Faccetta nera Faccetta nera

Faccetta nera

Saggistica

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Un saggio nel quale Arrigo Petacco ripercorre l'intero arco dell'avventura coloniale italiana, segnata da un alternarsi di conquiste e disfatte: dalla creazione della colonia eritrea nel 1890 alla "vergogna di Adua" del 1896; dalle complesse vicende diplomatiche che precedettero l'invasione dell'Etiopia nel 1935 alle "inique sanzioni" inflitte all'Italia per volere soprattutto della Gran Bretagna. Intessendo il racconto di gustose annotazioni sui costumi e le mode degli italiani del periodo, l'autore si sofferma in particolar modo sulla campagna d'Abissinia, la più popolare delle guerre fasciste, che segnò l'apice del consenso popolare al regime. E per la prima volta propone la vicenda della fondazione dell'effimero impero coloniale italiano in tutta la sua complessità e in un'ottica scevra di pregiudizi.



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Faccetta nera 2017-04-27 09:50:58 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    27 Aprile, 2017
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Un Petacco ondivago

Mi corre l’obbligo di un’opportuna premessa e cioè che il miglior storico in tema di impero coloniale italiano è, non solo a mio parere, Angelo Del Boca. Ciò non toglie che altri studiosi abbiano cercato di approfondire l’argomento, scrivendo dei saggi nel complesso accettabili. Mi spiace, pertanto, dover parlare non positivamente di questo Faccetta nera di Arrigo Petacco, autore che peraltro stimo per non poche riuscite biografie. E quel che forse meno mi è garbato in questo libro non è tanto l’approssimazione, il liquidare fatti importanti in due parole, ma un atteggiamento ondivago, tanto che a tratti, soprattutto a proposito della conquista dell’Etiopia, Petacco potrebbe essere considerato un fascista, mentre in altre pagine c’è uno smarcamento e ritroviamo il saggista antifascista. Comprendo che, sebbene uno storico dovrebbe essere apolitico, tuttavia non gli si può impedire di avere un atteggiamento politico, ma almeno che questo sia continuo e non come ho precisato prima, tanto che ho ricavato l’impressione che Petacco, nel timore di scontentare qualcuno, ha finito con lo scontentare tutti. Avevo già notato questo strano comportamento leggendo L’uomo della provvidenza e mi ero stupito, perché là a voler considerare Mussolini un grande statista almeno fino alla guerra d’Etiopia vuol dire mettersi i paraocchi, visto che uno dei motivi, non secondario, che spinsero il duce a conquistare quel paese era un diffuso malcontento popolare di un regime che ogni giorno che trascorreva si rivelava sempre più mendace e incapace di condurre un paese sia sotto l’aspetto politico che quello economico. Cosa c’è di meglio di una guerra per ricompattare un popolo accanto al suo capo? E se poi l’avversario, almeno sulla carta, è facile da sconfiggere, si ottiene la quadratura del cerchio, coronata dal pomposo nome dell’Impero, che inorgoglisce, ma non riempie la pancia.
Ecco, dopo aver letto questo libro, di primo acchito l’impressione è che la nostra esperienza coloniale sia stata motivo di vanto, soprattutto con la guerra d’Etiopia, ben condotta, magari con qualche eccesso (basti pensare ai gas utilizzati conto la popolazione inerme), insomma ancora una volta rifulge l’immagine degli italiani eroici, bravi e buoni, ma è falsa, e se questo lo scrive il regime è logico, meno logico è invece se lo si evince da mezze frasi buttate qua e là da uno storico che continuo a stimare, anche se non mi sarei aspettato che nel corso del tempo il suo modo di pensare dovesse cambiare, e non di certo in meglio.

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Sì, per avere un'idea di quella che fu l'ultima grande campagna coloniale.

No, se ci si attende un'analisi approfondita con un atteggiamento neutro.
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