Chi dice e chi tace
Letteratura italiana
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Cose della vita
I fatti accadono, le cose della vita succedono, e si susseguono senza interruzione, servono le parole per dirle. Anche i silenzi, però, sanno essere eloquenti, talora finanche assordanti. Ecco, in questo romanzo il titolo è quanto mai espressivo, c’è chi dice, e chi no: e però, a mio parere, resta qualcosa d'incompiuto, d'irrisolto, controverso. Può capitare: sono cose della vita, ciascuno la vive a suo modo. A me lettore le intenzioni di chi narra non sono state del tutto evidenti, nell’ultimo romanzo di Chiara Valerio, sia per quello che dice, e per come lo dice, sia per quello sottinteso, perciò silenzioso, tra le righe. Parere personale, naturalmente, però davvero mi è riuscito difficile capirlo: leggerlo no, a modo suo, e molto a modo suo, è un romanzo ben scritto, anche facile da stargli dietro. Diverso nei dialoghi, nei colloqui, nel pensiero espresso in prima persona, ma si può seguire tranquillamente. Ha un intreccio simile a un giallo sui generis, ma l’enigma non sta tanto nello scoprire un potenziale assassino, quanto piuttosto nel capire chi è, o chi era, in effetti, la vittima. In un poliziesco che si rispetti, è vero, si parte sempre dal morto, l’esistenza della vittima sembra iniziare allorché la si rinviene defunta. Tutti i fatti, le cose della vita che la riguardano, vengono riesumati e sviscerati a fondo, si indaga su chi fosse la vittima da viva, perché è nelle cose della sua esistenza che si rinvengono i moventi che muovono la mano dell’omicida. Fino a qua ci siamo, è tutto il resto che non dice abbastanza, e che tace anche troppo. Perché è come se ci fosse tanta carne sul fuoco: per prima cosa la location, un contesto provinciale, Scauri, che è un piccolo centro in provincia di Latina, riconvertitosi nel tempo a località balneare, quindi con una certa frenesia di vita solo nel periodo estivo. Perché in sintesi, negli altri mesi, fuori stagione, si rivela invece un paese piccolo, con molto meno abitanti, solo quelli stanziali, dalla mentalità piccola, ristretti in un microcosmo chiuso e retrivo, pur essendo situato a pochi chilometri dalla metropoli moderna. Pare vigere ancora nel paese una visione patriarcale dell’esistenza, un divario incolmabile tra generazioni, dove ancora è celato e foriero di scandalo e pettegolezzi, per esempio, la banalità di un amore saffico. Vi impera l’egoismo legato al possesso, all’esibizione più che all’essere, e alla personale convenienza. Non esiste, se non per finto disinteresse, la privacy o la discrezione, tutt’altro, impera una curiosità morbosa, manca del tutto il rispetto per l’altrui modo di essere e di concepire l’esistenza. Tant’è vero che, sempre ad esempio, una donna medico, lì trasferitasi in fuga da un vissuto lussuoso ma opaco e deludente, per non dare adito a troppe chiacchiere, si cela dietro una meno appariscente veste di commessa esperta di piante e medicine. E una volta svelatosi l’arcano, Vittoria rappresenta per Lea, l’avvocatessa protagonista voce narrante, non tanto un motivo di curiosità per le motivazioni probanti della sua scelta di vita, una rinuncia radicale al passato pur godendo di agi, prestigio, matrimonio e tenore di vita elevato d’intellettualità, ma un motivo di personale rammarico. La mortificazione di Vittoria in Lea instilla dubbi, l’avvocatessa protagonista si chiede, e ci rimugina per tutto il libro, se il corso dato alla propria, di esistenza, non fosse invece stato guidato non tanto dal proprio arbitrio, ma piuttosto da giudizi e pregiudizi, conformismo e perbenismo di facciata che sembrano regolare imperituri il destino della comunità locale, malgrado studi, presunta apertura mentale e libertà di giudizio. Per questo credo che Chiara Valerio in questo suo lavoro parli soprattutto di donne, e di libertà; di quanto sia difficile tuttora, in certe realtà piccole sì, ma che rappresentano uno specchio fedele di quanto accade in quelle più grandi, l’essere donna malgrado i tempi, le lotte, l’ascesa delle donne nella società civile. Certi preconcetti sono duri a morire, sembra quasi che non spariranno mai: tuttavia, il romanzo è anche l’affermazione non tanto di una ipotetica speranza, ma di una certezza concreta, granitica, che sì, il cambiamento è in atto, si realizza, si concretizzerà, a dispetto di chi dice alle spalle, e sono quasi sempre uomini, e chi tace disapprovando, e disgraziatamente, sorprendentemente, sono quasi sempre donne. Quindi un romanzo con tante, molte chiavi di lettura, dicevamo con tanta carne al fuoco: risulta perciò difficile una cottura omogenea, non si fa in tempo a girarla tutta, può capitare che qualcuna si bruci, qualche altra venga troppo al sangue, quasi cruda. O forse no, forse vengono tutti i pezzi ben cotti, dopotutto il romanzo è stato finalista in uno dei premi letterari più prestigiosi, qualcosa significherà. Personalmente, mi dice poco, e tace troppo: capita, sono cose della vita.
Indicazioni utili
Tacere o non tacere
«[…] Vincere si può, aveva ripetuto alzandosi, e sorridendo ancora con quella sua aria malinconica e allegra, levantina. Timida e grave. Schiva e sfrontata.»
Scauri. Ultimo paese del Lazio, un luogo che non è bello e che non è brutto, un luogo dove negli anni Settanta si trasferisce Vittoria insieme a Mara. Chi sono costoro? Vittoria è una donna distaccata ma anche intuitiva, ha aperto una pensione per animali quando in paese nessuno si preoccupava di stalli o altro ma solo di pecore, capre, mucche e conigli. È una donna, ancora, generosa e non compresa. Non litiga con nessuno ma gli abitanti non la capiscono. È fuori dagli schemi. Lo stesso rapporto con Mara è ambiguo. Che si tratti di una adozione? Di un rapimento? Cosa le lega? Quale legame le unisce? Vittoria tuttavia viene rinvenuta morta nella sua vasca da bagno. Il paese accetta, è un qualcosa di inaspettato, ma può capitare. Tace. Nessuno si pone domande anche se fa strano che sia occorso proprio a lei questo incidente. Solo Lea non è convinta dell’accaduto. Avvocato con marito e due figlie, una vita ricca di impegni e ancor più di battaglie legali, si chiede come sia possibile che una nuotatrice provetta come Vittoria che si buttava in acqua al mare d’inverno e d’estate senza differenze nuotando in ogni circostanza e governando le onde a occhi chiusi, sia perita proprio in una vasca da bagno a causa di quell’acqua che le è sempre stata amica. Da qui inizia anche a tornare indietro nel tempo, a pensare. Perché proprio questa morte non le torna.
«[…] La morte, le ricordo, scioglie tutti i vincoli, anche quelli matrimoniali. I morti, avvocato Pontecorvo, non sono di nessuno.»
“Chi dice e chi tace” di Chiara Valeria è senza dubbio un non-giallo che gioca sulle non risposte. Ambientato nella cittadina d’origine dell’autrice, muove le fila dalla morte di uno dei volti più conosciuti della comunità e da qui ricostruisce. Perché non è solo la sua dipartita a destare sospetti, è anche la sua identità. Se Vittoria appartiene a chi tace, Lea appartiene a chi dice e per questo non può accontentarsi della spiegazione di facciata, ha bisogno di sapere, di andare oltre la punta dell’iceberg.
Ed è da qui che Lea Russo dovrà condurre le fila di una indagine che riporta al passato, che si scontra con troppe verità celate, con cicatrici mai guarite. Da qui capirà che, come Vittoria, non è più potuta tornare indietro da quelle che sono state le sue scelte, lo stesso varrà per lei. E sempre per mezzo di questo gioco di specchi, dovrà anche rimettere in gioco tutta quella che è la sua vita, tutto quello che credeva di avere costruito, se stessa. Ed ecco allora che emergerà quella che è la vera indagine: non tanto quella sulla morte di Vittoria quanto quella sul suo essere madre, donna, moglie e avvocato.
«[…] Che significa che una persona ti piace, Le’? Non è niente dire che ti piace una persona, è l’indicazione che vuoi starci vicino, una misura di prossimità, però quando ci arrivi vicino, riesci a vedere quello che ha intorno, ed è il contesto, o come vuoi chiamarlo, che alla fine ti piace. Per questo è facile innamorarsi ma amare è complicato, perché spesso, non solo ti piacciono le cose che la persona di cui pensi di essere innamorata ha intorno, ma ti piacciono pure le persone che le stanno vicino, è difficile, è una specie di campo di forze. […] Non si dice gregge di forze ma campo di forze perché è una caratteristica dello spazio, e pure l’amore è una caratteristica dello spazio. Una persona, dove vive, chi ha intorno.»
Dal punto di vista narrativo si è davanti a un flusso di coscienza che alterna presente e passato, riflessioni e valutazioni, silenzi e parole. Si ricostruisce un perfetto mosaico che però si stacca dalla forma mentis canonica del giallo e che di giallo ha in realtà ben poco. L’obiettivo di Chiara Valerio è anche quello di ricordarci che niente è scolpito nella pietra e non mutevole, tutto muta, tutto cambia, tutto si evolve o involve.
Tuttavia, nonostante gli stilemi e le tecniche narrative sfruttati che sono propri del romanzo giallo, “Chi dice e chi tace”, dice poco e tace parecchio. La storia si apprezza negli intenti ma non è incalzante, finisce con l’essere un libro lento e pesante a tratti proprio a causa delle continue riflessioni – spesso ripetitive – della protagonista. È come se si perdesse in se stesso e così facendo perde anche di mordente.
Ciò che rende bene sono le voci dei paesani che smentiscono vicendevolmente la voce l’uno dell’altra, cosa che ben rispecchia la verità delle piccole realtà di provincia. Arriva perfettamente quella sensazione di dubbio che emerge in questi contesti ove tutto è portato per bocca ma, al tempo stesso, è impossibile distinguere il vero dal falso.
In conclusione, “Chi dice e chi tace” di Chiara Valerio è un romanzo che ben rende negli intenti ma che si perde nella resa soprattutto se si è convinti di essere davanti a un giallo da risolvere. Si è più facilmente davanti a un romanzo introspettivo che altro. Da leggere con questi presupposti altrimenti delude.
Indicazioni utili
- sì
- no
Chi era davvero Vittoria?
Quando sono usciti i dodici finalisti del premio Strega 2024 mi sono fatta una mia personale selezione dei libri che avrei voluto leggere.
Il primo che ho recuperato è “Chi dice e chi tace” di Chiara Valerio, edito da Sellerio.
Siamo a Scauri, paesino realmente esistente sulla costa tirrenica al confine tra Lazio e Campania, nei primi anni Novanta del secolo scorso.
«Paese è il posto dove tutti sanno tutto di tutti.»
La voce narrante appartiene a una donna che fa l’avvocato, Lea Russo, vive a Scauri, ha due figlie e un marito professore di fisica al liceo, Luigi. Quasi subito irrompe nella narrazione la notizia, imprevista e dolorosa, della morte di Vittoria.
Vittoria viveva a Scauri da circa vent’anni, ma non era originaria del luogo. Era arrivata da Roma, insieme a quella che allora era una ragazza bellissima, Mara, che non era sua figlia, né una sua parente, e con la quale Vittoria viveva come con una moglie. L’evento inaspettato della morte di Vittoria dà il via al romanzo: Lea si rende conto di non sapere poi molto della donna, fino al giorno del funerale non ne conosceva nemmeno il cognome; eppure, vivendo nello stesso paesino avevano condiviso molti momenti di vita, eventi, chiacchierate, paesaggi, amicizie. Lea comprende in quel momento di essere sempre stata affascinata da Vittoria, una donna libera, moderna, brillante e seducente e, nello stesso tempo, capisce di non aver mai approfondito questa amicizia, di non essere mai scesa in profondità nella relazione con Vittoria.
«Non importa il senso in cui ti piace qualcosa, importa che ti piaccia, e alla fine, quando ti piace e ti avvicini abbastanza, ci finisci dentro.»
La sua morte inoltre fa porre a Lea alcuni interrogativi: come è possibile che Vittoria sia morta annegando nella vasca da bagno quando tutti sapevano che era una nuotatrice provetta? Si tuffava regolarmente in mare, d’estate e d’inverno, e nuotava per chilometri.
Così, quando il parroco di Scauri consegna a Lea il testamento di Vittoria, l’avvocata decide che vuole saperne di più. Inizia quindi l’indagine di Lea, che non sarà la tipica indagine che nei gialli porta il lettore a scoprire chi è l’assassino. L’indagine di Lea porterà a ricostruire chi era veramente Vittoria, perché vent’anni prima era arrivata a Scauri con Mara. Cosa aveva lasciato della sua vita precedente e cosa invece aveva portato con sé. Questo momento di conoscenza di Vittoria avviene però quando lei ormai non c’è più e quindi diventa, per Lea, un momento di riflessione su se stessa. Lea prende maggiore consapevolezza di chi è, da dove è venuta, perché ha compiuto determinate scelte e non altre. Approfondendo la storia di Vittoria Lea – e direi anche noi lettori- si è resa conto di quanto le esistenze degli altri siano così diverse ma anche così simili le une con le altre.
Il romanzo mi è piaciuto molto. La narrazione procede speditamente in una prosa diretta e colloquiale, ma anche molto ricca di citazioni e richiami letterari. Le parole dei personaggi, riportate senza virgolette, sembra che irrompano improvvisamente nella mente di Lea come delle epifanie.
La vicenda è raccontata in modo delicato e allo stesso tempo profondo: gli affondi psicologici e sociologici ci sono ma vanno ricercati e colti dal lettore.
«Come definirebbe l’amore, avvocato, se non come l’oggetto del primo pensiero del mattino per ogni mattino della vita, io, di certo, ho pensato a lei ogni giorno.»