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Figli della notte
 
Figli della notte 2014-05-04 18:05:07 luvina
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luvina Opinione inserita da luvina    04 Mag, 2014
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Figli della notte

Come insegnava Tucidide bisogna conoscere il passato per capire il presente e orientare il futuro, quindi con questo libro di Giovanni Bianconi mi sono tuffata nel periodo più oscuro della storia recente della nostra Italia i cosiddetti anni di piombo. Inizio col presentare l’autore di questo saggio, inviato del “Corriere della sera” per la cronaca e grande conoscitore del tema terrorismo sul quale ha scritto vari libri; è anche l’autore del libro “Ragazzi di malavita” che ha svelato la storia della banda della Magliana e dal quale è iniziato il fortunato filone che molti hanno seguito.
Bianconi racconta il ventennio che va dal 1969 al 1988 partendo da un punto di vista anomalo: quello di chi era bambino, ragazzo o addirittura non nato in quegli anni e che purtroppo ha perso un genitore per mano terrorista. Era un’altra Italia quando tutto è iniziato nel 1969 con la strage del 12 dicembre a Piazza Fontana, era un’Italia nella quale si partecipava alla vita comune, ci si dava da fare perché si credeva davvero di poter cambiare le cose con la politica ma soprattutto si dava una grande importanza a due parole oggi in disuso: collettività e partecipazione. La deriva terroristica delle Brigate Rosse ma anche dei Nar è frutto di queste due parole, del cosiddetto “impegno” vissuto naturalmente in modo diverso dagli opposti schieramenti ideologici. In mezzo sono rimaste centinaia di vittime, persone che rappresentavano qualcosa col proprio lavoro, che rappresentavano lo Stato o che lo difendevano ma anche tante persone comuni morte per essersi trovate nel posto sbagliato al momento sbagliato. Il libro è diviso in capitoli ognuno dedicato alla storia di una vittima del terrorismo ma in ogni capitolo Bianconi ci racconta anche la storia di chi è rimasto orfano, di come è cambiata la loro vita e delle risposte che non hanno mai avuto soprattutto dalle istituzioni e da quello stesso Stato per il quale il loro papà è morto. Leggendo ci si trova davanti ad un muro di dolore, ad una ragazza che asciuga il sangue del padre dall’asfalto, al giovane che riconosce il corpo dilaniato solo da una scarpa, al futuro interrotto di questi bambini; quello che colpisce di più però è l’enorme dignità di queste persone, l’assenza quasi di sentimenti di vendetta, l’affidarsi ad una giustizia che purtroppo anche dopo decenni non ha mai dato loro che verità incomplete su quelle morti.
“Eravamo in guerra e non lo sapevamo” ho pensato leggendo e calandomi nel clima di quegli anni della notte della Repubblica. Questo è anche un libro adatto a chi non si ferma alle apparenze, a chi non si accontenta delle verità incomplete o di comodo, a chi piace conoscere il perché siamo diventati (o ci hanno fatto diventare?) come siamo oggi; è un libro nel quale serpeggia lo spettro della manipolazione da parte dello Stato, della commistione fra terroristi e servizi segreti, del grande interrogativo che ancora rimane sulla strategia della tensione ma questa è un’altra storia.
Vi lascio con due passi per riflettere: - chissà che persona sarebbe stata, quel bambino di sei anni, se il papà fosse rimasto al suo fianco. Diventato uomo, non ha mai smesso di chiederselo -
-con gli attentati è stata inquinata la vita democratica e si sono spente passioni, fino al riflusso dei decenni successivi e alla trasformazione della vita pubblica in gestione degli affari privati…non fosse stato per quelle maledette bombe e per gli spari che si trascinarono dietro per oltre un decennio, forse l’Italia di quella stagione era persino migliore di quella in cui sarebbero cresciuti i suoi figli -.





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"La notte della Repubblica" "A mano armata" "Mi dichiaro prigioniero politico"
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Commenti

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Bellissimo e commovente commento. Complimenti!
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luvina
05 Mag, 2014
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Grazie, è un libro e un argomento che mi hanno preso molto :)
Splendida scelta. Ottima recensione.
Gli anni '70 (e quella parte degli '80 che ne hanno rappresentato l'immediata appendice) sono troppo vicini perché gli storici possano analizzarli senza attirarsi addosso repliche di segno opposto, recriminazione e accuse. Paradossalmente è più facile parlare degli avvenimenti degli anni '90, dove la contrapposizione Stato-mafia non ha immediata connotazione politica.
L'unica possibilità, allora, è quella offerta dal libro che commenti: raccontare gli "stati di fatto" che a quegli eventi si legano... in questo caso, la perdita sofferta da chi, rimanendo vivo, ha subito le dure conseguenze delle azioni.
In risposta ad un precedente commento
luvina
05 Mag, 2014
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Hai perfettamente ragione, leggendo il libro ho pensato che comunque sia noi italiani sia chi ha subito una perdita ha diritto al rispetto e a conoscere una verità che però ancora oggi è difficile da svelare anche se ultimamente un piccolo passo è stato fatto :)
Bruno Elpis
06 Mag, 2014
Ultimo aggiornamento:
06 Mag, 2014
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Dici bene, a parer mio. La violenza degli anni di piombo è una delle dinamiche che ha soffocato la spinta innovativa dei movimenti culturali degli anni 60 ed è parimenti responsabile del vuoto che caratterizza i plastificati, letargici decenni successivi. La composta reazione non vendicativa delle vittime degli attentati è la più nobile risposta all'infamia umana e si erge contro la violenza di parole e azioni, a testimoniare la superiorità del pacifismo ideologico. Il tuo commento è importante, profondo e sentito. :-)
Bruno
Già letti tutti quell consigliati, non mi rimane che questo :-)
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