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Furore
 
Furore 2015-06-24 11:18:48 Anna_Reads
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Anna_Reads Opinione inserita da Anna_Reads    24 Giugno, 2015
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Non siamo i primi.

SPOILER

The Grapes of Wrath - più o meno "le vigne della rabbia" tradotto in italiano con "Furore" - esce nel 1939 (fra parentesi, fino al 2013, l'unica traduzione italiana disponibile è stata quella di Carlo Coardi datata 1940, densa di toscanismi e soggetta alla "revisione" del regime fascista. Pare impossibile, ma per 73 anni è andata bene quella).
Steinbeck narra la storia di una famiglia di agricoltori – i Joad – rovinati da intemperie varie e – soprattutto – dalla crisi economica e della loro migrazione dall'Oklahoma alla California.
Questa storia, pur scolpendo personaggi che ti rimangono dentro la mente quasi "a forza" (la mamma, Tom, il nonno, Zio John, Noè, Sairy Wilson, Casy…), diventa quasi subito una tragedia universale dell'umanità.
Una tragedia greca calata in un esodo biblico.
Il tutto scritto da Steinbeck.
Con le sue frasi brevi. Virgola - punto e virgola - punto. Mai una parola di troppo, mai l'effetto facile. Mai la lacrima in tasca (anche quando – oh sì – ne avresti proprio bisogno), mai un sospiro di sollievo. Steinbeck si "concede" molto in questo romanzo, appare, qua e là (a volte si prende interi capitoli, in mezzo alla narrazione) e fa il coro della tragedia greca. Ti mette una mano sotto il mento e ti costringe ad alzare la testa.
A guardare.
Non è la famiglia Joad quello che stai leggendo. È l'umanità. Sei tu.
Qui hai i bambini che muoiono di fame, dall'altra parte del recinto stanno bruciando le arance per tenere alti i prezzi. Se qualcuno si avvicina per prenderle gli sparano. Se non le bruciano le cospargono di petrolio, in modo che, se anche qualcuno riesce a "rubarle" senza farsi sparare, non le possa mangiare.
Non è in Africa, non è lontano. È il cortile di casa tua. E potresti essere indifferentemente quello che brucia, quello che spara, quello che "ruba". Vedi tu. E scegli bene.

Il "protagonista" è il giovane Tom Joad, che ritorna a casa dopo alcuni anni trascorsi in prigione (coinvolto in una rissa, aveva ucciso con un badile l'uomo che lo aveva accoltellato). Solo che a casa sua non trova nessuno. Un ex-predicatore, Casy, incontrato per strada, gli spiega che l'avvento delle "trattrici" e dell'agricoltura "meccanizzata" sta spazzando via intere famiglie di contadini, che migrano in massa verso la California. Opuscoli colorati, inneggianti ad un'incredibile prosperità e ricchezza, esortano gli agricoltori a mettersi in viaggio. Un altro incontro fortuito, con Muley, un vicino, informa Tom che la sua famiglia si è recata presso lo zio John (fratello del padre) quando la banca ha deciso di esigere i soldi dell'ipoteca senza aspettare un buon raccolto.

"Vi ripeto che la banca è qualcosa di più di un essere umano. È il mostro. L'hanno fatta degli uomini, questo sì, ma gli uomini non la possono tenere sotto controllo."
(Suona familiare anche questo, no?)

A casa dello zio, Tom ritrova il babbo e la mamma, i fratelli Noè e Al (già adulti), la sorella Rosa Tea e suo marito Connie, e i piccoli Ruth e Winfield, il nonno e la nonna.
La famiglia è sbalestrata dalle brutte novità che sta vivendo, ma appare unita e solidale. Felice del ritorno di Tom e in fondo speranzosa verso il futuro. Mentre gli uomini appaiono confusi ed incerti, la mamma è – e lo sarà per tutto il romanzo – la vera colonna di forza della famiglia.
La prima parte del libro – l'addio all'Oklahoma e il viaggio verso la California è un lento e continuo pianto trattenuto. Dai vari venditori che approfittano della disperazione e della fretta di partire dei Joad, al dolore di lasciare la propria casa, la propria terra, la propria vita.
"Come è possibile vivere senza le cose che sono la nostra vita? Spogli del nostro passato non ci riconosciamo. Fa niente, non c'è posto, bisogna lasciarlo, bruciarlo." Qui è nuovamente "Steinbeck" a parlare, non un personaggio. Ma è con gli occhi della mamma che viviamo il primo struggente addio.
"Da una delle cassette che serviva anche da sgabello, trasse una cartella, di quelle che servono alla corrispondenza; decrepita, sudicia, sdrucita agli angoli. Si sedette e l'aprì. Conteneva vecchie lettere, fotografie, cartoline illustrate, un paio di orecchini, un sigillo d'oro e una catenina d'orologio. Palpò leggermente le lettere ad una ad una, e lisciò un ritaglio di giornale che dava il resoconto del processo di Tom. Per vari minuti continuò a toccare quelle reliquie, mordicchiandosi il labbri inferiore, immersa nei ricordi. Alla fine si scosse, prese il sigillo, la catenella e gli orecchini, e frugò fra le carte finché non trovò un gemello da polsini. Mise questi oggetti un una busta, la piegò e la ripose in una tasca del vestito. Poi chiuse la cartella e la lisciò ancora una volta con tenerezza. Finalmente s'alzò, prese la lanterna e tornò in cucina. Aprì lo sportello della stufa e posò dolcemente la cartella sui tizzoni ardenti. Subito il calore annerì la carta e una fiamma si sprigionò per lambirla."
Gli altri addii si susseguiranno molto velocemente: appena dopo la partenza toccherà al cane di casa investito da un'auto, e pochissimo dopo al nonno, che non avrebbe voluto partire. Seppellito lungo la strada, unico atto d'amore concesso: un pezzetto di carta con sopra scritto il suo nome. Poi toccherà alla nonna, poco prima di arrivare in California, anche lei sepolta in fretta e furia.
Poi perderemo Noè, che non muore, ma semplicemente, forse, prevede quello che accadrà e decide di rimanere a vivere accanto a un fiume "come un selvaggio". Poi scapperà anche Connie, lasciando Rosa Tea incinta e disperata.
Poi perderemo anche l'ex-predicatore, Casy, ucciso da un poliziotto, mentre guida uno sciopero di contadini. Prontamente vendicato da Tom, l'atto costringerà anche lui a lasciare la famiglia.
E il libro si conclude di fatto con il bambino di Rosa Tea, nato morto, ed affidato da Zio John alle acque di un fiume in piena che si è portato via le ultime speranze dei Joad.
"Va', naviga e vendicaci! Raccontalo a tutti. Marcisci! Solo così riuscirai a farti sentire."

Al viaggio segue la disperazione di scoprire una realtà molto diversa da quella descritta dai volantini: una terra indubbiamente ricca e fertile (diversamente dall'Oklahoma), ma assoggettata alle regole del mercato e non a quelle del buon senso. Terreni incolti, raccolti distrutti per tenere i prezzi alti, una manodopera così sovrabbondante da permettere di mantenere salari bassissimi e condizioni di vita penose. Perché tanto ci sarà sempre qualcuno "più affamato" disposto a lavorare a meno. I soprusi, le violenze, le angherie non si contano né dai padroni, né dalla polizia, né dallo stato. L'unica solidarietà esistente e possibile (e di fatto l'unico messaggio positivo del romanzo) è quella fra disperati. E non solo per i "legami di sangue" ma per la solidarietà umana che in qualche modo riesce ad emergere sempre e di cui sono un mirabile esempio i coniugi Wilson all'inizio, la famiglia Wainwright dopo e il padre e figlio senza nome, all'ultimo capitolo.
Infine.
Questo libro andrebbe fatto leggere nelle scuole.
Dell'obbligo.
Non fosse altro che per il capitolo XIV (uno degli "author's corner" di Steinbeck), non fosse altro che per uscire da quell'orribile sensazione di "short time" senza memoria in cui i giornali tendono a farci credere che viviamo.
[Mi prendo anch'io un "author's corner" sperando che il fulmine di Steinbeck non mi colga (anche se me lo meriterei tutto, per l'ardire).
Qualche anno fa ci fu l'assassinio di Gheddafi e la televisione mandò in onda le immagini del cadavere straziato. Caso volle che la sera fossi a cena da una collega insieme ai suoi figli adolescenti. I ragazzi erano molto impressionati dalla scena che avevano visto. Mi ricordo che il ragazzo, sui sedici anni, ripeteva che non si era mai vista una cosa del genere, mi ricordo proprio che disse che "non era mai successa". La ragazza, invece, sui diciannove, disse "Non è vero che non si è mai visto. Pensa ad Achille che trascina il cadavere di Ettore intorno alle mura."
Ecco.
È precisamente questo il motivo per cui leggere serve. Non solo è bello, piacevole etc.
Serve.
Non per il nozionismo idiota che fa passare i concorsi (a volte).
Ma per capire che molte cose le abbiamo già viste. Sono già successe, le conosciamo già.
Non siamo i primi a cui viene detto che ci stanno invadendo delle persone "diverse da noi", in genere "brutte e sporche". Che "ci portano via il lavoro". Non siamo i primi a cui hanno detto "l'ultimo chiuda la porta" in nome della "sicurezza". Non siamo i primi a vedere le decisioni prese dalle banche, lo stato assente (o colluso), i poliziotti violenti.
Non sono una novità dell'ultima ora.
Non siamo i primi a cui chiedono un lavoro in nero o di tralasciarne la cura e la sicurezza, sfruttando il bisogno.
Per dire le prime cose che mi vengono in mente].

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
A tutti.
A partire dalla scuola dell'obbligo.
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Commenti

4 risultati - visualizzati 1 - 4
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Commento molto bello; analisi profonda e dettagliata. Di Steinbeck ho letto solo "La valle dell'Eden" che ho anche recensito. Dopo aver letto la tua recensione mi convinco a mettere in lista anche quest'opera. Grazie per la segnalazione. Ciao.
Ferruccio
Ciao Anna.
Come hai fatto con molta sensibilità, la grande letteratura è sempre 'attuale' perché ci parla dei grandi temi che riguardano l'umanità, come la volontà di sopravvivenza, la solidarietà e l'egoismo, la speranza e la delusione.
"Furore", romanzo potente e grandioso, ha solo il (in questo caso, piccolo) difetto di enfatizzare per rendere maggiore la tensione. Ciò accade molto raramente, ma la drammaticità è già così palpabile ed autentica da essere narrativamente bastante.
In risposta ad un precedente commento
Anna_Reads
25 Giugno, 2015
Segnala questo commento ad un moderatore
Grazie Ferruccio,
il mio rapporto con Steinbeck è particolare. Penso di poterlo definire uno dei miei autori preferiti, da quando lessi "Uomini e Topi", al liceo; ne centellino accuratamente le opere, perché non voglio che "finisca". Quindi ho letto "Furore" piuttosto tardi. "La Valle dell'Eden" mi piacque tanto, ma ero ancora al liceo e quindi ho in mente di rileggerlo presto. Sono certa che "Furore" non ti deluderà.
A presto!
In risposta ad un precedente commento
Anna_Reads
25 Giugno, 2015
Segnala questo commento ad un moderatore
Ciao Emilio,
ho letto la tua opinione in cui rilevi "l'enfasi" di Steinbeck. Onestamente io non ho avuto questa impressione, l'ho trovato piuttosto "asciutto" ad eccezione degli spazi che si ricava al di fuori della narrazione. Amo Steinbeck, proprio per la sua mancanza di "effetto facile" & "lacrima in tasca"...
Vado a rivedermi i punti in cui lo hai trovato enfatico e magari ne riparliamo, se vuoi.
Riprendere in mano questo libro è sempre un piacere :)
A presto!
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