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Ha solo undici anni, Gopi, quando muore la madre. Per zia Ranjan lei e le due sorelle maggiori non sono che «selvagge». Così ha detto al padre di Gopi: sottintendendo che non rispettano le regole della comunità indiana a cui appartengono. E aggiungendo che per dargli una mano è pronta a prendersi in casa una di loro. Per il momento, però, il padre pensa che le figlie abbiano bisogno di appassionarsi a qualcosa che le accompagni poi «per tutta la vita» – e decide che sarà lo squash. Non funzionerà per tutte: l’unica che diventerà sempre più brava, e continuerà caparbiamente a cercare di scoprire, fra le quattro pareti del campo (ma non solo), che cosa fare dei suoi sentimenti, della sua vita, delle persone che incontra, e a quali traguardi può aspirare, sarà Gopi. Ed è lei stessa a raccontarci quell’anno di lutto e di rinascita – l’anno in cui sperimenta il dolore e l’assenza, ma anche la tenerezza e la determinazione, i cambiamenti del corpo e le sue potenzialità, le regole e la necessità di trasgredirle – con una voce insieme pacata e audace, sommessa e perentoria.



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T 2024-06-08 04:28:48 68
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68 Opinione inserita da 68    08 Giugno, 2024
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Crescita

…” In campo la mente non è rivolta solo al colpo che stai per eseguire e a quello con cui l’avversario potrebbe rispondere, ma anche ai due, tre, quattro colpi che seguiranno. Osservi la posizione dell’ avversario e il suo giuoco, fai calcoli. È così che scegli da che parte andare. Anche se la mente percorre più strade allo stesso tempo, non c’è una scissione, ma un’espansione avanti e indietro nel tempo, talmente rapida da sembrare istintiva. A volte non ti accorgi nemmeno di pensare”..

La narrazione di un anno trascorso senza l’amata madre la cui morte ha aperto un vuoto incolmabile nella solitudine condivisa di tre sorelle indiane di undici, tredici e quindici anni, Gepi, Khush, Mona e di un padre anestetizzato dal lutto. Che cosa pensare, come sopportare il dolore, prendersi cura di se’, dell’ altro, guardare avanti, colmare una voragine inesplorata, sopravvivere a giorni improvvisamente vuoti?
Spetta al pater familias indirizzare la quotidianità delle proprie figlie, secondo lui la pratica dello Squash dovrebbe tenerle impegnate, appassionarle a qualcosa da portarsi dentro per il resto della vita, per altri essere un semplice esercizio di disciplina per delle giovani ragazze considerate delle selvagge.
Ecco

…” l’ eco del suono di una palla colpita su un campo da squash, sulla T, un suono basso e fulmineo, come uno sparo, seguito da un’ eco ravvicinata”…

Lo squash è una disciplina con una storia, eroi da raccontare e da imitare, prevede esercizio quotidiano, lunghe ore di solitudine, colpi simulati su un campo per affinare i movimenti, ripetizioni, con la racchetta, senza palla, cercando di non pensare a nulla.
Inevitabilmente il pensiero va all’ amata madre scomparsa, sperando che un giorno possa tornare, mentre si guarda con disappunto un padre che sembra assentarsi e non apprezzare pienamente il tempo condiviso con le proprie figlie.
I giorni scandiscono una routine consolidata, esercizi ripetuti, il rimbalzo di una palla sulla racchetta, a terra, l’ ingresso in una nuova dimensione, quotidiana, relazionale, sentimentale, in cui il ricordo della propria madre talvolta sembra affievolirsi e farsi sempre più lontano.
Quale relazione tra giuoco e realtà, quali intrecci, similitudini, idiosincrasie, come lo Squash può farsi parte integrante di una vita, alimentare sogni, speranze, destini?
La solitudine di un campo da gioco in cui cercare e trovare una via d’ uscita, scegliendo i colpi, creandosi e difendendo lo spazio di cui si ha bisogno ( la T ), senza nessuno che possa aiutarti, concentrarsi per te o avere paura di perdere al tuo posto, un campo in cui fissare momenti irripetibili di eternità, sentendosi soli, in cui un bel tiro può fissare il tempo restituendo un senso di pace.
Gopi è l’ unica delle sorelle ad avere talento per questo sport e ad esercitarlo, si allena con un ragazzo bianco, pensa di costruirci qualcosa di importante, nel rettangolo di giuoco, al di fuori, in

…”un mondo improvvisamente illuminato da qualche evento che presto potrebbe rivelarsi”…

Quando il dolore di una presenza-assenza genera una reazione fragile e violenta, quando la distanza può inscenare la dimenticanza, un momento condiviso restituisce il senso di appartenenza rafforzando il ricordo, la sublimazione del giuoco porta nuove certezze, gioia, lezione di vita, lontananza condivisa in parole espresse con cautela e amore che lentamente si affievoliscono….
T è un breve, delicato, essenziale viaggio che indaga il potere della memoria, l’ elaborazione del dolore, la costruzione relazionale, il rapporto con il proprio se’, il giuoco come metafora di una vita che reclama regole, precisione, strategia, impegno, devozione, ma anche sostentamento, amore, condivisione, cultura, rispetto, memoria.
Rimane un senso di appartenenza all’ interno di un percorso di crescita che prevede ascolto, accettazione, relazione, solitudine condivisa nel respiro del ricordo, pensando un po’ malinconicamente che la vita forse avrebbe potuto essere altro e altrove, ma l’ oggi incombe spingendosi verso un destino diverso in una lontananza colma di cautela e ritrosia.

…” mio padre si fece da parte e tra la zia e lo zio passarono i giorni, avanti e indietro, e per un po’, non ricordo per quanto, un debole bagliore comparve al di là’ degli alberi. Brillò’ e spari’. Poi la voce dello zio, che ormai era stanco, inizio’ ad affievolirsi, il suo fiato si congelò e io mi alzai”…

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T 2024-05-14 19:26:33 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    14 Mag, 2024
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Non solo squash

«[…] Quando sei in campo, durante una partita, in un certo senso sei solo. Ed è così che dovrebbe essere. Devi trovare una vita d’uscita. Devi scegliere i colpi e crearti lo spazio di cui hai bisogno. Devi difendere la T. Nessuno può aiutarti. Nessuno può concentrarsi per te o aver paura di perdere al tuo posto. Eppure, a volte accade il contrario. In campo, tutto ti sembra di essere fuorché solo.»

Quando si perde un genitore è come avere un’ala spezzata, potrà forse un giorno guarire ma resterà sempre la cicatrice di quel dolore. Tre sorelle, Mona, Kush e Gopi e Pa, il capofamiglia perdono colei che aveva reso la loro vita piena; la mamma nonché moglie. Viene a mancare troppo presto, la donna e l’uomo deve farsi carico delle tre ragazze crescendole da solo. Il legame da ricostruire non è semplice così come non lo è ripartire e ricostruire una vita ormai in frantumi. Da qui il suggerimento del padre di avvicinarsi a un qualcosa che possa suscitare interesse, qualcosa come ad esempio lo squash, che lui stesso aveva amato in gioventù.
Siamo a Western Lane, un sobborgo di Londra che ospita campi da gioco, siamo in un mondo che diventa seconda casa soprattutto per Gopi, undicenne, che inizia a dedicarsi in modo costante a questo sport. Quel rettangolo diventa tutto. La T diventa tutto. La ragazza ha talento, ha un occhio e una perspicacia diversa rispetto alle sorelle, quando è in campo si isola da tutto e da tutti e quel rettangolo la porta a concentrarsi e isolarsi in una dimensione parallela. È in questo quadrato che conosce Ged, un ragazzo di cui si infatua ma senza mai distaccarsi dalla T.
Il campo diventa metafora della vita e del crescere. Gopi, come le sorelle, come ciascuno di noi, deve trovare la propria voce, accettarsi, maturare e costruirsi un futuro. Tra queste pagine, lo sport diventa a sua volta metafora del senso della vita e delle difficoltà di questa, diventa strumento con cui imparare ad affrontarle. Maroo usa lo squash per mostrarci cosa succede in una famiglia, ma anche nel nostro mero esistere, quando un equilibrio si rompe e si ricompone. Ci mostra, ancora, cosa succede nell’animo di una ragazzina che inizia a diventare donna, cosa succede a quelle che sono sempre state le nostre abitudini, come quelle di un padre, per coniugarsi a una nuova dimensione fatta di nuove responsabilità.

«[…] Mi giravo di scatto per seguire ogni palla e alla fine la caviglia cedette. Il dolore fu una scossa gelida nella testa. […] Dopo tre settimane cominciai a sognare Western Lane. Vedevo i muri bianchi e gli alberi in fiore. Di notte mi alzavo e andavo alla finestra, dove un po’ di luce filtrava dalle tende. Mi sedevo a terra con la racchetta in mano e la schiena appoggiata al termosifone.»

Il romanzo è costruito con dialoghi e dettagli che vengono narrati in prima persona, si ricompone così, passo dopo passo.
“T” di Chetna Maroo rappresenta un esordio di grande interesse ed è avvalorato da una penna rapida che è arricchita da un linguaggio incisivo. Tuttavia, manca qualcosa, quel qualcosa da renderlo perfetto.

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