasenta il ben noto e frequente comportamento 'da crocerossina'.
Mara sa di essere la ragazza di Bube e questo le basta.
A discapito della serenità dei suoi anni migliori.
E' consapevole di rappresentare l'unico riferimento esterno dello sfortunato giovanotto, il solo motivo di salvezza che funge da stimolo alla sopravvivenza e per questo motivo non si perde d'animo e lo aspetta.
Il romanzo pertanto si chiude con un personaggio femminile che di diritto va ad incrementare la folta schiera delle numerose donne forti e risolute.

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marygiò02 Opinione inserita da marygiò02    30 Ottobre, 2014
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La ricetta dell' Amore

Insignito del premio letterario ''Strega'' nel 1960, ''La ragazza di Bube'' è un romanzo a carattere sentimentale, ambientato in Toscana, nei difficili anni successivi alla Resistenza tra il 1944 e il 1948. Centro della vicenda è la storia d'amore tra Arturo Cappellini, meglio conosciuto come Bube, un ragazzo impulsivo e baldanzoso nella sua voglia di far giustizia e la forte, ma allo stesso tempo vulnerabile, Mara Castellucci.
A far da cornice al loro amore tormentato saranno le vicende politiche e giudiziarie che relegano il giovane Bube in Francia e quindi lontano da Mara.
Avrò letto questo libro decine di volte e ogni volta ritrovo nuovi elementi su cui soffermarsi; ciò che colpisce maggiormente l'attenzione del lettore, a mio giudizio, è, al di là della vicenda in sé, lo stile con cui l'autore si presenta al lettore, molto semplice e scorrevole, il quale si adatta perfettamente ai personaggi, lo stile immediato ci cala direttamente nel mondo dei personaggi. Attraverso questa tecnica il lettore diventa parte della storia, riesce ad immedesimarsi nei personaggi e ad entrare nel loro animo, cresce con loro, prova le stesse emozioni.
Oltre che un romanzo d'amore, oserei dire che si tratta in parte di un romanzo di formazione, in quanto nella vicenda assistiamo alla crescita morale e psicologica della protagonista femminile, che da sedicenne impulsiva e sfacciata, diventa una donna matura con sani valori e princìpi.
Consiglio a tutti gli appassionati di lettura di non farsi sfuggire questo romanzo anche per le tematiche e il messaggio che l' autore ha voluto lasciarci: primo fra tutti la Fedeltà, in tutte le sue sfumature; essa si può cogliere già dal titolo: 'Io sono la ragazza di Bube', il cuore di Mara appartiene a Bube e a nessun altro; così come la fedeltà del padre di Mara al partito comunista o la fedeltà di Bube al suo ruolo di partigiano. Il messaggio che sicuramente il libro vuole trasmetterci è il significato della vita, come mix di gioia e dolore, ed è proprio esso che deve spronarci a non arrendersi, ma ad avere la forza di continuare a lottare per noi stessi. Il libro è anche un invito ad amare intensamente, perché l'amore è l' unica forza in grado di darci conforto in momenti difficili.
Vi lascio con una frase che coglie e raccoglie questo messaggio: ''Questo era l'amore: qualcosa che riscaldava il cuore e distruggeva le membra.''
Buona lettura!
Maria Giovanna

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Cathy Opinione inserita da Cathy    27 Ottobre, 2014
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"La ragazza di Bube"

Mara è una ragazza di sedici anni che vive a Monteguidi, paesino della Toscana, con i genitori e il fratello minore. Superficiale e immatura come la maggior parte delle sedicenni, pensa solo a ballare con i giovanotti durante le feste di paese, comprare un paio di scarpe con il tacco alto ed essere più bella della cugina, sua perenne rivale.
All'indomani della Liberazione, a casa di Mara arriva un giovane partigiano. Ha diciannove anni, si chiama Arturo (soprannominato "Bube" mentre era alla macchia) ed è venuto a conoscere la famiglia di un suo compagno d'armi ucciso dai tedeschi, Sante, fratellastro di Mara. Bube, timido e impacciato, si lascia conquistare dal fascino infantile di Mara e le chiede di diventare la sua fidanzata. Il giovane nutre un sentimento sincero nei suoi confronti, mentre Mara accetta solo perchè ansiosa di sfoggiare un fidanzato con le amiche e la cugina; ma proprio attraverso la lenta nascita di un tenue affetto per il ragazzo, ha inizio per lei un percorso di crescita.
Bube, tornato alla vita civile carico di desiderio di vendetta, viene coinvolto in alcuni episodi di violenza contro ex fascisti e prende parte all'omicidio di un carabiniere e di suo figlio. Dopo una fuga all'estero, viene arrestato e condotto in Italia per affrontare il processo. E Mara, sebbene attraverso dubbi e tribolazioni, decide di restare al suo fianco, qualunque sarà il suo destino, per condividerlo con lui.
Il romanzo di Cassola, pubblicato nel 1960 e vincitore del Premio Strega, è ascrivibile alla corrente del Neoralismo per via di alcuni temi trattati: la Resistenza, la difficile reintegrazione degli ex partigiani nella società, la drammatica esperienza della guerra vista attraverso lo sguardo delle classi umili che lottano per uscire dalla povertà, la questione politica, le lotte del Partito Comunista. Tuttavia questi temi restano quasi sempre sullo sfondo, costituendo la scenografia che accoglie le vicende intime e psicologiche dei due protagonisti. Vero nucleo del romanzo è l'evoluzione della personalità di Mara, che attraverso le difficoltà condivise con Bube, l'esperienza dell'amore e del dolore, da ragazzina sciocca e immatura si trasforma in una giovane donna forte, determinata, consapevole dell'intreccio indissolubile che lega la sua vita a quella del giovane. Consapevole di essere "la ragazza di Bube".

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peucezia Opinione inserita da peucezia    08 Marzo, 2013
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L'amore al tempo del dopoguerra

Ingiustamente messo da parte dai nuovi programmi scolastici Carlo Cassola è invece un autore asciutto e scorrevole che ha regalato memorabili ritratti e racconti indimenticabili. "La ragazza di Bube" ruota intorno alla figura di Mara, ragazza semplice che ha vissuto la sua infanzia e la prima adolescenza durante la guerra, Bube, ex partigiano attira subito la sua attenzione di ragazza che non ha rinunciato a sognare.I sogni saranno presto contraddetti dalla triste realtà del dopoguerra, dalla difficile integrazione degli ex partigiani nella vita di tutti i giorni, dalla fatica di riprendere e riprendersi e Mara si ritroverà presto adulta e sfiorita ad aspettare un uomo che non riconosce.
Storia di una generazione e dei suoi sogni perduti La ragazza di Bube è un capolavoro della letteratura contemporanea che meriterebbe un'attenzione purtroppo riservata spesso a libri di non altrettanto valore e tra l'altro spesso estranei alla nostra storia non più recente ma neanche remota.
Per capire le ragioni dei partigiani e di chi era dall'altra parte, per comprendere il ruolo della donna in quegli anni difficili.

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Cassola, Pavese
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C.U.B. Opinione inserita da C.U.B.    08 Marzo, 2013
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Solaaaa me ne vo per la cittaaaaa'...

...Passo tra la folla che non saaaa
Doveeee sei perduuuuuto amore....

Canta cosi' la piccola Mara, dolcissimo peperino biondo, sedici anni e tanta voglia di amare in un dopoguerra italiano, gente povera, gente di campagna, gente semplice . Mara che ha un solo paio di scarpe di pezza, sogna delle calzature coi tacchi e magari una borsetta.

Bube non canta, spara. Partigiano cresciuto senza padre, coraggioso nella Resistenza, eroe della lotta, terminata la guerra resta l'odio, poi arriva l'amore e anche se nella vita tutto e' andato storto, il cuore salva. Diciannove anni sono proprio pochi.

Scritto in maniera che potrei definire deliziosamente semplice , se non fosse che neppur pare scritto.
E' talmente vicino alla lingua parlata, talmente genuino che riporta al racconto di un nonno che parla al nipotino ricordando la guerra, piuttosto che a parole sulla carta.
Eccolo il paesello toscano, uomini e donne dignitosi che piegano la schiena per portare a casa di che mangiare, per cena pane e vino, minestra di cavolo. 'Giovanotto' si chiama il fidanzato della figliola, 'forestiero' si dice di colui che arriva da un'altra citta'. Essere ospiti a pranzo e portare in dono un pacco di sale, che gioia se il tuo partigiano ti porta in regalo un pezzo di seta gialla di un paracadute, per farci una camicetta.
LA RAGAZZA DI BUBE e' anche questo. E' una finestrella per sbirciare su un angolo di Italia quasi settantenne, e' una tenera e acerba storia d'amore e di attesa. Sono le lacrime di una madre che ha perso il suo ragazzo, che fosse nel bene o nel male , le lacrime sgorgano sempre con la stessa traiettoria.

Bello sapere che , nonostante il libro di Cassola sia semplicemente un romanzo senza altre pretese, Mara e Bube sono realmente vissuti.
Basta poco per vederli, una bici sgangherata, lui che pedala come un dannato, lei che ride coi capelli scompigliati dal vento stando seduta sulla canna e una valigia scassata con le loro quattro cose tenuta stretta per i manici di corda ...

Se un nonno che vi raccontava queste storie e vi cantava queste canzoncine lo avete avuto davvero, se non lo avete piu' come me, questo e' un buon modo per farlo tornare . E poi ditemi se non e' vero che a volte scendono lacrime anche senza piangere, buona lettura.

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Cla93 Opinione inserita da Cla93    25 Luglio, 2012
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AMORE E STORIA

Anche se questo non è esattamente il mio genere – d’amore, intendo – non posso negare che questo sia un buon libro.
Di fatto è un ottimo libro.
Lo stile è semplice e per questo scorrevole; le parole sono leggere e volano nella testa come farfalle.
Leggere questo libro è come uscire un po’ in montagna, respirare un poco di aria sana ed essere travolti da una dolce folata di vento.
Siamo negli anni seguenti alla Seconda Guerra Mondiale.
Italia.
Rischia di scoppiare una guerra civile tra ex fascisti, ex partigiani / comunisti.
Un clima teso come le corde di un violino stonato.
E’ in questo clima che Mara, sedicenne, si innamora del giovane Arturo, diciottenne, soprannominato Bube il Vendicatore: Arturo è un ex partigiano, che è perennemente immischiato in risse con i filofascisti.
E’ proprio a causa della politica che Bube dovrà scappare in Francia, e lasciare la sua giovane fidanzata da sola.
Su questo sfondo si intreccia la loro storia d’amore: un libro da sfogliare ed apprezzare per gli appassionati del genere.
Non male lo stile, precisa la descrizione dei personaggi; dipinti talmente bene da pensare siano realmente esistiti.
Buona lettura.

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Gloria_x Opinione inserita da Gloria_x    19 Settembre, 2011
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La ragazza di Bube,un titolo privo di spiegazioni

La ragazza di Bube : é questo il titolo con cui il romanzo ci si presenta all'inizio della lettura e anche quello che al termine si considera la denominazione perfetta.
La vicenda narra infatti di Mara,una giovane ragazza,sorella di un partigiano recatosi in guerra,che farà,fin dalle prime pagine del romanzo,conoscenza dell'amico di questi : il cosiddetto Bube.
Se all'inizio gli incontri tra i due avvengono con il diversivo utilizzato da Bube del dover parlare con il padre della fanciulla,con il proseguire della narrazione,la conoscenza matura grazie alla freschezza e alla solarità di Mara,capace di smussare la timidezza camuffata da ruvidezza del ragazzo.
Il romanzo non è però privo di colpi di scena,ed è dunque uno di questi che fa il suo ingresso con l'accusa verso Bube,dell'aver commesso un omicidio.
Si apre dunque una drammatica parentesi,resa con apparente semplicità,in cui la relazione tra i due giovani si fa sempre più intima,anche se allo stesso tempo,è costretta ad una brusca interruzione a causa della fuga di Bube in Francia.
E' cosi che per fuggire alle malelingue,Mara dedice di andare a lavorare fuori città.
La nuova esperienza,seppur breve e intervallata da continui ripensamenti,le restituirà il sorriso e cosa ben più importante,il profumo di un infatuamento di nome Stefano.
Ma il ritorno in Italia di Bube e il succesivo processo e la condanna,condurranno la ragazza a correre dall'amato e a troncare del tutto la sua "nuova" vita e Stefano.
La fine della storia non è che la ripresa,come già anticipato,del titolo.
Questo poichè la forte dedizione e il travolgente amore frutto di tante promesse riveleranno,ancora una volta,ciò che Mara essenzialmente è e sarà : la Ragazza di Bube.
Un titolo forse per alcuni,troppo poco esaustivo,ma per me simbolo denso di emozione e di tenacia,di un amore al di là di ogni limite .

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