La cena La cena

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Mian88 Opinione inserita da Mian88    26 Agosto, 2022
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Il giusto valore di una società antivalore

Non è così scontato parlare di un romanzo quale “La cena” di Herman Kosch. Premesso che man mano che la storia va avanti più sembra di vivere un fatto di cronaca quotidiana e di attualità, nonostante il titolo sia stato pubblicato per la prima volta nel 2009 in Olanda, l’autore riesce a scuotere le corde del lettore con sincera durezza e crudezza partendo da semplici ma fondamentali assunti.
Immaginiamo di avere un figlio. Chissà, qualcuno di noi già lo ha, altri lo desiderano. Immaginiamo che questo figlio sia un ragazzo di buona famiglia. Immaginiamo che sia andato a una festa con il fratellastro adottivo e il cugino. Consideriamo anche i soprannomi che si danno tra cugini e che già di base esprimono una forma di razzismo sotteso per le origini di colui che è stato adottato sempre per buona parvenza della famiglia, si ricordi, con padre in politica. Immaginiamo che questo figlio abbia barbaramente ucciso una senzatetto solo perché “puzzava” con i suoi rifiuti alimentari, solo perché il suo corpo era d’intralcio al prelievo di uno sportello bancomat necessario per prelevare qualche banconota per comprare l’ennesima birra della serata. Serata in cui anche il cugino che generalmente non beve si è scolato qualche alcolico. Immaginiamo che quanto occorso sia trasmesso prima in un programma televisivo, poi duplicato su internet. Il figlio in questione è altamente riconoscibile per il padre o la madre, forse un po’ meno per uno sconosciuto. Il figlio, di buona famiglia, calmo e dedito allo studio è lì che sghignazza senza problemi mentre getta su un corpo inerme tutto quel che trova. Ecco, se quel figlio fosse il nostro, come reagiremmo?
Due coppie di genitori. Cosa fare? Come comportarsi? Una cena in cui parlare e trattare. Una cena in cui decidere del da farsi e agire. Frasi brevi, dialoghi pungenti, analisi dettagliata del fatto e misfatto. Uno scritto che si muove piano, con un incedere lento e cadenzato che può far sorgere dubbi nel lettore ma che poi accelera e conduce per mano sino a quel che è stato e quel che è. Cosa è giusto, cosa è sbagliato? Cosa è bene che prevalga, la morale a favore di una vita giunta al suo termine per violenza altrui o la parvenza di un ruolo, di una “buona famiglia” che deve andare avanti nella sua scalata sociale e che non può certo perdere il suo ruolo e prestigio a causa di una senzatetto che già di per sé sarebbe deprecabile per vivere a danno dello Stato e che si è trovata al posto sbagliato nel momento sbagliato ostacolando dei giovani alticci?
Ma attenzione perché quel che qui più colpisce non è tanto e solo il fatto che accade quanto la psicologia dei personaggi, i rispettivi pensieri, i comportamenti e ancor più le rispettive decisioni. Tante le tematiche trattate che oscillano dall’educazione dei figli, la responsabilità dei giovani, le azioni, il rapporto tra fratelli, il razzismo, il razzismo tra fratelli, le gelosie e le invidie tra questi, il perbenismo sociale, le apparenze, le istituzioni, il futuro, il successo, il cosa si è disposti a fare pur di raggiungerlo, la diversità, la falsità del buon viso a cattivo gioco e tanto altro ancora. Un romanzo corposo, complesso, che scuote e resta. Lascia letteralmente il segno. Un titolo che smuove nel lettore molteplici riflessioni, che porta a immedesimarsi e anche a porsi domande sul come avremmo agito al posto dei soggetti interessati ma che fanno anche riflettere su quelli che sono i principi e i meccanismi mentali che ne regolano le sorti, le azioni, i giochi di potere, le volontà differenti e presunte. Un libro, ancora, di grande attualità e che perfettamente fotografa la nostra società. Da leggere.

«Più testimoni ci sono, meglio è. L’infelicità è costantemente alla ricerca di compagnia. L’infelicità non tollera il silenzio, specialmente quei silenzi imbarazzati che cadono quando si è soli.»

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GioPat Opinione inserita da GioPat    01 Dicembre, 2021
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I segreti non ostacolano la felicità

Paul Lohman, un ex insegnante di storia, si trova con sua moglie Claire in un ristorante di lusso ad Amsterdam con suo fratello maggiore Serge Lohman, un importante politico e concorrente alla carica di Primo Ministro olandese, e sua moglie Babette. Obiettivo principale della cena è discutere della gestione di un crimine commesso dai loro figli, filmato da una telecamera di sicurezza e mostrato in tv. I genitori devono decidere cosa fare, spinti anche dal fatto che i due ragazzi non sono stati identificati. Durante la cena, tuttavia, non mancheranno eventi che creeranno un clima di tensione tra le due famiglie.

La storia è narrata in prima persona da Paul e si sviluppa nel corso di una serata, anche se non mancano salti indietro nel tempo per mettere il lettore a conoscenza di antefatti utili alla delineazione dei personaggi. Ho apprezzato che i tempi del libro siano stati scanditi molto bene, racchiudendo i capitoli all’interno di macrocapitoli ciascuno con il nome di una portata del ristorante, dall’aperitivo fino al digestivo, per raggiungere l’epilogo con la mancia. Tale scelta, a mio parere, aiuta la progressività del racconto e lo rende più scorrevole.

La trama è semplice e di facile comprensione, con descrizioni accurate di avvenimenti e paesaggi. Anche in presenza di un flashback, una volta tornati nel presente all’interno del ristorante si riesce a continuare a seguire il racconto lasciato in sospeso. I personaggi sono pochi, delineati e non mancano diversi colpi di scena, a volte inaspettati, utili a stupire il lettore. Il finale lascia alcune domande ad aleggiare nella testa del lettore, mi sarebbe piaciuto conoscere l’epilogo di tutti gli avvenimenti narrati.

Libro di Herman Koch che mi sento di consigliare in quanto leggero, con temi semplici che a volte si contornano di un’aura di mistero. Una storia in cui alcuni personaggi sembrano interessati più al successo personale che al futuro dei propri figli porta a domandarci se sia meglio seguire le necessità del cuore o quelle della morale.

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68 Opinione inserita da 68    18 Giugno, 2017
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La certezza di una colpa

Che cosa succederebbe se, quasi per caso, all' interno di due famiglie agiate, dalla quiete apparente, si scoprisse che i propri figli, ancora adolescenti, si sono macchiati di un atroce delitto, il brutale e gratuito assassinio di un homeless ripreso dalle telecamere, visibile ai nostri occhi ed a quelli del mondo?
Quali le implicazioni private, genitoriali, affettive, morali, legali e quali effetti sulle vite di tutti?
Quali le reazioni, secondo principi etici e senso di giustizia, considerando freddamente e spietatamente l' atto commesso, o privilegiando la sfera affettivo-sentimentale, ignorando la cruda verità in nome dell' integrità domestica?
E quanto l' essere stati genitori discutibili, presenze-assenze inserite in un blando ed edonistico permissivismo educativo, la noncuranza affettiva, il reiterato cattivo esempio ha indirizzato il presente dei propri figli, o viceversa tutte le colpe risiedono altrove, nella noia protratta e solitudine anaffettiva di una socialità solo all' apparenza condivisa ed amorevole, o nel semplice caso di un destino beffardo, o nella indefinitezza di un individuo potenzialmente aggressivo, minaccioso, pericoloso?
In " La cena ", romanzo del 2009 che ha reso celebre l' autore olandese Herman Koch e da cui sono stati tratti due film , l' italiano " I nostri ragazzi " ( 2014, libera interpretazione del testo, da vedere ) e l' americano " The dinner " ( 2017, che ricalca il romanzo peggiorandolo, brutto film) , si entra e si affronta questo tema spinoso.
Amsterdam, due nuclei famigliari riuniti a cena in un costoso ristorante alla moda, due fratelli e le rispettive consorti, individui profondamente diversi, un cinico e famoso politico in procinto di diventare primo ministro ed un ex professore di storia da anni allontanato dall' insegnamento per problemi psichici e depressivi.
La verità è già conosciuta e taciuta, il fine vorrebbe cancellare questa terribile storia, affrontare il presente, indirizzare il futuro, cercando una improbabile ed equa soluzione salvifica o una inevitabile ma necessaria condanna.
Ed allora, inevitabilmente, si evita, si omette, si svicola, si nasconde e ci si nasconde, coprendosi di indifferenza, calma, forza simulata, debolezza certa, maschere di una tragedia annunciata, rimandando l' attesa tra pietanze sofisticate, etichette gastronomiche e cliché comportamentali, aggrappati ad una falsa convivialita' ovattata di rabbia, delusione, incredulità, cinismo, banalità, negando la propria inerzia di fronte alla cruda verità.
Ci nascondiamo in ciò che siamo e non siamo, le nostre paure, i conflitti privati, la dimensione pubblica, addentrandoci in un labirinto famigliare ovattato, silente, un luogo della memoria colmo di rabbia, violenza, pura formalità, cose non dette, taciute, nascoste, rimandate, volti lontani, ruoli consolidati scambiati e vissuti per quotidianità .
Sete ed arroganza di potere, compiacenza, egoismo, e l' identificazione con i nostri figli, che abbiamo generato, parte integrante e proiezione di noi, ma che non conosciamo, se non in una personale e gratificante idea di possesso.
E loro, gli adolescenti, come ci vedono e ci considerano, egoisti, indifferenti, prepotenti, vecchi, superati, o semplicemente dimora sicura, spalla su cui piangere e rigettare gli errori commessi?
E chi siamo realmente, esseri umani infinitamente deboli, così desiderosi di affetti, o attori di quel ruolo che è parte di noi, ha rimosso idee e sentimenti impadronendosi di vita e speranze?
Tra le pagine del romanzo molte domande irrisolte, temi solo accennati e che tali resteranno.
E' questa, a mio avviso, la pecca più grossa e l' occasione mancata. Un' idea narrativa interessante, accattivante, vivida ed attuale, non adeguatamente rappresentata ne' supportata da una scrittura all' altezza e da una costruzione adeguata.
Personaggi autocelebrativi, isolati, perversi, senza comunanza, fluitanti chi verso una pubblica autocelebrazione, chi in un privato altezzosamente folle con vista su un passato doloroso, chi nella conservazione di una calma e dosata famigliarità. E chi invece vorrebbe indirizzare altrove l' errore commesso sarà impossibilitato ad agire.
E' questa l' eredità dell' oggi, una apparente convivialita' che nasconde disastri privati, assenze protratte, desolanti vuoti, solitudini comunicative ed anaffettività.
Quando l' orrore si è compiuto da tempo, ed è stato trattato come un semplice incidente, un caso fortuito, un atto goliardico, uno scherzo del destino, ed ogni singola vita umana assume dignità e contorni diversi, con esiti brutali legittimati, quando vi è l' assenza di qualsiasi senso di colpa e di Legge, in nome di una rappresentazione e conservazione di una dimensione privata da tempo fuori controllo, ahimè, si è già perso in partenza, e non vi sarà più alcuna possibilità di ritorno, pena applicabile, via salvifica o apparente ripristinata quiete domestica, se non il buio e la definitiva condanna della propria coscienza.

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Elena72 Opinione inserita da Elena72    18 Mag, 2017
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homo homini lupus

Immaginate di scoprire che vostro figlio, il classico bravo ragazzo di buona famiglia, ha barbaramente ucciso una senzatetto solo perché di intralcio, con il suo corpo e con il suo odore, presso lo sportello di un bancomat. Immaginate di poter vedere addirittura il video di quanto accaduto, prima trasmesso in un programma televisivo e poi duplicato su internet: di scorgere, anche se non perfettamente riconoscibile, vostro figlio che insulta e sghignazza mentre getta su una persona inerme sacchi di immondizia, una sedia girevole, una lampada da tavolo ed infine una tanica di benzina quasi vuota che esplode, con una piccola fiammata di accendino, senza lasciare scampo. Come reagireste di fronte a tutto questo?

Due coppie di genitori imparentati (i padri sono fratelli) si trovano in un locale di lusso per una cena in cui dovranno discutere del futuro dei loro figli colpevoli di aver ucciso una senzatetto e incastrati da un filmato un po' sfuocato, ma non ancora ufficialmente identificati dalle forze dell'ordine.
I capitoli in cui è diviso il libro hanno come titoli le portate della cena, dall'aperitivo alla mancia finale. La voce narrante è quella di Paul, padre di Michael, forse il principale responsabile dell'omicidio; l'uomo, ai commenti sulle pietanze, inframmezza i suoi ricordi e i suoi pensieri. Tra un piatto e l'altro il lettore viene coinvolto dal fluire dei suoi ragionamenti in cui, a momenti di estrema lucidità e ironia che ne catturano la simpatia, si alternano racconti dai tratti sconcertanti che ne fanno cogliere l'inattendibilità: si scoprirà infatti essere un uomo affetto da una sindrome psichiatrica ereditaria e non sufficientemente curata. Di fronte alla sconvolgente realtà, le due coppie di genitori prenderanno posizioni contrastanti rispetto al da farsi in un crescendo di tensione che sfocia in un finale sorprendentemente ambiguo ed agghiacciante.

Koch inserisce in questo romanzo molte tematiche, forse anche troppe: il ruolo dei genitori nell'educazione dei figli, la responsabilità dei giovani (anche se minorenni) nel compiere le loro azioni, il rapporto tra fratelli (invidie, gelosie, risentimenti) e tra parenti in generale, il perbenismo sociale, il diritto ad avere un futuro, magari anche il successo, nonostante tutto e tutti, la percezione della diversità, il compito delle istituzioni (come la scuola) nella prevenzione della devianza e, ultimo ma non meno importante, il peso che una malattia mentale può avere nel giustificare un atto criminale. Tematiche che emergono dalla lettura, ma sulle quali l'autore non si esprime mai in modo esplicito; anzi, sceglie di spiazzare il lettore con la tecnica dello straniamento data da un punto di vista, quello della coppia dei genitori di Michael, che non solo non condanna l'operato del figlio, ma anzi lo sostiene e lo incoraggia a farsi giustizia da sé per potersi garantire un futuro.
Ciò che più sconvolge in questo romanzo non sono dunque i fatti, bensì i pensieri dei personaggi, le loro coscienze; nessuno si salva, nemmeno i genitori apparentemente disposti a sacrificarsi in nome della giustizia che si dimostreranno più preoccupati di salvaguardare la reputazione, anziché interrogarsi sugli errori commessi. Ogni personaggio fa trapelare, oltre la facciata, un retroscena squallido, fatto di meschinità ed egoismi che non lasciano speranza di redenzione.

"La cena" è un libro che ho trovato molto avvincente e ben scritto: frasi brevi, efficaci, taglienti.
La storia ha un ritmo alternato: procede in un primo tempo a rilento per poi accelerare a tratti, fino alla corsa verso l'epilogo, tutt'altro che scontato. La scelta dell'autore di rallentare e dilatare i tempi della narrazione con delle pause, mi è sembrata ben azzeccata, funzionale sia alla creazione di un'attesa, sia alla riflessione.

Dopo aver scalato le classifiche olandesi nel 2009, “La cena” ha ottenuto grande successo di pubblico e critica in numerosi paesi tra cui l'Italia dove ne è stato tratto anche un film, “I nostri ragazzi” (2014) di I. De Matteo, interpretato da A. Gassmann, G. Mezzogiorno, L. Lo Cascio, B. Bobulova.

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Julie Opinione inserita da Julie    04 Gennaio, 2017
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La famiglia felice

Un paio di anni fa vidi per la prima volta "I nostri ragazzi", un film di Ivano De Matteo con Alessandro Gassmann, Luigi Lo Cascio, Giovanna Mezzogiorno e Barbara Bobulova. Successivamente scoprii che la pellicola era tratta da La Cena di Herman Koch e mi procurai anche il libro; libro che per ben due anni ha atteso tra i miei scaffali di essere letto, ovvero su per giù il tempo necessario a far sì che la profonda sensazione di disagio che mi aveva lasciato il film scomparisse quasi del tutto, lasciando spazio all'interesse per il modo in cui la tematica affrontata veniva sviluppata. Della versione cinematografica italiana di questa cena tutta in famiglia accenno solo che questa risulta, nonostante la sua estrema crudezza, molto più digeribile del suo corrispettivo letterario, che rassomiglia invece un po’ quel boccone troppo grosso che non riesci proprio a mandare giù.
Il testo è sviluppato schematicamente, i capitoli seguono il menù di un ristorante, ogni capitolo comincia con l’introduzione di uno o più piatti scelti dai protagonisti e si concentra in seguito sulle osservazioni della voce narrante. Questo ordine apparente viene a mancare man mano che si procede nella lettura, che sempre più spesso è intervallata da flashback che interrompono la linearità del racconto. Il loro scopo primario è quello di mettere in luce gli angoli più bui della storia, ma allo stesso tempo contribuiscono a far sì che quest’ordine implicito nello sviluppo della trama si trovi pian piano a venir meno, accompagnando così il lettore, in un primo momento inconsapevole del cambiamento, all’interno di un caos quasi inspiegabile, dettato dalla più totale assenza di armonia strutturale. Che questo espediente sia più o meno voluto è ininfluente, ciò che è innegabile però è che è proprio attraverso questi flashback che il lettore comincia a mettere in dubbio l’attendibilità della voce narrante, che comincia a distaccarsi dal suo modo di vedere la realtà, che inizia a comprendere che c’è qualcosa di orribilmente sbagliato in questa cena, e non si tratta di certo delle porzioni da anoressici; ciò che più sa di marcio non sono le portate, bensì le persone presenti al tavolo.
Claire e Paul sono sposati e hanno un figlio adolescente di nome Michael, Serge, il fratello di Paul, è sposato con Babette, loro hanno due figli della stessa età di Michael, Rick e Beau, che è adottato. Rick e Michael hanno ucciso una barbona, colpevole di aver loro impedito, con la sua inopportuna presenza e con il suo puzzo fastidioso, di prelevare ad un dato bancomat. Beau, a conoscenza del delitto, ricatta il fratello e il cugino perché vuole comprarsi un nuovo scooter. I genitori si trovano a cena per decidere sul futuro dei loro figli.
La tematica è estremamente attuale, molto facile accostare la trama a quella de Il dio del massacro di Yasmina Reza, ma il nocciolo della questione non è proprio lo stesso.
“Cosa saremmo disposti a fare, a diventare per proteggere i nostri figli?” è la prima domanda a cui rispondono entrambe le opere, ma anche “Cosa rende i nostri figli gli uomini che diventeranno?” ed è proprio su questo che Koch maggiormente si interroga.
Paul, il padre di Michael, la voce narrante, colui che inizialmente sembra il più integro, il più calmo e ragionevole, si rivela essere un violento con disturbi psicologici. Più volte ha sfogato la sua violenza di fronte ad un Michael ancora bambino, eppure ciò che più lo tormenta, anzi forse l’unica cosa che lo tormenta, è il dubbio che suo figlio possa essere com’è perché il suo è un disturbo ereditario. Claire è altrettanto disturbata, farebbe qualsiasi cosa per proteggere suo figlio e allo stesso tempo non prova nessuna avversione per la violenza che nota in lui e in suo marito, anzi alla prima opportunità dimostra di essere la più feroce all’interno del nucleo familiare. Michael, dal canto suo, non prova alcun rimorso per ciò che ha fatto, il modo in un certo senso amorevole in cui il padre lo descrive lascia comunque intendere che sia un sociopatico, è lui il leader, è lui che ha influenzato suo cugino Rick a tal punto da renderlo suo complice nell’omicidio. Michael quindi potrebbe avere innato in lui il seme della violenza, potrebbe essere il semplice frutto dell’educazione ricevuta dai genitori, ma Rick e Beau? Rick si lascia manovrare, Beau agisce in modo totalmente egoistico, entrambi nonostante l’educazione che hanno ricevuto (né Babette né tantomeno Serge mostrano infatti di essere persone prone alla violenza).
Qual è quindi la risposta? La risposta è che siamo il prodotto di tutti questi fattori, della genetica, di ciò che i nostri genitori ci insegnano, delle amicizie che abbiamo, di ciò che pensiamo, delle scelte che facciamo, siamo sempre giustificabili, ma siamo comunque responsabili. Non si fugge dalla responsabilità, non importa quanto lontano possa spingersi un genitore per farlo accadere.
Per quanto riguarda il finale mi sento solo di citare un paio di righe dal libro stesso perfettamente esplicative,

"Era come una pistola a teatro: se si vede una pistola nel primo atto, si può star sicuri che nell'ultimo verrà usata per sparare. E' la legge di ogni drammaturgia. Per la stessa legge, non si può far vedere una pistola se poi non la si usa."

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lapis Opinione inserita da lapis    02 Aprile, 2016
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Quando la cena rimane sullo stomaco

Una sera come tante. Il riposo sul divano. La televisione che trasmette pigramente le sue immagini lontane. Sono immagini crude: due ragazzi un po’ brilli vogliono prelevare da un bancomat ma nel piccolo locale trovano una barbona e reagiscono con assurda violenza a quella che considerano un’intrusione fastidiosa, con il suo odore nauseante e i suoi stracci cenciosi: insulti sprezzanti, botte corredate da raccapriccianti risate, una tragica morte. Sono scene agghiaccianti ma lontane da noi, dal nostro divano, dalla nostra quotidianità. Ma cosa succederebbe se in quel giovane dal volto sfocato, irriconoscibile per tutti, tu riconoscessi tuo figlio?

Questa storia la racconta la quarta di copertina e quando iniziamo la lettura sappiamo già che la cena che dà il titolo al romanzo e che ne delinea il tempo e lo spazio narrativo, non è altro che il momento della verità in cui due coppie della borghesia medio-alta dovranno, tra una boccata d’aria in giardino, un bicchiere di vino e un piatto d’alta cucina, decidere il futuro dei propri figli. Una scelta in cui la naturale volontà di difendere felicità e interessi personali deve scontrarsi con la voce della coscienza e la forza del proprio codice morale. Lo sappiamo. Sappiamo che sarà una cena difficile da digerire perché l’argomento è di quelli che fanno riflettere e gli interrogativi etici che mette in campo sono di quelli scomodi e strazianti.

Eppure il romanzo spiazza perché quello che leggiamo va oltre tutte le nostre aspettative. Herman Koch spinge la provocazione fino alle estreme conseguenze e capovolge il ruolo educativo dei genitori, ci toglie le coordinate, confonde male con bene, vittime con carnefici. La scrittura rimane lucidamente distaccata nello svelarci, tra continui flashback e rimandi, la verità psicologica che si cela dietro l’apparente normalità dei personaggi e nel condurci fino alle sue estreme conseguenze.

Tanti libri lasciano l’amaro in bocca perché ti costringono a lottare accanto al protagonista per pagine e pagine per poi concludersi in uno sconfortante fallimento, ma qui il senso di disagio e di smarrimento è totale e diverso perché non hai punti di riferimento a cui aggrapparti, personaggi che incanalano le tue emozioni, voci nelle quali immedesimarti. E’ un mondo capovolto da un delirio di crudeltà in cui il grande assente è il senso civico e morale. Il punto di vista narrativo è originale e politicamente scorretto, il risultato è destabilizzante e indigesto, ciononostante è sicuramente un romanzo che consiglierei perché purtroppo la realtà che racconta non è poi così lontana da noi.

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Mancini Opinione inserita da Mancini    31 Ottobre, 2014
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Con loro o contro di loro

Due fratelli e le rispettive mogli si ritrovano in un lussuoso ristorante durante una cena per discutere di un argomento che ha turbato improvvisamente le loro esistenze. I loro figli hanno commesso un delitto, l’uccisione di un barbone, quasi per gioco, per quella incosciente negligenza adolescenziale che ti fa combinare di tutto, a volte con conseguenze inattese.
Le telecamere di sorveglianza hanno ripreso tutto, la gente ha visto il fatto in televisione, sebbene l’identità dei due giovani non sia chiara.
Di qui l’autore, con una bravura insolita, riesce a comprimere nell’ambito della durata di una cena l’intero racconto che non risulta mai né privo di dettagli né noioso.

Come si reagisce di fronte ad un atto delittuoso commesso da un giovane figlio? Ci si immedesima completamente nel suo stato emotivo prendendone le difese in modo incondizionato oppure lo si allontana e condanna come fosse uno dei tanti delinquenti sulla faccia della terra?

Qui troviamo entrambe le versioni, entrambi gli atteggiamenti impersonati da attori dal temperamento completamente differente.

Serge, il fratello/padre politico di fama e in lizza per il posto di Primo Ministro, appare subito quello distaccato e incline a condannare l’ignobile gesto in nome di una pseudo-morale che gli è imposta dall’etichetta. Le elezioni sono vicine e un’auto accusa pubblica potrebbe dare lustro alla sua immagine imprimendogli l’ultima necessaria spinta verso il successo.

Paul, il fratello/padre professore in aspettativa, ben supportato da sua moglie, mostra invece sin da subito un amore protettivo verso il proprio figlio al limite della negazione della colpa, quasi come se la vittima avesse meritato l’ignobile fine perché si trovava nel posto sbagliato.
I caratteri dei commensali vengono dipinti pagina dopo pagina e si scoprono le psicologie per nulla banali di ognuno di loro. Paul è di sicuro il personaggio meglio sviluppato, nonché voce narrante, del quale emerge un passato di difficoltà che lo hanno persino spinto ad allontanarsi temporaneamente dal proprio lavoro di insegnante.

Paul assomiglia a suo figlio molto più di quanto Serge assomigli al proprio; questo rapporto di forte empatia porterà ad una sintonia emozionale così forte da oltrepassare ogni normale ostacolo morale rendendo di fatto il rapporto padre/figlio estremamente saldo, seppure caratterizzato da una “normale” ma solo apparente distanza.
Del resto Paul sa bene cosa voglia dire l’istinto, l’agire di pancia, atteggiamenti che lo hanno sempre contraddistinto durante la sua vita portandogli non pochi problemi.

Il lettore si troverà dunque tipicamente a dover prendere le parti di una delle due fazioni e non sarà poi così difficile perché sarà portato a ragionare non seguendo la legge, ma entrando vivamente, accompagnato dall’autore, nell’animo turbolento del vero protagonista, Paul, capendone appieno le debolezze che però spesso si rivelano anche essere i suoi punti di forza.

L’atmosfera del racconto rimane costantemente sospesa facendo attendere un finale che sempre più mi ha ricordato una lenta chiusura di un sipario su una scena conclusiva di un dramma teatrale.

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annamariabalzano43 Opinione inserita da annamariabalzano43    11 Ottobre, 2014
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Da Machiavelli a Camus

Un romanzo agghiacciante che vede al centro il rapporto padri-figli, ma soprattutto un romanzo sull’emarginazione in tutte le sue forme, non solo quella che riguarda il diverso, il derelitto, ma anche quella di chi per scelta rifiuta il codice del vivere civile.
I protagonisti di questa storia vengono delineati con cura e attenzione nelle loro caratteristiche fisiche e morali. Il carattere di ognuno emerge nel corso della storia, rivelando lati nascosti e oscuri a volte sorprendenti.
L’abitudine di due fratelli, uno, politico di successo, l’altro, insegnante in aspettativa, di incontrarsi con periodica scadenza in un ristorante, per trascorrere una serata insieme, diviene l’occasione per affrontare l’argomento sconvolgente che riguarda i figli, macchiatisi d’una orribile aggressione a un barbone che aveva occupato lo spazio antistante un bancomat. Il fatto, ripreso dalle telecamere esterne, viene trasmesso in tv durante la trasmissione Telefono Giallo. La serenità di due famiglie viene sconvolta. Ogni genitore si trova di fronte a un figlio che fino ad un attimo prima credeva di conoscere a fondo e in cui aveva fiducia, e che invece si rivela essere un estraneo, qualcuno che ragiona e si comporta talmente autonomamente da fare scelte e compiere azioni del tutto inaspettate.
Fin qui i genitori si trovano davanti all’alternativa se denunciare i figli, come vorrebbe il codice etico comportamentale di ogni individuo onesto, o proteggerli fino alle estreme conseguenze, con quell’amore indiscusso e indiscutibile di sempre. Ciò ovviamente mette tutto in gioco, le carriere di successo, il futuro dei giovani. Tra le due coppie si accentua il divario che esiste da sempre. C’è chi opterebbe per una soluzione anche la più discutibile, secondo il principio del fine che giustifica i mezzi, pur di salvare la reputazione e l’avvenire dei ragazzi, chi si pronuncia, invece, per una linea più rigorosa e rispettosa della giustizia.
Le cose, tuttavia si complicano nel momento in cui la personalità di uno dei genitori, Paul, si chiarisce nelle sue sfaccettature più nascoste. Egli si rivela un ribelle, a volte violento, che, in circostanze avverse, non riesce a trattenere la sua aggressività, né cerca minimamente attenuanti o giustificazioni. Dunque Paul è qualcuno che vive l’emarginazione come scelta, un’emarginazione diversa da quella del barbone o di Beau-Faso il bambino adottato, apparentemente integrato, vittima e colpevole allo stesso tempo. L’emarginazione di Paul è simile a quella di chi si sente estraneo alla società di cui fa parte e di cui a fatica accetta i codici e le regole del gioco. Simile in questo a Lo straniero di Camus, che suscita orrore negli altri per le sue scelte. Dunque qui il rapporto padre – figlio si complica, la problematica si amplia e l’autore lascia al lettore il compito di trovare le risposte più idonee.
La conclusione inaspettata accentua l’aspetto cinico e crudo del romanzo.
Questo testo è estremamente interessante se si vuole considerare la tendenza della letteratura contemporanea a focalizzare l'attenzione sui mali dei nostri tempi, a denunciare i limiti d'una società che mette al centro dei propri interessi l'opulenza e il potere, perdendo di vista ogni valore.
Il romanzo di Koch è stato recentemente liberamente rielaborato dal regista De Matteo per il film “I nostri ragazzi” con Alessandro Gassman, Barbora Bobulova, Giovanna Mezzogiorno, Luigi Lo Cascio. Un ottimo film, per un’ottima regia, che tuttavia si discosta alquanto dal romanzo originale, attenuando forse gli aspetti più crudi dei personaggi dei genitori, ma rendendo la storia più vicina a noi e alla nostra società. Assolutamente da vedere.

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ant Opinione inserita da ant    24 Settembre, 2014
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Violenza esplicitata e non

Due fratelli e rispettive consorti si ritrovano in un ristorante lussuoso e l'autore fa in modo che, attraverso questa cena, vengano sviluppati diversi temi sociali e contemporanei come : l'arrivismo, il formalismo e soprattutto l'educazione e le linee di comportamento da adottare nei confronti di figli in età adolescenziale.
All'inizio del libro Paul, l'io narrante, analizza e sviscera con precisione i difetti e le inadeguatezze di suo fratello Serge, incapace secondo il pensiero di Paul di poter svolgere il ruolo di primo ministro olandese verso cui è lanciato; poi però pagina leggendo l'argomento principale diventa un episodio drammatico che ha per protagonisti proprio i figli delle coppie sedute al tavolo, l'uccisione di una barbona che dormiva in un locale con bancomat.
L'autore è abile a far sì che nel lettore s'insinuino tanti dubbi e tante perplessità sulla capacità di un genitore di poter arrivare a difendere i propri rampolli, pur dinanzi ad avvenimenti tragici e dolorosi come quelli in cui sono protagonisti i ragazzi dei commensali; partendo ad es dal presupposto che Paul di indole violenta per natura possa aver lasciato in eredità al figlio tali attitudini.
Qualche estrapolata prima di concludere, Paul che parla di suo fratello che si atteggia ad esperto di vini:
"""Che cosa sarà passato per la testa di Serge quando ha scelto l'enologia come hobby? Un tempo a casa beveva soltanto Coca-Cola.
Comunque la novità era stata piuttosto repentina, e da un giorno all'altro era diventato lui quello che prendeva la carta dei vini e blaterava del "retrogusto terroso" dei vini portoghesi dell'Alentejo """
e poi Paul che giustifica suo figlio Michel di fronte al prof che chiede spiegazioni a riguardo di un tema sulla violenza
...""purtroppo condividiamo questo mondo anche con persone disumane. Quelle persone disumane devono tornare nella società dopo uno sconto di pena per buona condotta? Credo che Michel intendesse questo. E quindi, aggiunge il prof, si può ammazzare una persona , anzi, come si dice qui-sfogliando il compito- "gettarla dalla finestra". La finestra al decimo piano di un commissariato, suppongo""...
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Pupottina Opinione inserita da Pupottina    08 Agosto, 2014
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Alla fine da che parte stai?

Dopo VILLETTA CON PISCINA, il secondo romanzo che consacra Herman Koch come autore di fama internazionale è LA CENA. Da questo romanzo, tra poco (il 5 settembre), arriverà sul grande schermo una trasposizione, completamente made in Italy, intitolata “I NOSTRI RAGAZZI”, con Alessandro Gassmann, Giovanna Mezzogiorno, Luigi Lo Cascio, Barbora Bobulova, Rosabell Laurenti Sellers e Jacopo Olmo Antinori. Dopo la lettura di LA CENA, aspetto con impazienza il film. ;-)
È un interessantissimo romanzo che si legge tutto d’un fiato, dove nessuno è completamente innocente. Ma il lettore come si colloca nell’analisi del romanzo? Da che parte starà a lettura ultimata?
È un thriller provocatorio, che con un crescendo di suspense, scandita da reazioni, spontanee e incontrollabili, e rivelazioni scioccanti da parte dei personaggi, racconta la vita della società contemporanea, partendo da uno dei suoi punti fondamentali: la famiglia.
Sono appunto due nuclei famigliari, due coppie, strettamente connesse tra loro, poiché i due uomini, Paul e Serge, sono fratelli, a incontrarsi per un’occasione speciale che dà il titolo al romanzo: LA CENA.
Il romanzo è diviso in parti, quelle rituali di una vera e propria cena (aperitivo, antipasto, secondo piatto, dessert, digestivo, mancia).
È dunque durante quelle fasi, nei non detti e nelle reazioni impulsive dei protagonisti, che viene narrata l’epopea esistenziale umana, della vita e della morte, ma soprattutto dalla giustizia e della legalità.
L’incontro tra le due coppie non è affatto occasionale, ma è programmato al fine di discutere e risolvere un problema scottante che lega indissolubilmente il futuro dei figli delle due famiglie.
I due quindicenni, Michel e Rick, tra loro cugini, sono i responsabili di un atto criminale ripreso dalle telecamere di sicurezza di una banca. Il pestaggio e l’omicidio di una senzatetto è sulla bocca di tutti in Olanda. Negli ultimi mesi, l’opinione pubblica manda in onda il filmato con la speranza che i due giovani vengano individuati e incriminati per la gravità delle loro azioni.
Ancora, però, nessuno si è fatto avanti.
Tuttavia, le due coppie, fra di loro, non ne hanno ancora parlato apertamente. La cena serve proprio per capire il da farsi e trovare un punto di incontro tra le ragioni del cuore e quelle della morale.

“Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo.” (Lev Tolstoj)

Questo romanzo si interroga sulle regole etiche e morali della società contemporanea, ma, scava in profondità, anche sulle dinamiche all’interno della famiglia di ceto medio-alto.

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Ettore Opinione inserita da Ettore    18 Giugno, 2014
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Meglio il secondo piatto

Questa non è di per sé una recensione, ma l'indirizzamento a una lettura successiva, ovvero il libro seguente di Koch: Villetta con piscina.
Perché dico così? Perché in Villetta con piscina troviamo praticamente le stesse tematiche della Cena: personaggi ambigui, a volte crudeli nell'intimo, trama frammentaria e colpi di scena sul finale.
Ma la Cena l'ho trovato un libro poco maturo, inesplorato. Koch fa ampio uso della quotidianità come arma narrativa, ma nella Cena i capitoli dove questa quotidianità dovrebbe essere accattivante, o comunque incisiva per la trama, risulta abbastanza vana, riempitiva. Già a metà libro il "mistero" per cui queste coppie si radunano al ristorante viene svelato, assieme alle motivazioni, e dunque il resto appare più scialbo. Qualche caratterizzazione in più, ma nulla di che.
Lo stile di Koch è cinico, freddo e il protagonista analizza le persone come se conoscesse tutte le piccole regole della psicologia, al contrario di quello di Villetta con piscina, dove il personaggio ha una motivazione maggiore per essere arrogante e a volte retorico.
Quindi, a mio avviso, La Cena è un romanzo discreto ma incompleto, inesplorato, dove poteva esserci molto da dire. Lo trovo quasi immaturo, nonostante l'età dell'autore.
Comunque niente paura. Con Villetta con piscina tutto viene sistemato. E si potrà anche dire di aver trovato una perfezione stilistica.

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Villetta con piscina.
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p.luperini Opinione inserita da p.luperini    11 Aprile, 2014
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UN'"AGGHIACCIANTE" CENA DI FAMIGLIA

I genitori di due ragazzi che hanno compiuto un crimine si incontrano durante una serata per discutere come “tutelare” i figli dalle accuse che potrebbero scaturire dal loro atto. La narrazione, magistralmente creata, segue il menù di una cena in un lussuoso ristorante e portata dopo portata descrive eventi, sentimenti e protagonisti.
Il quadro che ne emerge alla fine della sera traccia un agghiacciante spaccato della nostra società dove nessun valore ha importanza se non il proprio personale tornaconto; neppure il nucleo famigliare ne esce salvo, l’individuo è unico e contro tutti.
Il libro è molto piacevole ed ha uno stile asciutto e snello che ne permette una lettura rapida.

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Dido Opinione inserita da Dido    30 Agosto, 2012
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Buon appetito

Proteggere i figli a tutti i costi anche se sono colpevoli di omicidio? Voi cosa fareste ? Due fratelli si incontrano con le rispettive mogli per una cena devono discutere di una cosa importante i loro figli una sera mentre vanno a prelevare al bancomat infastiditi dalla presenza di una barbona maleodorante cominciano a schernirla e a prenderla a calci ma la situazione degenera e la donna muore.I ragazzi rischiano di essere scoperti perché le telecamere hanno ripreso tutto e le immagini vengono trasmesse su tutte le televisioni ed e' proprio così che i genitori riconoscono i propri figli.
Un grave problema ma i padri sembrano più orientati a salvare le apparenze uno sta per diventare primo ministro e l'altro che ha la tendenza ad essere violento teme che il figlio abbia ereditato questa caratteristica .
Questo romanzo e' di un cinismo smisurato ma e' una particolarità che avevo notato anche in "villetta con piscina" complimenti allo scrittore che ha la capacita di tenermi incollata alla lettura dalla prima all'ultima pagina. Leggetelo

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Villetta con piscina
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Ally79 Opinione inserita da Ally79    22 Mag, 2012
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Fin dove sei disposto ad arrivare?

Un ristorante di lusso.
Due coppie borghesi al tavolo.
La tensione che si taglia con una lama sottile.
Qualche lacrima,cellulari che squillano,rabbia trattenuta.

Antipasto.
Primo.
Secondo.
Dessert.

Il tempo di una cena.
Il tempo in cui decidere fino a che punto la nostra coscienza è disposta a spingersi per proteggere la nostra felicità.
Un romanzo a prima vista statico,due ore tutte passate seduti intorno al tavolo,ma che in realtà si rivela essere un intrigante viaggio nell’animo umano.
Koch ha una penna sopraffina.Una scrittura distaccata,da perfetto cronista.
Ma dietro questo apparente minimalismo ci porta a interrogarci:sulle ragioni del male,sulla nostra capacità di spingerci oltre,di diventar belve pur di proteggere i nostri vantaggi.
Parlo di vantaggi, e non di diritti, non a caso.Qui siamo nell’alta borghesia,tra lavori prestigiosi,buona educazione,visi puliti lontani anni luce dalle teorie lombrosiane.
Ed è in questi visi che troveremo confusi il bene e il male.
Nessun ruolo assoluto ci viene imposto:saremo noi a scegliere chi assolvere e chi condannare.

Resta dentro questo libro,politicamente scorretto,ma di assoluta contemporaneità.
Io l’ho trovato straordinario e non posso fare a meno di consigliarlo sentitamente.

Buona cena.

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davide.crimaldi Opinione inserita da davide.crimaldi    05 Aprile, 2012
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Ho preferito Villetta con piscina

L'ho trovato sprattutto lento, in maniera eccessiva. Conosco Koch e so che questa della lentezza deve essere stata una sua scelta, ma appunto non la condivido.
Trovo geniale invece il senso di imbarazzo che si prova mano a mano che si comprende che si è "tifato" per tutto il testo per un uomo ignobile.
I miei sentimenti per Paul sono passati dalla commiserazione per avere un fratello come Serge, passando per l'indignazione per avere così poco polso verso il mondo, alla condanna definitiva alla comprensione della sua vera natura.
Dopo 50 pagine credi di aver capito determinate cose, all'ultima queste sono stravolte.

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Opinione inserita da anna    28 Febbraio, 2012

notevole

Vi risparmio la sintesi della trama, già ampiamente riportata, per dedicarmi a tessere le lodi di un romanzo incredibilmente arguto, disinibito e dove non esistono figure belle e/o buone in assoluto così come l'inverso. Un sorta di Crash (magnifico film di paul haggis) formato famiglia.
Koch non ci rifila nessuna morale né sul significato dei legami famigliari, né sui "giovani d'oggi", né sul "buon selvaggio" o sulla profondità del legame coniugale. Si limita a giocare con il lettore facendolo simpatizzare prima con l'io narrante per poi, lentamente, mettere a nuda la sua natura non così lineare mentre il quadro della narrazione si allarga e si complica così come si complica la vita.
Romanzo breve ma decisamente intenso e sapientemente completo.
P.S. Notevole le divagazioni sul cameriere; per chi vive a Milano posso consigliare un ristorante (sono alcuni anni che non vado) "da Masuelli ", dove ogni piatto che si sceglie è definito dal proprietario che raccoglie l'ordinazione un..."signor piatto" ....Alla fine ti viene voglia di ordinare un piatto di pasta in bianco e provare a sentire cosa ti risponde!

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fabiomic75 Opinione inserita da fabiomic75    27 Febbraio, 2012
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La cena di Herman Koch

Bellissima sorpresa questo libro di Koch.
Confesso che la prima parte non mi aveva entusiasmato, per carità stile fin da subito molto buono ma forse la parziale mancanza di accadimenti non mi aveva coinvolto completamente. La seconda parte però, quando la storia entra nel vivo, il romanzo è un continuo rilanciare, tant'è che diventa difficile sospendere la lettura. I temi trattati sono molto attuali, si ha a che fare con il razzismo, con la politica, con i rapporti tra genitori e figli e molto altro. Il tutto raccontato durante una cena, con le portate a scandire i vari momenti del racconto. Davvero un bel romanzo! Consigliatissimo!

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Bi Opinione inserita da Bi    15 Gennaio, 2012
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Dall'antipasto al digestivo

Solitamente sto alla larga dai successi internazionali perchè il più delle volte si rivelano delle fregature. Questo non è il caso perchè lo stile, la trama, la relazione dei personaggi permettono di conoscere approfonditamente i commensali della Cena e di godere di uno squarcio di vita cruda e dura.
Ormai sono abituata ai sentimenti forti, alle tematiche impegnative ma non riesco a non farmi coinvolgere dal male puro. Le azioni cattive e malvagie si sono talmente inserite nella società al punto da non dover più essere giustificate nemmeno da nessuna motivazione. Si uccide una donna perchè puzza, perchè occupa un posto non idoneo.

Unica incoerenza è poi giustificare il male con una malattia genetica.

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silvia71 Opinione inserita da silvia71    09 Novembre, 2011
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Una cena lunghissima

Con il suo “ La cena”, l'olandese Koch propone al lettore una storia forte e cruda, destinata a lasciare il segno e a dare la stura ad una ridda di opinioni contrastanti.
Cosa potrebbe succedere all'interno di una famiglia, se la serena quotidianità si spezzasse a causa del comportamento errato di un figlio? Se il buio calasse tra le mura di casa, compromettendo un futuro tranquillo?
Partendo dal presupposto che la risposta a simili domande è tutt'altro che immediata, bensì complessa e sfaccettata, mettendo in gioco la morale, l'onestà e la giustizia, unitamente all'egoismo, alla vigliaccheria e alla cattiveria, ebbene, dalla penna dell'autore trae vita una vicenda a tinte fosche, destinata a intorbidirsi strada facendo.
L'incedere narrativo di Koch è lento e dettagliato, mettendo a fuoco poco alla volta i protagonisti, svelandone il carattere e le peculiarità senza fretta, facendo maturare in chi legge la voglia di capire le scelte intraprese da queste persone e di provare anche ad immedesimarsi in una situazione simile.
Il tema trattato è spinoso e inquietante, ricordando a tutti quanto possa essere imprevedibile il futuro, quanto sia difficile allevare dei figli, quanto sia faticoso mantenere lucidità ed equilibrio in taluni frangenti, ma soprattutto quanto coraggio ci voglia quando la vita ti pone di fronte ad un bivio; verità o menzogna, pagare per gli errori commessi o fuggire dalle responsabilità.
Il punto di forza del lavoro di Koch è l'ottimo lavoro intrapreso intorno alla creazione dei personaggi: uomini, donne e adolescenti, colti senza veli, spogliati da finti buonismi, ritratti in preda alle proprie paure, schiavi di egoismi e di vizi latenti.
Un romanzo controverso e audace, alle cui pagine Koch sembra affidare un messaggio preciso, ossia di cosa possa emergere scavando sotto le normali apparenze di un nucleo familiare, mettendo in risalto l'altra faccia dell'essere umano, quella in cui, purtroppo, a volte ci si imbatte.

Una lettura dal contenuto impegnativo, aspra e tagliente, in grado di provocare e destabilizzare la coscienza del pubblico.

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Stefp Opinione inserita da Stefp    14 Luglio, 2011
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La cena

Due fratelli e rispettive mogli della media borghesia olandese, Serge candidato primo ministro alle prossime elezioni e suo fratello Paul, che è la voce narrante, si ritrovano a cena in un ristorante molto esclusivo per discutere del futuro dei loro figli e quello delle rispettive famiglie, infatti Michael e Rick, i figli sedicenni, hanno picchiato e ucciso una barbona “colpevole” di dormire dentro una sala Bancomat.
Tra perentesi la rivelazione dell'omicidio avviene dopo circa 100 pagine, più di un terzo del libro, ma è nel retro copertina e su tutti gli articoli che parlano di questo romanzo, impossibile non saperlo prima di iniziare a leggere, cosa che mi ha dato fastidio.
Durante questa lunghissima cena i quattro genitori dei piccoli assassini dovranno decidere come comportarsi; l'omicidio è stato ripreso dalle telecamere della banca e i due non sono stati ancora riconosciuti, forse non lo saranno mai.
Una narrazione pesante, lenta, lunghissime descrizioni dei piatti, del maitre, abbastanza fini a se stesse, intervallate però da buoni flashback in cui Paul si scopre sempre più personaggio inquietante e assieme a lui, gli altri attori della vicenda si trasformano, dal punto di vista psicologico, sotto i nostri occhi. Herman Koch tralascia accuratamente di farci conoscere il pensiero dei ragazzi; il vero nodo del romanzo è lo “sconquasso interiore” dei genitori.
Un romanzo politicamente scorretto, provocatorio, fa riflettere sì, ma che con i tempi che corrono più che una provocazione, avrei preferito leggere una condanna. Con forza.

------------------------------------------------------------------

Per dare un'opinione compiuta devo per forza parlare del finale. Chi non volesse conoscerlo si fermi qui.

Molto buono il profilo di Paul, il narratore; sembra essere un personaggio positivo, dilaniato dalla notizia e dal dramma interiore e invece, piano piano si scopre e diventa il vero protagonista oscuro della vicenda. Seri problemi psichiatrici, una propensione naturale alla violenza, un teorico della selezione naturale, razzista e convinto assertore della superiorità di menti intelligenti come la sua rispetto alle povere persone comuni in nome della quale poter comportarsi secondo la legge, la sua. Con manifesta soddisfazione scopre di aver allevato un figlio come lui. E la moglie Claire, basso profilo, ma per il bene della famiglia più feroce del marito, disposta a coprire l'omicidio del figlio, con la violenza e addirittura a consentirgli ed ispirargli un secondo omicidio. Serge, descritto come un politico nel vero senso della parola, falso, opportunista, scaltro ma poco intelligente, alla fine, abbastanza sorprendentemente, sarà l'unico personaggio positivo deciso a denunciare il figlio e a rinunciare alla carriera e sarà punito per questo. Babette, la moglie, disposta a tutto per non perdere il suo stato sociale.
Ripeto, vista la pericolosità di questi tempi, per questi argomenti, avrei preferito un taglio diverso; non si può, seppur provocando scorrettamente, assolvere e giustificare come fa questo libro.

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Teresa Opinione inserita da Teresa    06 Luglio, 2010
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Queste sono le generazioni future?

Tema più che mai attuale. Due famiglie benestanti, senza particolari problemi, scoprono all'improvviso che i figli hanno commesso un omicidio ai danni di una senzatetto, senza assolutamente alcun motivo, ma solo per il gusto di perseguitare una persona già malridotta dalla vita stessa.
Agli ignari genitori crolla il mondo addosso, convinti di non aver mai fatto mancare nulla ai figli, nè a livello economico che educativo.
E' come risvegliarsi dopo un brutto sogno e accorgersi che l'incubo è appena cominciato..in che cosa hanno sbagliato? Come possono dei ragazzi appena adoloscenti arrivare a simili efferatezze?

E' così che inizia questo romanzo ed è da questo punto che chi pensa ancora che la Famiglia del Mulino Bianco esista è un illuso..o semplicemente pazzo!
Dietro ogni nucleo apparentemente normale, esistono drammi familiari, segreti, problemi di ogni genere. E' NORMALE che lo sia. Non è altrettanto normale cercare di nasconderli. O, peggio, non vederli.

Questi figli..gioie e dolori! Quante volte avete sentito dire (o detto): "Certo, mi danno preoccupazioni, ma anche tanta soddisfazione!".
Ma quante volte avete abbassato la soglia di attenzione, controllandoli meno, fidandovi di loro? Sapete veramente dove vanno quando escono?
E quante volte li avete sgridati, ma in realtà non puniti?
Quanto devono ancora fare per attirare la vostra attenzione? I figli, inconsapevolmente, lanciano segnali di allarme e bisogna saperli cogliere, prima che sia troppo tardi..prima che avvenga l'irreparabile..
Prima che appaiano su Youtube immagini di ragazzi minorenni che rubano un furgone e lo guidano, distruggendo un sacco di auto in sosta. Prima che lancino un sasso dal cavalcavia perchè si annoiano.
Prima che picchino un clochard che non ha altra difesa se non le parole.

I figli non vanno solo difesi, ma anche puniti, al momento giusto e nel modo giusto. Non significa per questo essere cattivi genitori. Soprattutto, non bisogna essere loro complici nel giustificare il loro comportamento. Perchè altrimenti non distingueranno più il bene dal male.
Herman Koch, con questo romanzo, ci trasmette un messaggio molto importante, un monito a tenere sempre alta la guardia, accorgersi degli sbalzi d'umore, degli sguardi bassi, delle risposte evasive. Per non chiedersi mai: "Dove abbiamo sbagliato?"

Finale davvero sorprendente, che lascia un fastidioso senso di inadeguatezza, oltre a numerosi dubbi su quelle che saranno le generazioni future. Cosa sarà la priorità?

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gracy Opinione inserita da gracy    22 Giugno, 2010
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Indovina chi viene a cena?

...Sidney Poitier...no, non è lui uno dei commensali, bensì due coppie che per tutta la durata del libro degustano una cena "molto elaborata", ma appena arrivati al caffè rimane tutto sullo stomaco.
Paul è la voce narrante, un uomo con problemi psichiatrici che diventano secondari, perchè tutte le sue osservazioni nel corso della cena e le interferenze che si alternano con i flashback sono lucide e determinate. Il cinismo, la superficialità, l'egoismo e l'ipocrisia dei personaggi sono abbastanza delineati, niente forzature per un tema scottante e difficile. Non c'è da meravigliarsi se esistono queste famiglie.
Come dice Anna Karenina:" Tutte le famiglie felici sono simili le une alle altre; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo."

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Max1975 Opinione inserita da Max1975    05 Aprile, 2010
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La cena

Intrigante al punto giusto, in maniera quasi ironica tratta temi contemporanei molto importanti, un intruglio di sentimenti e atteggiamenti gelosia e qualunquismo su tutti.
Si "divora" in breve tempo appossionati all'idea di come si arriverà ad un finale.....forse l'unica nota negativa, sembra quasi tirato via (il finale) forse a causa del fatto che fin lì si lascia leggere velocemente....avrei voluto un pò di pagine in più.
Dove siamo disposti a arrivare, pur di non mettere un punto interrogativo alla bontà dei sentimenti avuti in passato?

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NRG Opinione inserita da NRG    17 Marzo, 2010
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La cena

Stile quasi discorsivo per uno dei due padri, seduti allo stesso tavolo di un ristorante di lusso con le rispettive mogli. L'atmosfera è quella volutamente bon ton dei ristoranti dove di solito c'è una lista d'attesa di almeno tre mesi per entrare, i due uomini sono fratelli ed uno, Serge Lohman, è in corsa per diventare primo ministro in Olanda; Paul, il fratello più problematico anche dal punto di vista psicologico, parla in prima persona dichiarando apertamente tutto il proprio rancore verso Serge, avido di cibo e di esperienze, rancore a tratti incontenibile. Le due coppie sono a cena insieme per affrontare un evento allucinante; i loro figli sono stati ripresi dalle telecamere di sicurezza di una banca durante l'aggressione ad una senzatetto. Il punto di vista degli adolescenti, deliberatamente, NON viene preso in considerazione e l'autore concentra l'attenzione solo sui genitori, sulle decisioni che prenderanno per, o contro, gli interessi dei rispettivi figli. Il finale è agghiacciante e sorprendente ed il risultato è un libro diverso, scandito dal ritmo delle portate il lustrate con meticolosità dal maitre del locale . Da leggere per illuminare le zone d'ombra delle menti umane e per far venire fuori i mostri che sono nascosti un ognuno di noi.

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kabubi81 Opinione inserita da kabubi81    03 Febbraio, 2010
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Originale ed intrigante...

Originale ed intrigante, la storia viene raccontata e vissuta dal protagonista lungo il corso di una cena in un ristorante di lusso, con capitoli scanditi al ritmo di portate, e salti indietro nel tempo per spiegare cos' ha portato le due coppie sedute al tavolo a vivere quell' incontro...la sottile tensione che traspare sin dalle prime pagine accompagna tutta la lettura, si vuole conoscere il perchè di tanta agitazione per questa cena, e una volta scoperto, c' è fame( proprio il caso di dirlo!) di arrivare all' epilogo... Epilogo tutt' altro che scontato, che unitamente ad una storia interessante, contemporanea e ricca di spunti di riflessione proposti da un punto di vista un po' fuori dal coro fanno di questo romanzo un libro assolutamente consigliabile

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