Pesci piccoli Pesci piccoli

Pesci piccoli

Letteratura italiana

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Capita a Carlo Monterossi di trovarsi impelagato in faccende diverse, per via della sua doppia vita. Da un lato ha fatto i soldi come autore televisivo con un programma senza pudore e dalla lacrima facile, Crazy Love. Dall’altro, quasi per emendarsi, si adopera per risolvere casi umano-criminali, insieme agli amici detective della Sistemi Integrati, Oscar Falcone e Agatina Cirrielli, in una Milano faticosa e ostile. Flora De Pisis lo manda a Zelo Surrigone, poco lontano dalla metropoli: un crocifisso si è messo a luccicare e un bel santone, don Vincenzo, un ex prete, predica di miracoli e raccoglie donazioni, un’occasione imperdibile per Crazy Love. Negli stessi giorni, un manager della Italiana Grandi Opere, un impero industriale delle costruzioni nel mondo, chiede aiuto alla Sistemi Integrati: l’azienda ha subìto uno strano furto, soldi, documenti, una pennetta usb. Il tutto mentre i poliziotti Ghezzi e Carella risolvono mugugnando una manciata di piccoli casi, storie ordinarie di disperazione e malavita di sopravvivenza, una caccia a tanti pesci piccoli, perché «servono un sacco di perdenti per tenere vivo il mito della città vincente». La vita complicata del detective dilettante Carlo Monterossi – privilegiato sull’orlo del cinismo e al tempo stesso disincantato Robin Hood –, permette al suo creatore Alessandro Robecchi di scrivere noir a forte impianto sociale, che fanno molto pensare a Scerbanenco: crudo realismo unito a una solidarietà che si incarna in personaggi teneri e vivissimi. Come la Teresa di questo romanzo, la piccola donna delle pulizie che non ha mai pensato di poter cambiare la propria vita. E proprio la sua limpida carica di verità attrae Carlo oltre la semplice simpatia, contribuendo a scompigliargli l’esistenza.



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Pesci piccoli 2024-03-14 16:25:24 Lonely
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Lonely Opinione inserita da Lonely    14 Marzo, 2024
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La croce che s'illumina

Sarà perchè Robecchi ci ha abituato al suo "modus operandi" che questo romanzo mi ha un po' deluso. In genere nei suoi libri troviamo due o più storie, portate avanti da diverse angolazioni , ma che alla fine si intersecano e vanno a comporre una trama più grande e più fitta dove ognuno dà il suo contributo per venire a capo del mistero.
In Pesci piccoli invece non avviene nessun omicidio e tre "casi" procedono parallelamente fino alla fine.
Da un lato Crazy Love, il programma ideato da Monterossi, che ad oggi lui stesso disprezza per quello che è diventato nelle mani di Flora De Pisis, "la fabbrica della merda"; il programma infatti porta in tv l'ennesimo scoop in nome dell'audience, un prete di un paesino, dove una Croce si illumina per vie oscure, o forse celestiali.
Da un altro la Sistemi integrati indaga su uno strano furto in una grossa azienda di infrastrutture : i soldi, la chiavetta e il piano di costruzione di una nuova diga in Ghana sono spariti all’improvviso; un intrigo complesso che si dipana tra droghe , ricatti e pedofilia.
Infine troviamo il buon Ghezzi accompagnato sempre dall'irascibile Carella che invece inseguono i pesci piccoli appunto, «Così prendiamo gli sfigati e non arriviamo ai pesci grossi, capo, la solita storia».
Da sottofondo a tutto questo impera il disincantato Monterossi, che anche in questa avventura rimesta nel fango per restituire un po’ di giustizia sociale ma soprattutto per sentirsi meno in colpa per non avere il coraggio di mollare un lavoro, che lui stesso ha creato, che snobba ma che gli dà la possibilità di vivere agiatamente, e di risolvere le questioni spesso col denaro, agendo un po' come un moderno e compassionevole Robin Hood, solo che lui ruba solo a se stesso. Monterossi che ha una sedicente relazione d'amore, che amore non è, dove non ci sono né impegni né responsabilità, ma che gli permette di fare un po' come vuole, di sentirsi apparentemente libero, da legami e convenzioni ma che gli genera però una profonda solitudine . Monterossi, un uomo, una contraddizione in essere.

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Pesci piccoli 2024-03-06 17:15:20 Bruno Izzo
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Bruno Izzo Opinione inserita da Bruno Izzo    06 Marzo, 2024
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Ladri di polli

Certi autori stanno ai loro personaggi più fortunati perché, tra l’altro, le loro creature appartengono intimamente alle location in cui l’autore sceglie di farli agire: che è in genere una città che lo scrittore conosce al meglio, non di rado quella di origine del narratore.
Succede così per il Montalbano di Camilleri, siciliano ed intrinseco alla sua Vigata; per il commissario Luigi Alfredo Ricciardi di Maurizio De Giovanni, che agisce nella Napoli degli anni Trenta, in pieno regime fascista, o nella Partenope dei nostri giorni con la squadra investigativa detta dei Bastardi di Pizzofalcone; o ancora per il vicequestore Rocco Schiavone di Antonio Manzini, che è in servizio coatto effettivo in quel di Aosta, per un incidente di percorso, ma è un “romano de Roma” purosangue, ed alla capitale appartiene e riconduce il suo substrato vitale.
Infine, è di Milano, e tra le righe soprattutto di Milano si parla nella serie che vede protagonista Carlo Monterossi, personaggio dall’esistenza comoda e privilegiata dei romanzi ancora più fortunati di lui a firma di Alessandro Robecchi.
Robecchi è narratore abile e consumato, con scrittura affabile, un inciso divertente e godibile, ha una prosa piana e tranquilla, talora anche avvincente, ma per lo più articolata.
Intendo con questo sottolineare che Alessandro Robecchi è bravo a giocare su più tavoli, le sue trame cioè non sono mai uniche, è in grado di produrre come pochi altri una storia esauriente, ampia e spaziosa di suo, di piacevole lettura ed esaustiva di per sé. Però il nucleo principale dei suoi romanzi è come un grande bacino artificiale, che si riempie perché alimentato da tanti rivoli. Questi, come fiumi confluiscono a riempirlo ognuno con un proprio percorso, più o meno irto di ostacoli, dislivelli, curve e bruschi salti o cambi di direzione. Si crea infine una caterva di combinazioni, che allorché si aprono le chiuse del bacino, generano una cascata di fatti che formano un tutt’uno lineare, originale, logico, si ricostruisce un lago più in basso, al termine del romanzo, sulla cui superficie si riflettono i fatti e gli antefatti, i protagonisti ed i comprimari, a creare un paesaggio lacustre chiaro, limpido, incantevole. Il suo ultimo lavoro, “Pesci piccoli”, stavolta magari richiama un mare, in cui vivono tante specie ittiche, talora le più interessanti sono quelle piccole, abili a cavarsela contro i grandi predatori, o almeno ci provano, con tanti sotterfugi, dalla fuga al mimetismo.
Su questo mare, naviga il nostro Monterossi.
Carlo Monterossi è uomo dalla duplice personalità, come molti milanesi: con questo, intendiamo che non è affatto un campione di doppiezza, tutt’altro, anzi a modo suo è davvero una bella persona, di gran cuore e intelligenza, lineare e corretta, generoso in particolare nei confronti di coloro, spesso i più semplici e puri di cuore, con cui il destino non è mai stata granché prodigo.
In lui convivono però due anime, o sarebbe meglio dire due metà uguali e speculari, una estremamente pratica, da professionista capace ed affermato, ben adatta alla “Milano da bere” a cui appartiene, quella scintillante degli agi, dei lussi, dei privilegi; e l’altra lirica, malinconica, poetica.
Monterossi sarebbe un uomo semplicemente entusiasta della vita, di cui sa apprezzare le cose belle in tutti i campi, dall’arte alla gastronomia, dai lussi anche frivoli dell’esistenza fino all’accompagnarsi a donne di gran classe, è davvero un romantico sognatore, profondamente intriso di empatia umana. E però il suo vissuto quotidiano è spesso grigio, tetro, deludente ed avvilente, talora violento, lo fa ricredere e lo rende meno empatico e molto più amaramente diffidente.
Troppo intelligente e sensibile da restare indifferente a quanto vive; in un modo o nell’altro infatti, più spesso direttamente, tocca per mano e ha a che fare con le miserie umane, i delitti, gli intrighi, le ingiustizie dei potenti verso i più deboli, le loro insidie, gli inganni, le prepotenze e le soperchierie di quel tipo di umanità tanto potente quanto volgare ed egoista, assai più gravi e nascoste di quelle semplici, stupide, piccole cose la cui spettacolarizzazione lo rende, suo malgrado, un uomo facoltoso. Nell’ambito professionale, Monterossi è libero imprenditore di sé stesso; è dotato di notevole capacità di ideazione e realizzazione di format televisivi che meglio incontrano i favori del pubblico, richiamando succulenti sponsor pubblicitari. Questo nelle sue pie intenzioni: ne apprezza il lato pragmatico, è profumatamente remunerato, quale fortunato autore e ideatore di testi e programmi rotocalco che vanno per la maggiore nelle televisioni commerciali, ma sono diventate, disgraziatamente per la sua dignità e la sua intelligenza, prodotti di alto, altissimo gradimento delle masse, questo sì, ma di quelle ignoranti, ottenebrate dall’etica corrente dei nostri tempi, a base di frivolezze e stupidaggini vari. Carlo Monterossi è l’ideatore di “Crazy love”, un contenitore trash davvero di pessimo gusto, e però con audience da capogiro, che fa le scarpe ad analoghi programmi -spazzatura in giro sulle varie emittenti. Condotto dalla conduttrice Flora De Pisis, emblema perfetta della pochezza della trasmissione, dell’idiozia e della futilità del suo contenuto artistico e giornalistico, ciò nonostante, con seguito crescente. La De Pisis è avida di gloria ed ascolti, è più attrice che conduttrice, per di più falsa e bugiarda, senza alcuna remora morale, è una donna fintamente e posticciamente elegante ed amabile in video, in realtà con una perfida anima ben celata da sguaiata pescivendola, disponibile per il successo a vendersi anche il padre pescatore.
Una trasmissione di cui Carlo Monterossi si vergogna immensamente, prova un dolore lancinante a vederlo in onda, pur essendone stato origine e parte in causa, non riesce a liberarsene a causa delle forti penali contrattuali, cerca in qualche modo di tenerne le distanze, provando a riportarla, senza alcun successo, ad una dimensione più seria, magari sempre frivola e spettacolare, ma con un aspetto a misura d’uomo intelligente e non di massa bruta, e perciò decente, composto, decoroso.
Invano, e allora sopperisce diversamente, estrinseca nella vita fuori dagli spot il suo vero io.
Dentro di sé, nel suo cuore, all’esterno degli studi televisivi, magari anche all’interno della sua lussuosa abitazione, Monterossi mostra la sua vera essenza, la sua anima di milanese doc.
All’ombra della Madonnina vive la vita, e ne partecipa, è sodale con i suoi simili, non se ne sta con le mani in mano, porge la mano quando e se serve per ricomporre un minimo di equità civile.
Collabora allora, più che ufficiosamente, diremmo clandestinamente, con la polizia, o meglio con quei rappresentanti della legge a cui il fato lo ha legato con simpatia, gli agenti di polizia Ghezzi e Carella, e poi con gli amici investigatori privati Oscar Falcone ed Agatina Cirrielli dell’agenzia Sistemi Integrati. E poiché tutto il mondo è un grande paese, e siamo d’accordo, ma Milano è una grande Milano, ecco che allora fatti e persone diversissimi tra loro, come un presunto miracolo di un Cristo ligneo che si illumina, la costruzione di una diga in Africa, che vede impegnate grandi aziende di edilizia con tanto di segrete connessioni politiche, nonché ingegneri, guardie giurate, donne delle pulizie, vecchie sartine ed immigrati addetti al food delivery benché maghi dell’informatica, tutti si intersecano tra loro, si incontrano, si sfiorano, si scontrano in una miriade di combinazioni.
L’esistenza sfugge ad ogni logica, o meglio ne ha una tutta sua, tipicamente beffarda, si crea una reta fittissima di coincidenze, casualità, accidenti, imprevisti, tutte però parte in causa in un progetto super partes perché infine tutti i nodi vengano al pettine. Un’eterna lotta tra il bene ed il male, tra il potere bieco e prevaricante, e coloro costretti a subirlo, in un gioco a rincorrersi tra gente ricca e potente che maneggia affari loschi per milioni contro gente comune, come dire Davide contro Golia, guardie e ladri. Dove le guardie non sono certo gli amici di Monterossi, ma la classe dominante, spesso coincidente con i lerci parassiti della società, e i ladri sono, tutt’al più, ladri di polli, piccoli pesci che si arrabattano come possono per raggiungere, e con gran fatica, la paga da fame, la soglia minima degli ottocento euro mensili, indispensabili per la pura e mera sopravvivenza, quella per cui c’è tanta gente, tantissima, che corre. Ed è già tanto che non vengano ad impiccarci tutti. Perché Milano è una grande metropoli, è come un oceano, e nel gran mare nuotano sardine, tonni, squali. Inutile dire per chi solidarizza Monterossi, che di un pesce piccolo, o meglio di una sirenetta di nome Teresa, finisce pure per innamorarsi. Dopo tutto, è autore di Crazy Love.

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Alessandro Robecchi
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Pesci piccoli 2024-02-26 22:39:23 topodibiblioteca
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topodibiblioteca Opinione inserita da topodibiblioteca    27 Febbraio, 2024
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Il ritorno di Monterossi

Carlo Monterossi, autore e creatore della trasmissione tv spazzatura “Crazy Love” presentata da Flora de Pisis, programma di punta della “Grande Fabbrica televisiva della m…”, è nuovamente tornato! In quest’ultimo romanzo di A. Robecchi, Monterossi si trova coinvolto, come di consueto, da una parte nel caso mediatico del momento avente a che fare con presunti miracoli, crocefissi che si illuminano e la predicazione di un ex prete diventato santone, e dall’altra invece in un’indagine privata che coinvolge i compagni-amici di sempre, Oscar falcone e Agatina Cirrielli.

Le storie di Robecchi sono una sicurezza, perché in ogni romanzo si ritrovano quegli elementi conosciuti dai lettori affezionati, a partire dalla “solita” Milano che vive di contrasti, di luci e di ombre, di ambienti lussuosi che si mescolano con quelli popolari. Poi ovviamente c’è Monterossi, ci sono le sue crisi di coscienza, i sensi di colpa che lo attraversano per “la creatura televisiva” ideata, per lo share altissimo frutto della tv spazzatura rappresentata, ma che al tempo stesso sono le ragioni della sua fortuna e del suo benessere. Nonché i contrasti tra la vita agiata che conduce “al sicuro, al caldo, protetto e tranquillo” e la vita invece vissuta da quei “Pesci piccoli” che danno il titolo a questo romanzo, “gente che pena, che striscia...che si guarda alle spalle, che può finire in ginocchio ad ogni momento e non rialzarsi mai più”. Spesso si tratta di piccoli delinquenti sprovveduti che fanno più male a loro stessi che agli altri, ma in tanti altri casi invece si tratta di brava gente che fatica a sbarcare il lunario. Lo spunto narrativo di Robecchi nasce da questi estremi ed ha il pregio di raccontare una storia noir assolutamente attuale, nella quale si fondano truffe, tentativi di estorsione, presunti ricattati che diventano ricattatori, ma anche quei pesci piccoli che all’improvviso, per eventi fortuiti e casuali, possono sfruttare a loro vantaggio questa situazione per emergere dall’abisso in cui si ritrovano.
Il tutto condito poi da un sano romanticismo, perché tutto sommato l’alternanza tra il rosa ed il noir non stona nelle avventure del Monterossi, così come non stona il sottofondo della colonna sonora, come sempre rappresentata dalle canzoni di Bob Dylan.

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Pesci piccoli 2024-02-04 18:32:17 cesare giardini
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    04 Febbraio, 2024
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Ricatti, miracoli e... pesci piccoli.

Ritornano i personaggi cari a Robecchi, da Carlo Monterosso ideatore di CrazyLove, spettacolo televisivo di punta (per lui la "Grande Fabbrica della Merda"), presentato da "sua maestà incoronata" Flora De Pisis e prodotto da Bianca Ballesi, l'amica di Carlo, alla coppia di agenti di polizia Ghezzi e Carella ed agli investigatori dell'agenzia "Sistemi Integrati" Falcone e Cirrielli, della quale è socio anche Monterosso. Il giallo ci racconta due storie molto diverse. Nella prima, Monterosso ed i suoi due soci sono chiamati ad occuparsi di uno strano furto: negli uffici milanesi della IGO (Italiana Grandi Opere) hanno rubato un pacco contenente una chiavetta USB e documenti riguardanti un grosso affare, la costruzione di una diga in Ghana. Un affare miliardario, in collaborazione con i cinesi, una brutta storia, poiché si scopriranno foto compromettenti di alcuni funzionari (droga e minorenni), una storia di ricattati e ricattatori, che coinvolgerà dirigenti della IGO, un sospetto ufficio di sorveglianza ed una intraprendente donna delle pulizie separata dal marito tipografo, Teresa, che pian piano, diventerà una delle figure principali del racconto. Nella seconda storia, parallela alla prima, l'ambientazione cambia completamente: in un paesino della campagna pavese, un prete spretato e la sua compagna, una ex pornostar, esibiscono un crocefisso che ogni tanto risplende, un'occasione unica per predicare miracoli, raccogliere fedeli e donazioni. E' anche un'occasione d'oro per Flora che trasporta nel suo spettacolo televisivo pazienti miracolosamente guariti e medici compiacenti. La stessa presentatrice in ginocchio invoca estatica il Signore, ma i carabinieri indagano, si scopre il trucco, l'ex prete scompare con il malloppo. Altra occasione imperdibile per la De Pisis e altra serata memorabile in TV: da estatica e adorante, la conduttrice si trasforma in fustigatrice di falsi profeti e di creduloni raggirati.
E i pesci piccoli? Li lasciamo ai due disincantati poliziotti, Ghezzi e Carella. Il capo, Gregori, li ha incaricati di occuparsi di vecchie denunce, roba da poco, da pesci piccoli appunto: uno svuotacantine che approfitta dell'incarico per appropriarsi della merce, un incidente d'auto provocato da pastiglie dei freni fasulle, una badante che tiranneggia la vecchietta affidatale, un tipografo che gioca sporco stampando falsi moduli amministrativi e che, per di più, non passa gli alimenti a Teresa, l'ex moglie... Insomma, un campionario di poveri cristi contro cui si accanisce la giustizia, trascurando magari pesci molto più grossi, delinquenti veri che se la ridono e se la spassano impuniti.
Questa è la Milano vera, il suo tessuto sociale, inquinato da malfattori da quattro soldi e da tutto un mondo che corre veloce, all'insegna dell'apparenza e della superficialità, un mondo senza un nesso logico e senza pause di riflessione. Emerge da questo caos Teresa, la donna delle pulizie di umili origini, una quarantenne semplice che accetta il suo lavoro a ore negli uffici senza mugugni, pur sognando un avvenire migliore: avrà modo di incontrare Monterosso, scoccherà una scintilla, imprevedibile, che cambierà la vita dei due. Un ricco autore televisivo ed una povera popolana: due rappresentanti di ceti sociali lontanissimi che si scontrano e s'innamorano. Questa è la vera novità che mette in scena Robecchi: Teresa è una ventata d'aria nuova, limpida che scompiglierà la vita di Carlo, all'insegna dell' amor vincit omnia, senza preclusioni o pregiudizi. E, sembra aggiungere lo scrittore, sarebbe ora che la finissimo ipocritamente di meravigliarci.
Lo stile di Robecchi è come sempre arguto, ironico, coinvolgente. Sembra un colloquio con un vecchio amico, che scava con mano leggera e sapiente nella personalità di personaggi veri e credibili: sullo sfondo una città con tanti problemi irrisolti e due mondi contrapposti e ben delineati nella trama del racconto, i quartieri privilegiati della ricca borghesia e tutto un sottobosco di poveracci che tirano a campare, tra illusioni e fallimenti.
Un ottimo giallo con un forte impatto sociale, che ancora una volta non fa che confermare la famosa affermazione del Manzoni nei Promessi Sposi, riportata anche da Robecci nell'esergo del romanzo :"I poveri, ci vuol poco a farli comparire birboni".







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