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Alle 14:18 del 31 maggio 1916, nelle acque del Mare del Nord, l'incrociatore inglese Galatea alzò il segnale a bandiere "nemico in vista": dieci minuti dopo ebbe inizio la più grande battaglia navale della storia, l'ultima in cui l'aviazione non abbia giocato alcun ruolo. Al largo della penisola dello Jutland, 16 corazzate e 5 incrociatori da battaglia tedeschi con le loro 80 navi di scorta affrontarono 151 unità inglesi, fra le quali 28 corazzate e 9 incrociatori. L'esito dello scontro, che si protrasse fino al mattino successivo, fu incerto. Gli inglesi, pur subendo le perdite più pesanti (morirono tragicamente 6094 tra ufficiali e marinai) rimasero padroni del mare e i tedeschi non tentarono altre uscite in forze nel corso di tutta la guerra.



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Jutland 2019-02-05 13:06:27 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    05 Febbraio, 2019
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Vittoria strategica della Gran Bretagna

Non so se la battaglia navale dello Jutland (31 maggio – 1 giugno 1916) sia stata, come asserisce l’autore, la più grande della storia, so invece che è stata l’ultima che ha visto contrapposti schieramenti composti solo da corazzate, incrociatori e cacciatorpediniere, con l’assenza quindi di portaerei, che invece nella seconda guerra mondiale saranno sempre presenti e determinanti. L’intenzione dei tedeschi di rompere il blocco dei rifornimenti marittimi imposto dalla Gran Bretagna fu senz’altro la causa di questo epico scontro i cui esiti, se ci limitiamo alle sole perdite di navi e marinai, furono senz’altro sfavorevoli agli inglesi; tuttavia, nel quadro più generale della guerra condotta sul mare, il fatto che i tedeschi non riuscirono a cogliere una vittoria determinante, volta a interrompere l’assedio, con perdite sì inferiori all’avversario, ma consistenti se raffrontate con le forze disponibili, li vide strategicamente sconfitti, tanto che da allora non uscirono più in mare aperto per dare battaglia alla flotta nemica. L’interessante saggio di Valzania, nel ripercorrere le ore di quell’epico scontro, va anche oltre, cercando di spiegare i motivi per i quali il II Reich, che mai aveva avuto ambizioni sul mare decise invece di dotarsi di una flotta ragguardevole, in diretta competizione con quella inglese, che in ogni caso crebbe in misura superiore a quella tedesca, con contemporaneo incremento delle velocità e dei calibri dei cannoni installati. Quanto a qualità si equivalevano, ma le navi da battaglia tedesche avevano una migliore ripartizione dei comparti stagni e questo spiega anche perché, nonostante i colpi subiti, affondassero meno facilmente di quelle inglesi. Comunque fu un epico combattimento e vide contrapposte da parte inglese 28 navi da battaglia, 9 incrociatori da battaglia, 8 incrociatori corazzati, 26 incrociatori leggeri, 78 cacciatorpediniere, e da parte tedesca 16 navi da battaglia, 5 incrociatori da battaglia, 6 pre-dreadnoughts , 11 incrociatori leggeri e 61 torpediniere. In pratica era presente la pressoché totalità del naviglio da guerra dei due paesi, con quello germanico nettamente inferiore come forza e già questo può spiegare come le perdite subite (1 incrociatore da battaglia, 1 pre-dreadnoughts, 4 incrociatori leggeri e 5 torpediniere), benché inferiori in numeri assoluti a quelle inglesi (3 incrociatori da battaglia, 3 incrociatori corazzati e 8 cacciatorpediniere), abbiano avuto un’incidenza ragguardevole sul complesso della loro arma navale di superficie a tal punto da sconsigliare ulteriori iniziative per tutto il seguito della guerra. Appare quindi evidente che dallo scontro la posizione della Gran Bretagna si rafforzò, restando di fatto padrona assoluta del mare, in cui tuttavia riuscirono a operare con brillanti risultati i sommergibili tedeschi.
Il libro è interessante, per niente greve e la lettura è quindi indubbiamente piacevole.

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I saggi storici di Sergio Valzania.
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